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Breve storia della letteratura rosa

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Avete mai letto un romanzo rosa? No? Probabilmente, invece, lo avete letto eccome, solo che non vi vien facile associare in un unico genere Pamela di Richardson e Liala, Jane Eyre e Twilight. Questo ci dice che il mondo del «rosa», nella sua storia e nelle sue differenti espressioni, è molto più complesso e profondo di quanto forse siamo abituati a pensare. L'autrice, in questo saggio piacevole e leggero, illustra con precisione elementi ricorrenti, evoluzione, nomi celebri e recenti sviluppi della letteratura di consumo più amata di sempre, e non certo soltanto dalle donne.

88 pages, Paperback

First published January 1, 2020

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Patrizia Violi

23 books3 followers

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Displaying 1 - 16 of 16 reviews
Profile Image for Rosa Campanile.
Author 9 books62 followers
August 2, 2020
Ho lasciato passare diversi giorni da quando ho buttato giù la bozza delle mie prime impressioni prima di pubblicarlo, per evitare di rimangiarmi parole e pensieri nati dall’arrabbiatura del momento, ma rileggendo mi sono ritrovata d’accordo con tutto ciò che avevo scritto: la mia non sarà una recensione tradizionale, quanto un'analisi delle impressioni, positive ma anche e soprattutto negative, che la lettura del saggio ha prodotto in me in quanto lettrice.

Questo saggio mi incuriosiva tantissimo, perché non si parla mai abbastanza di romance, per me. L’autrice delinea una breve (forse troppo e con troppa superficialità in alcuni tratti) storia della letteratura rosa, chiamata così solo in Italia per richiamare l’ideale romantico legato al colore e al fiore, nonché perché il rosa è il colore da sempre identificativo delle bambine, della femminilità.
La prima parte è quella che ho trovato più interessante, un’analisi dagli esordi favolistici del genere, Cenerentola la più quotata, alla pubblicazione del primo romanzo rosa - Pamela di Samuel L. Richardson -, fino a un focus sul romanzo rosa in Italia, dagli anni venti del ‘900 fino ai giorni nostri. Ci sono molti spunti e curiosità di cui non ero a conoscenza, aspetto che ha sollevato le mie aspettative durante la lettura.
La seconda parte, invece, l’ho trovata assai carente e ha demolito le mie speranze. L’unico pregio di questi capitoli è quello di indicare i grandi fenomeni editoriali che hanno segnato i punti di svolta nel genere: dall’arrivo di Twilight, che ha conquistato i cuori di milioni di lettrici di ogni età, passando per la fanfiction che ha dato i natali all’esplosione dell’erotica di 50 Sfumature per le mamme, e After per le figlie.
In generale, trovo che il saggio sia consono a ciò che promette: un brevissimo excursus nel romance, con tanti di spunti di riflessione qui e là. Tanti, troppi spunti lasciati a metà. Il libricino è la punta minuscola di un iceberg, lascia intravedere il potenziale, tuttavia non si decide a spiegarlo.

Queste ottanta pagine mi hanno messo in crisi, credetemi. L’ho cominciato con un sorriso il pomeriggio, e a sera l’ho terminato con un broncio. Più ci riflettevo, più l’insoddisfazione che provavo si è trasformata in rabbia. Perché? Perché io, che sono lettrice e autrice di romance, ho avuto l’impressione che il giudizio finale sul genere sia sempre quello, il solito: certo, il rosa vende, si sa, è un genere capace di adeguarsi alle correnti editoriali e rinnovarsi sempre in un modo o nell’altro; ma alla fin fine rimane sempre roba semplice, che rivende lo stesso schema basilare ancora e ancora a un solo pubblico femminile. Il rosa serve per sognare il Grande Amore/l’Amore Grande, per intrattenere, per distrarre la lettrice, e se prima gli harmony erano libretti per casalinghe annoiate, adesso si parla di mommy porn (termine che detesto). Dice il detto se non è zuppa, è pan bagnato: si ricade sempre nello sminuire il genere relegandolo a lettura di svago per mamme, casalinghe, single, ragazzine che non fanno altro che sognare il principe azzurro per zittire la pesante realtà per qualche ora.
Sarà anche vero per la maggior parte, ma non è l’assoluta verità. Ritorniamo sempre lì, perché? Se questa è la conclusione a cui sono giunta io, immagino che un non-lettore di rosa si senta giustificato a non continuare a leggere rosa.

Perché una donna legge rosa? Credo che tutti i romanzi abbiano il potenziale per far sognare/intrattenere/riflettere il lettore, non solo il romance, ma anche i thriller, i fantasy e ogni genere letterario esistente… eppure la spiegazione fornita per il rosa, tra le pagine del saggio o in generale quando salta fuori la discussione, è semplicistica, almeno per quanto riguarda il giorno d’oggi (posso capire come un romanzo di Liala nel dopo guerra potesse essere uno svago didattico per le italiane dell’epoca). Come se le donne leggessero solo rosa, o non esistano lettori uomini di romance.
Perché un lettore di thriller non viene accusato di essere, che ne so, un killer porn? Cioè, se una donna legge un libro dove c’è del sesso esplicito, magari un romantic suspense con omicidi e investigazioni, rimane comunque una mommy porn. Il sesso vende la qualunque, ficchiamocelo in testa, quindi è naturale che venga inserito in maniera più o meno esplicita nei romance. I risultati variano e non si è mai avuto la pretesa di affermare che tutti i romance siano perfetti e che non vengano pubblicate schifezze illeggibili (ma è un discorso che vale per tutta l’editoria!), però ciò non sminuisce il valore della storia, né dell’autore.

A proposito delle autrici: nel saggio vengono citati alcuni nomi caposaldi del genere, ma in maniera del tutto semplicistica. Per l’historical romance viene presa ad esempio Barbara Cartland (non l’ho mai letta) che vestiva di rosa confetto e che ha costruito una fortuna scrivendo love story storiche avvalendosi sempre delle stesse dinamiche. Quindi, le lettrici che la compravano ancora e ancora era proprio delle stupide a non accorgersi dell’escamotage!!! *sarcasm mode: on* Capisco che il breve saggio fosse troppo breve per ampliare il discorso, eppure sono convinta che a un non-lettore di romance che incappi in questo libretto rimanga l’idea che l’historical è identico a se stesso e che le cover capelli al vento e camicia aperta sul petto lui e vesti discinte lei identifichino al centimetro l’uguaglianza e la ripetitività per ogni produzione. Quindi che senso ha interessarsene? Mancava il rispetto per le varie diversità tra regency o victorian o per il mazzo che ci vuole per creare un’ambientazione storica perfetta, senza citare la Woodiwiss e tutte le altre che dopo di lei hanno rimodernato il genere come Lisa Kleypas, tanto per dire uno dei mille nomi famosi, e tacendo del tutto sul made in Italy.

Lo stesso accade per il mondo del self-publishing italiano (aspettarsi un’indagine sul mondo indie americano era veramente troppo, me ne rendo conto), dove viene citata come unica fortunata ad essere passata a un editore tradizionale Anna Premoli, - perché ricordiamocelo, il rosa self è il peggio del peggio che possa venire pubblicato *sarscam mode: on* - o la fortunatissima Felicia Kingsley, ma solo per l’uso di un nom de plume, non per il suo successo meritato.
Per non parlare dell’assoluta ignoranza di ogni sfumatura di genere. Vengono citati gli historical, i chick-lit e per gli erotici, con le famose Sfumature che ogni lettrice di erotico puro che si rispetti sa essere solo il titolo più facile da indicare senza scoperchiare il vaso di Pandora. Viene ignorato ogni altro sottogenere, ridotto a una scelta editoriale a basso costo nell’accenno alle collane tradizionali degli Harmony: Jolly, Bianca, Oro, Destiny, Temptation. Ah, già, gli Harmony non sono letteratura, no; eppure dovreste sapere quante autrici talentuose sono state tradotte e portate in Italia con queste collane, come Nora Roberts, Nalini Singh, Lisa Marie Rice, J.R. Ward e tante altre...

Appena sfiorato in una frase l’esistenza di autori di romance uomini (o di lettori uomini, che ci sono), e nemmeno viene preso in considerazione il mondo male to male e la letteratura +lgbt (a parte un accenno a Mura che scrisse nel 1919 una storia d’amore tra donne) che in Italia ha diverse case editrici specializzate e che impazza tra le lettrici. Ecco, perché una donna legge una storia d’amore tra omosessuali? Solo per sognare il grande amore o per sdilinquirsi con l’immagine di due uomini che fanno l’amore?
Perché, ricordiamocelo, le donne leggono solo rosa.
E il rosa serve solo per sognare.

Non voglio puntare il dito e ribadisco che probabilmente sono io che ho scambiato per zebre il suono degli zoccoli dei cavalli, tuttavia il breve saggio della Violi (che in fin dei conti non è spazzatura) aveva un enorme potenziale d’indagine, poteva essere una vera e propria galleria d’esposizione ben definita per quello che a conti fatti è il genere che trascina, volenti o nolenti, l’editoria, dal cartaceo al digitale.
Forse sono io che me la prendo troppo o che ho ricamato abbastanza da dare un significato negativo a ogni frase del saggio. In caso contrario, leggetelo e fatevi un’opinione al riguardo.
Forse sono io che pretendo l’impossibile da un libricino di ottanta pagine.
Però non posso farci nulla se da lettrice romance a fine lettura mi sono sentita presa per i fondelli e relegata a lettrice di serie B, ancora una volta.

Leggo rosa perché mi piace. Non sono frustrata, sono la persona più realistica che conosca, a tratti cinica, ma anche romantica e oscura. Sono una persona a cui piace spaziare con gli interessi e leggere ogni cosa, ogni argomento, ma prediligo i romance perché mi piacciono. Leggo i dark perché mi piace spingermi oltre i valori considerati normali, leggo gli historical perché sono nata nel 1989 e non nel 1889, leggo i paranormal perché so che i vampiri e i licantropi non esistono ma se lo fossero sai che figata!, leggo gli erotici perché infuocano la mia immaginazione, leggo i romantic suspense perché adoro i thriller dove il lato romantico non viene giocato solo sulla spia dongiovanni con licenza di uccidere, leggo i fantasy perché non ho le ali e le orecchie dei fae o dei poteri magici e di certo non salverò mai il mondo ma voglio immedesimarsi in chi lo è/fa, leggo i contemporanei perché sono una persona empatica e in ogni libro d'amore letto raccolgo esperienze di crescita e sentimenti diversi da quelli che ho provato io.
Leggo rosa perché mi piace.
Mi. Piace.
Lo scrivo per le stesse motivazioni.
E non ci sto a farmi ridurre al solito, vecchio stereotipo ancora una volta.
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182 reviews27 followers
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February 20, 2025
Premessa #1: il saggio usa “letteratura rosa” non come traduzione italiana del termine “romance”, ma come sinonimo di “letteratura femminile” (quella che in inglese è generalmente indicata come women’s fiction).

Tralasciando per una volta tutte le discussioni – importanti, sfaccettate e potenzialmente contraddittorie – che si possono fare sull’esistenza di un termine che separa la letteratura femminile dal resto della letteratura (un po’ come si fa quando si parla di calcio e calcio femminile), vorrei puntualizzare che questa incoerenza tra titolo e contenuto nuoce al saggio doppiamente: in primo luogo perché fallisce come saggio sulla letteratura femminile visto che si sofferma solo sulla letteratura sentimentale, escludendo tutte le autrici che hanno sperimentato con generi ben diversi, e facendo quindi il gioco di chi pensa che le autrici donne non sappiano scrivere altro che romanzi d’amore; e in secondo luogo perché fallisce anche come saggio sul romanzo rosa visto che prescrive al genere e allz autorz un’eterosessualità obbligatoria da tempo sfatata. Ma a questo ci arrivo poi.

Premessa #2: nel saggio si nomina spesso il femminismo solo per poi buttarlo nel cestino nella frase successiva, il tutto contornato da una nota ironica che in alcuni punti diventa quasi sprezzante verso il romance e persino verso le autrici citate.

Personalmente non conosco i lavori di Patrizia Violi, quindi sono entratu nel saggio alla cieca e ne sono uscitu ben confusu. Ancora adesso non mi è chiaro se a Violi il romance piaccia o no.

Andando a cercare i suoi lavori, vedo che scrive principalmente romanzi à la Bridget Jones, il che spiega sia il tono del libro (con lo stile “ironico” tipico dei romanzi chick-lit, che in un saggio divulgativo però risulta sgradevole) sia l’inserimento forzato del genere chick-lit all’interno del saggio.

Premessa #3, poi chiudo: il genere romance, quantomeno nella sua accezione moderna, ha due semplici regole di base, ovvero la centralità della storia d’amore tra due (o più) personaggi e la presenza di un lieto fine.

Per definizione, allora, il genere chick-lit non è romance perché il focus è sulla protagonista (donna, etero, di solito sui 30 anni, in carriera). Spesso la protagonista ha relazioni romantiche e/o sessuali, ma la mera presenza di elementi romantici e/o sessuali non rende un libro un romanzo rosa.

Il che non è un problema. Si può tranquillamente parlare della parentela tra il genere romance e il genere chick-lit, la cui vicinanza è ovvia in primis dal modo in cui sono similmente bistrattati dalla cultura mainstream e dalla critica letteraria. E anzi, il chick-lit aveva più che motivo di essere introdotto all'interno del saggio come genere cugino, senza però cercare di infilare entrambi i generi dentro una singola scatola.

Invece si è deciso di fare un mescolone e come conseguenza eccoci di nuovo davanti all’ennesimo saggio sull’insostenibile eterosessualità del romance mainstream italiano e non. Ma anche a questo arrivo poi.

Prima vorrei soffermarmi un attimo su questo fantomatico femminismo che Violi nomina, poi rigetta, poi rinomina, poi rigetta.

Nell’introduzione scrive: «Il rosa piace perché è analgesico: rassicura, semplifica la realtà, fa sognare e sperare che i problemi alla fine si aggiusteranno». Quest’affermazione verrà ripetuta ancora e ancora nel saggio, tanto da diventare un dato di fatto, come Violi conferma nella conclusione del saggio: «Insomma, il rosa è un utilissimo anestetico con moderati e sopportabili effetti collaterali».

Qui vorrei aprire una parentesi perché non è possibile che nell’anno di Satana 2020 (o 2024 che sia, le cose non son cambiate così tanto) ancora portiamo avanti questa idea del romance come escapismo apolitico e neutrale.

La critica letteraria del romance – praticata da persone che nel romance ci vedono un potere trasformativo, attenzione – è viva dagli anni ’70. Si è intensificata negli anni ’80 grazie al boom del romance statunitense, alle lotte femministe che coinvolgevano, tra altri temi, anche letteratura romance e pornografia (si legga Joanna Russ, Gayle Rubin e Audre Lorde, per nominarne tre), e anche al saggio Reading the Romance: Women, Patriarchy, and Popular Literature di Janice A. Radway, le cui idee sono state fondanti per la critica del genere romance. Dagli anni ’90 in poi di discussioni, articoli, libri e saggi ne sono usciti a frotte, e dal 2010 a questa parte – grazie anche a un’evoluzione del genere stesso e dei suoi mezzi di pubblicazione – vediamo anche un focus sempre più largo pronto a includere identità razzializzate e discriminate (oltre a temi, tipi di relazioni e di sessualità non-normate), la cui presenza nella letteratura rosa è spesso stata silenziata (si veda Beverly Jenkins negli anni ’90), ma che ora stanno acquistando una visibilità sempre crescente.

Basta dare un’occhiata al database di saggi accademici mantenuto dall’accademica Laura Vivanco per farsi un’idea di tutti gli argomenti che segnano una diretta correlazione tra letteratura rosa, cultura popolare e critica sociale, e soprattutto per farsi un’idea di quanti argomenti questo saggio si è rifiutato di affrontare, ponendo il romance al livello di un mero «svago piacevole che permette di rilassarsi e fare il pieno di ottimismo» «per trovare quel sollievo che meritiamo», senza mai guardare oltre.

La cosa che fa più innervosire è che il saggio manca completamente di convinzione, tanto da contraddirsi da solo. Si parla di romance come escapismo analgesico, ma poi si nomina Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri, in arte Mura, il cui libro Sambadù, amore negro (1934), che presenta una relazione tra una donna bianca e un uomo nero, la vede censurata e sorvegliata dalla polizia fascista dietro ordine di Mussolini. Si parla di romance come sogni e fiabe fantasiose, ma poi si nominano storie pubblicate su riviste come Donnina, il cui intento è esplicitamente descritto come «pedagogico», mirato a «trasformare bambine in brave ragazze da marito, senza troppe idee sciocche in testa».

A un certo punto dobbiamo cominciare a mettere in discussione questo escapismo.

E per carità, non c’è nulla di male nel godersi anche un po’ di escapismo nella vita, ma il presupposto che il romance sia solo escapismo anestetico è lo stesso pregiudizio che si sente ripetere ancora e ancora nella cultura popolare.

Come critica letteraria è svilente. Come analisi storica pure.

Non è che il saggio non porti avanti anche spunti di conversazioni interessanti. Ad esempio, è apprezzabile la critica ai termini dispregiativi usati per riferirsi al genere romance e chi lo scrive (si veda «casalinga di Voghera» o «gallina della letteratura popolare»). Nel capitolo 5 c’è anche un’interessante riflessione che parte da Luciana Peverelli (1902-1986), in arte Greta Granor, e arriva a Felicia Kingsley, per porre un punto di domanda sugli pseudonimi stranieri forse usati per sfuggire al «nostro atavico senso di inferiorità nella creazione di romance, rispetto alle più celebri scrittrici anglofone». Questo è di certo un punto di vista interessante, su cui si potevano dedicare un paio di righe in più.

Ma il problema è tutto il resto.

Il problema è che il libro si apre parlando del romance come genere dedicato alla «protagonista [femminile] che da crisalide diventa sempre farfalla» e solo due volte – nominando di sfuggita Perfidie (1919) di Mura e le fanfiction Sherlock/Watson – si apre la porta del romance queer.

A parte il fatto che questa dovrebbe essere una ricostruzione storica del romanzo rosa in Italia, e allora si poteva tranquillamente nominare Edward Prime-Stevenson che nel 1906, a Napoli, autopubblicava Imre: A Memorandum, a oggi considerato il primo romanzo gay ad avere l’accezione moderna di romance (quindi concentrato su una storia d’amore e con lieto fine, un vero e proprio romance M/M ante litteram). Ma va bene, anche se Wikipedia è lì come trampolino di lancio per ulteriori ricerche, posso concedere che trovare informazioni sulla storia dei romance queer pre-2000 non sia necessariamente facile.

Però la Dreamspinners Press ha cominciato a portare il suo catalogo M/M in Italia nel 2012; basta scavare un po’ sul loro blog e sulla loro pagina Facebook per trovare tutte le informazioni ancora online. La Triskell edizioni, nata nel 2013, è ancora attiva e pimpante con la sua collana rainbow. L’opzione di autopubblicare su Kindle Direct Publishing in Italia è arrivata nel 2011, ma lo scoppio dell’autopubblicazione c’è stato nel 2016, e nel 2020 il romanzo rosa M/M era già più che uscito dalla sua nicchia per entrare in un pubblico più mainstream.

Posso concedere, di nuovo, che per il romance F/F la sfida si faccia più dura, perché è un genere ancora di nicchia anche nella sfera anglofona e in Italia sta tardando a prendere visibilità, ma la totale assenza della più vaga menzione dei romance queer – quantomeno dei romance queer M/M – all’interno del saggio è impossibile da ignorare.

Anche perché questo porta ad un’altra considerazione. Tanto per cominciare, Violi ha un’idea poco chiara del mondo fandomico. Cito il primo paragrafo del capitolo 8, “Sesso e fan fiction”:

Questa tendenza [di scrivere “fan fiction”] si sviluppa soprattutto all’inizio degli anni 2000, con la creazione e diffusione della subcultura fandom. […] Ma è soprattutto a partire dall’avvento di internet, nella democraticità capillare della rete, che i fan si scatenano a scrivere e narrare storie più o meno fantastiche e surreali sui personaggi preferiti.


La cosa più divertente di questa parte è che è seguita da una nota a piè di pagina in cui viene citata la raccolta di saggi Fan fiction and the communities in the age of internet (2008) a cura di Kristina Busse (accademica fandomica, conosciuta anche per la sua passione per lo slash). Prendo il libro e cito la prefazione (p.1-2):

Fandom as we find it now is quite different from the mostly zine-based, often hidden, monolithic fandoms of the 1970s and 1980s. The Internet alone has changed the size of fandom and its demographics and has created new forms of reader-author interaction.


Nel capitolo successivo, cioè l’introduzione del saggio, viene tirata in ballo anche Camille Bacon-Smith, che nel 1992 pubblicava Enterprising Women: Television Fandom and the Creation of Popular Myth, un intero libro dedicato al fandom pre-internet, con un forte focus sulle comunità slash di Star Trek.

Violi tutto questo non lo tiene in considerazione perché ha una concezione di fanfiction molto vaga e confusa. Citando sempre dal capitolo 8:

Lanciata nel 2006, [Wattpad] è un social network che permette di scrivere le proprie storie on line e condividerle. Come fa nel 2013 un’estetista dell’Ohio, Anna Todd […] che ispirandosi alla fan fiction e anche alle Cinquanta sfumature, comincia a scrivere una storia simile dedicata però alle più giovani.


Quest’idea di «ispirarsi alla fan fiction» (come se esistesse una sola fanfiction su tutto l’internet) evidenzia che per Violi quello delle fanfiction non è un genere che include una pluralità di visioni, combinazioni e contenuti, bensì un «riciclaggio» letterario per arrivare alla «pornografia da mamme», la letteratura erotica (eterosessuale) al femminile scritta per le «pornolettrici». Giovani o grandi che sia, queste lettrici lì arriveranno.

L’ultimo capitolo è scritto in modo confuso e lascia il dubbio che Violi non abbia le idee al 100% chiare su cosa stia scrivendo, soprattutto quando si parla di fandom e fanfiction. Il fatto che non ci sia nemmeno un disclaimer sul perché sia stata fatta la scelta di soffermarsi solo sul romance eterosessuale con focus femminile (una scelta veramente blanda, ma che comunque sarebbe potuta essere comprensibile se esplicitata, visto che una storia della letteratura rosa in tutte le sue sfaccettature di certo non sarebbe stata tanto breve) evidenzia una visione miope del genere romance che, alla fine, toglie credibilità al saggio.
Profile Image for Margherita Prevato .
279 reviews41 followers
January 11, 2022
Brevissimo saggio sulla letteratura rosa. Davvero interessante perché ripercorre la storia del romance in tutte le sue sfumature. Ultimo capitolo mi ha lasciata un pochino perplessa a causa di alcune frasi, ma nel complesso è una valida lettura sull'argomento
Profile Image for Amaranth Chevalier.
290 reviews7 followers
July 20, 2020
Recensione completa su La Bella e il Cavaliere

Poche pagine che ripercorrono in maniera accurata ed esaustiva la storia della letteratura rosa: uno dei generi più bistrattati della letteratura.
Confinati in un'area di mediocrità, i romanzi rosa hanno sempre venduto e molto cogliendo decennio dopo decennio le nuove declinazioni del sogno, abbracciando le istanze sociali di cui le stesse lettrici si facevano portatrici.
Pagine densissime che consiglio di leggere.
Profile Image for Mighty Aphrodite.
605 reviews58 followers
September 16, 2021
Il saggio di Patrizia Violi sulla letteratura rosa è un’opera ben scritta, agile e divertente che permette al lettore di dare uno sguardo al mondo dei romanzi rosa e di comprenderne la storia e l’evoluzione nel tempo.

“Breve storia della letteratura rosa” è proprio quello che si propone di essere: breve e incisivo, dona ai lettori tutti gli spunti e la bibliografia necessari per ulteriori approfondimenti sulla storia del genere e sulle scrittrici che lo hanno reso immortale.

Pur giocando in maniera divertente e divertita sugli stereotipi e gli schemi fissi che caratterizzano sin dalle sue origini la letteratura rosa, Patrizia Violi non si stanca mai di sottolineare la modernità del genere rosa: quest’ultimo, infatti, nasce dal desiderio delle donne di trovare il proprio spazio all’interno della letteratura e del mondo che le circonda e che le relega al solo ruolo di figlia, madre, moglie.

Continua a leggere qui: https://parlaredilibri.wordpress.com/...
Profile Image for LettriceAssorta.
391 reviews159 followers
June 23, 2024
La brava giornalista Patrizia Violi nel libro BREVE STORIA DELLA LETTERATURA ROSA, ci introduce in maniera delicata e piacevole nel prolifico mondo di questo genere letterario, una realtà che non conosce crisi, e che fin dai suoi esordi agli albori del diciottesimo secolo è stato il riflesso dei mutamenti sociali e della condizione della donna. Lo stile è fluido e godibile, la lettura è ricca di curiosità e interessanti aneddoti.
L'autrice cita autori e titoli illustri, spiega le motivazioni alla base del successo infinito di questi romanzi, la loro struttura, e soprattutto i mutamenti che nel corso degli anni la figura della protagonista ha subito, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Un saggio godibile, ricco di curiosità e qualche aneddoto, che conferisce dignità ad un genere letterario guardato talvolta con sufficienza, ma con tantissimi estimatori. L'amore muove il mondo e il romanzo rosa, il cui lieto fine è sempre garantito, è una carezza rassicurante per le lettrici e i lettori, mette ordine nel disordine della vita e concede attimi di rilassante evasione.

Il vostro autore rosa preferito? Io adoro la Kinsella!
Profile Image for Alessia Pizzi.
Author 3 books2 followers
January 4, 2021
In poche pagine (versione ebook una sessantina) vengo immersa in una storia a me sconosciuta, che mi racconta le origini del romanzo rosa, mi riconduce alla Pamela di Richardson e mi fa approdare ad una serie tv (che ho amato), Elisa di Rivombrosa. Ripercorro la storia del genere rosa dall’Ottocento ad Anna Todd e Felicia Kingsley: scopro topoi letterari, strutture narrative di successo, evoluzioni del genere, leggo nomi di scrittrici come Carolina Invernizio, di cui ho potuto apprezzare la scrittura nella silloge “Donne allo Specchio” e di cui si parla davvero troppo poco.

Non mancano nel testo degli interessanti spunti sulla questione di genere e sul ruolo della donna in questo tipo di romanzi: innamorata sì, magari un po’ inetta…ma mica scema. Alla fine riesce sempre ad arrivare dove vuole, ovvero al lieto fine coronato dalle nozze. Incluse Bella Swan di Twilight e Anastasia di Cinquanta Sfumature.

Consigliato!

(Il resto della recensione lo trovate su CulturaMente)
Profile Image for Cinnie Maybe.
Author 15 books54 followers
February 5, 2021
Un saggio scorrevole e completo, in cui si ripercorre l'origine della letteratura rosa, fino ad arrivare ai nostri giorni. L'autrice parte dall'archetipo, la fiaba, da cui il romanzo rosa tra ispirazione "rubandone" la costruzione, e arriva ad analizzare i casi editoriali degli ultimi 15 anni, senza dimenticare la chick-lit, le fanfiction e le serie tv nate da un fenomeno, quello del mondo rosa, che è sempre stato bistrattato, considerato minore e persino "spazzatura" ma che continua a trainare il mercato editoriale, vendendo ogni anno milioni di copie.
Ottimo ritratto di un genere che meriterebbe più considerazione.
Profile Image for Elisa Belotti.
180 reviews20 followers
January 24, 2023
"Insomma, il rosa è un utilissimo anestetico con moderati e sopportabili effetti collaterali".

Un assaggio in 81 pagine dell'evoluzione della letteratura rosa nel corso del tempo e quindi delle trasformazioni dei costumi. Breve ma molto chiaro e ricco di stimoli
Profile Image for Ilaria Ziliani.
8 reviews
February 8, 2021
Molto carino e interessante!Seppur breve, fornisce un quadro completo e pieno di curiosità!
Profile Image for Lucrezia.
38 reviews
July 4, 2021
Charmingly witty, it flows pleasantly and informs matter-of-factly about a genre that is really easy to misunderstand. Great and easy read: highly recommend, even if you're not a fan!
Profile Image for Valentina.
110 reviews4 followers
July 11, 2024
Mi è piaciuto. Veloce e a tratti simpatico. Forse un po’ troppo superficiale, ma d’altronde nel titolo c’è la parola ‘breve’, quindi non posso neanche prendermela più di tanto.
Profile Image for Anncleire.
1,337 reviews98 followers
January 8, 2021
Recensione anche sul mio blog:
https://pleaseanotherbook.tumblr.com/...


Anche in questo caso devo ringraziare Am de La Bella e il Cavaliere che mi ha prestato questo volumetto davvero molto breve ma incredibilmente denso. Se mi seguite da un po’ sapete bene quanto io ami i romance, quanti ne ho letti nel corso degli anni e quanto mi abbiano sempre affascinato. Leggere un romance per me vuol dire staccare il cervello, immergermi nelle vite di altri, e dimenticare per qualche ora le sventure della mia vita. È una catarsi a volte, è soprattutto una distrazione. “Breve storia della letteratura rosa” ovviamente fa qualcosa di diverso, dona una certa prospettiva al genere, districando i principali nodi che hanno portato all’evoluzione del genere. Già il titolo però mette in luce il principale difetto, essendo “breve” immancabilmente manca di approfondimenti, che in alcuni casi sono veramente essenziali. Ma per una panoramica per capire da dove iniziare ad affrontare il genere il saggio della Violi è perfetto, gli accenni che se ne fanno sono fondamentali: dalla casalinga di Borghera ai giorni nostri, i passi fondamentali toccati dalla Violi sono diversi, ma serve soprattutto per dare rispettabilità a questo genere sempre molto bistrattato. Non è solo “roba da donne” ma è un genere che ha moltissimo da offrire ad ogni tipo di lettore, e la Violi fornisce le basi per capire perché.
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