Guida inutile di Capri, pubblicata per la prima volta nel 1946, inizia con il capitolo Collaudo, con cui Cerio cerca di scoraggiare a visitare Capri «nel reciproco interesse». Dopo questi ironici avvertimenti, eliminati i possibili nemici dell’Isola, l’Autore guida il lettore nel suo «Capri-santuario», in un amorevole percorso attraverso gli aspetti topografici, storici, umani, raccontando della gente, dei costumi, dello svolgersi delle stagioni e della vita isolana.
'Anticamente all' arrivo della barca degli spacci, se c'erano forestieri a bordo, i marinai li andavano a prendere al largo, se li mettevano addosso a cavalcioni e li scaricavano all'asciutto, sulla spiaggia. Scaraventato a terra il passeggero perdeva i sensi - tutti i sensi dolorosi che lo avevano indotto a vagare, per il mondo, a fuggire paesi inospitale e climi inclementi, a liberarsi dal peso della vita così grave, lontano da Capri. Al primo contatto con l'isola ognuno ridiventava in neonato, per ricominciare la vita dove, in altri paesi, finisce. Capri è il paese degli uomini finiti che si rinnovano, della gente perduta che si ritrova'. Avrei avuto bisogno di una mappa per amarlo di più, ma alcuni tratteggi di questo testo di Edwin Cerio, caprese di inizio '900, figlio di un napoletano e di una inglese, sembrano accarezzarmi e puliscono dalla polvere il mio sguardo.