Lettore accanito e onnivoro, Manganelli comincia assai presto a scrivere di libri, nel 1946, e nel giro di qualche anno la recensione si trasforma nelle sue mani in un vero e proprio genere letterario che esige uno scrittore, capace non tanto di giudizio – compito «da professore o da irto pedagogo» – quanto di un «gesto critico, esatto, lucido, veloce e non precipitoso, felicemente prensile». I presupposti di tale nuovo genere li ritroveremo tutti in questa raccolta, dove Manganelli rivela una prodigiosa capacità di aprire i suoi pezzi con un ‘presentimento di racconto’ («Se sono in preda ad un rissoso malumore, tre pagine di Singer mi “stigrano”, come si dice in certi dialetti emiliani»); di cogliere le peculiarità di un autore come si infilza una farfalla in una bacheca (L’Iguana è un libro che «sembra non avere autore, ma solo essere un perfetto “apporto”, come dicono gli spiritisti»); di dare sfogo a una «concupiscenza libraria» che lo trascina da Omero a Chaucer, all’amato Seicento, a Vincenzo Monti, Keats, Ivy Compton-Burnett sino a Oliver Sacks e Anna Maria Ortese; di brandire irresistibilmente ironia e sarcasmo («Stretto nella teca dei suoi calzoni accanitamente abbottonati, il ritroso Cassola ha della letteratura un’idea che fa apparire “La famiglia cristiana” l’organo dell’Ente per lo Scambio delle Mogli»); di officiare fastose cerimonie stilistiche e verbali; ma soprattutto di farci intravedere, dietro lo «spazio di indifferenza emotiva» che pone fra sé e ciò che scrive, quella passione della letteratura che «produce matrimoni, fughe a due, notti insonni, poesie, serenate, omicidi, ma in nessun caso cose ragionevoli e sensate ».
Giorgio Manganelli was an Italian journalist, avant-garde writer, translator and literary critic. A native of Milan, he was one of the leaders of the avant-garde literary movement in Italy in the 1960s, Gruppo 63. He was a baroque and expressionist writer. Manganelli translated Edgar Allan Poe's complete stories and authors like T. S. Eliot, Henry James, Eric Ambler, O. Henry, Ezra Pound, Robert Louis Stevenson, Byron's Manfred and others into Italian. He published an experimental work of fiction, Hilarotragoedia, in 1964, at the time he was a member of the avant-garde Gruppo 63.
"Non v'è nulla di più futile della recensione; gesto miserabile, irresponsabile, ritaglio di chiacchiera, gomitolo di inutili aggettivi, di frivoli avverbi, di risibili sentenze. Ma appunto questa fatuità insolente può fare della recensione un "genere" letterario più infimo che minore, una ciancia da angiporti, un berlingare senile; e dunque anche alla recensione può spettare una qualche accoglienza nella disordinata, chiassosa piazza dei mestieri letterari, tra il poema epico e l'epigramma, il sonetto caudato e il capitolo in rima. Diverte pensare l'articolo letterario come imparentato all'Elogio dell'anguilla - pesce nobilmente lubrico - o dell'orinale - oggetto intimo, tristo e irrinunciabile, materia di riso e cruccio. Appunto, un che di ambiguo, di esiguo, di esile ed elusivo, e insieme di futile e povero, e tuttavia costante, una cosa sciocca e inquietante come l'ombra. Se la letteratura è un sogno caotico e sfrenato, una città frequentata da cantafavole, buffoni, prèfiche a pagamento, ciarlatani virtuosi e predicatori di elaborati vizi, ecco che il recensore sarà il buffone del buffone, la spalla del grande tragico, la claque del meditabondo, il parassita del pedante. Ecco, il parassita, nobile, arcaica, odiosa e petulante figura che appartiene alle più antiche tradizioni dell'urbanistica della suburra letteraria. il parassita è un impasto di smorfie, di fraintendimenti, parole storpiate, echi equivoci, rumori sconci, lazzi pensosi e concetti sbracati; che chiedere di più pertinente a un discorso letterario, ornata, splendida orazione funebre in onore dell'unico eroe attendibile, l'eroe negativo? Indulgenti, preoccupati, gettate il vostro obolo al furbo parassita." Ho riportato le parole scritte dall'autore di questa raccolta antologica di sue recensioni letterarie, Giorgio Manganelli, per farvi capire il suo stile di scrittura dotto e articolato. Manganelli era un lettore appassionato prima ancora che un critico letterario preparato, egli divorava un libro in poco tempo, e questa sua concupiscenza libraia ci viene trasmessa in ogni sua recensione: egli stesso ce lo confida: "L'amore per i libri parte da un innamoramento, è una passione, è una mania, è una frenesia, è una dolcezza, è uno strazio. " E ancora: "Per un lettore accanito, lievemente maniacale, come so di essere, come un fumatore di tre pacchetti al giorno, un bevitore di whisky all'alba, per un lettore coatto ci sono scrittori affascinanti, prediletti, che hanno il potere di cambiargli l'umore, raddrizzargli una giornata andata storta, renderlo blandamente filantropo." Manganelli stesso ci dice che non si è mai considerato un recensore, ma uno scrittore di recensioni.
Questa raccolta di sue recensioni accoglie delle recensioni mai inserite in volumi che sono già usciti dello stesso autore.
Consigliato: a chi ama leggere, a chi non può fare a meno di incuriosirsi dei consigli letterari, a chi non resiste e sbircia il titolo che il signore sta leggendo in metropolitana seduto davanti a noi.
Ho letto questo libro avidamente più che con concupiscenza... a proposito di libri che non conosco o che ho ritrovato sotto una lente o forse una luce e un’intelligenza diversa. A parte la lingua, intendo l’italiano ricco sapiente ed esatto di Manganelli, mi pare ci sia la proibizione a recensire e commentare ma piuttosto tutto l’amore per il libro, quello che piace e che si ama per il solo motivo che è, gli è e ci è, consono vicino emozionalmente, razionalmente. Una miniera non per il topo da biblioteca o per il filologo enigmista, ma per chi ama il corpo e lo spirito del libro, come oggetto veicolo passione, come quell’evento con cui si guarda l’uomo il mondo, il più infinitesimale atomo come il più immisurabile universo. Leggetelo come un invito a concupire libri ed esserne concupiti.
La lettura di queste pagine scritte con una prosa raffinata e competente, basata su parole espressive e pregnanti (per quanto possano essere desuete e ricercate), può essere solo definita come un piacere - chi ama leggere troverà qui non solo opinioni intelligenti e preziosi consigli di lettura, ma anche la dimostrazione plastica di come faccia bene sapere usare le parole (e, soprattutto, conoscerle).
Cogliendo a caso: Il colore che governa questa serie di «storie di una storia» è metallico, non smorto, ma grigio di un grigiore anneghittito di alba in una periferia urbana
in quale cosiddetta "recensione" che si trova oggidì in rete è possibile trovare frasi di questo genere? verrebbe da dire che fare il recensore di libri non è attività per tutti e richiede strumenti e competenze (ma, immagino, trattasi di opinione minoritaria nell'epoca dello strapotere di YouTubers e TikTokkers).
Tant'è, io mi affido ai consigli di Manganelli, anche perchè mi trovo quantomai d'accordo con la sua idea di letteratura, che, fra le righe, emerge ben definita e sicura:
la potenza del racconto non sta nella storia – non sta mai nella storia, se c’è veramente potenza.
Ritenersi tenuti a dar conto della trama vuol dire scegliere libri dotati di trama, e questo particolare non mi dice nulla sul libro in sé, non mi dice perché dovrei o non dovrei leggerlo;
la letteratura è un sogno caotico e sfrenato, una città frequentata da cantafavole, buffoni, prèfiche a pagamento, ciarlatani virtuosi e predicatori di elaborati vizi,
usando le parole altrui dentro il bozzolo delle proprie, la critica introduce oscurità dove è illusoria chiarezza, porta notte dove è la menzogna del giorno, cattura e tesaurizza l’errore dove apparentemente si dà pertinenza
Molto interessanti anche gli apparati a supporto del testo, che illustrano con dovizia di particolari la biografia professionale di Manganelli: non sapevo, per esempio, che Bertolucci fosse stato il suo primo "padrino" come recensore, nè che i suoi primi pezzi apparvero sulla "Gazzetta di Parma" (particolare forse volontariamente non tramandato dal foglietto padano, dato che il recensore lo abbandonò velocemente, dato che non veniva pagato nei tempi giusti - Ora voglio chiarire le cose con la “Gazzetta di Parma”, che non mi ha ancora dato un soldo: o pagare o niente più da me. Visto che c’è gente che mi prende sul serio, non c’è motivo che perda del tempo con codesti uomini )
"Strettamente parlando, non si tratta di letteratura realistica; mancano, è evidente, la dimensione sociale, la prospettiva storica, la critica di costume, e in genere fa difetto il messaggio morale. Devo confessare che mi diverte molto. Dirò di più: un romanzo senza fate ed elfi — e ce ne sono! — mi rende uggioso. Non ho nessuna obiezione estetica verso il famoso: "La marchesa uscì alle cinque": ma mi avvilisce la consapevolezza che la marchesa non incontrerà un coniglio che le chiederà che ore sono. Non so se è mai stato scritto un saggio "Sulla assenza delle fate in Madame Bovary". Forse è una assenza importante. Non so quante volte ho letto *Alice* di Lewis Carroll, ma so che non leggerò altrettante volte *La fiera delle vanità* di Thackeray; libro di gran classe; ma se non succede mai niente di impossible, perché adoperare tante parole?"
Magico scrigno di magici scrigni, da leggere prendendo molti appunti.
"Joyce per tutti potrebbe essere l'insegna di una infinita distribuzione collettiva di tutti i beni di una cultura che era stata giudicata scostante e aristocratica. Può essere la prova che la letteratura nasce solitaria e dolorosa, e misteriosamente si trasforma nel linguaggio di tutti, nella gioia più profonda che sia possibile conseguire."
Libro da assaporare piano, perché composto da molteplici strati, come le torte giganti, ma a differenza di queste, gustosissimo. Non posso certo affermare di conoscere tutti i vari scrittori e autori vari citati da Manganelli, magari! Ma come al solito mi sono fatta la mia lista di libri da cercare, alcuni dei quali ormai talmente vecchi che basta Gutenberg, e mi sembra, piano piano, di colmare le mie infinite lacune. Un libro didascalico comunque.
Innanzitutto questo libro non è un libro per tutti: Manganelli non è solo un critico, è un letterato finissimo, e le sue recensioni-analisi-svagaiature divagano con eleganza portando il pensiero là dove mai sarebbe andato.
A questo si somma il fatto che i libri analizzati sono stati pubblicati massimo nel 1985, quindi è probabile che una buona metà non abbia mai transitato per la vostra libreria.
Secondo me questo libro si legge così: non dall'inizio alla fine come una romanzo, ma consultandolo. Si può consultare per autore, per corrente letteraria, per libri che abbiamo letto oppure per libri che vogliamo leggere. Così dà una soddisfazione pazzesca.
Lo segno come terminato, ma è uno di quei libri da tenere nello scaffale più vicino a portata di mano e in cui immergersi di nuovo, a caso, per leggere le recensioni del libro più in sintonia col momento.
Ma che bello! Manganelli è insuperabile, si sa. Quando scrive di libri è sempre sorprendente, ironico, sempre fuori dai denti. Un libro da tenere in evidenza e ogni tanto leggerne un frammento.
La prima impressione è: confusione. Anche se tutte le sezioni e tutti i capitoli sono elencati all'inizio, non si capisce secondo quale criterio Manganelli procede. Infatti procede secondo un buon numero di criteri... Perciò pensavo di dargli solo 4 punti. Ma è Manganelli! Con un lessico così vasto da sfidare Goethe; perfino persone colte si vedranno consultare dizionari. Tanto dalla pagina 281 in poi tutto è ordinato. Manganelli oltre a essere estremamente colto è anche espiègle, un Eulenspiegel (i racconti su Till Eulenspiegel sono stati tradotti in 280 lingue, ma in Italia è sconosciuto, anche a Manganelli, anche se lui lo è.) E' un bastian contrario, vuole provocare con le sue opinioni. Non ha paura di niente e di nessuno: ”...in quei mattatoi vennero abbattuti circa due milioni di ebrei e cinquantaduemila zingari. Quel “circa” mi incanta.” “Ogni fotografia è un falso. ...Una fotografia ci dice cose che non sono mai avvenute, ci presenta persone la cui inesistenza è insondabile. Ogni fotografia nasce da una tresca con la morte.” Però per il resto ha quasi sempre ragione. Quindi 5 punti!
Sfrenata e goduriosa raccolta di recensioni scritte da un "lettore accanito, lievemente maniacale". Perché l'amore per i libri "è una passione, è una mania, è una frenesia, è una dolcezza, è uno strazio." In mano a Manganelli la recensione diventa un genere letterario molto personale che divaga, sfugge come un'anguilla, ti porta in posti lontani, ma quando è il momento individua la preda e infilza senza pietà. Si va dai classici latini al Seicento, dalla saggistica ai romanzi gotici. Non importa se i libri di cui parla li avete letti, è sempre piacevolissimo sapere che ne pensava Manganelli. E poi c'è il suo italiano che per quanto mi riguarda è fonte di grandi soddisfazioni: a fine lettura ho iniziato a utilizzare parole come "callido" e "magato", la mia vita quotidiana è migliorata, anche la pelle sembra più lucente. Fatelo anche voi. Molto bella anche l'appendice finale che contiene deliziose scaramucce con il vecchio Mario Praz e con Primo Levi.
"Per i libri si possono conoscere abissi di passione, e languori sentimentali. Esiste, esiste la concupiscenza libraria. A chi confessarla?" (p. 26)
"Il fallimento è connaturale all'essere, anzi è la condizione più vicina alla intelligenza del disordine, dell'errore, di quello scheggiato enigma che ci lacera il corpo e la mente." (p. 189)
"Noi non siamo all'inferno, perché l'inferno sarebbe pur sempre una spiegazione. Anche la dannazione contiene inevitabilmente un frammento di salvezza." (p. 237)
Libro colpevole, delittuoso e pericoloso, reo confesso dell'amore libidinoso verso il libro e la lettura. Gode anche di un piacere quasi luculliano della parola, servita con garbo deciso e capace di imbandire tavole degne di un satrapo orientale. Trascina, questo sultano, verso il suo stesso amore insaziabile e alla fine, gentilmente, fornisce un elenco grazie al quale sedersi allo stesso banchetto.