Apparso per la prima volta nel 1936 e poi ripubblicato nel 1953, questo romanzo fece conoscere l'autrice al grande pubblico. Ambientato nella cosmopolita e levantina Alessandria d'Egitto prima di Nasser, racconta la decadenza di un ambiente esotico, in cui i personaggi sembrano vivere al contempo in una polveriera e in un acquario, ma sempre e comunque ai margini della storia. Vincitrice nel 1976 di un Premio Strega, poi rapidamente dimenticata, Fausta Cialente è considerata da alcuni studiosi una delle maggiori scrittrici italiane del secondo Novecento.
Fausta Terni Cialente was an Italian novelist, journalist and political activist. She is a recipient of the Strega Prize.
Cialente's first novel Natalia, completed in 1927, treated the lesbian relationship of an unhappily married woman. It was published in Rome in 1930 and won the Dieci Savi Prize. When the initial print run of 3000 copies had been sold, her publisher wanted to print more copies but the censors in the Fascist regime asked for two sections of the book to be revised. Cialente refused and the book was not reprinted but in 1932 a French translation was published in France. In 1930 her short story "Marianna" was published in the literary magazine L'Italia Letteraria which was edited by Giambattista Angioletti. From 1940 she wrote antifascist pamphlets and made daily broadcasts from Radio Cairo against the Fascist regime in Italy. In 1947 she returned to Italy, living there until moving to England in 1984.
“Il compito del narratore, a mio vedere, è anzitutto quello di rappresentare. Un libro che si apre è come un sipario che si alza: i personaggi entrano in scena, la rappresentazione comincia.” (Fausta Cialente)
Il teatro della rappresentazione – il centro del mondo - è il cortile di un sobborgo povero in Alessandria d’Egitto, su cui si affacciano case abitate da stranieri: italiani, greci, armeni, ebrei. L’arrivo di un ragazzo italiano piuttosto irrequieto creerà scompiglio e turbamenti in questo microcosmo. Romanzo antico e moderno. Già negli anni dopo la fine della prima guerra mondiale, c’erano gli assalti ai negozi nel periodo dei saldi.
Vorrebbe dirlo alla fidanzata, lui … Ha proprio una gran voglia di dirglielo! Che preferisce vederla entrare nei piccoli negozi dell’Attardi, a comperare quel che c’è di meglio, come una principessa, e invece la vede entrare nei grandi negozi di lusso a comperare lo scarto e gli scampoli nei giorni di liquidazione, guardata dall’alto in basso da insolenti ragazze vestite di rasetto nero, pigiata contro i banchi di mogano dalla folla in sudore, avida e rabbiosa.
Dopo la mezza delusione de “Le quattro ragazze Wieselberger”, questo romanzo del 1931 mi riconcilia con Fausta Cialente, scrittrice ingiustamente dimenticata e recentemente riscoperta grazie alle ristampe di tutti i suoi romanzi. Una vicenda editoriale simile a quella di Alba de Cespedes. Nonostante alcune lungaggini descrittive presenti nella prima parte, "Cortile a Cleopatra" si fa poi apprezzare nella parte centrale fino ad arrivare al capitolo finale: le ultime sessanta pagine, per il detto e il non detto, per l’uso moderno dei dialoghi, dei flashback e dei salti temporali, sono scritte quasi in stato di grazia.
Nei giorni che seguirono, il silenzio di tutti, come un’acqua, dilagando ricoperse ogni traccia di malumore e colmò i vuoti: poi stagnò, immobile. Ma lui sentiva la presenza di certi mostri che nuotavano là sotto, nascosti, senza agitare un’onda, né fare una bolla d’aria.
Ancora una volta, la scrittura di Fausta Cialente, bella e potente, riesce a trascinare il lettore in quel cortile, spazio abitato da un microcosmo di identità eterogenee, che fa da sfondo e centro alla trama romanzesca e che sembra essere quasi un universo sospeso a Cleopatra, antico sobborgo di Alessandria d'Egitto, in cui "finite, le amorose speranze. Il mondo è vuoto e grandissimo." Al di là della trama, ne ho apprezzato tantissimo la scrittura, la potenza evocativa di immagini quasi fotografiche mediante il ricorso a descrizioni vivide, reali e al contempo delicate di una società che è stata realmente esperita e vissuta dalla stessa scrittrice. Consigliatissimo.
Cleopatra è un sobborgo di Alessandria d’Egitto, caratterizzato da case corrose dal sole e dall’aria salmastra, microcosmo brulicante di presenze stravaganti e insolite. Qui si svolge tutta la trama dal romanzo che ruota intorno a Marco, il protagonista, giovane selvatico, ribelle, incostante, indolente, irrequieto. Il suo arrivo nel cortile rompe per sempre i delicati equilibri di questo piccolo mondo, portando alla luce vecchie ferite e nuovi conflitti.
I personaggi di contorno sono molti e molto variegati. Cialente riesce benissimo a caratterizzare le loro debolezze, veri motori della storia: la selvaggia, libera e vagabonda italo-araba Kikì; l’irascibile armena Haiganush, che cova un’invidia segreta e maledice la propria giovinezza sprecata senza uno sposo; Katina dedita al marito malato, che trova tutto il senso della propria esistenza in quel lavoro di cura; la ciarliera serva Polissena; la devota greca Crissanti, madre di Marco, che prega ogni giorno un Dio che non la ascolta davvero; il pellicciaio ebreo Abramino dedito al proprio lavoro e alle mille tribolazioni causate dalla moglie Eva, donna ancora bella e sensuale, e dalla capricciosa figlia, Dinah.
Un microcosmo multietnico e variegato contenuto in un piccolo cortile, che Cialente rende vivo con la forza del suo stile fortemente evocativo. Le atmosfere sono le vere protagoniste: un sole mostruoso, un vento indiavolato, un’aria febbrile che scotta. Tra le sue pagine si respira il vento del deserto, si sente il gorgoglio delle onde marine, si patisce un caldo asfissiante.
Non ho dato la quinta stella perchè ho fatto un po' di fatica ad "entrare nel cortile": la prima parte butta i personaggi alla rinfusa come su un palcoscenico pieno di maschere, e questo carattere corale ha reso un po' complicato seguire le vicende dei singoli personaggi.
Resta, comunque, un bellissimo libro.
PS: è doveroso segnalere il prezioso Ritratto di Melania Mazzucco, apparso già come prefazione a Le Quattro ragazze Wieselberger: un appassionato omaggio alla scrittrice, restituita alla cronologia della grande letteratura del Novecento.
Un libro scritto magistralmente ma che stenta a far immedesimare il lettore nei personaggi della storia: è come un bellissimo quadro, perfetto nei dettagli e nella forma, ma che inizialmente non emoziona. Proseguendo con la lettura, tuttavia, ci si immedesima pian piano in Marco, giovane scapestrato protagonista della storia, le cui vicessitudini a Cleopatra (quartiere di Alessandria d’Egitto) sono il centro del romanzo. Ci vogliono molte pagine per comprendere questo personaggio enigmatico, le cui azioni inizialmente sono di difficile interpretazione per il lettore: è un personaggio sfuggente, sia nella storia che nella percezione del lettore. È necessario del tempo, quindi, per riuscire ad empatizzare con Marco, difficile da afferrare tra le pagine del libro. Le descrizioni dei paesaggi e dei personaggi sono meravigliose: chi legge riesce a vedere vividamente quanto viene narrato; é un romanzo colorato ed estremamente evocativo, quasi cinematografico. In conclusione, ne consiglio la lettura, con la consapevolezza che sarà necessario un piccolo sforzo iniziale per entrare nella storia narrata.
Un romanzo di formazione al contrario, Marco alla ricerca di una madre rifiuta i valori borghesi. L'ambientazione è levantina, colorata, splendida, forte, profumata, vivida. Si possono sentire gli odori, le urla delle grida del cortile, i profumi dei cibi. Cialente racconta il margine, racconta storie di personaggi che non riescono ad afferrare la loro identità se non pagandone il prezzo.
3.5, per la scrittura anche 4, ma un po’ faticoso, perché l’esorbitante numero di dettagli che servono a costruire l’atmosfera esotica e priva di orientalismo (pregio enorme) è supportata da un glossario insufficiente che ahimè al lettore estraneo e moderno fa perdere alcune sfumature. Con qualche nota in più sarebbe stato davvero arricchente. La trama è semplice: Marco è un post-adolescente inquieto e contemplativo (altri direbbero solo fannullone) che non condivide lo slancio conformista dei suoi coetanei, scappato dall’Italia dopo la morte del padre imbianchino e pittore (uno dei personaggi più belli insieme a Beatrice, la scimmietta che Marco prende con sé) e ritrovatosi a bussare alla porta scalcinata di una madre greca mai conosciuta, fervidamente ortodossa. Una congerie di personaggi di religioni e nazionalità diverse vive a stretto contatto nello stesso cortile, di cui Marco diviene presto il centro, osservato da tutti quando legge sotto il fico insieme a Beatrice, e invidiato e benedetto quando la fortuna sembra finalmente girare dalla parte di quest’orfano vagabondo e senz’arte, cioè quando la bella e benestante Dinah, ebrea figlia del pellicciaio operoso, lo impone come fidanzato alla sua famiglia che accoglie il ragazzo, pur cristiano e svogliato… ma, presto, non sarà solo il sangue dei montoni sacrificati a bagnare la polvere e le radici di zucca… Più dei personaggi, che a volte si perdono un po’ e diventano ripetitivi, più degli sprazzi di realismo magico con angeli e scimmie animate, la bellezza di questo libro è nella prosa, a volte ostica con le frasi ipotattiche e a volte infarcita di aggettivi sinestetici, profumato e minuzioso di odori, cibi, tradizioni, quartieri, venti e stagioni ormai svanite, affresco del crocevia culturale religioso e identitario che doveva essere Alessandria d’Egitto negli anni trenta.