Fosse vissuta sei o sette secoli fa, nelle terre umbre dov’è nata, Patrizia Cavalli sarebbe stata senz’altro una delle grandi mistiche di quel periodo. Le sue esatte visioni verbali avrebbero narrato i misteri piú sensibili della divinità, e le sue estasi, i suoi terrori e le sue ebbrezze sarebbero stati registrati e trascritti con devozione dai fedeli amici intorno a lei. Nei nostri tempi, invece, Patrizia Cavalli si è proposta il compito, piú arduo, di dare parola ai misteri profani di cui tutti facciamo esperienza: all’indicibile nostalgia di settembre, che ogni anno, regolarmente, ci trafigge; al pulsare frenetico della «nemica mente», quando insegue e controlla ogni lieve mutamento del corpo; alla felicità che scende, come rugiada dal cielo, se una certa luce pomeridiana si mostra all’improvviso. In ogni verso, il ragionare poetico di Patrizia Cavalli non cerca, ma trova. Il suo ardente, ostinato desiderio conoscitivo non chiede altro che arrendersi, infine, dinanzi allo stupore e all’evidenza dell’apparizione poetica. Vita meravigliosa rappresenta una summa della poesia di Patrizia Cavalli, attraverso le ossessioni ricorrenti, i temi e i molteplici registri stilistici che la caratterizzano. Insieme ai molti fulminei epigrammi, comici o filosofici (spesso le due cose insieme), compaiono i monologhi ipocondriaci, quasi teatrali, oltre alle tante poesie d’amore, non prive di ferocia descrittiva, e un breve poemetto, Con Elsa in Paradiso, dove la promessa – o la minaccia? – della vita eterna apre al poeta la possibilità terrestre di «abolire, non dico la realtà | ma ogni traccia di verosimiglianza». Poco importa che il poeta dica sempre ‘io’: quell’io è talmente dilatato, talmente elastico da includere nella sua lingua ogni cosa, purché esista e viva. Con questa raccolta fuori dal tempo, Patrizia Cavalli si conferma tra i poeti piú ricchi e piú indispensabili del nostro tempo.
Patrizia Cavalli (Todi, 17 aprile 1947 – Roma, 21 giugno 2022) è stata una poetessa e scrittrice italiana. Si è distinta fin dagli anni Settanta per una poesia molto legata all’ esperienza personale, a partire dal primo volume di versi Le mie poesie non cambieranno il mondo (1974), dedicato a Elsa Morante. Infatti è proprio la scrittrice romana, che Patrizia ha occasione di conoscere durante gli studi di filosofia, a scoprire in lei la vocazione per la poesia.
Seguono altre raccolte di successo: Il cielo (1981), Poesie 1974-1992 (1992), L’io singolare proprio mio (1992), Sempre aperto teatro (1999) con cui vince il Premio Letterario Viareggio-Repaci, e Pigre divinità e pigra sorte (2006), vincitore del Premio Dessì. L’ultima raccolta è Datura (2013).
Alcuni suoi testi sono apparsi in varie riviste, tra cui «Paragone», «Linea d’ombra», «Nuovi Argomenti», «Marka» e «Leggere». Nel volume Narratori delle riserve, curato da Gianni Celati, compare il suo racconto Ritratto.
Cosa non devo fare per togliermi di torno la mia nemica mente: ostilità perenne alla felice colpa di esser quel che sono, il mio felice niente.
”Fosse vissuta sei o sette secoli fa, nelle terre umbre dov’è nata, Patrizia Cavalli sarebbe stata senz’altro una delle grandi mistiche di quel periodo”
Con queste parole comincia la presentazione in quarta di copertina di Vita meravigliosa (2022) raccolta poetica di Patrizia Cavalli (1947-2022). In particolare mi soffermo sul misticismo. Decido di rileggere alcuni versi. Finisco per rileggere quasi tutto e continuo a non capire. Le terre umbre richiamano certo alla mente gli antichi eremi dove personaggi disparati cadevano in preda a deliranti allucinazioni spesso trascendendo la vita materiale.
Io – ignorante sicuramente - tra queste righe ho sentito parole più carnali che spirituali:
” Occupata da poveri pensieri /– la puzza di fritto, il freddo –/dov’è la mia anima,/dov’è la mia anima? /Senza sonno ma non sveglia,/ torpida e irrequieta, / rassegnata ma querula,/ è questa la mia anima? / Cuore fermo che non pensa / mente astiosa che non sente / non c’è nulla che mi accende./ Ma avrò davvero un’anima? /Cerco di ricordare / ma è un compito il ricordo,/ colpa dell’orologio / che fa troppo rumore. / O è il tavolo di marmo / che certo non è caldo? / Ma l’anima è immortale / e quindi immateriale. / Se poi scopro che ho un’anima / noiosa quanto me, /faccio a meno dell’anima / mi accontento di me. “
In ogni caso, una vera sorpresa questi componimenti.
Una commistione perfetta tra ironia e profonda amarezza dove entra in scena la morte (” E me ne devo andare via cosí? / Non che mi aspetti il disegno compiuto / ciò che si vede alla fine del ricamo /quando si rompe con i denti il filo / dopo averlo su se stesso ricucito / perché non possa piú sfilarsi se tirato. / Ma quel che ho visto si è tutto cancellato. / E quasi non avevo cominciato.”) quanto la vita ( Vita meravigliosa / sempre mi meravigli”).
Sorprende anche l'ode agli alcoolici (” Avere il whisky in casa è un gran vantaggio,”) e agli psicofarmaci (” Gloria perpetua alla fluoxetina”) per poi scoprire con tenerezza il bisogno di essere ascoltata:
"Parla a se stesso il pazzo e si consola e il santo parla solitario a Dio. E io a chi parlo quando parlo da sola? Parlo a qualcuno che non sono io ma una platea vista di sbieco al volo, mutevole a seconda del mio tono, che non risponde mai, ascolta solo, se la parola trova il giusto suono. Questa muta assemblea inconcludente che non fa petizioni, non si ostina a voler controbattere e opinare, mi anima di speranze la mattina: avere un tale dono della mente, poter parlare, e farsi anche ascoltare!
Mi è piaciuto davvero tanto, lo consiglio! Ci sono alcune poesie che sono talmente limpide e dirette che non faticano ad entrarti dentro, mentre altre sembrano che ti cullino come racconti.
"Se posso perdonare, allora devo riuscire a perdonare anche me stessa e smetterla di starmi a giudicare per come sono o come dovrei essere. Qui non si tratta di consapevolezza ma è la superbia che mi tiene stretta in una stolta morsa che mi danna. Eccomi infatti qui dannata a chiedermi che cosa fare per essere perfetta. "
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~ Pensiero che non sente non pensa veramente. Solo un forte sentire lo costringe a capire la necessaria verità presente. ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Dovrò dare una paghetta alla mia musa, perché non smetta mai di amusarmi. Se non mi amusa più che scusa trovo per le mie commediole e pei miei drammi?
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Sarebbe sopportabile ogni male se non ci fosse l’interpretazione, sarebbe quel che è, non quel pugnale che uccide e vuole pure aver ragione.
Mi è capitato di leggere “Vita meravigliosa” di Cavalli qualche momento prima di apprendere della morte. In occasioni come queste non dovrei dare una valutazione, perché leggere qualcosa a ridosso della morte del suo autore o della sua autrice può influenzare di molto il giudizio, ma io ho già letto delle raccolte di Cavalli - quelle racchiuse nel volume delle poesie dal 1974 al 1992 - e una valutazione la do lo stesso, in quanto già ho adorato Cavalli. In “Vita meravigliosa” si ritrova tutto Patrizia Cavalli - e considerando l’ultima sezione “Condannata a essere umana” si poteva intuire quanto questa raccolta potesse essere un suo testamento spirituale -. La difficoltà di amare e comunicarsi agli altri, la banalità del quotidiano e la vita come arrancare giorno dopo giorno attendendo il momento della fine. Un crepuscolarismo scritto con un lessico e uno stile quotidiano, che sa rendere poetico anche il dettaglio più futile - come la biancheria femminile delle sue prime raccolte. La vita meravigliosa di Patrizia Cavalli, dopotutto, era questa: la banalità, la monotonia del quotidiano, l’amore mai comunicato e sempre desiderato per non farlo morire nel contatto con l’altro.
“Ogni interruzione di abitudine è dolore. Una morte improvvisa è violenta interruzione di abitudine. La morte lenta è un lento cambiamento di abitudine. Lento dolore che si esercita all’evento.
Tutti i futuri morti sono già morti abbandonati. E noi stessi presaghi della nostra morte ci esercitiamo con largo anticipo all’abbandono.”
Piano piano, piano piano te ne vai, non vuoi morire subito ma piano vuoi scioglierti da me, passi la mano, ma a chi? A chi? Chi c’è dopo di te? Mi lasci in tristi mani, secche e dure, deboli piogge, non più grandi uragani, il giorno passa e siamo già a domani, io casta e dissoluta.
Prima volta, e sicuramente non ultima, che leggo le poesie di Patrizia Cavalli. Un vero peccato averla scoperta soltanto dopo la sua scomparsa, ma si sa che stelle del genere non muoiono mai.
Non sono minimamente un esperto di poesia, forse neanche un amante del genere, ma alcuni scritti della Cavalli ti restano incollati addosso senza possibilità di scindersi più.
Forse la poesia in copertina, rende ottimamente l'idea.
Libro regalatomi da un mio carissimo amico con un messaggio all’interno che recita: le cose belle vanno condivise. Alcune poesie sono proprio entrate dentro, e nel farlo ho sentito l’abbraccio del mio amico caro.
Ho iniziato l’anno scorso, in preda a sentimenti che, quando vengono svegliati, sembra sempre mi vogliano divorare. Ho finito adesso, nella serenità. È stato un bel viaggio.
C'era un modo sicuro per disinnescarmi: tenermi tra le braccia e tanti baci, baci e carezze e carezze e baci. E io avrei balbettato suoni indecifrabili.
Se posso perdonare, allora devo riuscire a perdonare anche me stessa e smetterla di starmi a giudicare per come sono o come dovrei essere. Qui non si tratta di consapevolezza ma è la superbia che mi tiene stretta in una stolta morsa che mi danna. Eccomi infatti qui dannata a chiedermi che cosa fare per essere perfetta. Tenersi all'apparenza, forse descrivere soltanto cose in mutua tenerezza.
Ma basta insomma vieni cosa aspetti, menti pure se vuoi, che me ne importa? Mi basta che tu appaia alla mia porta e con la voce scura sillabata mi dica ancora quell'unica parola che esiste solo quando è pronunciata.
e questa, che è il finale di una poesia (e che mai andrebbero tagliate, scusate), ma per la mia mente ha una forza che può vivere di vita propria
... Se poi scopro che ho un'anima noiosa quanto me, faccio a meno dell'anima mi accontento di me.
• Vita meravigliosa/ sempre mi meravigli/ che pure senza figli/ mi resti ancora sposa. • Il genio di Patrizia Cavalli non ha bisogno sicuramente di presentazioni e di commenti. Questo è il suo ultimo libro di poesie e cinque giorni dopo la sua uscita era già esaurito in tutte le librerie di Roma. E deve essere così, perché è bellissimo e tutti ne dovrebbero leggere. •
Moitos dos poemas chegáronme ao corazón e iso derivou en que o libro, tan pequeniño, quedara completamente marcado. Encantoume, esta señora sabe moi ben o que fai.
“Avere il whisky in casa è un gran vantaggio, in quattro sorsi passi dal peggio al meglio, ogni parola splende e ne convieni e i destini sfortunati li sollevi all’esistenza nella gloria, o almeno semplicemente a esistere cosí. Questo dimostra che noi non siamo quel che siamo, che il nostro essere si accende quando è caldo, o si disperde nel freddo buio della sobrietà. Ma in ogni caso qui non si conclude niente, è questo il bello, non si conclude niente, per quanto vorrei dire che sono soddisfatta di aver aperto la bottiglia buonissima di whisky che mi è costata tanto e che altrettanto mi restituisce quel che deve – si tratta di un Benrinnes novantasei, sedici anni soli di vecchiaia, che non è niente per un whisky con pretese, ma che vi devo dire, a me mi ha steso quasi felice, anzi, direi mi ha acceso senza limite inoltrata non so dove, di certo ora ubriaca”
Ecco il giorno e l'aspetta settembre, il suo immobile ardore un po' fiaccato, la languida estiva sbavatura. Eccomi. Ai minuti, al facile perdono, ai mercati scintillanti di materia, all'invito innocente del mattino, alla corsa, al gentile riposo. Nell'aria imbambolata facce bellissime passano per strada, perduti amici miei li riconosco. Il tempo senza tempo di settembre si ripete, estate e infanzia sono ancora insieme.
penso si potrebbe scrivere un saggio solo sullo spezzone di frase "la languida estiva sbavatura"
Tra i versi emerge la vita, ricca di dolore, felicità, nostalgia e altre molteplici emozioni della scrittrice. I versi sono collegati da un titolo, che crea raccolte di brevi poesie. Consiglio di leggere cogliendo l’animo della poetessa e riversandolo come nostro, questo affinché si possano comprendere meglio le parole.
«Io condannata dunque a essere umana per dare nomi a quell’oscuro centro del quale sono parte involontaria. Che sia soltanto mio o anche vostro io non lo so, ma è lì e riconosco che in quanto mio è forse pure vostro: potere certo che non ha durata nel tempo aperto, se ne sta nascosto, ma io so che c’è, lo so da come smania.»
Non perdo tempo a discutere delle scelte stilistiche (perché non ne sono in grado) ma so che le poesie di Cavalli hanno spesso delle simmetrie attraverso anafore e ripetizioni, hanno un’eleganza informale con la quale si può parlare di amore e morte ma anche di ubriachezza e antidepressivi. A volte sono pieni di gioia a volte di disgusto però non sono mai vuoti, sono sempre pugnetti allo stomaco che un po’ mi ossessionano. Con lei concordo che siamo spesso nullità, annoiate e disperse in un mondo in attesa di morire, che detto così sembra un po’ disperato e invece è una realtà meravigliosa.
Ps: trovare una poesia su Elsa e i suoi gatti mentre leggo Elsa rende il tutto ancora più vero
Patrizia ti entra nello spirito fin dalle prime sillabe. Assaporandola, ti chiedi come abbia fatto a scrivere e canzonare stati d’animo che credi siano solo tuoi capendo poi, attraverso la sua scrittura, che sono altrettanto universali. Concludo questo piccolo pensiero con due suoi versi: “(…) grande architetta delle mie parole, trasformavo il dolore in colpa mia.” ❤️