Jump to ratings and reviews
Rate this book

Il Principe Felice e altri racconti. Il fantasma di Canterville

Rate this book
Il Principe Felice e altri racconti (titolo originale “The Happy Prince and Other Tales”) è una raccolta di cinque fiabe che Oscar Wilde aveva scritto per i propri Il Principe Felice, L’Usignolo e la Rosa, Il Gigante Egoista, L’Amico Devoto, Il Razzo Eccezionale. Pubblicate per la prima volta in un’unica antologia nel 1888, le fiabe di Wilde tratteggiano con semplicità un mondo fantastico in cui l’autore fa parlare statue e animali, oggetti e persone, per dipingere le varie sfaccettature della natura umana commuovendoci con immagini che restano nel cuore. Il Fantasma di Canterville (titolo originale “The Canterville Ghost”) è un’opera giovanile di Wilde che fu pubblicata per la prima volta nel 1887. La novella è incentrata sulle peripezie del fantasma del nobile Sir Simon de Canterville che per la prima volta nella sua pluricentenaria carriera di spettro inglese non riesce a spaventare la famiglia di strampalati Americani che gli ha occupato il castello ancestrale. Lo spassoso scontro tra antico e moderno, tra Vecchia Inghilterra e Nuovo Mondo viene raccontato con leggerezza e ironia, fino all’inaspettato finale. Il volume include alcune delle illustrazioni a colori e in bianco e nero delle prime edizioni dell'originale inglese, opera degli illustratori Walter Crane (1845-1915), Charles Robinson (1870-1937) e Wallace Goldsmith (1873-1945). Il ricavato delle vendite di questa nuova traduzione verrà donato ai canili e gattili che hanno accolto gli animali rimasti orfani dei loro padroni vittime dell’epidemia di Coronavirus.

124 pages, Kindle Edition

Published May 10, 2020

2 people are currently reading
6 people want to read

About the author

Oscar Wilde

5,482 books38.8k followers
Oscar Fingal O'Fflahertie Wills Wilde was an Irish poet and playwright. After writing in different forms throughout the 1880s, he became one of the most popular playwrights in London in the early 1890s. He is best remembered for his epigrams and plays, his novel The Picture of Dorian Gray, and his criminal conviction for gross indecency for homosexual acts.
Wilde's parents were Anglo-Irish intellectuals in Dublin. In his youth, Wilde learned to speak fluent French and German. At university, he read Greats; he demonstrated himself to be an exceptional classicist, first at Trinity College Dublin, then at Magdalen College, Oxford. He became associated with the emerging philosophy of aestheticism, led by two of his tutors, Walter Pater and John Ruskin. After university, Wilde moved to London into fashionable cultural and social circles.
Wilde tried his hand at various literary activities: he wrote a play, published a book of poems, lectured in the United States and Canada on "The English Renaissance" in art and interior decoration, and then returned to London where he lectured on his American travels and wrote reviews for various periodicals. Known for his biting wit, flamboyant dress and glittering conversational skill, Wilde became one of the best-known personalities of his day. At the turn of the 1890s, he refined his ideas about the supremacy of art in a series of dialogues and essays, and incorporated themes of decadence, duplicity, and beauty into what would be his only novel, The Picture of Dorian Gray (1890). Wilde returned to drama, writing Salome (1891) in French while in Paris, but it was refused a licence for England due to an absolute prohibition on the portrayal of Biblical subjects on the English stage. Undiscouraged, Wilde produced four society comedies in the early 1890s, which made him one of the most successful playwrights of late-Victorian London.
At the height of his fame and success, while An Ideal Husband (1895) and The Importance of Being Earnest (1895) were still being performed in London, Wilde issued a civil writ against John Sholto Douglas, the 9th Marquess of Queensberry for criminal libel. The Marquess was the father of Wilde's lover, Lord Alfred Douglas. The libel hearings unearthed evidence that caused Wilde to drop his charges and led to his own arrest and criminal prosecution for gross indecency with other males. The jury was unable to reach a verdict and so a retrial was ordered. In the second trial Wilde was convicted and sentenced to two years' hard labour, the maximum penalty, and was jailed from 1895 to 1897. During his last year in prison he wrote De Profundis (published posthumously in abridged form in 1905), a long letter that discusses his spiritual journey through his trials and is a dark counterpoint to his earlier philosophy of pleasure. On the day of his release, he caught the overnight steamer to France, never to return to Britain or Ireland. In France and Italy, he wrote his last work, The Ballad of Reading Gaol (1898), a long poem commemorating the harsh rhythms of prison life.

Ratings & Reviews

What do you think?
Rate this book

Friends & Following

Create a free account to discover what your friends think of this book!

Community Reviews

5 stars
8 (34%)
4 stars
12 (52%)
3 stars
2 (8%)
2 stars
1 (4%)
1 star
0 (0%)
Displaying 1 - 5 of 5 reviews
Profile Image for Alessandra Les fleurs du mal blog.
371 reviews15 followers
September 30, 2020
Mai recensore più stolto ebbe i natali su questa terra, di colui che per folle orgoglio accettò di recensire Oscar Wilde.
Capite?
Non un autore a caso, neanche il preferito, ma lui il maestro, l'artista della parola scritta, il giocoliere della letteratura colui che letteralmente modificò l'immagine stessa dello scrittore. Oggi sono io a impersonare questa triste figura, che pagherà con gli strali della musa tanto ardire. Ecco, basta nominarlo che improvvisamente un insana pazzia si impossessa di me, e non posso non sentire le mie dita che scorrono quasi possedute sulla tastiera, tentando di carpire l'essenza del suo inimitabile stile. Oscar per me è un icona di bellezza. E' colui che riuscì a passare dalle turpi brutalità di un antieroe, riuscendo a farlo amare con una profondità impensabile, fino a sfiorare con ironia i misteri dell'amore. Dileggiatore dei sobri costumi inglesi, innovatore e sperimentatore della poetica letteraria, ma anche uomo capace di togliesi la maschera e di rivelare se stesso su carta nel de profundis. Autore apparentemente semplice eppure sottilmente ironico a tratti con un picco di crudeltà tipica dei grandi geni, alla ricerca della battuta di spirito impertinente, ma al tempo stesso terribilmente raffinata, capace, forse per questo, di ferire più di una spada. Uomo impertinente dunque, dall'intelligenza sferzante. Famoso per l'uso di aforismi e paradossi (basti pensare alla sua opera maggiore, da tutti amata The Importance of Being Earnest con quel gioco di parole tra earnest e Ernest, visto che nella lingua inglese esse si pronunciano alla stessa maniera), famoso per la sua eleganza nel vestire, per quella sua irritante incapacità di adeguarsi all'apparenza e alla rigidità della morale vittoria. Famoso per il suo folle amore per le donne, nonostante la dichiarata omosessualità «Le donne sono fatte per essere amate, non per essere comprese.»
Capace anche nel momento peggiore, dopo l'onta del processo per la relazione con Alfred Douglas e la relativa condanna, di amare la vita come non mai, fino a sfiorarne l'essenza stessa:
Ho scritto quando non conoscevo la vita. Ora che so il senso della vita, non ho più niente da scrivere. La vita non può essere scritta: la vita può essere soltanto vissuta» Molti valenti critici, più autorevoli di me misera ammiratrice del suo genio, si sono cimentati a dipanare l'intricata matassa del suo genio, scrivendo trattati capaci se non di comprendere appieno almeno di sfiorare il nucleo stesso della sua produzione letteraria, svelando un po' dell'intricata e oscura bellezza che infuse nei suoi scritti...cosa posso io me tapina raccontare a voi lettori? Le emozioni che ho provato leggendo la raccolta tradotta da Isabella Nanni? Errore fatale. Oscar non suscita emozioni, egli è emozione incarnata, discesa dai giardini elisi e fattasi parola. E cosi mentre fisso il bianco foglio mi ritrovo, stavolta per la prima volta, muta di fronte al suo genio. Perché anche nelle favole che egli scrisse per ii figli io ritrovo il mio Oscar, la sua verve, la sua volontà di essere totalmente se stesso, al di fuori dei confini claustrofobici di qualsiasi morale societaria. Attenzione. Oscar non fu un uomo senza principi. Egli fu un uomo di etica, e l'etica significa aver tatuato in fondo alla propria anima valori universali, che servono all'uomo semplicemente per trovare dentro se stesso la propria felicità. La morale è il collare puntuto che il dominio ci allaccia al collo, rendendoci di fatto incapaci di essere davvero consapevoli di ogni nostro gesto, di ogni bisogno e quindi in sostanza alleandosi con la parte di ombra di noi stessi. E cosi la ricerca di una via di uscita, della libertà assoluta cozza contro una sorta di condizionamento fattoci da giovani, da bambini. Ecco perché la trasgressione, la tentazione e ogni suadente richiamo di una voce che sussurra oltre questi distorti confini. E ogni suo racconto parla proprio di apparenza, che si contrappone alla sostanza rivelata nella semplicità di animo, in una nobiltà accantonata da secoli perché non più di moda. Oscar aborriva la moda. Era vittima dei tempi, delle consuetudini, vittima di se stessa di quell'ansia di trovare un punto di equilibrio fino a allontanarlo inesorabilmente dalle sue rive. Oscar odiava l'ipocrisia, di chi satollo negli eleganti salotti dei club pontificava contro i vantaggi della vita operosa e consona ai principi moraleggianti di una religiosità totalmente privata di amore e passione. In fondo, Wilde con le sue uscite cosi irritanti non faceva altro che abbattere i muri dell'egoismo cosi come il gigante egoista abbatta i muri che lo dividono dall'altro, dalla purezza e dalla semplicità impersonata nel bambino. In queste favole esiste lui, che ci sorride con quella sua smorfia beffarda e ci invita a andare al centro di ogni racconto per riflettere, per trovare la via che porta in uno dei luoghi più misteriosi e poco frequentati degli uomini: la propria anima. Ci provo a raccontarvi quelle meraviglie scritte che definite favole o racconti rappresenta una blasfemia, essi sono essenze di un diamante sfaccettato chiamato vita. Il principe felice tutti lo conoscono. La fiaba più famosa di tutte, capace di strappare le lacrime anche a chi è poco sensibile come la sottoscritta. E non solo per la parabola immediata dell'amore che sconfigge la morte, ma perché quel racconto ha sempre avuto per me una suggestione molto più sottile, molto più se vogliamo esoterica e nascosta. Il principe felice è l'emblema del benessere. La usa non è felicità ma assuefazione la piacere. Non lo dico io, lo scrive proprio Wilde. I miei cortigiani mi chiamavano il Principe Felice, ed ero davvero felice, se il piacere può dirsi felicità. Il principe immagine di una nobiltà evanescente e perché no vanesia totalmente concentrata su se stressa, vive rinchiusa nella sua magione dorata. Ma le cui mura, tema che ricorre spesso in questi racconti, ostacolano la visione del reale. Il principe felice non è altro che l'immagine dell'uomo platoniano, convinto che la grotta/reggia sia l'unica realtà possibile Quando ero vivo e avevo un cuore umano» rispose la statua, «non sapevo che cosa fossero le lacrime, perché vivevo nel palazzo di Sans-Souci, dove al dolore non era concesso entrare. Di giorno suonavo con i miei compagni in giardino e la sera guidavo le danze nella Sala Grande. Intorno al giardino correva un muro altissimo, ma non mi è mai interessato chiedere che cosa ci fosse al di là di esso, dato che tutto intorno a me era bellissimo. Ed è questo tipo di umanità con il core ma senza compassione che viene celebrata nella sontuosa statua posta al centro della città. Ma è li in quella posizione elevata, posta sopra l'umanità sofferente che il principe finalmente scopre che la sua vita era, in fondo, una mera finzione. Davanti a lui esiste il dolore. La fatica, I sogni spezzati del povero scrittore. Esistono madri incapaci di calmare la sete dei propri figli. Esistono poveri in cerca di una speranza. Esiste insomma l'altra parte della vita o se vogliamo la vita vera, quella fatta di cadute e di volontà di rialzarci. E si fa aiutare da uno spiriti anima una rondine. E la rondine, ironia della sorte, ha visto più mondo, nella sua umiltà di volatile di quanto il principe abbia mai fatto. E' l'anima libera, sognatrice, ribelle,incapace di stare ferma. E' quella l'anima che ora, si innamorerà del principe. Ecco il senso che la favola mi ha comunicato sempre, il motivo per cui sono stata innamorata delle ballate di Fabrizio de Andre: è dal letame che nascono i fiori. I diamanti sono si belli, ma inanimati freddi e senza emozioni. La vita vera, l'amore vero inizia quando il principe riesce a vedere e la rondine/anima decide di agir. Di non andare dietro a ideali a sogni a immagini lontane. Ma di agire in quella società che anch'essa abbandona in cerca dei fasti esotici dell'Egitto. E eccomi con l'usignolo e la rosa, una delle fiabe più tristi e al tempo stesso sferzanti che abbia mai letto. L'usignolo è la vena poetica che si adagia sul prescelto capace di elevare se stesso a grandi emozioni e grandi sentimenti. Ecco finalmente un vero innamorato» disse l’Usignolo. «Notte dopo notte il mio canto parlava di lui, anche se non lo conoscevo: notte dopo notte ho raccontato la sua storia alle stelle, e ora lo vedo. I suoi capelli sono scuri come il fiore di giacinto e le sue labbra sono rosse come la rosa che desidera; ma il tormento ha fatto diventare il suo viso pallido come l’avorio, e il dolore gli ha impresso il suo sigillo sulla fronte.»L'innamorato sogna la sua amata, a lei dedica frasi intinte di passione tanto da far innamorare l'usignolo/poesia della sua sofferenza. Ed è per questo che decide di sacrificare se stesso per consegnargli la rosa capace di conquistare l'oggetto del suo patire. Perché vedete, quando si sceglie di chiamare a se l'ispirazione, quando il talento si strappa dai fasti dei giardini incantasti, essa per poter discendere in noi deve morire. Perché è il suo sangue e intingere la nostra penna di incanto. E' nel sangue del suo sacrifico che noi possiamo dare ai posteri le nostre sofferenze trasformate in arte. E ogni volta che si attira l'attenzione dell'usignolo, per quel suo sacrificio noi dovremmo soltanto avere un riverito rispetto. Cosa che non accade. Perché per noi la poesia, l'arte, la bellezza diventano soltanto un fatto di successo, di potere e di denaro. E cosi l'usignolo/poesia muore invano mentre la banalità prende il sopravvento a ride fiera della sua atroce vittoria. E poi il gigante egoista. Una bella parabola di noi stessi e della nostra società cosi abile a costruire i muri. Il gigante ama il suo giardino. Ne è geloso e odia ogni intrusione. Odia schiamazzi dei bambini, odia che si rovini la meraviglia armonica degli alberi, dei cespugli e dei fori. Convinto che l'esterno non possa far altro che minacciare la bellezza. E cosi ogni bambino è ostacolato da un muro altissimo capace di mettere una distanza tra noi e l'altro. Tra il gigante e l'altro rappresentato dalla forza pura e innocente del bambino. Di una creatura fragile e piena di curiosità, capace quindi grazie a essa di cambiarci. Non sia mai! Eppure escludendo l'altro/bambino il gigante ostacola le forze esplosive del cambiamento. E cosi il rigoglioso antro pieno di meraviglia diviene secco,e il terreno diviene arido. Incapace di prosperare con le stagioni. La primavera, simbolo della trasformazione e della rinascita è bandita. E' sempre inverno, è sempre stasi, sempre immobile e uguale a se stesso. E' solo con l'incontro con una forza luminosa la compassione, che il gigante riporta la primavera dentro il suo giardino. Vogliamo chiamarlo simbolo della nostra anima o della società, come desiderate. Ma la scena più bella non è il finale degno dei migliori poeti ma è questa «Adesso è il vostro giardino, bambini» disse il Gigante, che prese una grande ascia e abbatté il muro. Spero davvero che il gigante egoista torni a impossessarsi di ciascuno di noi. L'amico devoto è il racconto più “cattivo”. La sua penna intinta di sarcasmo svela e rivela ogni ipocrisia di cui si riveste l'uomo. Amicizia diviene solo una merce di scambio, un modo per usare l'altro in favore di mille strani assurdi capricci. E' la parabola dell'umanità che si ricopre di belle parole ma dentro è arido come il giardino del gigante, prima dell'arrivo del bambino/anima. E cosi dietro ogni alto significato che diamo alle nostre azioni, dietro ogni discorso importante, ogni dialettica appassionata, Oscar ci rivela i residui logici parietiani: egoismo, arrivismo, opportunismo, mancanza di compassione, ipocrisia, cupidigia. Insomma dietro il devoto amico si cela in realtà un crudele feroce demone. Ma il peggio deve arrivare. Perché nello svelare il volto dietro la maschera ci sarò un lettore incapace di vedersi, che se ne andrà irritato. Perché il peso della consapevolezza non tutti possono portarlo «Temo proprio di averlo infastidito» rispose il Passerotto. «Il fatto è che gli ho raccontato una storia con una morale.» «Ah! è sempre una cosa molto pericolosa da fare» disse l’Anatra. E io sono perfettamente d’accordo con lei. Il razzo eccezionale è la meraviglia di ogni potenzialità. Che sia essere uno dei razzi migliori, capaci di far festa e di produrre le migliori scintille possibili e immaginabili. Che però in fondo si scontrerà sempre con una società, con un uomo cosi di corsa da perdere ogni volta la meraviglia e il razzo sprecherà la sua opportunità di brillare. E forse dovremmo essere meno razzi eccezionali, intenti a mostrarci al mondo, e più razzi normali intenti a essere, semplicemente, felici della nostra essenza. E brillare solo per noi stessi, senza velleità di attirare sguardi altrui. E per ultimo...il meraviglioso fantasma di Canterville. Fiumi di parole sono state spese per questo racconto. La potenza dell'amore puro, lo scontro tra due modi totalmente diversi eppure partecipi di una stessa radice: America e Inghilterra. E non nego che Oscar qua ha una velata, anzi per nulla velata, ironia contro il materialismo sfrenato di un amarica che sognava di distaccarsi dalla sua madrepatria e ambire ad avere una personalità tutta sua, indipendente e originale. E cosi al diavolo la tradizione, e persino il folclore e benvenuta totale fiducia nella scienza, nella tecnologia e nel materialismo. Stesso tema di un altro meraviglioso film tratto il mistero di Sleepy Hollows. E cosi la mentalità antiquata del lord inglese si scontra con l'irriverenza dall'americano tutto scienza e raziocinio. E chi ha ragione per Oscar? Nessuno dei due. Ne escono totalmente distrutti. Totalmente ridicolizzati entrambi. Perché tra chi usa la superstizione per essere e chi usa invece la tecnocrazia per apparire, nessuno tranne la dolce Virginia comprende la radici ultime del male che affligge il maniero di Canterville. Chi lo teme, chi lo dileggia, ma pochi che intendo comprenderlo. E in fondo il temibile fantasma aveva soltanto bisogno di una preghiera ossia della compassione. Torna qua l'ammirazione di Oscar per le donne, capaci di empatia, di rinnovare un po' il mondo arroccato sui stantii privilegi. E cosi Virginia è cosi semplice, cosi rispettosa delle tradizioni ma cosi capace con una logica sposata alla sensibilità di risolvere il dramma del soprannaturale. Vogliono dire» disse tristemente il Fantasma, «che devi piangere con me per i miei peccati, perché io non ho lacrime e pregare con me per la mia anima, perché io non ho fede, e poi, se sei sempre stata dolce e buona e gentile, l’angelo della morte avrà pietà di me.  Ecco cosa chiede in fondo, il buon fantasma. Nè terrore, ne dileggio, solo qualcuno capace di uscire dalle proprie maschere dai propri schemi e pregare per lui. Spettacolare. Cosa dirvi di più? Ogni racconto parla alla mia anima e mi illudo che, in fondo, sia Oscar a parlarmi, felice che la mia anima di nutra delle sue parole e fiero perché esse in me germoglino
833 reviews26 followers
February 9, 2025
In questa splendida traduzione di @doubleface.traduzioni , tutto lo spirito raffinato e ironico di questo insuperabile scrittore irlandese, esponente del decadentismo e dell' estetismo britannico, è reso al suo meglio...
Diversi racconti, scritti per i suoi figli, sono raccolti in questo libro e meritano davvero tanto...
Scritti con uno stile apparentemente semplice, ma che nasconde una poesia e una bellezza a volte sferzante ... lievemente ironica , voglio o portare il lettore ad una riflessione più profonda e attenta...
Mi raccomando!!...
Non fermatevi al suo romanzo più famoso, "il ritratto di Dorian Gray", ma approfondite questo autore che vi ammalierà con il suo fascino ...
Displaying 1 - 5 of 5 reviews

Can't find what you're looking for?

Get help and learn more about the design.