«Mi aiuti a scoprire chi era mio padre? Non l'ho mai conosciuto, ma è sempre con me.» Per mesi questa richiesta, arrivata alla fine di una presentazione de La mattina dopo, è rimasta sepolta nei miei pensieri. Poi, la mail di un missionario che vive nel deserto algerino mi ha convinto a mettermi in viaggio.
Il padre di Marta scomparve nel 1975 quando lei non era ancora nata, risucchiato nel gorgo del terrorismo che aveva cominciato a insanguinare l'Italia. Carlo Saronio, figlio di una delle famiglie più benestanti di Milano, non aveva ancora ventisei anni quando venne tradito dagli amici con cui condivideva ideali rivoluzionari. Marta per anni non ha mai fatto domande, immersa in un faticoso silenzio. Ma non si può vivere in eterno con i fantasmi, arriva sempre il giorno in cui dobbiamo fare i conti con le memorie, anche le più dolorose.
Così le ho detto di sì, e ho cominciato un viaggio alla ricerca delle tracce di quel ragazzo che viveva sospeso tra due mondi inconciliabili, che trovò il coraggio di scegliere la sua strada quando era troppo tardi. Scavando nei ricordi di una Milano in cui il passato è ancora presente tra noi, sono riuscito a riannodare i fili di una storia mai raccontata, che appartiene anche a me.
Mario Calabresi, giornalista, è stato direttore della «Stampa» e di «Repubblica». È autore della newsletter settimanale Altre/Storie. Da Mondadori ha Spingendo la notte più in là (2007), La fortuna non esiste (2009), Cosa tiene accese le stelle (2011), Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa (2015) e La mattina dopo (2019).
Sebbene, come spiega lo stesso Calabresi, non avesse intenzione di tornare negli anni 70, questa nuova opera ricalca quel periodo. Grazie a Marta che giunge alla presentazione del suo nuovo libro, Mario Calabresi ricostruisce la storia del padre che non ha mai conosciuto. Ripercorre gli anni di piombo e, in una indagine a tappeto, riaffiora e ripercorre tutto il percorso di Carlo Saronio, un uomo dalle mille contraddizioni, figlio di una delle famiglie più note del capoluogo lombardo. Dai compagni di classe passando per chi lo ha conosciuto, si intreccia il filo dei ricordi che permette a una figlia di conoscere davvero il padre e ai lettori di fare luce su un evento che è passato nel dimenticatoio. Una storia raccontata con grande semplicità e linearità che parla di noi, punta sul non detto cercando di riappacificarsi con ciò che è stato in attesa di quello che sarà.
Nell’ottobre del 2019 Mario Calabresi riceve un messaggio su Facebook da parte di Piero Masolo, un prete missionario in Algeria, il quale racconta al giornalista il desiderio di ricordare suo zio, Carlo Saronio, rapito e scomparso 25 anni prima.
Calabresi non conosce questa storia, si informa, ma inizialmente è riluttante a tornare ad occuparsi degli anni di piombo.
A fargli cambiare idea è l’incontro con Marta Saronio, la figlia di Carlo, una donna che ha sofferto e che soffre ancora oggi per non aver mai conosciuto suo padre e per non aver potuto mai contare sui ricordi e sui racconti da parte della famiglia, che dell’argomento ha preferito sempre non parlare.
Mario Calabresi inizia così la sua inchiesta narrativa e nei lunghi mesi del lockdown lavora sulle carte custodite dalla famiglia Saronio e da quelle messe a disposizione dalla Questura di Milano. Ascolta la voce e le testimonianze di chi ha direttamente o indirettamente conosciuto la figura di Carlo e prova a ripercorrerne la storia.
Carlo è figlio di Piero Saronio, un ricco industriale della chimica. Ingegnere brillante e ricercatore, Carlo ha trascorso la sua infanzia in una bolla, studiando tra le mura domestiche, e all’età di 13 anni comincia a sentire e a manifestare il disagio e la vergogna per la ricchezza e il lusso spesso ostentati della sua famiglia. È forse per questo che il giovane si avvicina a mondi e a realtà ben lontani dai suoi, provando ad allontanarsene quando ormai è troppo tardi. Nel 1975 Carlo Saronio viene tradito e rapito dal Fronte Armato Rivoluzionario Operaio e non tornerà più a casa.
Calabresi in queste pagine ricostruisce con cura una storia meno conosciuta dei tristi anni di piombo, racconta la facilità con cui si era disposti a tradire pur di rimanere fedeli alla propria ideologia, spiega come fosse semplice lasciarsi trascinare in quelle pericolose dinamiche, ma soprattutto Calabresi fa un grande regalo e lo fa soprattutto a Marta Saronio: le restituisce la memoria di un padre che non ha mai conosciuto.
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Mario Calabresi ci parla di Carlo Saronio, giovane milanese degli anni Settanta, figlio dell’alta borghesia, che si avvicina agli ambienti dell’estrema sinistra e viene poi tradito dai suoi stessi compagni. Il racconto nasce dal desiderio di Marta, sua figlia, di conoscere un padre che non ha mai conosciuto ma che è sempre stato presente nella sua vita attraverso il silenzio e l’assenza.
Calabresi ci guida in un viaggio attraverso Milano, tra ricordi e testimonianze, per ricostruire la vita di Carlo e comprendere le ragioni di una scelta che lo ha portato alla morte. Il libro mette in luce le contraddizioni di un'epoca e le difficoltà di chi ha cercato di cambiare il mondo senza riuscirci.
Conoscere attraverso la penna di un giornalista scrittore una pagina della storia, uno sguardo a quello che è stata l'ideologia della estrema sinistra quando il protagonista vittima era un giovane intelligente sensibile ricco borghese
Una scrittura senza infamia né lode, è una sorta di inchiesta giornalistica in cui Calabresi racconta il sequestro e l'omicidio di Carlo Saronio, negli anni '70. La storia è comunque interessante per capire il clima che si respirava a Milano negli ambienti extra-parlamentari di estrema sinistra negli anni di piombo. Essendo il racconto di un singolo caso, non è completo nel delineare il clima politico generale di quegli anni, acceso da entrambi gli estremi. Inoltre ho il dubbio che le posizioni dell'autore non siano sempre le più oggettive (è figlio di un'altra vittima degli attentati delle brigate rosse, il commissario Calabresi, coinvolto a sua volta in un caso complesso come quello dell'omicidio Pinelli). È come una vicenda triste, inserita in un capitolo molto buio della storia italiana, che sono contenta di aver approfondito.
"Quella storia è come un mosaico antico: per leggere le figure, i colori, le linee bisogna allontanarsi e tenersi a distanza. Così se ne coglie l'insieme, la visione è completa. Se invece ci si avvicina si vedono i buchi, le tesserine mancanti, quelle sbeccate o scolorite e si ha la sensazione che il mosaico non esista più, sia solo un caos senza senso. Ma basta fare due passi indietro e l'immagine torna a parlarci e a raccontare la sua storia."
Mario Calabresi ha un modo avvolgente di raccontare le storie e fare inchiesta giornalistica. Un bellissimo libro ricco di dettagli, storie umane non solo politiche e di tanti spunti interessanti che accendono una scintilla di curiosità che io andrò sicuramente a soddisfare con altre letture.
Te lo vai a cercare”, questa è la chiusura della frase che definisce il titolo. Il romanzo di Calabresi è qualcosa di diverso dal solito. Le premesse sono di una nipote che chiede allo scrittore di aiutarla a ricostruire la breve e misteriosa vita del nonno, morto giovanissimo dopo un fallimentare sequestro di persona ai suoi danni.
Attraverso un lavoro di ricomposizione e interviste, Calabresi ci regala una finestra molto intima e ravvicinata sull’adolescenza travagliata di Carlo Saronio, una pagina semi dimenticata della violenza degli anni Settanta. Chi era questo ragazzo? Cosa ci faceva il figlio di una delle famiglie più ricche di milano a Quarto Oggiaro con i futuri esponenti di potere operaio? Perché si fece rubare una Porsche senza battere ciglio o diede alloggio a un ricercato dalla polizia? Leggendo di Seronio, sembra di leggere anche di Feltrinelli. Cosa cercavano queste persone all’interno dell’attivismo politico che non trovavano all’interno del loro mondo di agio?
Man mano che questa storia viene riassemblata diventa sempre più personale, ci si sente quasi di troppo a ripercorrere gli anni di Carlo insieme alla nipote, e al contempo più pubblica ed esemplare di quel periodo storico.
Leggete questo libro perché:
Perché è una storia tragica e commovente; Perché Carlo è un ragazzo sperduto, vittima di se stesso e della sua volontà di trovare un posto nel mondo che lo facesse sentire adeguato; Perché oltre a essere una storia privata e intima di lutto famigliare e anche una storia di lutto collettivo per degli anni che si sembra voler dimenticare, così come i famigliari di Carlo hanno tentato di fare con lui.
Mi accorgo ora che chiusura del titolo quasi riecheggia delle parole di Andreotti “se l’andava cercando”. Anche Carlo cercava qualcosa, purtroppo trovò solo una violenza insensata.
Amo molto la scrittura di Calabresi, lo confesso. Una scrittura lineare e giornalistica che va sempre al punto. E già questo mi fa approcciare ai suoi libri in maniera positiva a prescindere. Questo è però diverso per certi versi dagli ultimi ai quali ci aveva abituato. È un libro da accogliere, meditare per riprendere il filo degli anni #settanta (e anche di quelli immediatamente precedenti) e della stagione del #terrorismo. È una vera e propria #indagine, condotta in qualche modo sull'onda dell'affetto verso una figlia che non ha mai conosciuto il padre e verso un nipote che ha visto "sparire" dalla memoria della propria famiglia lo zio. Chi era Carlo Saronio, figlio di una delle famiglie più benestanti di #Milano? Una vittima, un idealista, - passato dalla #gioventustudentesca di Giussani all'impegno sociale della Chiesa dei poveri di Quarto Oggiaro alle amicizie del giro di Toni Negri - un terrorista? Tutte queste domande si pone l'autore e le affronta senza timore per raccontarci un uomo, un tempo, un mondo fatto di neri e bianchi e molti grigi.
Questo libro mi ha fatto scoprire avvenimenti così vicini a me ma anche così lontani nel tempo.
Piccole storie vissute nei paesi vicino a dove abito e ambientati negli anni ‘70/’80, che mi hanno fatto capire come io non conosca questo periodo storico se non per “sentito dire” vagamente. Mi rendo conto che si tratta di una grande lacuna, ed è questo il pregio di questa mia lettura: mi ha lasciato tante piccole informazioni da approfondire.
Non ho però apprezzato lo stile di scrittura: un po’ giornalistico, ma poco dettagliato e un po’ freddo nonostante i fatti a volte drammatici che vengono raccontati.
Calabresi ha la capacità di raccontare storie con grande proprietà di linguaggio, intesa non solo come il saper mettere insieme le parole ma più come dono, come talento innato nel raccontare i fatti senza risultare morboso e allo stesso tempo senza fare sconti. Questa sua capacità, che emerge con forza già nel libro che ha dedicato all'omicidio del papà (Spingendo la notte più in là) è una delle sue caratteristiche che amo di più. In più, i suoi libri sono sempre uno spaccato su pezzi di storia che sarebbe bene conoscere e che invece spesso non ci sono stati raccontati.
La storia di Carlo Saronio, la Milano degli anni di piombo, i giovani rivoluzionari e i terroristi, personaggi noti e conosciuti, i traditori e gli irriducibili, i cattivi maestri e naturalmente le vittime. Dietro una ricostruzione documentata ma sempre vissuta con particolare emozione, riaffiora un ritratto di una famiglia borghese e del loro figlio che scelse la rivoluzione e incontrò il tradimento. Ma è anche il resoconto di un bilancio sentimentale, il tentativo di una figlia mai conosciuta che cerca di riappropriarsi del ricordo del padre.
La mia prima lettura di Calabresi. Dopo aver apprezzato dal vivo la presentazione del suo ultimo libro alle OGR di Torino, ho deciso di cominciare da qualcosa di più vecchio e che mi conduca fino all'ultima delle sue opere. Ho fatto bene. Intenso, incalzante, uno spaccato interessante di un periodo storico così difficile e di personaggi di cui non avevo alcuna conoscenza. Mi metto nei panni di Marta, in quelli di Silvia e di Piero, grazie a Calabresi riesco a percepirne i sentimenti, le emozioni... l'incertezza
Forse non è il più bello tra i libri di Calabresi. Però si tratta di una storia che meritava di essere raccontata e letta, che non mi era mai capitato di incrociare prima. L’indulgenza di alcuni verso certi personaggi dell’epoca ancora periodicamente riemerge ed è cosa buona cercare di saperne sempre di più, mantenere viva la consapevolezza, sapendo che una memoria collettiva, probabilmente, non ci sarà mai...
Tristezza, bellezza estrema e speranza convivono in questo libro. Storia italiana che molti giovani dovrebbero conoscere per cercare di capire ed evitare i rischi che le derive violente posso portare. Chi scrive ha, per età, vissuto quegli anni violenti. Dove il rischio di cadere dalla parte del male poteva essere ben più di un ipotesi. La inserisco fra le letture da non perdere, una storia da conoscere. Ottime, come sempre, stile e profondità di Calabresi nel delineare personaggi e ambiente.
Calabresi è un narratore sensibile e profondo di storie. In questo libro si sente il rispetto e la vicinanza emotiva per tutte le persone coinvolte. C’è poi l’approfondimento rigoroso di un evento tragico avvenuto a Milano negli anni 70, gli anni di piombo, delle stragi e delle Brigate Rosse. Nel tempo si dimentica la sequenza dei fatti, i nomi delle persone. L’ho trovato molto interessante per aver ripercorso e riportato alla mente un arco di anni significativo della nostra storia.
L’Italia degli anni ‘70. Il terrorismo, le BR, le ideologie, i sequestri, i riscatti, le affiliazioni. Questo è più o meno lo sfondo della storia raccontata da Calabresi. Una storia di vita, di sogni, di contraddizioni e di disgrazie. Una giovane donna trova il coraggio di articolare la domanda che la assilla da una vita intera: “chi è mio padre?” e il noto giornalista la aiuta a trovare la risposta.
Inchiesta giornalistica trasformata e realizzata poi in questo libro. Interessante come la ricerca della possibile verità riguardante il soggetto della vicenda sia in realtà una sorta di ricerca di sé stessi, della ricerca della pace con le persone che hanno vissuto quei periodi e quei giorni tormentati. E' infine la ricerca e la memoria di un padre da parte della figlia che sente la necessità di scoprire cose per cui ha sempre avuto paura di chiedere.
Stile molto scorrevole, lettura piacevole su un episodio poco noto del terrorismo degli anni 70. Non è un libro di storia, più un tuffo nel passato per l’autore che ci accompagna nella sua ricerca durante l’estate del lockdown. Emergono alcune squallide figure come quella di Carlo Fioroni che ben poco pagarono per i loro atti.
Uno spaccato degli anni ‘70 a Milano Anni di guerriglia urbana,rapimenti e uccisioni vista d’ala parte di un uomo che avrebbe potuto essere un privilegiato e che alla fine ne è diventato vittima . Un viaggio della memoria nella mia terra.
Gli anni bui del terrorismo, la storia di una figlia a cui è stato taciuto molto e che vorrebbe solo sapere e conoscere un padre mai visto, stante l’impossibilità di sapete dalla famiglia. Sempre molto piacevole la narrazione di Calabresi. Libro molto consigliato
Una storia forse marginale rispetto agli eventi degli Anni 70 in Italia, ma da qui Calabresi coglie l'occasione per riannodare molti fili tra passato e presente. Una lettura agevole ed interessante, a tratti anche toccante.
Gli anni di piombo e un rapimento finito male. La differenza: stavolta il sequestrato è figlio di un ricchissimo imprenditore lombardo e allo stesso tempo simpatizzante del gruppo che lo rapirà. La Storia d'Italia con tutte le sfumature che solo un libro può rendere.
Non sono riuscita a finirlo. La storia sembrava interessante ma penso che l'autore si sia focalizzato su un numero esorbitante di dettagli che rendono la lettura poco scorrevole. Non centra il punto. Abbandono.