Non è semplice trovare le parole adatte per descrivere i rapporti tra italiani e stranieri. Così come non è semplice individuare il senso stesso della parola “straniero”, quando quel senso vive dentro confini che la legge e la cultura di adozione non reputano mai propri fino in fondo. “Razzismo” è una parola fraintesa, abusata, rifiutata. Suscita immaginari che nella società italiana sono difficili da guardare. La negazione è dietro l’angolo, la soluzione sfugge.
Oggi è possibile parlare di questo tema, ma in Italia la tendenza è quella di prendere parola per conto di chi quell’esperienza politica ed esistenziale la vive, ogni giorno, senza troppa poesia.
Ladri di denti è una raccolta che ripercorre storie di furti di nomi e di vite. E un tentativo di spiegare l’esperienza nera e italiana dell’esproprio esistenziale, in tutte le sue forme.
"Le nostre città grondano sangue. Lo posso quasi annusare, quell'odore metallico e denso del sangue di milioni di popoli non bianchi che sono stati ribattezzati col nome di Venerdì, e che come nello stucchevole romanzo di Defoe fungono da sfondo alla grandezza di un uomo che, nelle pagine finali del libro, viene assolto dalla colpa di essere un traditore e uno schiavista, in favore della sua riconosciuta capacità di aver resistito a una solitudine durata più di trent'anni e di essere diventato ricco con le sue sole forze ed un pizzico di fortuna. Bellissimo."
Seduta davanti al pc con la mia gatta in braccio e questo libro di fianco, fatico a trovare le parole. In questa storia, quasi un piccolo saggio, Robinson Crusoe diventa il paradigma della civiltà occidentale, costruita col sangue delle popolazioni non bianche e fondata sull'appropriazione di corpi, nomi, denti.
Nel 2020, semplicemente non possiamo più concederci il lusso di fingere di non sapere. In un mondo iperconnesso e denso di flussi di informazioni, non possiamo più scappare dalla nostra Storia e dalle responsabilità che si porta dietro. Per non parlare di quello che accade davanti alle nostre porte, sotto ai nostri nasi, a pochi km dalle nostre abitazioni.
Quante volte l'ho sentito dire?
"Si, il colonialismo è stato brutto, sbagliato, ma io che ci posso fare? Io mica c'ero! Non è mica giusto che debba essere io a pagare per gli errori degli altri!" Generalmente lo posso sentire prima o dopo la solita solfa del "Guarda, a me dispiace tanto, mi fanno tanta pena, ma mica possiamo pensare di accogliere e aiutare tutti no? Le risorse non bastano, ce n'è a malapena per noi!"
E le risorse e le persone che abbiamo rubato? Che ancora rubiamo? Che compongono i nostri telefonini, raccolgono i nostri pomodori, muoiono al largo delle nostre coste o marciscono dietro al filo spinato di un Cpr? E le persone che sono nate qui, vivono qui, sono cresciute parlando italiano, condividendo - per quello che abbiamo permesso loro - la nostra stessa realtà?
Djarah Kan apre per noi una finestra su un mare in tempesta, irto di scogli. Ci permette di guardare, ci costringe a guardare le ferite che hanno lasciato ed il sale che continua ad essere versato. E lo fa con una lingua tagliente, affilata come rasoi che scivolano sulla pelle. Ma non ho mai percepito in loro la volontà di tagliarmi, e di questo sono estremamente grata. Perché questo libro è un regalo. Non era tenuta ad aprire quella finestra, e tenerla aperta perché noi potessimo guardarci dentro dalla nostra cala al riparo dai marosi.
"A questa gente e a quel pezzo di somaro che voleva insegnarmi a vivere, chiedo: voi conoscete la vostra storia?"
"Ladri di denti" è un libro breve, dalla struttura particolare, che alterna racconti e spaccati di vita a saggi e critiche di natura più socio-politica. Ciò che accomuna il tutto è la tematica del razzismo e come questo è percepito in Italia. Personalmente ho trovato i saggi molto più efficaci e interessanti dei racconti, nonché ricchi di spunti di riflessione e di critiche costruttive.
Molto interessante, non è una vera e propria storia ma tante piccole esperienze (non definite) di persone diverse. Fa luce su tanti aspetti del razzismo di cui non ho mai sentito parlare in Italia ma solo dagli Stati Uniti
Mi dispiace infinitamente dare solo 3 stelle perché la tematica è da 5 (razzismo in Italia? Avanguardia pura!), il fatto che ne parli una diretta interessata anche, però purtroppo la struttura per me non funziona. Nonostante la brevità ho faticato a passare da una storia all'altra, mi sono sentita scombussolata. Una certa percentuale è da imputare al fatto che il libro centra l'obiettivo di svelare il razzismo nascosto sotto al tappeto, ma anche racconti (alcuni lasciati "a metà", tipo il primo) alternati a "saggi" non ha aiutato.
"Ladri di denti" è un'esperienza breve ma intensa. Un pugno nello stomaco, un viaggio emotivo prezioso nel significato dell'esistenza nera in Italia.
Sono racconti brevi, alcuni molto personali e le considerazioni che ne sorgono offrono un punto di vista che difficilmente potremmo adottare altrimenti dall'alto della nostra bianchezza europea. Ad esempio il peso che hanno le morti nel Mar Mediterraneo: noi bianchi quasi non ci pensiamo più, ne scacciamo il pensiero come se fosse una mosca, chi con fastidio, chi con compassione; ma per molte, tantissime altre persone che vivono nel nostro stesso Paese è una ferita aperta, grondante, emorragica. Una tragedia che lasciamo accadere come se non ci riguardasse, un privilegio che facciamo fatica a riconoscere.
Ogni racconto ha il suo messaggio di valore e, per me, il capitolo "Conosci la tua storia" andrebbe stampato e diffuso su volantini e manifesti per la forte valenza educativa.
Non ne leggiamo mai abbastanza di testimonianze così, ringrazio Djarah Kan per avermi regalato questa occasione.
Il mio primo libro scritto da un' afrodiscendente italiana e sicuramente non sarà l'ultimo. Una serie di racconti che cercano di catapultarti nel mondo dei cosiddetti "immigrati di seconda generazione" con un profondo sguardo introspettivo. Lo consiglio davvero e spero che vengano altri libri scritti altrettanto magistralmente.
Un libro purtroppo ancora necessario con al centro un tema urgente che avvolge la società italiana con una forte stretta.
Djarah riesce a comunicare una realtà tersa e cruda, in una maniera novella alla letteratura italiana, dell'esperienza tra gli italiani e lo “straniero”, i cosiddetti immigrati, non-bianchi, non compatibili con la realtà italiana che non va macchiata. Le diverse storie si avvolgono intorno al razzismo che è ancora un tema incompreso nella sua completezza e nelle sue diverse sfaccettature - sguardi, commenti considerati innocenti, nomignoli, opportunità mancate, violenza, morte. Il metaforico schiaffo per aprire gli occhi al lettore non nasce dall’uso di un tono aggressivo di vendetta; lo schiaffo arriva dalla messa in luce di tutte quelle sottigliezze e sfaccettature di cui non ci accorgiamo – cha passano inosservate perché possono vivere dietro una retorica di negazione, la retorica del “non sono razzista perché X e Y".
“Non sono razzista. Tu sei mia amica. Ho sempre avuto amici di colore. Non conta, per te? Non ti basta?”
Nonostante il fulcro sia di evidenziare episodi di razzismo in Italia, ugualmente importante è il modo in cui i racconti aiutano a portare avanti un'idea di un’Africa diversa da come ci è stata insegnata; un'immagine calda e personale di fronte all'Africa "inferiore" e povera radicata in molti dei nostri cervelli. Un paese fatto di PERSONE e non di aneddoti distorti. Un paese indipendente di esistere al di fuori di quelle power-relations e gerarchie che esistono arbitrariamente per tenere i paesi occidentali su un piedistallo.
Un libro che dovrebbe essere nel curriculum di tutte le scuole.
“Spiegarsi è difficile, non funziona come nei film, dove il monologo fila liscio senza alcuna interruzione. Spiegarsi è faticoso, snervante, vai avanti e indietro tra il cuore e le parole necessarie, non trovi niente che sia adatto a descrivere quel che ti muove, in tutti i sensi.”
"Ladri di denti" è un pretesto... Attraverso dei racconti di persone di colore, l'autrice compie una profonda critica sociale incentrata sul pregiudizio e sul razzismo interiorizzato.
In linea generale ho apprezzato e, ovviamente, condiviso le sue parole. Mi sento parte anche di questo sistema malato e questo volume mi sta mettendo nella condizione di capire come fare per migliorare.
Un racconto nello specifico, "Il Re Leone" approfondisce il tema del turista europeo che va in Africa... Per trovare se stesso, per stare a contatto con la natura più selvaggia o anche solo per i safari, confermando tutti i pre-concetti che abbiamo di questo (meraviglioso) continente. Ma la cosa che mi domando è: come fare a non avere delle immagini preimpostate, quando tutti i documentari, tutti i libri, i social media mostrano questa e solo questa di immagine? Non dico di de-responsabilizzarmi eh... Ma dico che se non conosco, mi affido a quello che mi viene presentato, mostrando comunque un occhio critico, pensando che non è solo questo. Ma io l'Africa la amo proprio per l'immagine che mi sono costruita, per i colori che associo quando ci penso, per la curiosità sulla cultura, sul cibo, sui monumenti... Devo ritenermi una "razzista" se quando penso al continente africano penso ai deserti, ai colori caldi, al cous cous e alle spezie? Su questo, veramente, non so darmi una risposta e mi dispiacerebbe molto se venisse fraintesa la curiosità per questi luoghi, vedendoci altro di più marcio.
Tornando al libro, lo consiglio perché è una lettura veloce ma non superficiale, si legge in una giornata e difficilmente ti lascia senza spunti di riflessione.
Molto interessanti i racconti in cui, attraverso il vissuto dell’autrice, si percepisce quanto la società italiana e europea è intrisa di razzismo, pressappochismo e scarsa conoscenza della propria storia passata legata al colonialismo. I racconti sono diretti, taglienti, ti rimangono dentro perché bruciano creando ferite che forse non si potranno risarcisce perché ti mettono davanti al tuo essere inadeguato- come persona bianca europea- nella creazione di una relazione o nella capacità di integrazione con persone con persone che sono nate in Africa o sono di discendenza africana Ho preferito i saggi ai racconti. Consiglio!
"Gli spiriti dei morti non svaniscono con gli slogan dei ministri degli Interni. Sono più forti delle vostre disumane menzogne giustificanti, e non potrete fare nulla per farli sparire. Stanno lì. Non se ne vanno nemmeno se chiudete gli occhi o gettate incensi nel Mediterraneo. Loro sussurrano. Piano. E lo faranno fino a che non realizzerete che non esiste un Dio, né un paradiso abbastanza grande per accogliere i crimini di questa Europa maledetta."
Un libro che talvolta è un pugno nello stomaco. E va bene così.
Un'opera interessante che esplora la vita di una ragazza razzializzata in italia, del rapporto con i pari e con la cultura 'nuova' (tra virgolette visto che in quasi tutti i racconti mi pare la protagonista sia italiana, figlia di genitori emigrati) e quella di appartenenza della famiglia. La struttura è interessante, mescola racconti a poesie. Ogni tanto si sente che la scrittura dell'autrice è ancora acerba, ma non è qualcosa che mini particolarmente la lettura. Sono curiosa di leggere altro di quest'autrice, credo che possa solo migliorare e regalarci opere meravigliose.
Ogni racconto in questo libro è un universo a sé, hai la sensazione che ogni storia sia una storia vera, il che forse è vero. È come aprire delle finestre su universi sconosciuti anche se si trovano proprio accanto a noi. In questo libro c'è quell'ingrediente segreto che ogni bravo scrittore possiede e io aspetto con ansia il prossimo lavoro di questa meravigliosa scrittrice. Credo che Djarah Kan possa regalarci ancora moltissimo, forse anche una trilogia, chissà...
Storie interessanti e strazianti che mi hanno lasciato un bel magone e tanti spunti. Spero di leggere presto altro dell’autrice, magari qualcosa di più strutturato, questa raccolta mi è sembrata poco coesa.
Libro breve e allo stesso tempo ricchissimo di spunti di riflessione. Ogni storia apre la porta a questioni legate al razzismo italiano (e non solo) e a come esso agisca ogni giorno sotto gli occhi di tuttə.
É fondamentale diversificare le nostre letture per poter conoscere e magari comprendere il punto di vista di chi é altro da noi, per conoscere le storie di altri e per rimettersi continuamente in discussione in quanto siamo pure noi parte di quelle storie