Dall’11 maggio 2016 le unioni civili sono legge. E se sul matrimonio è stato scritto molto e sulle donne altrettanto, sulle donne che hanno deciso di sposarsi fra loro si sa molto meno. A riempire con la sua intelligenza questo vuoto, arriva Chiara Sfregola che, a partire dalla sua esperienza di lesbica, di femminista e di moglie, racconta con un passo a metà tra saggistica e memoir cosa è stato storicamente e cosa sta diventando, oggi, il matrimonio. Una volta pronunciato il fatidico sì molte persone, anche di destra, anche persone che sono sempre state contrarie all’adozione da parte delle coppie gay, hanno iniziato a chiederle quando aveva intenzione di fare figli. Altre persone, lesbiche incluse, hanno chiesto dell’abito: chi indosserà quello bianco? (che è la versione politically correct del “chi fa l’uomo?”). Alcune femministe l’hanno guardata male: tu quoque, ossequi l’istituzione antiquata e collabori col patriarcato? La sfida di questo libro è rispondere a queste e a molte altre domande. Per esempio: se il matrimonio nasce come istituzione che limita la libertà delle mogli, qual è il senso del matrimonio fra due donne? Come si può reinventare, fra pari, quello che è sempre stato, storicamente, un rapporto di sottomissione? Se non vuoi avere dei figli, cosa ti sposi a fare? Che succede ora che una femminista può sposare una sua “collega”? La risposta possibile è una: succede che il matrimonio va a un corso di aggiornamento. Perché se le donne cambiano, anche il matrimonio deve cambiare. Una lettura indispensabile per capire i nuovi modelli di famiglia e inventarne di nuovi.
Ho iniziato questo libro senza aspettative e queste, seppur inesistenti, sono state deluse. Nel minestrone di chiacchiere da bar di questo scritto si trovano: timidi spunti interessanti, liquidati con qualunquismi, impastati con inesattezze gigantesche e cose che non interessano a nessuno (come il divano verde), il tutto spolverato con una superficialità ironica di cui non sentivamo il bisogno.
Per incappare negli errori non bisogna andare tanto in là con la lettura, perché il primo lo troviamo alla quinta riga di pagina 9. La dicitura "Signorina" nei documenti ufficiali è decaduta, per legge, da parecchi anni. Adesso al compimento dei 18 anni di età acquisiamo tutti automaticamente i titoli di "Signora" o "Signore". Voglio ben sperare che Chiara Sfregola fosse a conoscenza di questa faccenda, ma che l'abbia ignorata solo per poterci scrivere su il suo libro. Discutibile, ma ognuno fa le sue scelte. Anche se, come ci insegna il diritto, ignorantia legislatura non excusat. Vogliamo poi parlare della storia del cambio del cognome per le donne sposate (Parte II, capitolo 6)? Allora, siamo in Italia, dal 1975, noi donne, una volta convolate a nozze, non siamo più obbligate ad aggiungere al nostro cognome quello di nostro marito preceduto dalla preposizione "in". Se si fosse trattato di un libro di fantascienza, o ambientato in un altro stato, lo avrei accettato, ma non è questo il caso.
Andando avanti nella lettura vengono citati generici ed estremamente poco convincenti studi di cui non sappiamo nulla, che anzi, nell'appendice del libro l’autrice ci dice: pagina 171 "La bibliografia di questo libro potrebbe essere sterminata, dovendo includere molti studi e tante ricerche psicologiche, statistiche, sociologiche, storiche e legali che ho consultato per supportare con i numeri e le date le proporzioni e i tempi dei fenomeni che ho raccontato in questo libro. Mi limito qui a suggerire alcune letture per chi avesse maturato il desiderio di approfondire le questioni di genere." Massì, ma che ci frega, buttiamola in confusione, scriviamo solo che sono tanti. Ora, non prendiamoci in giro, scrivere un saggio è difficile, bisogna essere molto rigorosi nella trattazione, fare parecchia ricerca per le fonti e la bibliografia, farne una sintesi e rielaborare il tutto. Scrivere un saggio con tutti i crismi in modo ironico ed intrattenendo il lettore è, invece, difficilissimo. Infatti la Sfregola fallisce in pieno nel suo tentativo. C'è, ad onor del vero, una breve e paracela introduzione in cui ci viene detto che quest'opera è a metà tra il memoir e il saggio. La parte del memoir è per me completamente inesistente. Anche Harari nei suoi saggi racconta di alcuni episodi accaduti nella sua vita, ma a scopo aneddotico e di certo nelle introduzioni non dice che si tratta di una cosa a metà tra il memoir e il saggio.
Sono problematici anche i temi che tratta e come li tratta. In apparenza, il matrimonio ed il suo significato dovrebbe essere l'argomento principe, invece no. Trattato con una superficialità imbarazzante, letto tutto il libro, non ho ancora capito cosa ne pensi al riguardo l'autrice. Da un lato ne parla come di uno strumento di oppressione femminile, dall'altro dice di esser contenta di aver raggiunto lo status symbol di donna sposata (pagine 39, 79, 80), poi, però, afferma che non l'avrebbe mai fatto se non ci fosse stato il divorzio (pagina 68). E quindi? Mi arrivano messaggi contrastanti. Da tutto questo marasma di parole un'idea di fondo esce, però, fuori: il matrimonio tra due lesbiche è il più felice di tutti, perché quello etero è un atto di sottomissione e controllo dell'uomo sulla donna; mentre quello tra due uomini gay è all'insegna del costante tradimento reciproco. Perché lo stereotipo dell'uomo-bestia perennemente arrapato mancava. Sarebbe stato molto più interessante leggere di come si sia evoluto il concetto di matrimonio nel corso del tempo, invece dei soliti cliché. Ad esempio, la butto lì, non sarebbe stato interessante interrogarsi sul perché nella società etrusca il matrimonio fosse totalmente paritario, le donne avevano accesso alle alte cariche e le persone avevano sia il patronimico che il matronimico; mentre nella società romana, apparsa poco dopo e nello stesso territorio, non fosse così? No, invece ci toccano gli stereotipi su secoli di matrimoni infelici sempre e per tutti. Che poi, a rigor di logica se davvero si fosse trattato del 100% dei casi per millenni, probabilmente qualche rivolta ci sarebbe stata. Dopotutto abbiamo fatto rivoluzioni per molto meno.
Soffermandoci su un altro aspetto, alcune volte vengono affermate delle cose assolutamente agghiaccianti. Faccio degli esempi: 1) Pagina 160, cito ancora una volta l'autrice: "Sono consapevole del mio privilegio. Oltre a essere bianca, bionda e borghese, sembro etero. [...] Come tutti i privilegi non l'ho scelto né me lo sono guadagnato. Ci sono nata. Sono bassa, minuta e sto male con i capelli corti." Scusa, ma cosa vuoi dirci? Qual è il messaggio? Che le lesbiche sono tutte fatte con lo stampino e ce l'hanno scritto in fronte? Stronza io, che credevo erroneamente che avessero solo un orientamento sessuale diverso dal mio! 2) Pagina 56, parlando della sua ossessione per l'interior design, afferma che la sua urgenza nell'arredare casa sua è colpa del patriarcato. Cos'è, se non ci fosse il patriarcato mangeremo per terra e avremmo case brutte? Il patriarcato ha indubbiamente molte colpe, ma non quella di farmi arredare casa come piace a me. Se poi l'autrice frequenta persone che le fanno sentire quell'ansia che descrive nel libro in fatto di mobili, cambiasse compagnie. 3) Pagina 21, questa frase, invece, mi è rimasta dentro tipo trauma "Nata a Terlizzi, morta pelosa." Spiegatemi, il patriarcato è responsabile della sua ossessione per i mobili, ma non per l'idea del corpo femminile perfetto che ci viene inculcato da quando siamo bambine? Che dire? Evidentemente secondo lei il patriarcato è un azionista di IKEA.
Questo libro è, assolutamente, una sequela di occasioni sprecate, contraddizioni e luoghi comuni. Sarei stata molto più interessata nel leggere cosa ne pensa lei, quali sono i suoi sentimenti riguardo alcune questioni. Ad esempio, ad un certo punto parla della discriminazione, delle torture e dello sterminio subito da uomini e donne omosessuali durante il nazismo, pagine 23-24. Argomento ampio, ampissimo e molto interessante, che la Sfregola liquida in poche righe. Ecco, qui avrei tanto voluto che mi desse il suo punto di vista e la sua sensibilità di donna lesbica, che sicuramente saranno diversi e più intensi di quelli che posso avere io, donna etero.
In generale, se a qualcuno il libro è piaciuto, de gustibus non est disputandum. Concludo questa lunghissima recensione parafrasando il buon vecchio Borìs, l'oca amica di Balto: "Non è memoir. Non è saggio. Sa soltanto quello che non è. Se solo capisse quello che è."
(Edit dicembre 2020: Ho tolto una stella perché, ripensandoci, questo libro non merita le tre stelle che ho dato all romanzo della Angelou!)
L’idea di base è ottima: cosa possono insegnare le coppie omosessuali alle coppie eterosessuali sul bilanciamento dei ruoli di genere in una relazione? Mi ha subito incuriosita. Da tempo io ed alcun* amic* della comunità LGBTIQ+ riflettiamo su come, in base alle nostre esperienze, le coppie non-eterosessuali e non cis-gender siano più propense a relazioni aperte o poliamorose di quelle etero e di come questo sia probabilmente ed in parte dovuto al fatto che le coppie LGBTIQ+ abbattono le regole sociali sulle relazioni amorose già solo con la loro stessa esistenza.
Detto ciò, il libro non mi è piaciuto. Innanzitutto l’autrice inizia subito mettendo le mani avanti: il libro non è né un romanzo, né un’autobiografia, né un saggio. Avrei dovuto ascoltarla, ma purtroppo non ho colto il segnale. Morale: mi sono trovata nel mezzo di un non-libro che ho fatto una gran fatica a finire. Mi è sembrato tutto e niente al tempo stesso, glissava su qualsiasi argomento in modo superficiale. Alcuni spunti erano interessanti (per esempio quello del “ratto” e “rape”, della casalinga) ma di solito occupavano massimo mezza pagina, per poi lasciare spazio a dettagli inutili della sua vita. Sprecare anche solo una riga per dire che accende le candele perché le piace il profumo... ma perché?! Ho dovuto tenere duro e aspettare le ultima cinquanta pagine per avere una carrellata superficiale di spunti interessanti.
Altre volte invece era lo stile di scrittura a lasciarmi di stucco (leggendo “Il patriarcato mi fa fare delle cose.” mi sono seriamente chiesta perché mai avessi speso 16 euro per leggere una frase tanto brutta!).
E altre volte ancora mi sono trovata invece in disaccordo con le opinioni espresse dall’autrice. Ma questa non la ritengo una cosa né positiva né negativa di per sé - è stato per me uno stimolo a leggere attivamente e riflettere in maniera critica prima di voltare pagina, sviluppando una mia opinione. Faccio due esempi: 1) Sfregola si concentra troppo sulla sua esperienza di vita applicandola a tappeto sulle altre persone. Lo fa ad esempio quando dice che oramai gli obiettivi della comunità LGBTIQ+ sono sposarsi, fare figli e in generale imborghesirsi. Mah, non per tutt* è così! E lo fa anche quando dice che essere single ha delle regole, come quella di essere sempre “a caccia” e di dovere sempre scop*re. Ma anche no?! Queste generalizzazioni lasciano il tempo che trovano a mio parere. 2) Quando rivendica il diritto per gli uomini di mettersi rossetti e paillettes, ma poi critica il “femminismo pop, rampante e fotogenico” delle donne che rivendicano le proprie libertà “indossando zatteroni” e cantando le spice girls. Perché di nuovo due pesi e due misure per uomini e donne? Perché chiedere più libertà di esprimere se stessi per i primi anche in modo pop, glam e sbarazzino, e storcere il naso se le donne fanno altrettanto? Che poi, chissenefrega cosa una persona indossa o canta, l’importante è che sia ben informata e preparata. E questi sono solo due esempi, mi fermo qui solo per non dilungarmi ancora di più.
Ah, il tutto viene condito con una costante bi-erasure, visto che continua a parlare di “coppie lesbiche o gay”. Per non parlare dello strafalcione “se siete lesbiche almeno una volta nella vita”, come se il proprio orientamento sessuale fosse legato allo status della propria relazione. Olé!
Insomma, apprezzo lo sforzo dell’autrice ma, tutto sommato, questo libro non me la sento di consigliarlo. Se volete leggere qualcosa che risponde al quesito iniziale, consiglio piuttosto di leggere un articolo scientifico/sociologico sul tema. E se volete leggere qualcosa di femminista e/o queer, ci sono tanti altri libri che meritano di più a mio parere.
In questo libro Chiara Sfregola si sofferma sull’argomento donne che si sposano tra loro (con tutto quello che ci ruota attorno). Affronta la tematica con un pizzico di ironia, mettendo su carta la sua esperienza di donna, lesbica, femminista e moglie. Affronta domande che vengono rivolte a tutte le donne, e domande rivolte alle donne lesbiche. Su argomenti di questo tipo non si finisce mai di imparare e nemmeno di confrontarsi. Ci sono tanti punti di vista diversi, tanti modi di vedere un’unica faccenda, modi che vengono influenzati dalla nostra personalità, dalle nostre credenze e dalle nostre esperienze. Da donna, etero, femminista e moglie mi sono rivista in tante cose, in molti problemi, in molti dubbi, in molti quesiti che l’autrice si pone e che le vengono posti. E sì, ho imparato cose che non sapevo, e riflettuto su aspetti a cui non avevo mai pensato. Nella sua semplicità il testo è più che immediato e porta a pensare.
Ho acquistato libro per partecipare ad un GdL. Il libro non mi è piaciuto assolutamente. Pensavo trattasse di argomenti LGBT visto che parlava di un matrimonio di una coppia lesbica. In realtà dalle prime pagine ho trovato delle banalità assurde (la crema antirughe, il volere cambiare il cognome perché Sfregola con 3 consonanti consecutive fatica a pronunciarlo e altre stupidaggini simili). Le problematiche LGBT sono trattate in maniera semplicistica (chi delle due fa l'uomo, sei ancora vergine, ecc...) La scrittrice ha scoperto anche che il lesbismo rappresentato nel porno non corrisponde alla realtà, come se il porno eterosessuale fosse la rappresentazione della vita reale. (??????) Sono trattati anche argomenti riguardanti il femminismo ma, anche se i punti trattati sarebbero interessanti, si risolvono in una ricerca su google degli argomenti stessi. Le ricerche italiane si risolvono con dati ISTAT e vengono mescolate con ricerche americane o, peggio ancora, con situazioni del 1800 o dell'epoca del fascismo e appiccicate a forza alla tesi che si vuole sostenere. Ho faticato a finire il libro ma l'ho fatto nella speranza che avesse almeno un guizzo prima della fine. Devo purtroppo constatare che il guizzo non c'è stato. Un libro che non mi ha lasciato niente. La scrittrice scrive anche che fatica molto a scrivere libri. Per quanto mi riguarda può anche risparmiarsi la fatica, prima di acquistare ancora un suo libro ci penserò molto.
Metto subito le mani avanti. In questa recensione sarò cattivo. Ho fatto fatica a leggere questo libro che non è un saggio, non è un'autobiografia, non è effettivamente niente. Avrei dovuto già subodorare il trash (nel senso di spazzatura) dalla premessa. Quello che emerge in maniera palese, secondo me, è che lei non sa interpretare uno straccio di dato. Prende ricerche dalla dubbia validità e le spaccia per verità, utilizza ricerche serie ed estrapola dati senza cognizione di causa e utilizzando la sua esperienza personale per trarre conclusioni generali o che comunque siano in grado di avvalorare quello che vuole comunicare. Così non si informa, non si disseminano dati e soprattutto non si scrive. E soprattutto non si inseriscono aneddoti palesemente inventati per avvalorare le proprie tesi. Tipo i famosi (?) moduli che lei compila frequentemente (??) in cui ti chiedono di barrare "Sig.ra" o "Sig.ina". Ma dove? Ma in che Paese vive? E soprattutto che moduli compila?
Qualche spunto interessante lo offre, per carità. Spunto che però viene puntualmente liquidato in quattro righe (e in ogni caso con delle conclusioni qualunquiste), salvo poi ammorbarci per capitoli interi con episodi della sua vita che non hanno la minima rilevanza e di cui francamente interessa poco o niente. Inoltre oserei dire che il mischione di argomenti è eccessivo. L'autrice vuole parlare di troppe cose in meno di 200 pagine e finisce per non parlare di niente.
La cosa che mi ha infastidito di più, però, è la supponenza con cui si traggono delle conclusioni su cose e persone che evidentemente lei non conosce né capisce. Alcuni esempi: i maschi gay e le coppie aperte. Su questi due argomenti l'autrice è in grado di parlare utilizzando solo stereotipi, bias sociali e culturali e il sentito dire. Riduce in ogni caso tutte le esperienze essenzialmente al suo vissuto e non si schioda da lì. Parla delle relazioni aperte come ne potrebbe parlare un* che le sente nominare per la prima volta. Il fatto che le descriva come se servissero solo per dare un tocco piccante ad una coppia di borghesotti annoiati che sono arrivati al punto in cui non hanno più niente da dirsi è qualunquista, da ignorante e anche offensivo. Stesso discorso per quanto riguarda le coppie e le donne etero, tendenzialmente prese come modello negativo o come vittime irrecuperabili del patriarcato.
Patriarcato che certamente è IL problema, ma nostro malgrado è talmente inserito nei nostri riferimenti sociali e culturali che non è un problema solo delle persone etero, ma influenza tutt* noi nella vita quotidiana. Accettare questo grosso limite secondo me è il primo passo, ma ahimè non ho la ricetta pronta per sconfiggerlo. Credo però che metterci sul piedistallo come se noi non ne fossimo influenzat* (e come se fosse un problema che affligge gli altri mentre noi siamo fighi perché abbiamo capito tutto) sia quantomeno controproducente e sposti solo la questione.
Avrei molto altro da dire, ma taccio. Nel complesso non lo definirei nemmeno un libro brutto. Piuttosto lo definirei un libro inutile. Non mi sento più arricchito dopo averlo letto, non ho più cose da dire di quante ne avessi prima di leggerlo. L'unico sentimento che provo è la gratitudine verso chi mi ha insegnato che non va bene generalizzare tentando di ricondurre tutto ciò che mi circonda alle mie esperienze personali.
Post scriptum La bibliografia o la metti o non la metti, non puoi inserire tre letture in croce con la premessa "Eh potrebbe essere sterminata ma ho letto proprio tantissimo!" perché se ti proponi di analizzare oggettivamente dei fenomeni devi far capire a chi ti legge che i dati non te li sei inventati e che se ne avesse il desiderio potrebbe andarseli a cercare di sua sponte. E no, le note al testo non sono esaustive. Che poi perché pretendo uno standard qualitativo, dato che "non è un saggio"?
"In verità - dopo qualche anno posso dirlo- il matrimonio non è una fine: è un mezzo. Lo è sempre stato: in passato un mezzo per soggiogare le donne,per limitarne la libertà, l'indipendenza economica e la realizzazione professionale, per vincolarle al ruolo di madri e chiuderle in casa,per obbligarle a fare sesso controvoglia e per tutta la vita con la stessa persona. Chi ha trasformato il matrimonio in un obiettivo per le donne lo ha fatto per distogliere l'attenzione dal fatto che fosse un mezzo per sottometterle. Ma noi possiamo cambiare il significato di questa istituzione,e farne una cosa bellissima. È così che il matrimonio può diventare un mezzo per dimostrare il proprio impegno a lungo termine,il proprio amore,la propria felicità. Un mezzo per manifestare la propria generosità: ho dei diritti e voglio condividerli con te. Un mezzo per prendersi cura di qualcuno: voglio venire in ospedale a trovarti quando starai male. Un mezzo per imparare a stare in società: trattare con rispetto una persona tutti i giorni,pesare le proprie parole cosci del dolore che possiamo fare quando vengono utilizzate male,dividere lo spazio rispettando silenzi ed abitudini,garantire amore e cura [...] Il matrimonio è una palestra d'amore. "
Tagliente,moderno,a tratti ironico ma mai banale e scontato. Leggendo, mi ci sono rivista in molte situazioni,che come donna,meridionale, mi hanno fatto sorridere e vedere le cose da diverse prospettive. Chiara sfregola ci regala un libro che è a metà tra il memoir,il saggio e un diario personale,affrontando temi imponenti come la vita matrimoniale,perché oggi decidiamo di sposarci o meno,la cura dei figli e cosa porta a voler diventare genitori,affronta a tutto tondo cosa significa oggi e cosa significava nel passato essere donna. Consigliatissimo.
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Qualcosa mi ha enormemente disturbato in questo libro – e non in senso buono – e sto ancora cercando di capire bene cosa sia. Probabilmente un insieme di più elementi.
Innanzi tutto, non ho gradito la premessa di Sfregola, nella quale dichiara che questo memoir non è un sacco di cose: non è un trattato sul femminismo (anche se l’autrice è femminista e quindi lo è anche il libro), non è un manuale sulla vita matrimoniale (anche se dà tanti consigli), non è un libro di teoria queer (qui si parla di vita reale), non è questo, non è quello, ma solo un po’ di questo e un po’ di quello.
Mi ha dato subito l’impressione che Sfregola volesse mettersi al riparo dalle critiche, che, come si tocca il femminismo e dintorni, piovono copiose e spesso neanche troppo gentili. Però così facendo si è piazzata su un piedistallo e si è resa molto distante da quella complicità con le altre donne che ha cercato di trovare raccontando la sua storia. Il tono sussiegoso, poi, non l’ha aiutata.
Come ciliegina sulla torta, ci aggiungerei il tentativo di suscitare sorellanza e simpatia facendo ricorso al tormento di ogni donna: l’estetica e il racconto mitologico secondo cui ognuna di noi pratichi la skin care e abbia il terrore del primo capello bianco. Ora, che ci sia una pressione sociale enorme su come le donne dovrebbero gestire il loro aspetto estetico ce lo ricordano anche solo le reazioni scomposte alla vista di qualunque gamba femminile non depilata, ma l’idea che io in quanto donna debba sapere tutto di skin care (addirittura fin dalla pubertà!) non mi suscita alcuna simpatia. Mi fa solo incazzare.
Lo so che Sfregola voleva solo rendere più sbarazzino il suo libro, ma – davvero – che fastidio quest’atteggiamento da club della frustrazione dove entri in quanto donna e dove puoi lamentarti del tempo e dei soldi che butti nell’estetica (o di qualsiasi altra cosa ti senti in dovere di fare/dire/essere) senza veramente non dico fare la rivoluzione, ma nemmeno elaborare un discorso che aiuti le donne a uscirne.
Alla fine di questo libro non mi rimane niente se non la sensazione di un’altra occasione sprecata. Peccato.
Credo che sia un libro che tutti, donne e uomini, soprattutto etero e non, dovrebbero leggere. Illuminante sotto molti punti di vista. Attraverso racconti personali dell'autrice si analizza e mette in discussione l'istituzione del matrimonio, le sue origini e il suo mutare, i pilastri su cui si è retto, e la sua funzione di sottomissione delle donne, per capire come con l'emancipazione femminile siano venuti meno. Permette di comprendere come il matrimonio alla base fosse legato al rapporto non paritario fra i sessi. Questo libro fa riflettere sui ruoli della donna, gli stereotipi di genere ad essa legati nella nostra società. Passa al setaccio diversi ambiti, quello sociale in cui si analizza il ruolo femminile della donna che esaurisce la sua funzione nell'essere moglie e madre casalinga; quello economico, la limitazione della libertà e dell'indipendenza della donna, la sua relegazione in casa quando le era impedito di lavorare, le difficoltà delle donne nel mondo del lavoro; quello sessuale, il controllo del corpo, il mito della verginità, la cultura dello stupro e il consenso, la monogamia e il tradimento; e quello riproduttivo, lo stereotipo della maternità come destino biologico, il rifiuto e la decisione di non avere figli come scelta in un ottica di autodeterminazione femminile, la bigenitorialità e il congedo di paternità, e molto moltissimo altro. Non si parla quindi di abolizione di questa istituzione, ma di rivedere il matrimonio in un'ottica diversa, mutata, fondata su altri valori, più conforme e di pari passo con la società odierna.
Un insieme di interessanti riflessioni su matrimonio, amore, concetto di coppia, maternità e femminismo. Una lettura molto piacevole e un punto di vista (quello di una donna lesbica sposata) che non avevo mai considerato.
"La cultura della sopraffazione è la base portante del capitalismo. La sopraffazione, infatti, proprio come il capitalismo, giustifica lo sfruttamento di intere fasce della popolazione a favore di altre. Le fasce di popolazione da sfruttare cambiano connotazione a seconda del luogo e del tempo, ma tra le fasce di popolazione sfruttate, da sempre e in ogni dove, ci sono state le donne. Potremmo dire che le donne, in cui lavoro produttivo e riproduttivo convergono, costituiscono il proletariato nella sua essenza, dal momento che storicamente la produzione della prole è loro appannaggio, e che la rivoluzione femminista - proponendosi di smontare il sistema basato sulla sopraffazione - possiede molti elementi in comune con la rivoluzione proletaria."
Ecco, questo è uno dei passaggi che ho trovato certamente più interessanti e significativi di "Signorina". Tuttavia, sebbene abbia mediamente apprezzato questo libro, c'era dentro di me qualche dubbio, un certo vago senso di fastidio. Sicuramente, ho poco apprezzato alcune affermazioni dell'autrice sia sulla descrizione delle usanze pugliesi (il corredo? Ma dove? Ma quando? Sono io che vivo in un capoluogo di provincia pugliese a dovermi ritenere fortunata?) che dubito siano ancora effettivamente diffuse, sia su descrizioni di sé stessa e delle donne in generale che ho trovato un po' stereotipate, così come le "qualità" esclusivamente maschili - come il desiderio sessuale onnipresente.
Penso che "Signorina" sia un libro pop e borghese, esattamente come si definisce la stessa autrice. Certamente non ha le ambizioni di un saggio e trovo che questo sia un enorme peccato dato la tematica interessante e l'inserimento di spunti di riflessioni validi. Lo considero un modo per approcciarsi al femminismo e conoscere un po' meglio la comunità LGBTQI+, in modo semplice e - se si apprezza lo stile dell'autrice - in qualche modo ironico e divertente.
La scelta di non inserire una vera e propria bibliografia è uno scivolone, ma ho comunque segnato i libri che l'autrice consiglia perché sento la necessità di approfondire le tematiche femministe e sicuramente anche quella del matrimonio.
Lo consiglio a chi ha paura dei saggi e a chi apprezza le chiacchierate con chi ne sa qualcosa più di te su un certo argomento, per esperienza o formazione.
VITTIMA SACRIFICALE SULL'ALTARE DEL PATRIARCATO: LA SPOSA⠀ ⠀ Quando Chiara Sfregola si è sposata con sua moglie Viola, in molti le hanno chiesto il perché di questa decisione. Da questa domanda indelicata, alla quale io avrei risposto con il detto "chi si fa i fatti propri campa cent'anni", l'autrice ha iniziato ad appuntarsi alcune riflessioni sul significato del matrimonio partendo proprio dalla propria esperienza personale, le quali poi hanno dato vita a questo libro, "Signorina". @sfreg ha identificato i quattro pilastri (alquanto malconci a detta sua) su cui si basa il matrimonio: quello sociale, economico, sessuale e riproduttivo.⠀ ⠀ 🚺Fondamento sociale: se non sei sposata sei una zitella fallita agli occhi degli altri. Se ti sposi la tua vita è comunque triste e monotona ma socialmente accettata. Le aspettative sono che tu faccia figli, che ti occupi della casa e di tuo marito.⠀ ⠀ 🚺Fondamento economico: a lavorare ci va il marito, mentre la donna si deve occupare delle faccende domestiche (senza considerare che la pensione delle casalinghe è decisamente al di sotto della soglia di povertà). Una donna lavoratrice (soggetta al gender pay gap) deve allo stesso modo accudire la casa e i figli facendosi spesso carico della maggior parte delle incombenze.⠀ ⠀ 🚺Fondamento sessuale: la donna è sempre stata considerata una sfornatrice di marmocchi. Il diritto di avere una vita sessuale, oltretutto soddisfacente per una donna, forse è quasi chiaro a tutti, anche se bisogna ancora spiegare l'importanza del consenso e barcamenarsi tra gli stereotipi opposti di verginella pudica e assatanata peripatetica.⠀ ⠀ 🚺Fondamento riproduttivo: il fine principale del matrimonio è figliare. La seconda domanda indiscreta che è stata rivolta all'autrice è proprio questa: quando lo fate un figlio? Perché la donna sposata senza figli è considerata una donna a metà, non è libera di scegliere cosa fare del suo utero, deve sentirsi giudicata e compatita se per una scelta personale decide di non avere figli.⠀ ⠀ 🚹Insomma il matrimonio è stato lo strumento principale del patriarcato per sottomettere la donna, ma oggi come è cambiato? Qual è il nuovo significato di un'unione che accoglie anche coppie dello stesso sesso? 🌈
Questo libro è molto divertente, l'autrice parte da esperienze personali raccontate con leggerezza per trarre le proprie conclusioni con uno stile mimetico, informale in alcuni paragrafi e più schematico nelle parti in cui inserisce i dati dell'enorme ricerca storica/statistica/legale che ha intrapreso per la stesura di questo testo! È un libro profondamente femminista e fornisce uno spaccato della comunità LGBTQI+, non vi nego di essermi alquanto infervorata durate la lettura e di aver aperto dibattiti infuocati con i miei parenti. Spero si sia capito che "Signorina" mi è piaciuto assai! Vi segnalo inoltre che sul sito Worth Wearing sono disponibili le magliette create appositamente per questo libro, acquistando questi capi verrà sostenuta la casa delle donne Lucha y Siesta di Roma 💪
“Signorina” è stato a mani basse uno dei miei libri da ricordare del 2020, ed è stato sicuramente un buon traghettatore di generi: non ricordo un altro esempio di non fiction (letto di recente perlomeno) che mi sia piaciuto così tanto o che abbia consigliato a così tante persone. È pieno di spunti interessanti e osservazioni su cui non mi ero mai soffermata prima, come ad esempio l’effetto del divario di genere riguardo la paga In correlazione alle unioni civili, o al fatto che “Chi ha trasformato il matrimonio in obbiettivo per le donne,” dice appunto ChiaraSfregola “ Lo ha fatto per distogliere l’attenzione dal fatto che fosse un mezzo per sottometterle.” ma se oggi le donne possono lavorare, a cosa serve il matrimonio? Questo è solo uno dei “pilastri” del matrimonio sviscerati in “Signorina” che dati alla mano (e questo libro ne ha tanti di dati alla mano), alterna analisi e racconti. Chiara Sfregola ci apre un po’ una porta sulla sua vita: si è sposata con sua moglie, e a partire dalla sua esperienza di moglie e di donna omosessuale (e femminista) in Italia, narra di come il matrimonio è sempre stato - ma soprattutto di quello che può diventare; se ci liberiamo convenzioni legate ad esso “possiamo cambiare il significato di questa istituzione e farne una cosa bellissima.”
Lettura abbandonata. L'autrice è troppo supponente su certi aspetti che dubito conosca a fondo. Grande delusione da un saggio LGBT da cui mi aspettavo di più
A leggere le recensioni, mi sembra un libro capace di scatenare un vivace dibattito. Capisco chi è rimasto deluso aspettandosi il focus sul tema LGBT, tuttavia io me lo sono goduto nel suo equilibrio tra frivolezza, riflessioni personali e documentazione storica. I temi che l'autrice tocca sono innumerevoli, a partire dal valore del matrimonio che oggi occorre sforzarsi di trovare per dargli un senso, ma che ne ha uno del tutto diverso per chi non ne ha mai avuto diritto. Pornografia, sessualità, maternità, indipendenza.. Le ho trovate opinioni interessanti, sostenuti da dati, fonti, esperienze dirette, mai banali o scontate. Mi è piaciuta la sua sensibilità di lesbica e femminista mixata con quella di una giovane donna che cede alle tentazioni frivole e alla paura di invecchiare. La riflessione sul perché il sesso tra lesbiche ecciti gli uomini, poi, mi ha illuminata. Sarò un filo di parte perché ho scoperto che è terlizzese, come metà delle mie origini? Può darsi. Ma essere lesbica da quelle parti, ve lo assicuro, non è una passeggiata di salute.
2,5 stelle. Ok! L'idea iniziale la trovo geniale: chi meglio di una donna lesbica e femminista può raccontare e analizzare quel che significa sposarsi al giorno d'oggi? I primi capitoli sono interessanti e pieni di spunti. Dopo il 16esimo capitolo il lettore si sente però tradito.
Cara Chiara, ti stavo leggendo perché mi avevi promesso di analizzare un contratto tipicamente maschilista e patriarcale dal punto di vista di due donne lesbiche che lo vivono come un diritto e un posizionarsi all'interno della società. Tu però ti perdi in dettagli banali della tua vita privilegiata che non sono così interessanti (sai in quanti abbiamo fatto l'erasmus? Ti va invece di riprendere l'andazzo dei primi capitoli e tornare al concetto storico del matrimonio e come le diverse frazioni della società odierna lo percepiscono? Ti va di dirci qualcosa oltre al "mi sono sposata perché lo volevo"?)
(Ripensandoci meglio tolgo una stella, anche perché non penso sia alla pari con gli altri libri a cui ho dato cinque stelle) Un punto di vista nel mondo femminista che ho trovato nuovo e brillante. L’autrice l’ho trovata veramente divertente e simile a me, ai miei valori e alle mie esperienze (mi riferisco ad esempio alle esperienze di convivenza nelle grandi città). C’è da dire che ogni tanto a parer mio l’autrice ha fatto qualche generalizzazione, che va presa con le pinze.
Non mi ha convinto molto ad essere sincera, a parte qualche concetto interessante ci sono delle cadute di stile notevoli che non ho sopportato. Speravo che l'autrice si concentrasse molto di più sulle unioni civili e sulle implicazioni personali per lei e sua moglie, invece per gran parte tratta del matrimonio in quanto istituzione in modo coerente ma per me esageratamente approfondito. Mi aspettavo qualcosa di diverso ma anche qualcosa in piu. Due e mezzo? Tre mi sembra troppo.
Sono incappata in questa lettura per puro caso attraverso i consigli dell'algoritmo del Kindle store. Non pensavo potesse mai fare centro. Mi sono sentita vista, capita e meno sola durante tutta la lettura. L'analisi è leggera, semplicemente nel senso che i dati non appesantiscono lo scorrimento dell'argomentazione. La prosa è divertente e stimolante e la conclusione inaspettata. Sarei potuta andata avanti per il doppio delle pagine. Non vedo l'ora di andare a Camera Single.
3,5. Parto col dire che quando l'ho acquistato sono stata ingannata dal titolo: ero convinta che fosse un libro di narrativa. Invece è una specie di saggio, perché comunque mantiene un tono colloquiale e personale, pur riportando una serie di dati sul matrimonio queer e etero che ho trovato interessante. Non mi ha convinto appieno la cornice, tutto ciò che sta intorno. Non so...
È un libro importante, penso che sia il primo che vedo, pubblicato in Italia da un’autrice italiana, che presenta un punto di vista sul matrimonio di una donna lesbica E sposata e mi rendo conto che c’è bisogno di voci come quella di Chiara Sfregola nel miasma di libri sul matrimonio scritti da persone etero, e di apologetica sul matrimonio egualitario presentata da persone lgbtq che questa esperienza in realtà non ce l’hanno; ma mi vedo costretto a dare un voto un po’ bassino perché: - nonostante il libro inizi con un’introduzione un po’ paraculo che specifica che non si tratta di un saggio ma più di un memoir, l’autrice insiste comunque a voler parlare di cose che non la toccano personalmente, e ogni tanto pesta dei grandissimi merdoni. Da uomo trans, il capitolo sull’identità di genere è stato un tentativo fiacco e patetico di dire “comunque ci sono anche ste persone immagino” in un libro che in realtà è pieno fino all’orlo non tanto di transfobia (anche se quella ogni tanto appare) ma di cis-normatività devastante. Gli uomini (cis) fanno questo, le donne (cis) fanno quello. Ma che senso ha proporre un punto di vista non eteronormativo se poi ci si perde nel costrutto eteronormativo per eccellenza: quello che uomini e donne, in fondo, sono cose separate, e magari a parole l’autrice riconosce che non è così, ma quando si va al sodo lo pensa ancora, lo dice ancora. Guardando i nomi nei consigli di lettura vedo un sacco di libri trans-escludenti degli anni 70 e 80 e un unico libro che parla di identità di genere (una scelta banale, Judith Butler) darei personalmente come consiglio di lettura all’autrice di leggere Julia Serano o più semplicemente i saggi un po’ più “pop” di Shon Faye e Juno Dawson magari la prossima volta, invece di dare ancora spazio a gente come Germaine Greer perché il suo punto di vista ne risente e si vede. - il voto è basato su quanto ti sia piaciuto un libro e non necessariamente su quanto ci sia bisogno di questa voce nell’editoria italiana, e semplicemente non è un libro per me. Non sono sposato, non sono monogamo, non ho intenzione di sposarmi neanche con i “gettoni”, e la retorica facilotta sul matrimonio giorno più bello della vita, tappa importante dell’età adulta, patto d’amore ecc. - che l’autrice stessa riconosce come paradossale da un punto di vista sia queer che femminista - mi è sembrata un po’ banale. Diciamo che non mi ha convinto.
Scritto bene, non manca di verve, ritmo, capacità lessicale e padronanza. Il libro scoppietta nella forma, insomma. Purtroppo per quanto riguarda i contenuti è scialbo e superficiale, con infarinate di argomenti modaioli e una trattazione del femminismo, della lotta per la parità di genere e delle pari opportunità LGBT veramente all’acqua di rose. O alla crema idratante, per dirlo con l’autrice ossessionata da tutta una pletora di status symbol. Autrice che non conosco, ma che lascia aleggiare attorno a sé un’aura da blogger o seduttrice Instagrammatica, con toni molto milanesizzanti.
Dopo molte pagine di tenore simile, un sospetto strisciante si fa largo della mente: qual è lo scopo di questo libro? Che cosa vuole da me l’autrice, cosa cerca di insegnarmi o comunicarmi? Fondamentalmente parla di sé o del mondo filtrato attraverso i propri occhi; queste sono le parti noiose, non trasmettono messaggio, sopraffatte dall’egotismo. I capitoli che più si avvicinano a un saggio - buttati qua e là, senza una struttura rigorosa - si fanno più interessanti, ma rimangono molto superficiali. I dati documentati sono scarsi, fornendo poco spessore alla ricerca. Rarissime le citazioni, pochi gli studi e statistiche di riferimento.
Ogni tanto l’autrice scade nello snob con perle come “D’altra parte, anche tra la gente comune, nessuno vuole far sposare i propri figli con qualcuno più in basso nella scala sociale” (no, in realtà mi sento di garantire che a moltissime famiglie non frega proprio un cavolo della scala sociale dei futuri generi e nuore).
Risultato finale a mio parere clamorosamente non riuscito. Sfregola zampetta fra qualche velleità saggistica e pagine intere di pontificazione su proprie opinioni, che vengono spacciate per verità. Fra queste le argomentazioni portate a favore della coppia aperta, talmente mal fondate da negarsi da sole e ottenere un effetto paradosso.
Signore o Signora o Signorina? Una cosa così semplice come barrare una casellina sul proprio stato civile descrive quello che si è: "Uomo" o "Donna sposata e quindi appartentente a X" (presumibilmente un uomo) oppure "Donna non ancora appartenente a X"? . Chiara Sfregola parte dalla sua esperienza personale per riflettere sull'istituzione del matrimonio e il ruolo sociale della donna, storicamente collocata come moglie, madre e detentrice del focolare domestico e lo fa con uno stile divertente e leggero. Alcune di queste riflessioni possono essere "banali", ma leggendole nero su bianco acquistano una dimensione a tutto tondo e cose così "ovvie" come il contenuto degli articoli su Cosmopolitan versus quello pubblicato su GQ fanno veramente riflettere su come la visione maschio-centrica stia ancora influenzando pesantemente la società di oggi, nonostante tutte le battaglie per la parità dei sessi. . Il punto di vista della Sfregola apporta anche un mattoncino in più alla discussione, perché si interroga sull'istituzione del matrimonio anche in seno alla comunità LGBT+ e cosa questo comporti oggi a livello economico, sociale e sessuale. L'autrice, lesbica e sposata, fa un'analisi attenta ma divertente delle imposizioni del patriarcato e delle lotte per la parità dei sessi e quello che coppie etero e coppie omossessuali possono imparare le une degli altri e cercare di trovare la giusta via per una vera parità fin dall'interno della coppia e riflettere sui quei luoghi comuni che ogni donna si è sentita dire. . Leggetelo!
Molto carino, spiritoso, e attualissimo. Raccoglie una serie di riflessioni sull'istituzione del matrimonio e sul suo significato storico e sociale, miste a episodi personali di vita coniugale. È una lettura leggera, simpatica, forse un po' banale in alcuni punti, ma nell'insieme comunque interessante. I temi sono tanti: si spazia dai ruoli di genere, alla maternità e paternità, all'emancipazione femminile, alla famiglia tradizionale e le nuove strutture famigliari, alle unini civili, all'amore. Non essendo un testo accademico può essere letto anche da chi trova "noiose" le questioni femminili o a chi pensa che il femminismo oggi non serva più a nulla. L'autrice infatti mostra diversi esempi in cui la parità di genere a cui mira il femminismo, e che caratterizza le coppie dello stesso sesso, può servire alle coppie eterosessuali a raggiungere maggiore equilibrio, fiducia, e rispetto reciproco. Sicuramente alcune idee qui espresse non saranno condivise da tutti, io stessa non mi trovo d'accordo con alcune cose, ma al di là delle opinioni personali il libro contiene sicuramente diverse considerazioni intelligenti.
Signorina. Memorie di una ragazza sposata. Chiara Sfregola Una serie di riflessioni che sembrano tutte partire dalla vita della scrittrice per poi proiettarsi sull’analisi del matrimonio come status sociale, economico e giuridico, toccando tematiche di più ampio respiro quali il ruolo della donna nella società, l’evoluzione del concetto di famiglia, le rassicurazioni dell’appartenere al ceto borghese. Le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono argomento di ragionamenti intelligenti (non analisi scientifiche o profonde, considerato che la stessa scrittrice ammette che il suo libro non è un saggio) che forniscono un punto di vista interessante che vale la pena di conoscere. Ho apprezzato questo discorrere della scrittrice, così giovane che fa convivere certezze e contraddizioni, e che ha il coraggio, di mettersi a nudo, coraggio che è sempre necessario quando raccontiamo pubblicamente di noi stessi. Inoltre trovo il libro glamour nello stile e nel linguaggio. #chiarasfregola #Signorina Fandango
A metà tra un saggio e un "diario di bordo", la Sfregola - munita di fonti e dati alla mano - ci accompagna nella riflessione sul senso del Matrimonio e tutta una serie di argomenti che, per forza di cose, vi girano attorno - quali il femminismo, i ruoli di genere, il sesso, i figli, le relazioni, le ambizioni, e via discorrendo.
Ci porta inoltre un focus particolare nei rapporti omogenitoriali e in generale alla comunità LGBTQI+, partendo in primo luogo dalla narrazione della sua personalissima esperienza in quanto donna lesbica sposata con un'altra donna lesbica altrettanto "bianca, bionda e borghese" (ma ogni argomento è trattato anche sotto la luce etero, rivolgendosi proprio a tutti - per quanto non citi i transgender).
Un libro che fa riflettere sia nel caso si pensi di voler intraprendere un matrimonio o avere dei figli in futuro, sia nel caso il desiderio fosse proprio l'opposto, narrandoci di società e consapevolezze.
Vai a convivere? E il matrimonio? Ti sposi? Ah ma in comune non vale! (E potremmo discutere anche sulla questione eh) Fai un figlio? Fanne un altro, così non lo lasci solo. Hai due figli/figlie? Fai il terzo che magari ti esce quello dell’altro sesso. Ti serve aiuto? Hai voluto la bicicletta e mo pedali.
E secondo me già con queste domande e risposte potrei farvi capire perché leggere Signorina di Chiara Sfregola, che ha deciso di sposarsi non per imposizione, bensì per desiderio, per voglia e che ci fa capire (tra le tante cose importanti e serie) anche un’altra cosa: il matrimonio è un affare serio e organizzarlo richiede impegno, forza, volontà e tenacia.
Sarebbero 3.5, se si potesse. Ho apprezzato soprattutto la seconda parte, la prima faceva fatica ad ingranare, anche se ho apprezzato particolarmente l'episodio dell'estetista, a cui per molto tempo l'autrice non ha confessato di essere lesbica, temendo di metterla a disagio. Diciamo che per la prima volta mi sono sentita compresa. Per quanto riguarda la seconda parte (intesa come seconda metà), mi sono emozionata quando un istituto come il matrimonio, che oggi ha perso il valore che per molte coppie etero aveva in precedenza, è stato contestualizzato nell'ambiente queer, nel quale ha assunto valore sociale e di impegno economico e temporale.