Maddalena, la maggiore, è timida, sobria, riservata. Nina, di poco minore, è bella e capricciosa, magnetica, difficile, prigioniera del proprio egocentrismo. Le due sorelle, legate dal filo di un’intima indistinzione, hanno costruito la loro infanzia e adolescenza intorno a un grande vuoto, un’assenza difficile da accettare. Ancora adesso, molti anni dopo, cercano di colmarla con corse, lunghe camminate, cascate di parole e messaggi WhatsApp che, da Parigi a New York, le riportano sempre a Roma, in una casa con terrazzo affacciata su Villa Pamphili, dove la loro strana vita, simbiotica e selvatica, ha preso forma. È proprio a Roma che Maddi, da sempre chiusa nel suo carapace, decide di tornare, fuggendo dai ruoli che la sorella, prima, e la famiglia, poi, le hanno imposto. Finalmente sola con sé stessa e con i suoi ricordi, lascia cadere le difese e, rivivendo i luoghi del passato, inverte le parti e si apre alle sorprese che riserva la vita. Padri e madri, amicizie e passioni, alberi e fiumi fanno da cornice a una storia d’amore e di abbandono che, come ogni storia viva, offre solo domande senza risposta. E misura con il metro felice della letteratura la distanza che intercorre tra la ferita originaria e la pace sempre e solo sfiorata della maturità.
Una narrazione che procede imperterrita nella più scoraggiante monotonia. Monotonia giustificata dal fatto che la voce narrante è quella di Maddalena, la sorella che ha fatto dell’autocontrollo il suo carapace e dunque la garanzia di una cara pace. È dunque lei a essere così noiosetta, perfettina com’è, tesa a proteggersi e a tutelare anche la sorellina scapestrata.
La sorella di poco minore, Nina, infatti è di tutt’altra pasta: istintiva, esuberante, un po’ borderline e, ovviamente, bellissima. Fin dall’infanzia tra le due sorelle si stabilisce, a causa di un trauma di abbandono, un rapporto simbiotico e di reciproca dipendenza che durerà anche nell’età adulta. Il che significa, per chi legge, assistere (e ripercorrere) per tutto il corso delle apparentemente interminabili 200 e passa pagine, agli stessi immutevoli meccanismi. Una noia mortale.
Nessuno dei personaggi è delineato in modo tale da accendere una scintilla di empatia: non la narratrice Maddalena, per i motivi già descritti; non la sorella Nina, instabile, invadente e capricciosa (due sberle no, eh?). Ma nemmeno la (bellissima, già) madre Gloria, fuggita dal nido familiare per amore (di un altro, of course: questo lo sappiamo fin dall’inizio), della quale non si indagano mai le profonde ragioni; non il padre confuso e stazzonato che affida le bambine alla assennatissima governante Mylène, personaggio completamente positivo e grossolanamente tratteggiato, a cui (ça va sans dire) neppure ci si affeziona.
La vita adulta purtroppo (per noi, ma anche per loro) non cambia la relazione fra le due sorelle, che si allontanano entrambe dal luogo d’origine (Roma) espatriando verso differenti lidi, ma anche se tra loro c’è l’oceano di mezzo non cambia il tenace legame di interdipendenza e resta immutato il bisogno di contatto incessante di Nina (con passiva condiscendenza della narratrice e soprattutto immane pazienza del di lei marito). Insomma nessuno sviluppo ulteriore: si presume che sarà così fino alla fine dei loro giorni (sbadigli).
Per fortuna il romanzo si conclude. Non in (cara) pace come prevedibile, ma con un colpo di coda che ovviamente non si può svelare, ma che appare francamente ingiustificato e addirittura imbarazzante. La piatta coerenza del personaggio Maddalena si frange sull’evento inaspettato che sembra chiarire d’un tratto e in un lampo un paio di questioni cruciali: giustificare il trauma iniziale dell’abbandono materno, finora poco compreso, e risolvere il problema della sottomissione della sorella maggiore a quella minore. Il principio di discreto realismo che fino a questo momento ha condotto la storia sprofonda improvvisamente nella fantasiosa impennata finale. E va bene: è il colpo di grazia.
Post scriptum. Avrei qualcosa da dire anche sullo stile, che pur essendo prevalentemente asciutto e lineare deborda sovente nella ridondanza delle forme (“ogni volta che vedevo spuntare il suo capino scuro mi rallegravo ogni volta”; “Ma in verità io anche annaspavo, forse anche più di lei”) o sfiora il ridicolo nelle, per fortuna rare, scene un po’ hard.
Insomma, se non fosse chiaro: è un netto, deciso no. Per me Ginzburg rimane una sola: Natalia.
Questo è un libro che definirei delicato. Non è un capolavoro, non è un libro imperdibile, ma è una storia aggraziata, raccontata con sobrietà e poco pietismo. Due sorelle vengono mollate dalla madre da un giorno all'altro, perché lei se ne va per un altro. Il padre le fa crescere a una tata, che diventa il loro mondo e il loro insegnamento. Quello che rimane è il legame potente tra le due diversissime sorella, dall'infanzia all'età adulta.
Dicevo, non è una storia sensazionale, il finale è forse piuttosto scontato ma il personaggio centrale, Maddalena, è un bel personaggio (meno la sorella), ben delineato e ben raccontato nella sua difficile semplicità.
Io lo leggerei se avete voglia di qualcosa di non gridato, di non ostentato, non di moda, un po' fuori dal coro. Ci ho bevuto un Riesling ghiacciato ieri sera, il mio personale omaggio a un bistro parigino.
Ogni vita ha la sua dignità, il suo merito. Non per questo ogni vita, sia vissuta o pensata, merita di essere scritta. Dalla piaga del l’autobiografismo degli ultimi anni ci stiamo finalmente liberando (la cittadina meridionale magica e nostalgica ripensata da un bilocale romano; l’accettazione del giovane omosessuale che ritiene unica e letteraria la propria vita; il dramma erotico...insomma, quelle storie che commuovevano affettuose professoresse di italiano, ma che a volte nella vita non meritano più di un buon voto sulla pagella). E allora, riscoperta. Come qui: una situazione familiare non banale, come due sorelle cresciute da una balia francese a Monteverde; una Roma nostalgica e tutto sommato grigia e generica, come la fotografia patinata di quei film dove Roma potrebbe essere un set di Gucci, o viceversa; una lente esterna e interna al tempo stesso, che propone giochi di parole (carapace/cara pace; addizione/ addiction) di cui potremmo fare a meno. Mi aveva convinto il giudizio di Starnone, che citava Archiloco per un testo che, scritto con altra ispirazione, forse avrebbe avuto semmai qualcosa della lirica monodica. Allo stato attuale, è uno scorrevole divertimento da comodino, compiaciuto esercizio di stile in cui pochi Romani ritroveranno anche solo un riverbero della propria città. E perché cercarla, del resto, quando gran parte delle pagine ripete lo stesso motivo trenodico, senza andare oltre
Se devo essere sincera, non lo so con certezza che cosa non mi abbia convinto di questo libro. Leggendolo non ho trovato nulla di fondamentalmente sbagliato, brutto o di troppo lontano dai miei gusti. Si parla, con molta semplicità, del rapporto tra due sorelle e della loro infanzia solitaria; una trama assolutamente nelle mie corde che, però, mi ha lasciato indifferente dall'inizio alla fine. La storia mi è sembrata poco coinvolgente e abbastanza dimenticabile, con una scrittura che non ha mai tradito un gran trasporto emotivo. Non escludo che ci possano essere stati dei miei limiti personali - magari non ho colto io qualcosa o non ero nel mood giusto, chissà. Fatto sta che non mi è piaciuto e mi aspettavo di più.
Il tema della sorellanza in un romanzo pieno di cliché. Prosa scorrevole ma non ho riscontrato nessun interesse nella lettura, anzi la storia appare scontata. di una banalità e di una noia disarmante.
La Ginzburg racconta una storia che non si discosta molto da quelle già lette in altri romanzi. Due sorelle agli antipodi che sono una lo specchio dell'altra e senza la quale sarebbe difficile vivere. Sono Maddalena e Nina: la prima introversa e timida che vive a Parigi conducendo una vita molto schematica con pochi sconquassi, mentre l'altra è a Brooklyn, egocentrica e vivace. Due sorelle che portano sulle spalle un fardello troppo pesante che parla di una madre che si è allontanata e di un padre quasi sempre assente. Due orfane senza esserlo, come sono definite, che hanno un dolore mai ostentato e che cova sotto la cenere. La scrittrice gioca sul titolo: il Cara pace diventa carapace, lo scudo, il guscio con il quale Maddalena ha sempre cercato di proteggere sé stessa e gli altri. Ma, quando ci si lascia andare distruggendo il guscio che si è autoimposto, si riesce ad assaporare quella cara pace che si è agognato e ci rende più liberi.
Poteva avere tutte le caratteristiche per essere un libro da amare, mi sarebbe dovuto esplodere come una bomba e invece ad esplodere è la delusione.È la storia di 𝗱𝘂𝗲 𝘀𝗼𝗿𝗲𝗹𝗹𝗲 romane, nelle loro diversità e nei caratteri opposti. Peccato: una è solo viziata, squilibrata e l'altra... peggio piatta e priva di personalità; non sono mai davvero "unite", ma sempre un reciproco peso da sopportare.Due simboli per raccontarle: il 𝗰𝗮𝗿𝗮𝗽𝗮𝗰𝗲, come protezione dal mondo e l'𝗮𝗱𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, come operazione matematica delle due. Ed ecco il vero problema: un'addizione resta banalmente 1+1, ma un rapporto viscerale di sorelle non è un'addizione, 𝘁𝗶 𝗲𝗹𝗲𝘃𝗮 𝗮 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗻𝘇𝗮, è fatto di forza ed energia rubate e restituite, di complicità, di simbiosi, di telepatia, mai ritrovate nel racconto, che io però conosco bene, perché una sorella diversa e complementare la ho ed è tutto quello che nel libro non c'è.
Stile semplice e lettura scorrevole a tratti però ripetitiva. Speravo in uno sviluppo diverso nella trama che resta secondo me troppo superficiale senza entrare nel profondo degli avvenimenti e dei sentimenti.
Quasi fino alla fine sarebbe stato il noioso, autoriferito, un po' sussiegoso racconto della vita di una signora alto borghese piuttosto antipatica che con tono di biasimo verso gli altri (specie la ben più vitale sorella Nina) passa il tempo ad osservare il proprio ombelico. Come detto: noioso ma tutto sommato leggibile. Poi ci sono gli ultimi capitoli con una svolta del tutto a contrasto con il comportamento della protagonista fino a lì. E quel poco coerenza del libro crolla. A zero. Viene da chiedersi perchè. Per ristabilire il contatto con la madre e il trauma del suo abbandono? Peraltro mai condannato dato che Maddi (che fastidio sto diminutivo) è una "momma's girl" che alla ovviamente bellissima madre perdona tutto? anche l'imperdonabile? mentre al padre (Seba, altrettanto odioso diminutivo) non fa passare nulla? Per dire: vedi mamma, ora ti capisco? Per raccontare che sotto sotto anche le serie e razionali hanno momenti di pazzia, e che quindi si capiscono i colpi di testa della (pure lei bellissima) Nina, con cui Maddi pare vivere in simbiosi ma passa il tempo denigrare con un neanche tanto velato slutshaming? (mi dispiace l'uso degli insopportabili inglesismi ma qui mi sembrano termini più adatti degli equivalenti italiani). Perche il povero Pierre, il porto sicuro, l'amore della sua vita, ecc. ecc. non basta più? Per pura e semplice crisi di mezza età? Boh, ma sempre di più mi chiedo chi candidi ai premi i vari libri e perchè lo faccia con questi tomi inutili e pure un po' fastidiosi, dallo stile inutilmente ricercato e ripetitivo che si impantano in diverse descrizioni stile google: giro per piazza x, verso vicolo y, faccio quattro passi dirigendomi in via z (cambiare a piacere con rue, place, palais quando si parla di Parigi o con street, nome grande magazzino americano quando la storia si svolge a NY) che secondo me l'autrice caccia dentro per far capire che lei le conosce davvero Roma Parigi e NY, mica come te, poraccio lettore che non hai mai lasciato il paesello? PS: per l'amor del dio protettore dei lettori: se non sapete scrivere di sesso evitate. Grazie al cielo ce n'è pochissimo ma pure quel poco fa pena. Ed è pure inutile! Perchè mettercelo se pure io a leggerlo mi vergogno? Mamma mia che effetto "cringe" (eddai, un altro!) Perdonatemi. Sto libro ha fatto male al mio umore.
A autora Lisa Ginzburg é neta da Natalia Ginzburg que escreveu o Léxico Familiar, livro que gostei muito. Mas enquanto a avó está para Annie Ernaux e Zelia Gattai, a Lisa faz parte do time dos(as) autores(as) de ficção italianos(as) que conseguem tão bem expor dramas familiares e ter como personagem também a Itália e seus lugares. No Cara Paz, que é um troca-letras com "carapaça" (em italiano, cara pace e carapace), ela conta sobre a vida de duas irmãs, pela perspectiva e reminiscências da mais velha, Maddalena. Duas irmãs que, por circunstâncias dos acontecimentos, foram privadas de uma vida em família, pelo menos de uma família dita normal. As diferentes personalidades e papeis das irmãs são o foco, com o pano de fundo de Roma e especialmente dos jardins da Vila Phampili, que chegam a ser um personagem. Livro lindo, profundo, emotivo. Gostei muito. Leiam os italianos modernos! Não só Elena Ferrante ou Domenico Starnone, mas também Alba de Cespedes, Sandro Veronesi, Lisa Ginzburg.
È stata dura terminare questo romanzo, che ho trovato purtroppo noioso fin dalle prime pagine. "Cara pace" di Lisa Ginzburg è nella dozzina del Premio Strega 2021 e affronta il tema della sorellanza, come fa tra l'altro Donatella Di Petrantonio con "Borgo Sud", anch'esso tra i dodici titoli. A livello di caratterizzazione dei protagonisti, non c'è proprio paragone: Maddalena e Nina sono stereotipate, prevedibili e monotone; gli altri personaggi, come la madre Gloria, il padre Seba, la tutrice Mylène e il marito di Maddalena, sono solo abbozzati - comparse che ogni tanto appaiono e dicono qualcosa - e non sono riuscita ad affezionarmi a nessuno. Non è scritto male, ma stranamente non ho apprezzato neanche i giochi di parole ricorrenti nel testo. La svolta alla fine arriva un po' inattesa ma sperata: in realtà la sua realizzazione non mi ha per niente convinta, ma mi ha solo lasciato l'impressione che l'autrice volesse giusto dare una pennellata di colore da far stonare sopra un insieme di grigi.
Lisa Ginzburg carrega um sobrenome de peso (é neta de Natalia Ginzburg) e talvez por isso eu tenha criado uma expectativa absurda com Cara paz.
É um livro bonito. É uma leitura gostosa, tranquila e sensível. Lisa fala sobre o cotidiano, sobre abandono, sobre a amizade e sentimentos entre irmãs, amadurecimento, cuidado, liberdade.
As personagens são bem construídas e as mulheres são o ponto alto do livro. Lisa conta a história de Maddi e Nina, irmãs que possuem um forte laço de amor e amizade, e que crescem em um lar de pais separados (um lar um pouco mais diferente, mas não vou dar spoilers).
Maddi (Maddalena) é a irmã mais velha e a que tende a protegê-las (principalmente Nina) das desventuras da vida. É a mais certinha, estudiosa, quieta, e também é a narradora da história. Seu tom calmo, protetor e coerente é que da tom ao livro - e também é o que o deixou um pouco monótono, na minha opinião.
O contraponto ao tom calmo de Maddi vem sempre em segundo ou terceiro plano (já que ela os narra) e através das expectativas, dos medos, da fraqueza ou da força de Nina, da liberdade e da coragem de Gloria e da sensibilidade de Mylène.
Tudo caminha morno até que de repente a reta final do livro chega: um pouco atropelada, forçada, trazendo um final interessante que abraça toda a história enquanto deixa a sensação de ter sido pouco trabalhado, pouco pensado - corrido mesmo.
Tudo isso me decepcionou um pouco. Senti falta de sentimentos mais escancarados, de mais pulsão nas personagens. Adoro livros que retratam o cotidiano, e Cara paz faz isso muito bem, mas a calma de Maddi me passou um pouco de apatia, o que tirou um pouco do brilho da simplicidade.
Ainda assim, é um livro muito bonito. É delicado, sensível, tem uma boa história e merece ser lido.
Maddie mi ha riportato nella Roma della sua infanzia, che è la mia di oggi, altalenante, caratterizzata da perenni mancanze.
Mi ha anche fatta oscillare tra passato e presente, in un perenne confronto che fa perdere le coordinate per trovare l’essenza del legame tra Maddie e Nina, tra loro e Seba, tra loro e Gloria. Tra loro e loro stesse.
Uno stream of consciousness, uno sfogo, un memoir, un diario.
Questo libro è tante cose ed è scritto molto bene, nonché letto altrettanto bene nell’audiolibro disponibile su audible.
Eppure non mi sbilancio perché, a parte un passivo racconto di un essere umano, in cui non tutti possono riflettersi, non vi ho trovato nulla che mi spingesse, curiosa ed imperterrita, a continuare la lettura.
Se non la voglia di portare a termine un altro libro.
Parlando di forma, all’inizio ho trovato un po’ ostile (o meglio, innaturale) la lettura: proposizioni articolate a modo loro, l’ordine dei componenti in una frase appare sovvertito. Leggevo con un ritmo standard per poi veder troncare frasi che pensavo più lunghe o avere il fiato corto per concludere quelle che pensavo più brevi. Il ritmo della scrittura di Lisa è insolito, ma pagina dopo pagina ho abbracciato la sua musicalità. E alla fine le sue proposizioni suonavano come delle poesie in prosa.
Per quel che concerne invece il contenuto, il romanzo affronta il tema del doppio attraverso la voce narrante della protagonista, che scava e ricorda e analizza oggettivamente il rapporto intrecciato con la sorella, che si trova dall’altra parte del mondo eppure vicinissima a lei, in una sorta di indistinzione: l’alleanza e la complicità da una parte, la difficoltà a riconoscersi come “una” dall’altra; la pluralità come modo di pensare, la singolarità come ostacolo ma necessità.
Nel complesso è definibile un racconto quasi lineare, che partendo da un desiderio avanza tra ricordi del passato e la monotonia del presente. Niente colpi di scena (solo uno nelle ultime pagine) e qualche piccola sbavatura.
Ho aggiunto una stella perché la scrittura è fluida e scorre abbastanza nonostante la mancanza di una trama coerente. Non mi sono piaciuti i personaggi, ma soprattutto non mi è piaciuto il fatto che non c'è la loro caratterizzazione. Ginzburg avrebbe potuto intrecciare le vicissitudini di queste due sorelle creando una storia più affascinante invece di rimanere in superficie e parlare di aria fritta per quasi tutto il libro.
Si possono dare zero stelle? Nessuna stella? Nessun parere favorevole? Marco Damilano, giornalista straordinario noto anche per gli “spiegoni” nelle trasmissioni di Zoro, degli “spiegoni” non ne sa niente, neanche il significato del vocabolario: gli “spiegoni” sono esclusivo appannaggio di questa autrice. C’è che di bello, in questo libro, io ci ho trovato solo la copertina – firmata Luigi Ghirri.
Goodreads habilitame la media estrella. Son 3 y 1/2 ⭐️
Una historia de hermanas escrita por Lisa Ginzburg, nieta de Natalia. No se diga más, vamos a leerla.
Creí —y me equivoqué— que por mi fanatismo por la literatura vincular esta iba a ser una lectura rápida, de un par de días, liviana. Me encontré con una historia áspera, llena de silencios que pidió entrar con cautela para no destrozar el caparazón.
Maddi y Nina relatan su cotidianidad en Roma, “hambrientas por emociones”. Ellas, huérfanas. Con madre y padre vivos que, por distintas circunstancias, no viven con ellas. Una familia rota podría decirse, pero las hermanas se empeñan en crear sus tradiciones, en calentar el corazón y formar su propio hogar de a dos.
A lo largo de los capítulos nos adentramos en una relación simbiótica entre Maddi y Nina. Una regida por el deber; la otra efusiva desde el deseo. El orden y el caos. El método y la explosión.
Mientras leía me sentí una intrusa en su vida, pero no podía parar hasta llegar a la raíz de sus emociones, hasta sentirlas vivas.
“Lo importante no era la tensión; más bien la prepotencia de Nina en la expresión de su dolor, aquella reacción de echar fuera todo lo que dentro de sí no era capaz de gestionar. Y no importaba que la que de quejara fuera ella, Nina, nunca yo. Sus berrinches daban voz a la tristeza de ambas. Mi hermana era mi megáfono”.
En Lisa hay rastros de Natalia. Sin dudas, leerla a ella es un gran camino si, como yo, sos fanática de Ginzburg. Caparazón se presenta como un golpe, pero se convierte en un mimo.
Gostei, mas não achei um grande livro. As personagens têm características e personalidades opostas, numa construção que muitas vezes beira o clichê. Ainda assim, o ponto central da história, que é a estrutura familiar peculiar, é interessante, e a mãe, Gloria, é uma personagem instigante. Valeu a leitura, mas admito que esperava um pouco mais.
"Nina è così tanto della mia vita: la abita, quanto io abito la sua. Soffriva, soffrivo con lei".
Succede, a volte, che due persone vivano talmente tanto in simbiosi da non riuscire più a pensarsi separate. Questo è ciò che provano Maddalena e Nina, due sorelle che hanno vissuto il quasi abbandono della madre, la non presenza del padre, la tragedia di una famiglia assente.
Maddalena, razionale, responsabile, lineare. Nina, violenta, rapida, "tempesta di vento".
Due personalità diverse che si incontrano e si scontrano, ma che sembrano appartenere alla stessa persona. Perché, anche se lontane, pur vivendo due vite differenti, Nina e Maddi non si perdono mai, rispettando quella complicità e intesa femminile che le ha forgiate e legate fin da piccole.
Tra i luoghi di una nostalgica Roma, la frenetica New York e la romantica Parigi, Lisa Ginzburg costruisce la storia di una famiglia disfunzionale, dominata da donne forti e contraddistinta da pesanti vuoti e sofferenti assenze.
Nonostante la scrittura limpida e scorrevole, deludente. I personaggi sono tutti equamente sgradevoli. Dover crescere da sole a causa di genitori inadeguati, separati e assenti, in una casa di proprietà a Monteverde che affaccia su Villa Pamphili, sotto la supervisione di una tata matura seppur di giovane età, senza alcuna preoccupazione economica, non sembra la peggiore delle sorti.
Litigate, segreti bisbigliati, amori fugaci e solitudini amare: Lisa Ginzburg non tralascia alcun dettaglio nel suo romanzo famigliare... https://www.piegodilibri.it/recension...
Spiego le due stelle. Questo libro, fino alla penultima parte, si sarebbe meritato quattro stelle piene: la scrittura è certamente ineccepibile; il personaggio di Nina rimane il mio preferito ed è anche ben caratterizzato. Il problema è il finale. La fine è oscenamente uno dei peggiori cliché della letteratura italiana: le donne che ritrovano se stesse solo facendo sesso con un uomo, possibilmente sconosciuto, possibilmente misterioso, possibilmente 20 anni più giovane. La tristezza che mi ha messo addosso questa fine insensata e di pessimo gusto non riesco neanche a spiegarla.
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E' un romanzo di una banalità e di una noia disarmante, che soltanto a tratti risveglia l'attenzione del lettore (per i motivi sbagliati). Tutto qui è radical chic, e tutto perfetto. L'incontro tra i genitori è perfetto, Gloria la madre è perfetta, è una supermodella superbellissima dagli occhi verdi... poi c'è il parto, giusto Maddalena detta Maddie rompe un pochino i cabbasisi perché mette il gomito di traverso, ma Gloria produce latte in quantità, non c'è problema. Nina invece arriva più in fretta, e la madre ha meno latte (quando capirò questo simbolismo lo scriverò). Ovviamente le figlie sono superperfette ma con dei superdifetti, come si confà a ogni famiglia radical chic il cui padre si compra le Jaguar come gli operai i monopattini, e poi sniffa la polverina buona che arriva, non può essere diversamente, da Milano. La banalità della differenza tra le due sorelle sta nel fatto che Maddie è quella per la quale il narratore ci deve spiegare pure come si infila in bocca il Ventolin per l'asma, ma lei è superperfetta, supersecchiona, la supermenobelladell'altra che lei mica si innamora del primo stronzo che capita, deve essere superperfetto. Maddie è quella che a lei gli esercizi piacciono col tappetino sotto l'albero di pesco in fiore che fa sempre radical zen. Nina è invece superfiga, una superbellezza superperfetta, ma è anche un'atleta superveloce che Usain Bolt scansati. I cliché continuano narrando la storia di due sorelle in una famiglia il cui problema più grande è riuscire a far stare nel garage la Jaguar, tra la Porsche e la Lamborghini, nel mezzo una separazione tra ricchi e una Maddie che deve subire il carattere di Nina, diverse anche negli amanti; la prima una fortezza emotiva che crolla solo quando trova l'amante perfetto, Pierre, perfetto anche nello sviluppare la pancetta, il perfetto burocrate che fa il lavoro perfetto per il suo carattere perfetto e il suo modo di condurre una vita moralmente irreprensibile (tant'è che con la Maddie ha creato la famiglia del Mulino Bianco) - e potrebbe anche riscrivere il Kamasutra. E Nina, che si lascia andare col primo che passa. E infine l'ultimo atto di ribellione di Maddie, con Tommaso detto Tommy, il quale nella visione radical chic è l'amante non ricco, quello che studia architettura ma che non riesce ancora a distinguere il solaio di copertura da una fondazione, che sui libri non ci sa stare, sa suonare il pianoforte (ma un pochino però...), perché se quel giorno stava in biblioteca e non a sembrare figo al parco a chiedere perché Maddie non era al lavoro come tuttə, allora non s'incontravano.