“Rivelazione di un sentimento perduto, Aurora esplora le viscere della femminilità, alla ricerca di un relitto perduto nelle profondità della donna. Questo relitto è un tempio, un culto, un rito distrutto. La donna non vi figura come eterno femminino, madre o moglie, amante o sorella. Vi figura come archetipo di civiltà, oscuro e misterioso potenziale di valori storici diversi, che l’uomo ha scelto di castrare e distruggere” (dalla seconda di copertina).
Stanislao Nievo (1928 – 2006) è stato uno scrittore, poeta, giornalista, regista, traduttore e conduttore radiofonico italiano. Amante della natura, verso la quale nutriva un grande rispetto, con un'innata propensione a confrontarsi giorno per giorno, è stato uno dei soci fondatori del WWF e della "Foresta Ideale". Era pronipote dello scrittore Ippolito Nievo, autore di Le confessioni di un italiano. Ha presieduto per molti anni la Fondazione Ippolito Nievo. Ha ideato il progetto dei Parchi Letterari.
Romanzo ricco di suggestioni sulla ricerca di un sentimento perduto, legato al culto in epoca preromanica della dea Mater Matuta, da parte degli antichi abitanti dell’Agro pontino, terra sanificata (e anche offesa) dalle famose bonifiche in epoca fascista. Protagonista è Alessandro, un agrimensore, funzionario pubblico che all’inizio degli anni 70 è impiegato in un ente ormai inutile a disbrigare le ultime pratiche in un mare di scartoffie. Ed è la richiesta di tumulazione di una anziana signora a innescare la sua passione ossessione per l’antica dea e a guidarlo nella desolazione dell’agro pontino fino alle rovine di un tempio nascosto fra i rovi. Inizia un peregrinare tra ministeri e musei a caccia di documenti e reperti su antichi riti in onore di una dea dell’amore, ma di un sentimento più vasto di quello normalmente conosciuto e pericoloso, tanto da essere stato abbandonato. Sono le donne a ispirarlo, da una assistente museale fino a Giovanna, figura misteriosa e amante, con cui ha rapporti sessuali intensi, quasi ferini, ancestrali, come se fosse la dea stessa a unirsi a lui. Alessandro gira in tondo fino a tornare più volte nell’agro pontino e al tempio, fra strani riti, reali o immaginari, zingari e contadini, colpi di sole e sogni, con il passato che si mescola al presente. Il mistero è ineffabile, intangibile, sfiora e passa oltre, come la cometa il cui passaggio è proprio atteso in quei giorni e che Alessandro cerca avidamente con il telescopio. Una storia a tratti ingenua, e non potrebbe essere diversamente, e slegata, narrata da uno scrittore che vuole anche essere un divulgatore, e lo si vede dalle parti più nozionistiche (fortunatamente poche) ma rimane un romanzo non banale, capace di suscitare l’attenzione del lettore. Non sono certo un appassionato di storie sui misteri del passato ma non mi ha deluso o annoiato. Tre stelle e mezzo
è un ritmo sbagliato, come se avessimo perso il tempo giusto. ma che ci vuoi fare? se non ci aggrappiamo alle cose vere, anche se complicate, cosa vuoi che ci succeda mai di buono?