La religione è la meno ovvia fra le realtà universali. Non è certo chiaro, infatti, perché in una prospettiva evolutiva la specie umana abbia sentito costantemente il bisogno di una costruzione così audace, la cui funzionalità per la sopravvivenza è tutta da dimostrare. Burkert affronta questa fenomenologia in apparenza scandalosa prendendo in esame le testimonianze di religioni delle antiche civiltà mediterranee e mediorientali e isolandone i tratti basilari, i moduli ricorrenti, in uno studio dove antropologia e biologia, storia ed etnografia, etologia e linguistica concorrono a formulare una interpretazione seducente e persuasiva. Si tratterà così di individuare le corrispondenze morfologiche fra alcuni elementi essenziali delle religioni e certi modelli comportamentali umani – ma anche e soprattutto animali – che svolgono un ruolo decisivo nel garantire la vita: il sacrificio al dio si può leggere nei termini di un «sacrificio parziale in nome della sopravvivenza in situazioni di pericolo e di ansia»; il «sacro timore» è riconducibile alla paura generata dallo sguardo del predatore; mitologia e fiabe seguono schemi narrativi che riproducono i passi del programma biologico per la ricerca del cibo; le divinità si presentano come potenti esorcismi di fronte a un mondo che altrimenti minaccia di continuo di sprofondare nel caos. Paradossalmente, alla fine, questo imponente insieme di rappresentazioni – di cui il progresso dei Lumi pretendeva di sbarazzarsi in quanto avrebbe conculcato l’espandersi della vita – si rivela uno dei più possenti artifici per proteggerla e svilupparla. La creazione del sacro è apparso per la prima volta nel 1996.
Walter Burkert was a German scholar of Greek mythology and cult. Professor Emeritus of Classics, University of Zurich, Switzerland, he taught in the UK and the US.
The prose is somewhat stilted in this book. This is a translation from German and it isn't all that great. However, the ideas contained herein are worth the little extra effort it takes to read. I'm not so sure that Burkert's hypotheses about the evolutionary psychology of religion are all that robust, but they are on the right track. His explanation of sacrifice alone makes reading the book worthwhile.
Important deconstruction of religion into functional factors, emergent narratives useful for supporting social organisation and solving lifelong existential questions. The author describes this deconstruction as a the result of dialogue with the “unknown”. He hypothesises this aspect will lead to a big impact of network technology on religion because it will force a degree of arbitrary choice in explaining fundamental life questions.
I had to read this book for my religious thought in world perspective and all i can say is if you don't have to read it for class; Don't. It was all of the place. The author then refuses to acknowledge the fact that he speaks in terms of evolution, but never states as so. I was glad to be finished with the thing. Not something i would remotely pick up outside of school.
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“La religione è emersa in questo studio come una tradizione primordiale di comunicazione seria con poteri non visibili. Il problema della convalida degli “oltremondi” non sembra avere un’unica risposta. […] Invece, io propongo l’esistenza di schemi biologici di azioni, reazioni e sentimenti attivati ed elaborati mediante pratiche rituali e insegnamenti verbalizzati, con un ruolo primario svolto dall’ansia. […] La religione segue le orme della biologia, anche se è strettamente connessa con la primordiale invenzione de linguaggio, portatore della grande possibilità di un mondo mentale condiviso. A questo livello, ciò che importa non è il successo di “geni egoisti” nella procreazione, ma la coerenza, la stabilità e il controllo all’interno di questo mondo. […] Se il linguaggio portò un progresso decisivo nella condivisione dell’informazione, il successivo passo fondamentale fu l’invenzione della scrittura. Con essa nacque una nuova forma di oggettività. Con il giudaismo, il cristianesimo e l’Islam la parola scritta ebbe il suo massimo trionfo. La scrittura ha ridotto drasticamente la necessità di interpretare i segni e di ricorrere a esperienze paranormali di carattere estatico e mistico. […]. È difficile per gli esseri umani scostarsi dai vecchi sentieri della costruzione di senso in un mondo pieno di eventi inquietanti, di scandalo, di frode. Potrebbe darsi che il terzo passo dell’elaborazione dell’informazione cui oggi assistiamo stia per produrre cambiamenti cruciali. L’individuo si trova nella solitudine dell’arbitrarietà mentre è controllato da nuove e ineluttabili dipendenze che in confronto le vecchie forme di comunicazione appaiono goffe e antiquate.[…] Inquietanti sono le probabilità e i pericoli di regressione, di fondamentalismo o magari di un primitivismo risuscitato. I contenuti e le prospettive della religione rimangono del tutto problematici. Anche in un mondo dominato da una tecnologia autogena, l’uomo non accetterà facilmente che costrutti di senso tesi a cogliere il non-evidente siano solo proiezioni create da lui stesso, e che nell’universo attorno non ci siano da percepire altri segni che le irregolarità echeggianti dal primo Big Bang.”
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Consisting of seven discrete chapters, Walter Burkert's "Creation of the Sacred: Tracks of Biology in Early Religions" is an insightful, stimulating, and rewarding foray into the world of mythology, with an emphasis on Biology as the determining factor in the genesis of religion in mankind's history. The better to set the stage for his thesis, Burkert postulates the differing ideas concerning biology's effect on religion and mythology in the first chapter of the book, where new theories are introduced amidst a plethora of clear prose and succinct ideas. He then, in the succeeding chapters, offers a wealth of evidence, in the form of stories and explanatory theories, to support his ground-breaking ideas concerning the origin of man's obsession with the Absolute. These stories, some familiar but the majority new to this neophyte reader, are enjoyable to read in their own right; joined together in the context of Burkert's train of thought, they crystallize into a mass that informs and entertains. So while some of the ideas are, as I said, familiar, there is, even in the well-worn segments of argument, a core of thought which is new and stimulating to encounter. In fact, the last segment of the book, the one in which the oath is explicated, both reminds me of Giorgio Agamben's "The Sacrament of Language" and illuminates unforeseen ground. It is this combination of the familiar and the ground-breaking that makes this book so memorable and special. A great book this is!
Lectura muy disfrutable debido a la erudicion y variedad de ejemplos con los que Burkert ilustra su tesis. Independientemente de los objetivos del autor, cualquier persona interesada en la historia de las mentalidades religiosas encontrará buen material entre sus páginas. Por ellas circulan clásicos como Propp, Gennep o Mauss.
Ahora bien, su tesis es excesivamente especulativa y, si bien consigue defender audazmente que hay un fondo tendente a lo universal en los comportamientos y ritos religiosos y que estos se enraizan con comportamientos naturales y evolutivos, los argumentos se revelan limitados. No se puede decir que aporte realmente novedad a las aspiraciones "universalistas" de Eliade o Girard, padeciendo más bien el signo científico de los tiempos (cosa que no está mal per se, pero si el estudio de lo religioso es presa de un reduccionismo temerario, el objeto de estudio pierde su complejidad inherente).
No obstante, asociar a Dawkins, De Waal y Dodds es original, pese a lo problemático de la tesis evolucionista-natural que propone Burkert. Además, frente a otros "universalistas" (fallidos en su tesis dura) de la talla de Eliade, a nuestro autor le falta sondear las religiones americanas, africanas y extremo-orientales (entre otras), además de ahondar en las diversas formas de lo espiritual y de la magia.
L'Autore, Walter Burkert, è stato a lungo professore di Filologia classica all'università di Zurigo ed il suo punto di vista, esposto in questo libro, è molto interessante: la religione andrebbe vista come un fenomeno biologico prima ancora che culturale. La storia e l'antropologia non conoscono società da cui la religione sia del tutto assente, questo era già assolutamente evidente ai filosofi antichi, Cicerone dice. "...non esiste nessuna razza umana che non creda negli dei". Ovviamente, con gli strumenti dell'epoca questa osservazione portava a credere che questa fosse la prova più evidente della reale esistenza degli dei. Nel XX secolo Burkert pone una serie di domande e di possibile risposte che si rifanno invece all'Uomo e al suo rapporto con la Natura ed inserisce la nascita della religione nel discorso più ampio dell'evoluzione degli esseri umani. Non voglio rovinare il piacere della lettura a nessuno, dico solo che le idee proposte sono molto interessanti e condivisibili e lascio a voi il gusto di andare a scoprirle.
So the main point of this book is that “religion follows the tracks of biology”. The author offers a number of theories to explain common religious (and not strictly religious) practices from an evolutionary point of view. This human ethology approach to religion is truly fascinating. Although the author did not convince me of all his points, this book makes for an immersive read, something that makes you stop reading from time to time and reflect. Also the author writes like HP Lovecraft which is super cool. Am I reading a short story about unspeakable horrors? Am I reading a classic of anthropology? Who knows…
Interesting. I'm not convinced he made the case for natural religion but I do believe that religion evolved like everything else that we do as part of our response to the world around us.
Extenso estudio sobre el elemento común en las religiones antiguas. Es un libro totalmente recomendable para todos aquellos interesados en la historia de la religión.
Fine book as it goes, developed out of the giffords lectures. This is basically a structuralist approach to religion as a natural, biological development of order imposed on the existing chaos. Great command of Greek texts, less so of others, but the whole account is theoretically un-sophisticated and premised on the rejection of much of current critical theory (e.g., religion is assumed to be universal and a reified category of sorts, structuralism is basically the theoretical model adopted without critical appreciation, etc.).