«Ogni mattina Anita si accomoda alla Olivetti e digita digita digita. Le storie che deve trascrivere sono belle. Anita coi personaggi entra subito in confidenza. Tempo due racconti e le sembra di conoscerli da una vita. In ogni storia il protagonista di turno si ritrova in un agguato, in una sparatoria, in una rissa. E Anita ormai lo sa che il personaggio ne uscirà intero, o perlomeno con buone prospettive di ripresa, perché sono racconti seriali, giusto? Mica lo fai crepare, il protagonista che deve tornare ancora e ancora, ci arriverebbe anche un cretino; eppure a ogni lama di coltello che balugina nel buio di un vicolo, a ogni sguardo nero dell’occhio cavo della canna di una pistola, a ogni sagoma minacciosa che si staglia contro la porta di una bisca, Anita trasale e digita più in fretta per vedere come andrà a finire.»
Il suono metallico dei tasti risuona nella stanza. Seduta alla sua scrivania, Anita batte a macchina le storie della popolare rivista Saturnalia: racconti gialli americani, in cui detective dai lunghi cappotti, tra una sparatoria e l’altra, hanno sempre un bicchiere di whisky tra le mani. Nulla di più lontano dal suo mondo. Eppure le pagine di Hammett e Chandler, tradotte dall'affascinante scrittore Sebastiano Satta Ascona, le stanno facendo scoprire il potere delle parole. Anita ha sempre diffidato dei giornali e anche dei libri, che da anni ormai non fanno che compiacere il regime. Ma queste sono storie nuove, diverse, piene di verità. Se Anita si trova ora a fare la dattilografa la colpa è solo la sua. Perché poteva accettare la proposta del suo amato fidanzato Corrado, come avrebbe fatto qualsiasi altra giovane donna del 1935, invece di pronunciare quelle parole totalmente inaspettate: ti sposo ma voglio prima lavorare. E ora si trova con quella macchina da scrivere davanti in compagnia di racconti che però così male non sono, anzi, sembra quasi che le stiano insegnando qualcosa. Forse per questo, quando un’anziana donna viene arrestata perché afferma che un eroe di guerra è in realtà un assassino, Anita è l’unica a crederle. Ma come rendere giustizia a qualcuno in tempi in cui di giusto non c'è niente? Quelli non sono anni in cui dare spazio ad una visione obiettiva della realtà. Il fascismo è in piena espansione. Il cattivo non viene quasi mai sconfitto. Anita deve trovare tutto il coraggio che ha e l’intuizione che le hanno insegnato i suoi amici detective per indagare e scoprire quanto la letteratura possa fare per renderci liberi.
Tutto quello che passa dalla penna di Alice Basso risplende di unicità e stile. Dopo aver creato Vani Sarca, uno dei personaggi più amati degli ultimi anni dai lettori e dalla stampa, l’autrice torna con una nuova protagonista indimenticabile: combattiva, tenace, acuta, sognatrice. Sullo sfondo di una Torino in cui si sentono i primi afflati del fascismo, una storia in cui i gialli non sono solo libri ma maestri di vita.
Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora in una casa editrice. Nel tempo libero finge di avere ancora vent'anni e canta in una band di rock acustico per cui scrive anche i testi delle canzoni. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.
“Difficile chiarirsi le idee su una cosa quando si è dentro quella stessa cosa: è come trovarsi dentro un labirinto sotterraneo tutto buio e capire tastando le pareti come cavolo uscirne. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare a camminare.”
Arguta, incalzante, ironica, culturale, frizzante, leggera e profonda al tempo stesso: tutti aggettivi che possono essere accostati alla scrittura di Alice Basso e, vi assicuro, senza esagerare. Quando ho iniziato la lettura ero leggermente scettica, non perché avessi dubbi sul talento dell'autrice, ma perché, a mio avviso, non avrei trovato un personaggio degno di Vani Sarca, sua eroina dei romanzi precedenti. E invece, udite udite, la signorina Anita Bo, dattilografa, mi ha rubato il cuore e compete alla grande con l'ombrosa Vani. Il romanzo è ambientato a Torino nel '35, un periodo difficile innanzitutto per il clima politico, siamo in pieno regime fascista e chiaramente il periodo è ancor più complicato per le donne. Alice mette in risalto, appunto, oltre che alla situazione politica nella capitale sabauda, la situazione femminile in un periodo storico in cui la donna non aveva voce in capitolo, per non dire diritti. Anita Bo, la protagonista, bella e intelligente, aspira al massimo che in quel periodo era concesso alle "signorine" ossia accaparrarsi un buon partito ed essere una brava massaia. Il buon partito, viste le sue grazie, lo trova in uno schiocco di dita, peccato che si renda conto di non essere proprio prontissima a rinchiudersi in casa, ma volere qualche scampolo di libertà prima del grande passo. E da questo momento in poi non si riesce a mollare il romanzo colpa o merito di una scrittura trascinante. Una ricostruzione storica accurata, ma trattata in modo da non essere pesante, con "nonscialanza" direbbe Anita. Un gruppo di personaggi caratterizzati in maniera egregia: da Clara amica intellettuale di Anita, a "Satta Coso" scrittore al soldo del regime, passando per Candida ex insegnante rivoluzionaria della signorina Bo e finendo con Corrado aspirante marito. Non voglio raccontare altro, vi dico solo che stavolta, il mix ironia, investigazione e ricostruzione storica è spumeggiante.
Ho riletto il libro a due anni di distanza, prima di leggere il seguito e di comprarmi il terzo volume in uscita in questo giorni, più o meno.
Che dire? Confermo in pieno le impressioni d'estate dalla prima lettura. Adoro lo stile di Alice Basso, anche se ci mettiamo un poco a calarci nella narrazione accompagnati da questa voce moderna che però segue e ci illustra le vicende di una ventenne del 1935, con commenti moderni che quasi stonerebbero, con un altro scrittore e un altro registro stilistico.
E invece. Si ride, ci si appassiona al poco che succede (visto che si legge non tanto per il "caso" in sé quanto per Anita e tutto ciò che le gira intorno... così come accadeva con la Vani e il suo commissario, no?), si scoprono o riscoprono o rileggono cose che succedevano all'epoca.
E si apprezza la finezza della Basso nello scegliere l'anno in cui ambientare la storia, scelta che giustifica in calce alla storia. Un periodo in cui la situazione era già bigia, ma c'era una sorta di patina di rispettabilità, di possibilismo, di attesa quasi. Sia da parte dei cittadini che da parte del mondo esterno. Una situazione in cui era meno scontato vedere lontano, dove era più facile portarsi a credere a quel che veniva detto (rispetto a dopo, quando era magari più conveniente e sicuro, ma certamente meno facile bersi realmente determinate fandonie). La storia di ogni regime, o quasi: dalla presa del potere al cercare un'aria di rispettabilità e di approvazione con l'estero, al gettare la maschera mostrando il vero vento, alla fine inevitabile.
E ora, sotto con il secondo libro!
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Alice Basso ha colpito ancora.
Dopo aver chiuso la serie di Vani Sarca, ecco una nuova serie, simile e al tempo stesso diversa da quella della Ghostwriter che tanto abbiamo amato.
Simile perché la protagonista è sempre una ragazza un po' ribelle, perché l'ambientazione è Torino e come luogo di lavoro abbiamo una casa editoriale, simile perché i richiami ai gialli dei tempi che furono abbondano pure qui.
Ma diversa: Anita Bo non è Vani Sarca, è una bellissima ragazza di famiglia borghese, non è particolarmente intelligente o istruita ma è furba e astuta, e fin da piccola ha capito di poter usare la propria bellezza come uno scudo e un'arma, sfruttando i preconcetti della gente che per il suo aspetto la ritiene un'oca stupida e incapace di pensare. La Torino in cui si muove non è la Torino dei giorni nostri ma quella del 1935, una Torino che si ritrova sotto il fascismo e sotto le sue leggi. Il lavoro di Anita non è quello di scrittrice: è una dattilografa, uno dei pochi lavori reali per le ragazze istruite dell'epoca.
Questa nuova eroina è quindi bella ma non geniale -questa parte spetta alla sua amica Clara, che immagino avrà più spazio nei prossimi libri- ma è mossa da un innato senso di giustizia, oltre che a essere gravata da una lingua lunga e da un carattere impulsivo. Tutte caratteristiche che la portano a non essere particolarmente convinta dal fascismo, e a bloccare il fidanzato quando comincia a parlare di matrimonio. Un matrimonio che, all'epoca, significava la fine della vita della ragazza, l'essere rinchiusa in casa a sfornare prole da educare secondo i dettami fascisti. Lei invece decide di voler lavorare, almeno per qualche mese. Di godersi la libertà prima di infilarsi nella gabbia.
E si ritrova a fare la dattilografa per una rivista che pubblica gialli americani, oltre alle storie brutte di un ispettore italiano e fascistissimo.
La trama stenta a decollare in questo primo libro perché soffocata dalla Torino degli anni '30, dalla situazione sociale e politica che la Basso dipinge per i lettori, e dai protagonisti. Anita e Sebastiano, lo scrittore-traduttore, ma francamente la cosa non infastidisce per niente.
C'è un po' di prevedibilità in certe situazioni (tendenzialmente riguardanti Sebastiano), e la rivelazione finale avviene un po' troppo grazie a un deus ex-machina, ma nel complesso un buonissimo inizio per questa nuova serie. Ma del resto, così come per la Vani, la forza di questi libri non è la trama verticale del singolo "caso" in esame: è l'ambientazione, sono i personaggi, è lo stile ironico e fresco dell'autrice. E queste cose sono presenti con abbondanza in queste pagine.
L'unico vero difetto del libro è che il prossimo immagino arriverà tra un annetto...
È tornata una delle autrici che amo di più sul panorama italiano e di cui si sentiva la mancanza perché la sua scrittura, il suo acume, la sua ironia creano una fortissima dipendenza. Dopo la saga indimenticabile di Vani, conosciamo Anita. Anita è all'apparenza una sempliciotta del 1935, bella, con poca cultura ma molto brillante e sveglia. Laddove non arriva la cultura, arriva l'intelligenza e il buonsenso, lo spirito pratico. È anche uno spirito libero e questa caratteristica in un periodo in cui in Italia vige il fasciamo la rende senza dubbio fuori dal comune. Ho amato da morire come Alice abbia sfruttato all'osso questo personaggio per ridicolizzare il Ventennio fascista. Un esempio fra tutti: il simbolismo come la Torre Littoria. L'ha fatto con consapevolezza, mettendo in luce i chiaroscuri, senza dare giudizi, perché in quell'epoca non c'era un giusto o sbagliato, ma varie gamme di sfumature. Ho amato le invettive sulla bellezza e sulla donna in generale, perché sì la Basso non è che scrive thriller. La letteratura gialla è solo un espediente, lei ti fa riflettere, ti fa soffermare su una frase e sul significato palese e quello più ricercato, nonché sulla presa in giro della lingua stessa e se leggerete capirete a cosa mi riferisco. Mi sono piaciuti molto i personaggi di Clara e Candida, e ho apprezzato come in una società come quella fascista basata sulla virilità lei abbia messo in luce donne di spessore, dandole risalto. Considero la Basso un grande talento, stavolta però tolgo mezzo punto alla mia valutazione. A mio gusto personale già non amo le parentesi in un romanzo, qui alla lunga le ho trovate quasi fastidiose. Avrei sfruttato meglio la caratterizzazione di Anita per far trapelare la sua ignoranza - il classico show don't tell - piuttosto che sottolinearlo ogni volta con parentesi. A parte questo appunto, come sempre un'ottima prova e un inizio serie che promette un altro grande successo.
4+ Confesso che appena ho iniziato a leggerlo ,non facevo che rimuginare tra me e me su quanto mi mancasse il personaggio di Vani Sarca e che questa Anita sembrava tanto una svampita anche se lei lo negava ogni tre e quattro. E invece presto ho dovuto ricredermi non solo sul personaggio, che mi è piaciuta sempre di più pagina dopo pagina ma anche sulla storia che dimostra ancora una volta la bravura della Basso.
Sarebbero tre stelle e mezzo, ma diciamo che si gioca il jolly accumulato negli ultimi cinque anni.
Non ho problemi con l'inizio lento, con la cornice invadente e con gli spiegoni, me li aspetto: è un romanzo storico, funziona così dai tempi di Ivanhoe. Mi dispiace però che questo (e confido che sia questo) smorzi un po' la verve e la scrittura frizzante della Basso, che riduca lo svolgersi delle indagini a un paio di deus ex machina e dia una vera agency ai protagonisti solo negli ultimi cinque capitoli. E pare che abbia preso lezione di tormentoni da Nonmiricordoquante Rose a Settembre, perché 'sta storia che Anita non sa cos'è un suricato o un Cenozoico o un nido di chiurlo ogni tanto va bene, ogni due pagine ha rotto le zucche.
Comunque, tre e mezzo col bonus. Ma l'anno prossimo la interrogo, Basso, e fa media.
Gioia e gaudio nel regno, signori e signore! Torna Alice Basso e, con un solo schiocco di dita, ci porta nella Torino degli Anni Trenta!⠀ Per la precisione, ci catapulta nella vita di Anita Bo, giovane, avvenente e simpatica ragazza che, in tempi in cui tutte le sue coetanee sognano un marito, una casa e dei figli, decide, invece, di rifiutare (o meglio, rimandare) le nozze col fidanzato per mettersi a lavorare.⠀ ⠀ Da questo spunto, Alice Basso parte, marcia ingranata come suo solito, e non ci lascia andare sino all'ultima pagina di questo romanzo che, come la Basso insegna, ci farà urlare: "Esci il secondo subito!".⠀ ⠀ Non temete, gente! Se Vani Sarca rimarrà nei nostri cuori per sempre, Alice ha fatto in modo di costringerci a creare uno spazio anche per questa nuova eroina della narrativa italiana! ⠀ Preparatevi a fare la conoscenza di Anita, delle sue amiche, della sua famiglia, ma anche di un'epoca storica che ha cambiato profondamente la nostra Nazione.⠀ ⠀ Alice ci farà ridere, come sempre, ci farà indagare, come al solito, ma ci farà anche riflettere. E, soprattutto, ci farà amare una nuova donna!⠀
Lo giudico decisamente un passo falso della brava Alice Basso.
La nuova protagonista, Anita, è antipatica, dichiaratamente ignorante, ma con la pretesa di… sapere tutto lei.
Sembra una parodia di se stessa; la storia, poi, è zeppa di inutili ripetizioni ed artifici narrativi che non mi hanno fatto sorridere neanche un po’ (per esempio citare continuamente fatti e persone che Anita non può conoscere).
L’unico personaggio che si salva, secondo me, è Clara, l’amica del cuore della protagonista.
Troppo poco per costruire una storia interessante e piacevole da leggere; senza scomodare l'inarrivabile Vani Sarca con impietosi confronti, eh!
E pensare che ero decisamente ben disposto… figuriamoci!
3¼ su 5 ⭐. Lo stile di Alice Basso è sempre piacevole, divertente e curato; mi è piaciuta molto la scelta di ambientare la storia nel 1935 (per i motivi che spiega l'autrice stessa) e tutti i personaggi sembrano aver tanto da raccontare. Mi mantengo sulle 3 stelline perché, pur essendo chiara l'intenzione dell'autrice di voler usare il libro soprattutto per farci conoscere i protagonisti, ho sentito la mancanza di un caso più avvincente.
“Il morso della vipera” è l’ultima meraviglia pubblicata da Garzanti di Alice Basso, primo volume di una nuova meravigliosa serie. E finalmente ve ne posso parlare. Quando ho girato l’ultima pagina, ho sospirato stringendomi il volume al petto e un po’ ho imprecato perché appunto sono arrivata all’ultima parola. È una storia meravigliosa, che ti tiene incollato alle pagine, che si vuole fare leggere. È una storia come quella di J.D. Smith, che non può e non deve lasciare indifferenti.
“Il morso della vipera” è uno di quei libri di cui non senti il bisogno finché non te lo trovi tra le mani e ci sei immerso fino alle ginocchia. Ha tutti gli elementi chiave anche della storia di Vani senza però ricalcala o duplicarla: l’ironia, la sagacia, la caratterizzazione minuziosa dei personaggi che sembrano letteralmente uscire dalla pagina, una ambientazione davvero preziosa e una protagonista che diventa l’emblema di tutta la storia ma non la offusca mai del tutto. Anita è una forza della natura, una ragazza che ha vent’anni, tutta la vita davanti, tutta la forza del mondo e allo stesso l’animo non ancora inquinato da fatalismo o sfiducia. È una ragazza briosa, intelligente, leale, impulsiva, passionale, incantevole. È una di quelle persone che vorresti al tuo fianco per le avventure della vita e allo stesso tempo un po’ ti fanno paura perché è così piena di forza da offuscare il resto. È un’amica speciale, ho adorato il rapporto con Clara, quel dualismo di fondo, che viene cementificato dalle loro complementarietà. E ho anche molto apprezzato Candida, l’insegnante perché non è solo una persona che ti trasmette nozioni è proprio una di quelle che tira fuori il meglio di te, che ti educa, che ti sprona, ti incoraggia, è severa ma giusta, irreprensibile e allo stesso tempo capace di tutto. E poi… Sebastiano Satta Ascona. Parliamone. Il fascino dell’intellettuale colpisce sempre. Sebastiano non è solo il belloccio della situazione è un uomo pragmatico, che scende a compromessi ma di fondo resta di un integralismo forte, con una serie di valori che non vengono messi a tacere, che hanno solo bisogno di una spinta per venire fuori. Sebastiano è un ingranaggio ma entra nell’immaginario da subito, da quando Anita nella sua testa lo chiama “SattaCoso”. È spiritoso, sagace, un po’ presuntuoso, un po’ maestrino, ma soprattutto è capace di riconoscere il valore di chi gli sta accanto. La realtà in cui muove i passi Anita è molto importante e setta tutto il mood del libro. L’ambientazione è meravigliosa. Quella spaziale è vivida, sembra di star camminando per le strade di Torino, io che abito vicino Porta Susa e la zona di Piazza Statuto la frequento spesso, ho avuto la sensazione di vedermele davanti agli occhi e Torino con gli edifici liberty, l’aria da signora aristocratica la porta sempre molto bene. Quella storica… è davvero stupefacente. Io non sono minimamente un’esperta, anzi, e lascio valutazioni sull’accuratezza a qualcun altro, ma mai come in questo periodo storico abbiamo bisogno di ricordarci di certe cose, di quei pericoli che sono sempre in agguato, dei lupi travestiti da pecore che circolano indisturbati in mezzo a noi. Siamo qui a pensare che andrà tutto bene, che non è necessario reagire e combattere e invece bisogna prendere tutte le precauzioni possibili che davvero “fintanto che viene raccontata, una storia resta viva”. È una storia bellissima perché parla di amicizia, di fiducia, di sacrificio e dedizione. È una storia che ti si pianta nel cervello e continui a rimuginarci. È una storia sulle donne, su chi sono e cosa vogliono. Sono definite solo dalla loro bellezza? Se hai una figura armoniosa che cattura gli sguardi, hai la possibilità di dimostrare di essere anche piena di altre risorse? È una storia sull’attivismo che infiamma gli animi e ti dimostra che anche piccoli gesti possono davvero cambiare la vita. E poi è una storia sulla letteratura, che potrà essere marginale per qualcuno e invece è come sempre metafora della vita ed evidenzia ancora di più i messaggi che si vogliono passare. Tutto contribuisce a rendere unica questa storia: la poesia, i gialli anni Trenta, le citazioni e tutto l’amore che si sente per le storie che vivono e si muovono in un contesto speciale, quello di Saturnalia.
Il particolare da non dimenticare? Una manifestazione pubblica…
Come sempre i libri di Alice sfuggono da ogni definizione, anche questa è una storia che avvinghia e trascina, che lascia il lettore esaltato, che ovviamente ne vuole ancora. Si ride, si riflette, si investiga, si fa un giro immenso e ci si ferma di fronte alla verità universale che ci si riconosce sempre un po’ nei libri che si amano. Buona lettura guys!
Sono un po' in difficoltà perché io adoro Alice, la ritengo bravissima, eppure mi è sembrato più romanzo d'esordio questo che la prima uscita di Vani, paradossalmente.
Ci sono delle farraginosità nella costruzione e nelle ripetizioni – quelle con riferimenti culturali e battute che Anita non avrebbe potuto fare o capire, non conoscendo quegli stessi riferimenti, in particolare – che mi hanno reso più difficile calarmi nella lettura come mi capita di solito con i suoi libri.
Lo considero inoltre un po' un libro antefatto, come se la vicenda vera cominciasse poi col successivo, perché mi è sembrato un lungo preambolo... È chiaro, scrivere un giallo vero e proprio nel periodo fascista è improponibile proprio per le disposizioni di regime di "insabbiare" le vicende criminali e di cronaca nera per reggere la facciata del fascismo così performante da sradicare il crimine... specie con una donna. Manca un presupposto proprio di fondo, perché la polizia – che bene o male nei gialli poi cattura i criminali, sia che abbia tra i suoi ranghi l'eroe o che sia composta da una banda di incapaci – di fatto "è" tra i cattivi.
Apprezzo il voler rappresentare l'Italia in quel periodo che, secondo i negazionisti, era idilliaco, a qualche mese dalle giornate Oro alla Patria per capirci, per finanziare le campagne d'Africa, prima del 1938 e delle leggi razziali. E apprezzo questa ode al potere dei libri e della letteratura, in una veste nuova e diversa da Vani...
Però qualcosa non mi ha convinto del tutto. Vorrei dare tre stelle e mezzo.
Nel mio cuore nessuna ruberà mai il posto di Vani Sarca, ma Anita si piazza comunque sul podio! Ben scritto, scorrevole, divertente, insomma Alice non si smentisce, sempre brava!
Sempre simpatiche le protagoniste delle storie di Alice Basso e sempre interessanti le sue storie. Gli uomini non ci fanno una bella figura nel complesso, ma suscitano comunque un sorriso. Qui siamo negli anni 30 del novecento tra dattilografe, fascisti e tanti pulp magazines :) La storia è avvincente e il suo dispiegarsi non fa una grinza. Lettura piacevole e appassionante.
Non ero pronta a questo libro, no no. Chi l’avrebbe detto che Alice Basso sarebbe tornata in libreria con una nuova storia? E invece eccola qua, con una storia diversa e un’ambientazione diversa la Torino degli anni 30’ all’epoca di un periodo fatta di incertezza e paura dove ogni piccola cosa è regolata dall’influenza fascista.
Rappresentano tutto quello che detesto.
La censura, le maniere forti, l’ignoranza.
Conosciamo Anita Bo, una ragazza allegra e spensierata, bellissima e consapevole della sua bellezza. Una ragazza intelligente, frizzantina ed incredibile, lei è una delle ragazze come tante altre davanti alla proposta di matrimonio tanta attesa dell’uomo perfetto e dei suoi sogni chiede soltanto una cosa fondamentale: ti sposo, ma voglio lavorare ed essere indipendente.
Ecco che conosciamo Corrado, l’uomo perfetto e di buon partito, proprio per il suo contrasto con le idee fasciste si aprono le porte per Anita nella casa editrice Monné. Editori che traducono racconti gialli americani e pubblicano la rivista ‘Saturnalia’, sulla scorta dei pulp magazine come Black Mask di cui avrebbero comprato i diritti per l’Italia.
Ma in quel periodo la stessa rivista è vittima di censura e costretta a pubblicare anche racconti di stampo filofascisti. Chi si occupa di questa sezione è Sebastiano Satta Ascona, personaggio importante della storia giallonerorosa.
Sullo sfondo abbiamo una Torina fatta di un periodo buio che spesso tendiamo a dimenticare, ma in genere il fascismo è un periodo che per certi versi ha portato paura, incertezza soprattutto con la crisi mondiale del decennio successivo.
Una crisi che, annunciata nel 1929 dal crollo di Wall Street e seguita dalla progressiva affermazione di regimi dittatoriali sullo scacchiere internazionale, si concluse poi con la tragedia della Seconda guerra mondiale.
Tralasciamo un momento questo dettaglio, concentrandoci al meglio sul romanzo che ho apprezzato sicuramente è un grande studio da parte dell’autrice per la realizzazione de Il Morso della Vipera.
Partiamo dai nomi dei personaggi all’abbigliamento, passando per avvenimenti storici con spunti gialli, un’impostazione che ho amato principalmente nel libro.
Alice Basso è adorabile e l'idea di questo libro è geniale, ma... Ma rimangono delle grandi perplessità. La prima riguarda la lingua. È vero che durante il ventennio fascista si tendeva a tradurre italianizzando tutto e il giochino di Clara e Anita è anche divertente, ma fino a un certo punto. Perché è altamente improbabile che certi vocaboli esteri ed esterofili, ammesso che fossero conosciuti, potessero essere usati così massicciamente nella lingua parlata. E quindi il giochino diventa anacronistico, secondo me. Così tutte le similitudini utilizzate, seguite subito dopo da un "Se Anita avesse saputo chi/cosa fosse..." diventano piuttosto forzate, ribaltando quello che era in primis lo scopo per cui erano state pensate, ovvero alleggerire l'atmosfera. Il cold case di cui si occupano Anita e il suo capo, Sebastiano Satta Coso (Ascona) è interessante, e ingegnoso il modo in cui i due decidono di denunciare l'ingiustizia; tuttavia sono rimasta un po' spiazzata dalla fine improvvisa della storia, tanto da dover rileggere le ultime pagine, perché mi sembrava che fosse rimasto qualcosa in sospeso. Considerato che è il primo romanzo della serie e dunque una sorta di antefatto su cui si costruiranno gli altri quattro episodi, ci può anche stare, e già non vedo l'ora di sapere di cosa parlerà il prossimo racconto di John Dorcas Smith. Interessantissimi gli spunti di lettura di thriller e noir americano dell'epoca. E comunque non sarebbe male se Alice Basso pubblicasse a fine serie anche una raccolta dei cinque (?) racconti di JD Smith apparsi sulle pagine di Saturnalia... 3 stelle e 1/2
Torino, 1935. Anita Bo riceve una proposta di matrimonio dal suo fidanzato Corrado, ma invece di accettare entusiasta come avrebbe fatto una qualsiasi ragazza dell'epoca, rimanda le nozze perché desidera lavorare.
Siamo in pieno clima fascista, la libertà di parola e di stampa è tutta orientata a compiacere il regime, la censura è sempre dietro l'angolo. Anita inizia a lavorare come dattilografa per la rivista "Saturnalia" in cui vengono tradotti appassionanti racconti gialli americani. Tutto si complica quando Anita e Sebastiano (il traduttore della rivista), si trovano alle prese con un vero giallo da risolvere...
"Il morso della vipera" è un romanzo in cui il potere dei libri e delle parole viene utilizzato come mezzo di ribellione e riscatto contro un regime, in questo caso quello fascista, volto a sopprimere ogni tipo di libertà personale.
Anita, la protagonista, suscita immediatamente simpatia per la sua intelligenza e la sua tendenza ad uscire dai canoni impostati e rigidi della società.
La penna di Alice Basso è frizzante e ironica ma allo stesso tempo capace di indurre profonde riflessioni, immergendo il lettore in un'epoca che ha segnato per sempre, tragicamente, la nostra storia.
Alice Basso è stata una meravigliosa scoperta, non vediamo l'ora di leggere "il grido della rosa", secondo volume della serie!
Sarebbero due stelle e mezzo, in realtà. Alice Basso sa scrivere e alcune cose della ricostruzione storica mi sono piaciute moltissimo. Purtroppo la trama è piena di buchi malamente riempiti, ma ci sono due cose peggiori, che mi hanno davvero stancata. La prima è che è un romanzo prolisso e le lungaggini prima mi annoiano e poi mi irritano. La seconda cosa è la ripetitività: è ovvio che una ragazza che era giovane nel 1935, che ha più o meno studiato da dattilografa, non sappia chi o cosa siano Freud, un narvalo e il Cretaceo, c'�� bisogno di ripeterlo costantemente? Per non parlare dell'esclamazione "Santa polenta!" (fritta, a fette, coi funghi, coi grumi ecc ecc), non voglio più vedere una polenta manco dipinta. Insomma, peccato, la Basso è brava, ma qui doveva togliere e poi limare. Perché così, come direbbe la protagonista, "santa polenta, che zucche!"
Alice Basso ha ripetuto la sua magia e ha creato una protagonista (e dei co-protagonisti, e un contesto) che può stare alla pari con Vani Sarca. Per fortuna pure questa è una serie e avrò il piacere di ritrovare Anita e la sua Torino degli anni Trenta. Devo dire che le tematiche promettevano benissimo fin dall'inizio (la Torino fascista, una dattilografa e una rivista che pubblica traduzioni di racconti hard boiled) ma Alice Basso riesce a fare anche di meglio di quanto previsto senza abbandonare la sua meravigliosa voce distintiva. Non rimane che recuperare il racconto "Signorina Bertero, dattilografa"(che per qualche oscuro motivo mi era sfuggito) e poi aspettare pazientemente una nuova uscita, che zucche!
Alla Basso è riuscito il nuovo miracolo. Nonostante le grandi differenze tra le due protagoniste Vani Sarca ed Anita, esattamente una agli antipodi dell’altra, anche questa è riuscita a conquistarmi, a dispetto del mio scetticismo sul cambiare la strada vecchia così ben riuscita.
Anita, ragazza giovanissima, frivola, molto attenta all’aspetto fisico, poco studiosa e con una cultura quasi inesistente, riesce a catturare per la sua intelligenza vivace e per il suo umorismo spiccato. In questa avventura è accompagnata da due amiche uniche nel loro genere: Clara, che non spicca per aspetto fisico ma per la cultura ammirevole e l’intelligenza spiccata, e Candida, loro ex insegnante di dattilografia delle superiori, fumatrice incallita e ribelle nata. Queste si muovono sullo sfondo della Torino del 1935, in piena dittatura fascista, con una censura totale vigente su tutte le forme di espressione di parola e pensiero, in particolare sulle opere scritte. Ed è proprio in una casa editrice che la nostra protagonista finisce a lavorare per rimandare il momento del matrimonio con il fidanzato Corrado. E lì conosce Sebastiano che, insieme al socio Monnè, ha deciso di pubblicare la rivista Saturnalia, con racconti gialli tradotti dall’inglese e un racconto inedito a puntate con protagonista il commissario Bonomo, un fascista nelle ossa. Le avventure cominciano quando, dopo aver assistito in un convegno di celebrazione di un veterano fascista, all’allontanamento forzato di Metella che lo accusa dell’omicidio della figlia Carolina, decidono di indagare per dimostrarne la veridicità o meno.
Il tono leggero e scanzonato ci accompagna in queste scoperte verso il colpo di scena architettato magistralmente, che ci fa stupire dell’ingegno di un personaggio, nonostante sembrerebbe tutto compreso e dimostrato.
Ma, nonostante questa leggerezza a un livello superficiale, l’autrice tratta anche dei temi un po’ più difficili e molto meno leggeri, ma senza appesantire eccessivamente la storia. Il primo è quello delle guerre inutili e devastanti per tanti giovani e tante famiglie, sostenute a spada tratta e pubblicizzate dal regime. Il secondo è quello della condizione femminile a quei tempi che vede il ruolo della donna come moglie, che non lavori, e la cui opinione venga tenuta in nessun conto, e l’indipendenza totalmente inesistente. Ma anche, ultimo ma non per ultimo, e quanto mai attuale, c’è quello sull’importanza data all’aspetto esteriore femminile, per cui quelle belle debbano essere sciocche, e viceversa, al punto da vederle come tentatrici perfino nel caso di violenza, come capita purtroppo ancora al giorno d’oggi nei tribunali come nell’opinione pubblica. Anita ci si scontra addirittura in famiglia con la madre Mariele.
Brava la Basso! E sicuramente non sentirò troppo la mancanza di Vani se non ci farà attendere troppo per un seguito.
Il confronto con Vani Sarca è inevitabile, ma sono certa che anche Anita Bo lascerà il segno.
Questa sua prima avventura non è male, c’è qualche intercalare di troppo (che spero non continui negli altri romanzi), il contesto storico non è tra i miei preferiti (siamo nel 1935), ma l’aria che si respira è espressa al meglio e la figura della donna emerge chiaramente e con essa i ruoli che può ricoprire.
Chissà, magari verrà un giorno in cui le donne saranno famose per avere sempre ragione e nessuno oserà contraddirle; se mai accadrà, sarà bellissimo e sarà solo un pareggiare i conti.
Questa in breve la storia. Anita, prima di sposarsi con Corrado, vorrebbe fare un’esperienza lavorativa e viene assunta come dattilografa in una casa editrice che pubblica una rivista molto popolare a Torino. La rivista riporta le traduzioni di famosi racconti gialli americani, che piacciono molto al pubblico ma che vengono appena tollerati dal regime... solo perché tra di essi appare anche il racconto fisso (filofascista), di un investigatore italiano, un pianto!, ideato gioco forza dal traduttore della casa editrice, Sebastiano. Durante la celebrazione di un eroe di guerra (fascista, è chiaro), una donna anziana irrompere tra il pubblico accusando il celebrato di essere un assassino. Viene portata via malamente dalla milizia, viene poi liberata ma poco tempo dopo muore. Le persone che la conoscono sono restie a parlare, hanno paura di rappresaglie feroci, a volte mentono nascondendo segreti pesanti.
I segreti sono come organismi viventi, respirano dentro di te, crescono, pulsano e pesano, e un giorno ti accorgi che hanno occupato tutto lo spazio e che desideri solo sbarazzartene, metterli giù.
Anita non ci sta, crede alle accuse della povera donna, ma è difficile venire a capo di ciò che effettivamente è successo; poi qualcuno, in nome della giustizia e nel rispetto delle vittime, trova il coraggio di parlare e gli avvenimenti prendono una piega diversa, anche grazie all’inventiva e al coraggio di Anita, che trovano un valido appoggio in Sebastiano; un escamotage geniale e accusatorio, venato di giallo, grazie al quale l’amara verità verrà a galla.
C’è un che di incompiuto, di aperto, alla fine, che mi ha lasciata un po’ perplessa, ma voglio dare fiducia a questo nuovo personaggio; confido nella sua evoluzione. Nell’Autrice la fiducia ce l’ho già.
3.75. Quando si è amato molto la serie di un autore (e, soprattutto, la sua lettura risale a neanche una settimana prima), è molto difficile restare obiettivi quando poi si ha tra le mani la nuova opera di suddetto autore. Quando, poi, la protagonista è Vani Sarca, che ha una personalità così forte e travolgente, è ancora più difficile. Ragion per cui, mi sono avvicinata a questo titolo piuttosto guardinga, non perché non mi aspettassi comunque un bel lavoro, ma perché ho cercato il più possibile di non farmi condizionare dalle precedenti letture e non fare inutili e dannosi paragoni. Chiariamoci subito: le due serie sono così diverse tra loro che il problema non si è posto neanche; metterli a confronto è un po' come voler mettere sullo stesso piano un pomodoro e una penna rossa, che hanno solo in comune solo il colore e il fatto che servono a qualcosa. Le opere sono talmente agli antipodi - come personaggi, persino tipo di narrazione - che, secondo me, l'autrice l'ha fatto di proposito, proprio per evitare paragoni. E, sinceramente, nel caso sia così, avrebbe fatto bene.
Detto questo, passiamo alla storia. Se, dal punto di vista dei personaggi e della narrazione, le due serie della Basso sono differenti, in questa opera ritroviamo tutta l'ironia tipica dell'autrice (anche se mi ha un po' disturbata il fatto che ripeta continuamente "Che Anita non conosce": ok, va bene che serve ricordare che certi paragoni non sono frutto della mente di Anita, ma i tormentoni sono belli quando arrivano ogni tanto, ogni almeno una volta ogni pagina; stesso discorso per il gioco di italianizzare le parole), nonché i temi a lei più cari: il mondo dell'editoria e i gialli, sia da leggere che da risolvere. Anche i personaggi, benché siamo solo agli inizi, risultano credibili e ben descritti: Anita è esuberante, intelligente, ma tutto sommato ingenua, figlia di un'epoca in cui le donne non erano come oggi; su Sebastiano non riesco a sbottonarmi troppo, perché lo vedo ancora piuttosto sfuggente, ma ha certe uscite davvero molto interessanti. Menzione speciale per Clara - che adoro, e ho adorato anche di più quando ha fatto il discorso sugli svantaggi della bellezza e i vantaggi della bruttezza - e Candida, che avrei voluto tanto avere come insegnante anche io; persino Corrado ne esce bene, per quanto concordi con Anita: è davvero un Bonomo in 4K: buono, ligio alle regole (anche troppo, viste le regole), ma, mamma mia! un tantino troppo noioso. Il genere di persona di cui ti fideresti ciecamente, ma che, per carità, non chiameresti se intendessi partire per una spedizione avventurosa. O per diventare il protagonista di un romanzo. Personalmente, mi spiace un po' per lui, ma vedremo come evolverà il suo personaggio.
Dal punto di vista della trama, invece, non posso dire né che mi abbia colpito in modo particolare né che non mi sia piaciuto: come nella serie precedente, mentre la vita della protagonista scorre sul piano personale e lavorativo, ecco che spunta un mistero, un assassinio in questo caso, da risolvere. Il caso, visti i tempi in cui vivono, e il mestiere dei protagonisti, che poi non sono mica dei poliziotti che lo fanno per lavoro, si sviluppa bene (anche se, visto che il numero di pagine che mancava alla fine, era chiaro che la prima soluzione del caso fosse solo una parte di un quadro più ampio) e riesce a catturare l'attenzione del lettore.
Da grande amante della storia, ovviamente, ho anche apprezzato tantissimo la scelta dell'autrice di allontanarsi dalla sicurezza dei giorni nostri e fare un salto indietro nel tempo. A me i romanzi storici e quelli a sfondo storico piacciono da morire (quando la storia è trattata bene, s'intende), perché sono del parere che, in questo modo, si impari la storia molto più che studiandola su noiosi manuali scolastici. E sono ben felice che, alla fine del romanzo, l'autrice abbia inserito una nota in cui, senza scadere nella saggistica, è riuscita a dare informazioni bibliografiche davvero preziose, rispondendo a domande che mi ero posta anche io.
Per concludere: il primo volume delle avventure di Anita mi ha convinta; non mi ha conquistata come Vani (ma questo dipende dal fatto che la Sarca io l'ho sentita molto più vicina a me per tanti motivi), ma mi ha incuriosita abbastanza da aspettare con trepidazione i prossimi volumi della serie.
Dopo la sfavillante saga di Vani Sarca, Alice Basso torna con un nuovo giallo (probabilmente il primo di una serie) sempre ambientato a Torino e legato al mondo della editoria.
“Il morso della vipera” è un romanzo del 2020 dell’autrice de “L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome” (saga della ghost writer più famosa d’Italia), pubblicato dalla casa editrice Garzanti.
La trama vede protagonista la bella e affascinante Anita Bo, che, nella Torino del 1935, vuole soltanto farsi sposare dall’avvenente e facoltoso Corrado, anche lui innamoratissimo; dopo una dichiarazione accorata di questo, la ragazza capisce che non è ancora pronta per il matrimonio, così accetta, ma gli chiede sei mesi di tempo per poter lavorare e farsi una sua idea del mondo. Corrado, di buon cuore e felice di farla contenta, accetta. Anita, grazie all’amica Clara (stenografa) e a Candida (la sua ex-insegnante), riesce, nonostante le sue pessime doti in stenografia, a farsi assumere in un lavoro poco ambito, cioè alle Edizioni Saturnalia. La casa editrice si occupa infatti di tradurre racconti pulp e hard-boiled americani e riesce a evitare la censura, anzi è acclamata dal controllo fascista, per un contentino inserito a inizio volume, i racconti del Commissario Bonomo, simbolo dell’ideologia xenofoba, razzista e paternalista del regime. Le cose si fanno complesse, però, quando Sebastiano (traduttore e scrittore) e Anita si trovano, loro malgrado, coinvolti in un vero giallo da risolvere.
Il romanzo punta moltissimo sull’ambientazione di Torino, descrivendo i modi di dire e di fare dei torinesi, e lasciando che il lettore possa immergersi nella elegante e ordinata città dell’epoca. L’anno 1935, come spiegato nella postfazione, ha ragioni “editoriali”, in quanto ispirati ad un fatto reale, ma permette anche all’autrice di descrivere veramente il regime fascista, senza spauracchi o previsioni della seconda guerra mondiale. L’interesse bellico, infatti, seppur presente, viene presentato come un qualcosa di “tranquillo” e quasi inevitabile per la corsa coloniale, focalizzato totalmente verso l’Africa e non verso il resto d’Europa. La xenofobia e il bisogno di italianizzare tutto sono presenti, ma l’astio verso gli altri Paesi europei sembra più una mera antipatia rispetto a quello che poi accadrà pochi anni dopo. Questo secondo me è uno dei massimi punti di forza del libro, perché permette di descrivere la dittatura come tale, nella quotidianità, nella censura, nelle leggi e nel modo di vivere e pensare.
Lo stile è lo stesso con cui Alice Basso ha conquistato migliaia di lettori: frizzante, rapido e incalzante. Una volta iniziato il libro è praticamente impossibile smettere di leggerlo, io stessa l’ho divorato in un pomeriggio: i personaggi sono freschi, talvolta naif, ma non per questo nascondono la crudezza e la violenza del regime. Come anche accadeva nella saga di Vani Sarca, gli omaggi al mondo della editoria sono tanti e molto presenti, filtrati dall’immaginario dell’epoca e, soprattutto, dagli occhi di Anita Bo che, essendo più ignorante e meno supponente di Vani, ci permette di riscoprire con freschezza e entusiasmo il mondo dei gialli e racconti hard-boiled.
In conclusione, un romanzo divertente e piacevole nonostante l’ambientazione complessa che pone molte riflessioni; credo che i fan di Vani Sarca non resteranno delusi, anzi, come me, saranno davvero entusiasti di questa nuova serie.
Alice Basso ci porta a passeggio in una Torino del 1935 attraverso gli occhi di Anita Bo, una ragazza sveglia e molto attraente, con una madre molto apprensiva, un'amica del cuore che la sostiene sempre ed una vita mai noiosa. Anita infatti ha finalmente ricevuto la proposta di fidanzamento da parte di Corrado Leone, un ragazzo di ottima famiglia, dolce e ligio al dovere ed alle regole imposte dal regime. Anita lo adora con tutto il cuore ma lei non è pronta a stare a casa ad essere madre di ben sei figlioli come vorrebbe Corrado, così prende tempo: sposerà il dolce Corrado solamente dopo aver lavorato per almeno un anno (perchè sì, Anita lo sa che se sei sposata non puoi lavorare e lei vuole ancora godersi un po' di indipendenza). Ed è così che Anita si trova a fare un colloquio come dattilografa per "Saturnalia", una rivista che porta nella Torino fascista i racconti gialli e polizieschi americani riveduti ed ovviamente censurati dal regime. Tra quelle pagine che prima lei guardava di sottecchi, troverà uno spunto per andare avanti, capirà che non tutti sono dolci e gentili come il suo Corrado e soprattutto, non tutti sono fascisti nel proprio animo.
Tra un mistero da risolvere ed un giro sulla Fiat 508 Balilla Spider Sport rossa fiammante, Anita vivrà un'emozionante avventura proprio come le descrivono i racconti che lei scrive su "Saturnalia", grazie anche all'affascinante scrittore Sebastiano Satta Ascona, che ha tanto di cui nascondere.
Primo di una serie, "Il morso della vipera" mi ha entusiasmato come pochi, i protagonisti sono pieni di carattere, la magica Torino degli anni '30 è un'ambientazione davvero interessante e la scrittura di Alice Basso è unica. Sicuramente non perderò il seguito, anzi, ridatemi Anita!
“fintanto che viene raccontata, una storia resta viva.” Torino. Giugno 1935. Anita Bo è una ragazza bellissima. I genitori hanno una tabaccheria dove la figlia, non troppo spesso, dà loro una mano. Il ragazzo che ha sempre sognato, Corrado, le chiede di sposarlo e lei, in un attimo di panico, accetta ma ponendo la condizione di poter provare prima, per qualche mese, a lavorare in maniera indipendente dalla famiglia. Si ritrova così, dattilografa in una casa editrice dove deve trascrivere le traduzioni del famoso scrittore Sebastiano Satta Ascona, di alcuni racconti di grandi autori americani come Chandler ed Hammet. Ed è proprio mentre è presa questa nuova occupazione che s’imbatte in una storia dove c’è una vittima in cerca di giustizia alla quale cercherà di renderla almeno attraverso le parole di una storia destinata ad essere ricordata. Un romanzo che ho letteralmente divorato in cui ho trovato spazio per indagare in un’epoca lontana dove ben poche erano le libertà concesse ai singoli individui, dove esprimere la propria opinione poteva essere molto pericoloso. Una protagonista solare, divertente, alla quale non saprete resistere, che si impegna per diventare qualcosa di più per se stessa, acquisendo così la possibilità di fare qualcosa in più anche per gli altri. Pagine in cui assaporare l’amore per la lettura, la passione per il libri,l’importanza che hanno le parole e le storie perché continuino ad essere evocate. Giorno dopo giorno. Nel tempo. “Dopotutto, è solo una storia. Da quando in qua una storia è mai stata così pericolosa?”
“Il morso della vipera” è un romanzo di Alice Basso ambientato nella Torino fascista del 1935 con protagonista Anita Bo, una ragazza che desidera lavorare prima di sposarsi. I personaggi sono tutti molto ben descritti, in particolare è messo in evidenza il lato caratteriale che ci permette di entrare ancora meglio nella storia. Il lessico e la narrazione sono semplici ma accattivanti e il ritmo non è mai lento. La storia è frizzante e ben raccontata, dando il giusto spazio al contesto storico, politico e sociale di un'epoca difficile in cui vivere significava riuscire a stare in equilibrio su un filo. Alice Basso ne fa un racconto intelligente, ricco di humor non frivolo e fine a se stesso ma funzionale al mondo che racconta. Perché se il mondo, e soprattutto quello dell'epoca DEVE esserlo, è pieno di stereotipi, dietro la facciata c'è la vita vera, con persone ancora pensanti che cercano di vivere la loro età con il minimo di leggerezza che ancora è loro concessa. Si tende spesso infatti a credere che tutto si svolgesse in un unico modo, o bianco o nero, e invece questo romanzo da un'idea di quelle che potevano essere le sfumature che avevano l'importante funzione di “salvare la vita”.
Di norma, dopo aver amato molto un romanzo, non si vede l’ora di leggerne un altro dello stesso autore, che sia il successivo o uno precedente. A volte, però, è possibile rimanere delusi, chiedersi che fine abbia fatta quella narrazione che tanto ci aveva catturato la prima volta, rimpiangendo di non esserci fermati a quel bel ricordo.
Con i cinque libri di Alice Basso con protagonista Vani Sarca (e il commissario Berganza, sospiro), non mi è mai successo, anzi. È stato un crescendo di emozioni, di risate, di sorprese (promemoria per chi ancora deve recuperare la serie: “L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome”, “Scrivere è un mestiere pericoloso“, “Non ditelo allo scrittore“, “La scrittrice del mistero” e “Un caso speciale per la ghostwriter“).
Così ho comprato “Il morso della vipera” (Garzanti) con assoluta tranquillità, senza alcun tentennamento, sapendo che l’avrei adorato come tutti gli altri romanzi di Alice Basso. Ma mi sbagliavo.
Perché forse – forse, ancora non lo so – l’ho amato un pizzichino di più.
Che vi posso dire, Alice Basso a me piace sempre anche in questa sua nuova serie. Il romanzo ci impiega un po' a carburare le prime 100 pagine sono dedicate alla descrizione di Anita e dei personaggi di contorno oltre che a contestualizzare l'epoca di ambientazione, la Torino del 1935 in pieno ventennio fascista. Poi però il libro parte, gli eventi cominciano ad accadere e la lettura diventa molto più interessante. Alice Basso racconta in modo leggero delle tematiche importanti: le brutture del fascismo, con i suoi falsi miti e il suo innalzare personaggi discutibili, la manipolazione dell'informazione e la censura, la condizione della donna all'epoca (ma per certi aspetti anche un po' adesso). C'è come sempre anche una spruzzatina di rosa e il lettore alla fine del romanzo si chiede che avrà la meglio tra Corrado e Sebastiano. Ovviamente io faccio il tifo per uno dei due. 😉
«Ecco perchè mi sono lasciata fregare di nuovo, santa polenta a fette! Il Morso della Vipera non ha pecche, tutto quello che viene detto è costruito sulla base di uno studio evidente che la Basso ci regala pagina dopo pagina. Dall'abbigliamento ai modi di fare, dalla condizione femminile alle contraddizioni del regime fascista ci troviamo immersi in una storia che scorre meravigliosamente sotto i nostri occhi, avvolge il lettore in quel velo di curiosità ed impaziente attesa di cui ha sempre bisogno e gli regala una nuova protagonista femminile di cui sentiremo parlare molto presto. Non è vero, Basso?»
Pensavo di meglio. Il vero problema non è stato il ""giallo"" (con due virgolette, perché questo è più un romanzo storico in chiave comica che una storia del mistero) ma la voce narrante. Che fastidio!! Ovviamente dipende dai gusti di ognuno, ma a me un narratore così presente e così insistente ha dato solo fastidio.
Giusto un esempio: "Sono rigide come due menhir. (Non che Anita possa avere idea di cosa sia un menhir, ma il senso è quello.)" . Ecco, frasi del genere si trovano in continuazione nel libro!!
Per il resto okay, dà spunti interessanti sulla vita delle donne negli anni Trenta, sul concetto di bellezza, ecc, ma i personaggi sono un po' prevedibili e non c'è molto conflitto/suspense. Peccato
Finalmente il primo voto 5 stelle del 2020!!! Alice è riuscita a creare dei personaggi vivi e attuali in uno sfondo del 1935 secondo me piuttosto ben definito, grazie a dettagli anche esilaranti, pur nella loro credibilità. Ho trovato tanti messaggi interessanti nella storia, convogliati con la solita delicatezza ironica che contraddistingue questa talentuosissima scrittrice...sinceramente non vedo l'ora di leggere il seguito!!!