Nel 1865 i manovali Pio Feletti e Angelo Dradi trovarono per caso una cassetta di legno. Stavano per gettarla via quando uno studente del liceo classico di Ravenna li avvisò che sulla superficie del coperchio era scritto con inchiostro nero Dantis Ossa. La scoperta mosse una città intera, che iniziò a ruotare attorno a una sola ossessione: la testa di Dante. Tutti volevano sapere perché quel cranio si trovasse lì, quale fosse la sua storia e quanto grande fosse il cervello che conteneva. Per capire quanto valesse questo non serviva conoscere il peso. Bastava vedere cosa avesse prodotto. La sua Commedia aveva accolto tutto ciò che aveva letto, osservato o udito. Dante era intriso di vite. E le incredibili presenze che avevano attraversato il corso della sua esistenza erano confluite tutte nel suo poema, realizzando così quel destino già scritto nel suo (vero) nome. Durante. Ma che vita aveva avuto Dante? In quale esistenze si era imbattuto? Quale tempo aveva attraversato? Non conosceva il mondo, eppure aveva concepito una storia universale. Il "più bel libro mai scritto dagli uomini". Come vi riuscì rimase un mistero. Per provare a svelarlo e a sfiorare, così, un brandello di verità, resta forse una sola possibilità. Evitare di guardare lui per guardare ciò che guardò lui. Tentare, dunque, di vivere le vite degli altri.
Ravenna (Emilia-Romagna), 27 maggio 1865. Prima di quel fatidico giorno il mondo intero credeva che Dante Alighieri (1265–1321) riposasse davvero nel celeberrimo mausoleo nella città ravennate, scoprendo poi questo essere vuoto: due manovali, quel mattino, nel corso di lavori di restauro in occasione dei 600 anni dalla nascita, scoprono una cassetta che dalla dicitura dimostra di contenere le ossa del poeta. Dai test di rito emergerà una delle scoperte più clamorose della storia della nostra cultura, comunque la dimostrazione di quanto le fortune umane dipendano da circostanze spesso casuali. Di particolare interesse sarà soprattutto, delle ossa, il pezzo più rappresentativo ovvero il cranio; urgerà misurare quanto fosse grande la testa di Dante e, se vogliamo, quante cose questo scrigno straordinario riuscisse a contenere.
Dal racconto piuttosto dettagliato di questo aneddoto si salta, come di palo in frasca, a indagare sul mondo di Dante e sulla somma delle esperienze di vita e letterarie che lo condussero a realizzare il suo capolavoro, la ‘Divina Commedia‘ (1472). La biografia, gli incontri con personalità più o meno notevoli del periodo, la partecipazione a eventi sociali e politici, nonché i riferimenti letterari, comporrebbero una storia tanto appassionante da rappresentare, come vuole Piero Trellini, una vera e propria ‘Danteide‘. Si concretizza nello specifico in un volume, nell’anno delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte del poeta, convenzionale nella ricerca insistita dell’anti-convenzionalità: la materia della trattazione, per quanto riguarda i fatti di Dante, è la stessa che si può trovare ovunque ma è esposta in modo non-lineare, con salti da un tema all’altro secondo un criterio di associazione ad sensum.
Abituati oramai a sfilze di opere sul Sommo Poeta mosse più dal bisogno di distinguersi dalle altre che dalla pretesa della novità, non ci scandalizzeremmo certo per le licenze del saggio del giornalista Trellini, comunque di agevole lettura e abbastanza ben documentato. Non capiamo – ma ci sforziamo di farlo – perché mettere in questo calderone di notizie anche aneddoti e storie che ci entrano solo per buona volontà – es. le vicende dei coniugi Shelley – e ricaviamo l’impressione di un libro che parla di molte cose senza approfondire niente in particolare, in grado di offrire soltanto a chi è già addentro all’argomento una serie di curiosità che, però, essendo già addentro all’argomento non gli dirà niente di autenticamente curioso.
“Sono i piedi a fare la storia. In base a dove si infilano. E così un cerchio prima e le terre poi inventano un’era”
Non assegno stelline alla saggistica, e meno male, perché in questo caso non saprei proprio che voto dare: ci sono tantissime informazioni davvero interessanti sul contesto storico-politico dell'età di Dante, ma l'ordine dei capitoli (non cronologico ma, boh, tematico?) è poco comprensibile, viene data moltissima importanza a fatt di cui non si capisce fino in fondo il peso, su altri aspetti si sorvola fin troppo. Inoltre, c'è un'evidente autocompiacimento nella scrittura: non abbastanza piana e fluida per essere un buon libro divulgativo, non abbastanza personale per assurgere a stile romanzesco (e basta con 'ste subordinate spezzate con i punti fermi: subordinare non è un peccato, è un pregio, sopratutto quando si argomenta). Ah: e non basta scrivere delle parole-chiave e unirele con trattini per fare una mappa concettuale.