L'antico Egitto è forse, tra le antiche civiltà, quella che più ha affascinato il resto del mondo, da Erodoto in poi. Merito delle tracce che ha lasciato, impressionanti nella loro scala monumentale, e dei tanti misteri che la circondano. E merito anche della scrittura geroglifica, protagonista anch'essa di una storia affascinante, rimasta per secoli muta custode dei segreti di un popolo e dei suoi cinquemila anni di storia. In questo libro, scritto con la passione contagiosa di un'innamorata e un raro talento di divulgatrice, Barbara Faenza ci guida alla scoperta di questi segni immortali, espressione di una visione del mondo, della vita e della morte: e lo fa attraverso i geroglifici stessi, facendoli parlare e, perché no, insegnandoci a decifrarne qualcuno. Verremo così a sapere di dei e faraoni, di mummie e animali sacri, ma anche di un fiume nero e del suo deserto, di paura, amore, ordine e caos, in un viaggio alla scoperta della civiltà egizia, guidato dalla sua scrittura magica.
Barbara Faenza ci trasforma con una facilità inaspettata in studiosi di questa lingua che ha un fascino irresistibile, ci fa indossare un cappello da archeologo portandoci per mano con lei nelle gallerie dei templi antichi. Il segno immortale è a metà tra un dizionario dei bambini ed un bugiardino, spiega con una semplicità impressionante come leggere i segni e come carpirne le logiche sottostanti: la cosa affascinante è proprio che il testo non è tecnico o grammaticale, ma culturale. Gli Egizi mettevano la loro cultura e le loro tradizioni all’interno della scrittura tanto quanto noi Italiani usiamo il cibo come mappa del nostro tempo: attraverso l’ordine di apposizione dei segni capiamo la loro scala di priorità, il loro senso del rispetto, il loro modo di intendere le differenze tra i sessi, il loro essere un popolo altamente moderno ed evoluto. Questo libro si approccia ai 5000 anni che ci separano, come fossero il battito di ali di un colibrì: quando Barbara ci parla delle emoticon e di come siano solo nipoti dei geroglifici, fa in modo che il loro pensiero sia accanto al nostro, come un bisnonno che racconta al pronipote la sua infanzia. Gli Egizi usavano gli ideogrammi ben prima di noi e questo ci fa capire come il futuro sia inevitabilmente il prodotto del passato e della sua forma; le immagini hanno un’immediatezza ed un’universalità che a volte sfugge alle parole, si rendono difficilmente fraintendibili e questo lo insegnano loro a noi: diciamo che possiamo dire grazie ai nostri antenati se usiamo così bene whatsapp. L’opera di Barbara Faenza è universale, sta bene nella tasca di un bambino curioso come nella borsa di una ragazza universitaria, ma anche nella libreria di un ingegnere, perché non ha un linguaggio settoriale, è interessante, una lettura che assorbe senza stancare, affasciando chi la vive. Ebbene sì, devo ammettere che mi ha morso l’anatra dei geroglifici e quindi questo non sarà l’ultimo libro sull’argomento che leggerò!
Scoprire che per gli antichi egizi, l'amore era una zappa, i passeri erano il male e le mamme erano avvoltoi, rende la storia (ancora) più affascinante. Questo é un libro molto interessante, che illustra non solo la scrittura ma l'intera cultura di un antico popolo, misterioso e avvincente. Consigliatissimo agli appassionati di storia e di archeologia o a chiunque abbia paura di incontrare un antico egiziano e non riuscire a comunicare con lui...