In un piccolo paese dell’entroterra sardo, nel Campidanese, le vite degli abitanti procedono senza troppe scosse, riparate dai muri grigi delle case rimodernate con blocchetti di cemento e arrese alle monocolture di carciofi e biomasse. Un paese “perduto”, con le erbacce nei giardini e senza piú vocazione, che si è arenato su una secca e dimenticato del mondo che lo circonda. Finché non arrivano “gli invasori”: una manciata di migranti che vengono da lontano e di volontari che li accompagnano, destinati a sistemarsi nel Rudere, una casa abbandonata con le finestre sgangherate aperte sulle colline. Lo sconcerto assale tutti, paesani e invasori: “Non era questo il posto”, si ripetono da entrambe le parti – l’una spaventata da quella novità indecifrabile piovuta all’improvviso da chissà dove, l’altra catapultata in quel “corno di forca di paesino sardo” dove i treni non si fermano piú. Ma la vita, anche quando sembra scivolare nell’insensatezza, è sempre aperta al futuro, è sempre un “fare, disfare e rifare”. E se nel tempo imprevedibilmente gentile di quello strano consorzio umano gli orti tornano a germogliare, il Rudere a popolarsi, le emozioni a dilagare, qualche traccia di nuovo resterà comunque a cambiare i colori delle cose.
Milena Agus was born in Genoa to Sardinian parents, and now lives in Cagliari, a recurrent setting for the action in her novels. She used to teach Italian and History at a secondary school, and is now at the Liceo Artistico of Cagliari "Foiso Fois". “The House in Via Manno" (originally published in Italy as “Mal di pietre"), her second novel, won three Italian literary awards, and has been a bestseller in Italy, France, and Germany. In December 2008, Milena Agus was awarded the prestigous Zerilli-Marimò Prize in New York. A film adaptation of the novel is to be directed by Nicole Garcia. Her work has been translated into 18 languages.
Nata a Genova da genitori sardi, vive e lavora a Cagliari, dove insegnava italiano e storia all'Istituto Tecnico "Meucci". Ora lavora presso il Liceo Artistico di Cagliari "Foiso Fois". È un'esponente della Nuova letteratura sarda. Il suo primo romanzo, “Mentre dorme il pescecane” (Nottetempo, 2005) ha avuto due ristampe in pochi mesi, ma è stato “Mal di pietre” il libro che l'ha rivelata al grande pubblico (tradotto in cinque lingue, è stato in testa alle classifiche in Francia, dove è stata promossa a notorietà internazionale). “Mal di pietre” ha vinto il Premio Forte Village e il Premio Elsa Morante, e si è segnalato fra i finalisti del premio Stresa di Narrativa, del Premio Strega e al secondo posto nel Campiello. È tradotta in diciotto lingue.
Vorrei scrivere qualcosa di pungente o sarcastico, mentre sono qui che mi asciugo di nascosto gli occhi inumiditi, perché tanta purezza d'animo mi spiazza. Che me ne faccio, nel duemilaventuno, di un libro così candido e innocente? Chi ce l'ha più, la forza di sognare un mondo utopico in cui culture e religioni non si fondono, ma convivono pacificamente, unite in uno sforzo creativo che va oltre la mera sopravvivenza, in cui la gentilezza prevale? Dove mai si è vista, una parentesi così felice? Ma perché è così difficile? Ecco mi viene di nuovo da piangere, mannaggia alla miseria.
Audiolibro. Un gruppo di migranti, insieme ai volontari che li accompagnano, arrivano a sconvolgere gli equilibri di un paesino sardo. La gente del posto, dapprima respingente, fa i conti con le proprie certezze e si riscopre grazie agli “invasori”, come hanno ribattezzato i profughi. Delicatezza e poesia raccontano un argomento attuale e confermano la mia ammirazione per la scrittura di Milena Agus.
Una fiaba moderna, scritta alla quarta persona, con una stile elegante, a volte delicato, spesso ironico. Si nascondono dentro al libro tante belle immagini e delle verità. Uno poi potrebbe trovarne anche delle criticità, ma finito di leggere si ha voglia di tutto meno che di storcere il naso.
Potendo darle, sarebbe 3.5 stelle, principalmente perché pur essendo un libretto molto corto, mi sono accorta che mi stava stancando un po' lo stile di narrazione.
Forma a parte, mi è piaciuto, e lo consiglierò comunque a chi conosco che si interessa al tema di migrazione e incontro/scontro culturale, perché lo trovo molto rilevante per l'oggi (e infatti, non scrivo quasi mai recensioni, e invece, eccomi qui.)
Mi ha particolarmente colpito il ritratto del paese dimesso e mal amato in cui arrivano i migranti. Mi ha fatto pensare che è un po' come vedo io l'Italia quando torno in visita, dopo ormai 15 anni fuori: un posto con tanto potenziale, dove tra rabbia e disillusione ci si è dimenticati un po' di curare (per davvero) la bellezza, e tutto e un po' secco e sgarrupato.
Sicuramente, la narrazione in stile coro greco ad altre persone magari è proprio quel che ha colpito. Io l'ho trovata un po' stancante come dicevo sopra e magari può rendere la lettura un po' ostica, però la storia raccontata vale "la fatica". Certamente è un libro che non dimenticherò :)
L'histoire d'un petit village de Sardaigne dépeuplé et abandonné qui voit arriver soudainement un groupe de migrants qui s'installent dans le village. Certains sont hostiles, d'autres décident de tendre la main à ces nouveaux arrivants. Porté par une écriture poétique, inspirée des chœurs antiques, le livre déroule une intrigue douce-amère qui voit la rencontre de laissés pour compte abandonnés par les autorités. Une belle découverte.
Un conte présenté comme une pièce de théâtre avec unité de temps et de lieu, des protagonistes qui ne sont qu’ébauchés et pourtant attachants … tout cela pour aborder l’épineux sujet de l’accueil de l’étranger et celui de la générosité ! Derrière le ton débonnaire de la commère narratrice se cache une réflexion philosophique à laquelle Milena Agus nous invite sans donner de réponse. Un livre agréable qui se dévore en quelques heures !
J’ai eu bcp de mal à lire ce livre. Il est pourtant intéressant mais ne nous « embarque » pas. C est comme si chaque chapitre défilait sans être relié au suivant. Dans un village un peu perdu et pauvre, en Italie, des émigrés arrivent en attendant d’être transférés ailleurs. Ces derniers sont déçus, les villageois sont affolés. Petit à petit certains vont apprendre à se connaître, voire à s’apprécier…jusqu’au départ.
Un petit peu decue, l idee etait excellente : des villageois sardes accueillent pendant qq mois des migrants en transit ver l’Europe. Le village reprend gout a la vie au contact de ces malheureux mais le presence declanche egalement de nombreux conflits. Peut etre est ce la traduction, le ton ne sonne pas juste, on ne rentre pas dans l’histoire, les individus se jusxtaposent sans liens. Dommage
Pieno di buone intenzioni, tutte lodevoli, ma banale e naïf. Apprezzabile l’ambientazione nella provincia rurale sarda, sarebbe servita però una mano più caustica e originale, che lo ripulisse dai quadretti di buoni sentimenti in stile serie-americana-anni-80.
In quest’ultimo lavoro della Agus ci confrontiamo con un tema caldo di questi tempi, che risveglia diverse reazioni nelle persone, l’immigrazione.
Siamo in un piccolo paesino della Sardegna, una località rurale e abbastanza chiusa che all’improvviso si trova a confrontarsi con persone che provengono da realtà diverse che spesso non sono comprese dai locali.
Vengono ospitati in un “centro di accoglienza” che in realtà è un rudere e vengono gestiti da dei volontari, personaggi davvero interessanti.
Racconta del cosiddetto scontro di civiltà, infatti all’inizio i paesani saranno diffidenti e paurosi, ma alcune donne che non hanno reagito come gli altri faranno da tramite per permettere alla comunità di reagire meglio alla cosiddetta “invasione”.
In questo paesino la vita scorre lenta, i giovani sono andati a cercare fortuna altrove e chi è rimasto si è pentito. Una storia bella che fornisce tanti spunti di riflessione soprattutto in questo periodo oscuro per i sentimenti e l’empatia.
E poi ci sono loro “gli invasori” che sono solo persone disperate che sono state spedite in questa realtà rurale, che non è lontanamente l’Europa che si aspettavano, e dovranno quindi adattarsi a questa nuova realtà.