Quando il 10 maggio del 2020 la notizia della liberazione di Silvia Romano si diffonde nei social, la giovane rapita in Kenya diviene in pochi istanti il bersaglio di attacchi di ogni genere, tra auguri di morte, rabbiose accuse contro il mondo del volontariato, generici insulti sessisti. È bastato questo episodio per ricordarci la portata e la violenza di un fenomeno che la retorica dell'"Andrà tutto bene" sembrava aver ridimensionato. Ma che invece è più esplosivo che mai. Il discorso d'odio, o hate speech, non è di certo una novità, ma nell'epoca 2.0 ha trovato il modo di dilagare ovunque, inquinando e polarizzando ogni canale del dibattito pubblico: dai social ai media tradizionali, fino ai discorsi quotidiani al bar, è stato sdoganato, e in alcuni casi istituzionalizzato, un linguaggio via via più violento e pervasivo, ma allo stesso tempo sfuggente e polimorfico. Come avverte il linguista Federico Faloppa, infatti, le parole che feriscono non sono solo gli incitamenti all'odio urlati in maiuscolo dai leoni da tastiera o le invettive dei corsivisti più spregiudicati. Da sempre il discorso d'odio agisce anche in modo subdolo, politicamente trasversale e in forme meno esplicite: con metafore, reticenze e false ironie si esprime spesso al riparo da accuse e provvedimenti giudiziari, disseminando parole offensive, narrazioni stereotipate, stratagemmi retorici capaci di fomentare, in sordina, vecchi e nuovi hater. #Odio è un atipico manuale di resistenza che non si limita a setacciare la cronaca dei nostri giorni ma che del discorso d'odio ricostruisce una genealogia storico-giuridica, indica le spie linguistiche, fornisce strumenti di contrasto. Perché solo riflettendo sui limiti della nostra idea di hate speech e sui suoi complessi meccanismi possiamo provare a fermare la marea montante dei discorsi e dei fenomeni d'odio. E ritrovare il senso, inclusivo, della nostra società.
Federico Faloppa currently is the Programme Director for Italian Studies in the Department of Modern Languages and European Studies, University of Reading.
Linguista italiano (Cuneo 1972). Conseguito un dottorato di ricerca a Royal Holloway, università di Londra, ha insegnato nelle università di Birmingham, Granada, Londra e Torino, è professore di Storia della lingua italiana e di Sociolinguistica all’università di Reading. Ha lavorato come editor e ha svolto attività di consulenza su argomenti linguistici e interculturali presso enti pubblici e organizzazioni non governative. Le sue ricerche si sono rivolte soprattutto allo studio degli stereotipi etnici e della costruzione linguistica della diversità. Ha pubblicato, tra l'altro: Lessico e alterità. La formulazione del diverso (2000), Parole contro. La rappresentazione del diverso nella lingua italiana e nei dialetti (2004), Razzisti a parole (per tacer dei fatti) (2011), Brevi lezioni sul linguaggio (2019) e #Odio. Manuale di resistenza alla violenza delle parole (2020).
Un manuale ben scritto, dettagliato, strutturato in maniera chiara e approfondita che merita di essere letto e capito. Davvero, grazie Federico Faloppa per aver deciso di parlare di un tema di cui si sa veramente poco o si fa finta di non sapere! Da leggere!!!!
In questo magnifico saggio, l’autore affronta il tema dei discorsi di odio, con una completezza notevole. Dalla definizione di cosa rientri negli hate speech, da come si contestualizzano storicamente e sono mutati nel corso degli anni (di natura e come percezione), al loro funzionamento e a come contrastarli efficacemente, passando per il loro modificarsi in seguito al diffondersi dei social e alla normativa vigente per arginarli, sempre confrontando più paesi. Se da un lato il libro demoralizza nel rilevare come la cattiveria e la stupidità/ignoranza siano estremamente diffuse e come, purtroppo, sembrano essere molto diffuse anche presso i giovani (a discapito di tutti i discorsi su una loro diversa sensibilità), nonché nel mostrare come il fenomeno sia piuttosto in aumento che in riduzione o stasi, dall’altro consola mostrando che è possibile fare qualcosa, sia difendendosi tramite le normative, quando esse riescono ad applicarsi, sia rifacendosi al sostegno e alle strategie dei gruppi che sempre più numerosi sorgono a contrastare tale tendenza preoccupante. Il punto di forza maggiore del saggio è proprio la sua ampiezza e completezza nel trattare il fenomeno, la sua capacità di contestualizzarlo efficacemente, di indagarne i meccanismi di funzionamento e la psicologia retrostante chi li usa, insomma di fornire gli strumenti per comprenderlo, per poi fornire possibili armi per combatterlo, a cominciare dal tono pacato con cui affronta anche le sue manifestazioni più odiose e con il monito a non rischiare di propagarlo proprio in risposta, scomposta, a un episodio di hate speech.
Ho preso appunti da questo libro, perché fa un po' di storia, pone qualche domanda, elenca una serie di interazioni da semaforo giallo (e pure rosso) e da anche delle risposte. La linguistica dell'odio è riassumibile in un libro? Se non si considera il target ma i modi in cui si può fare hate speech, in un certo senso, potrebbe essere più fattibile. Il discorso d'odio, tuttavia, cambia con gli anni (l'avvento delle fake news viralizzate di chat in chat ne è un esempio) e non basta più che qualcuno usi un epiteto decisamente poco carino nei tuoi confronti, perché qualsiasi parola ricontestualizzata può diventare una nuova diffamazione. La legge va avanti, i metodi di riconoscimento del discorso d'odio pure, ma è impossibile fermare questa cultura. La domanda, quella vera, potrebbe essere: non sarà meglio creare discorsi nuovi, nuove narrazioni, per controbattere l'odio virale e ansiotico? Non sarebbe meglio prevenire il discorso d'odio e non tacitarlo?
In alcuni aspetti tecnico, ma rimane un libro leggero e scorrevole. Non è di certo un MUST HAVE, ma aiuta a far riflettere sul marcio che ora sovrasta su Internet