Vincenzo Arcadipane ha cinquantacinque anni, un matrimonio fallito alle spalle e un futuro che non promette granché. In più, negli ultimi tempi, si è convinto di avere smarrito l’istinto che lo guidava nelle indagini. Ma quando una donna viene picchiata fuori da una stazione della metropolitana di Torino e il colpevole rintracciato in poche ore, è proprio l’istinto a suggerirgli che qualcosa non torna in quel caso dalla soluzione elementare. Decide quindi di approfondire, con l’aiuto di Corso Bramard, vecchio capo e mentore, e dell’irrequieta agente Isa una squadra collaudata cui si aggrega uno strano ex poliziotto dai tratti ossessivi. Insieme si troveranno a scoprire le regole di un gioco folle e letale, una discesa nel mondo sotterraneo della Rete che, girone dopo girone, li porterà là dove «si sbrigano le faccende che non hanno bisogno di occhi».
Non credo proprio che siano le trame il punto di forza di questi gialli – la cosiddetta trilogia Arcadipane che se non sbaglio è nel frattempo diventata una quadrilogia – io, anzi, li trovo l’elemento più esile, quello dove fatico di più a sospendere la mia incredulità. A conferma mi pare di poter tirare in ballo i finali che sul versante plot giallo rimangono sempre confusi, incerti. Ma credo anche che Longo ne sia perfettamente consapevole e che usi il “giallo” per parlare anche di altro, soprattutto per raccontare essere umani, strani, forse improbabili, ma più che umani, e raccontare un’atmosfera, fatta di malinconia, di apparenti fallimenti, di mezze misure.
I sucai sono caramelle a base di liquirizia insaporita all’arancio e ricoperte di zucchero. Arcadipane le compra sciolte, mezzo chilo alla volta, e le tiene in tasca, attingendo alla scorta con ritmo martellante. Sarei curioso di sapere cosa ne pensa il suo dentista, se il commissario ne ha uno abituale, cosa che è facile dubitare.
Il commissario Arcadipane, cresciuto a pane e Bramard, viene dal sud, dalla Basilicata. Ha adesso cinquantacinque anni – al contrario di quello che succede nella maggior parte delle “serie” giallo poliziesche come questa, qui i personaggi crescono e invecchiano da un romanzo all’altro – è ormai divorziato, conserva buoni rapporti con la ex moglie, ma nessuna speranza di riconquistarla. Per i figli è un padre di poco aiuto, i due ragazzi fanno volentieri a meno di lui, crescono senza la sua presenza, anche se lui vorrebbe invece marcarla: ma poi, il lavoro vince sempre, è a quello che dedica il meglio di sé. È bassotto, tarchiato, calvo o giù di lì: sul versante fisico tutto meno che attraente. È o gioca a fare l’ignorante, il tonto, quello di comprendonio lento: ma gira e rigira, la sua mente è quanto mai attiva e i casi li risolve. Longo lo definisce un mediano, uno che gioca a tutto campo, pedala avanti e indietro: incapace di usare entrambi i piedi, ma c’è, su lui si può contare.
Giorgione: La tempesta. Quadro più volte citato nel romanzo, a proposito di mistero e misteri.
Oltre che deboluccio sul piano dell’aspetto fisico, Vincenzo Arcadipane è in una lunga crisi, ha bisogno della psicologa (la parte più bizzarra di questo e del precedente romanzo), la sua autostima è latitante, umanamente fragile, facile al pianto. Condizione pessima per brillare nella sua attività. E invece, con tenacia e parsimonia di parole, il nostro commissario, facendosi aiutare dai soliti Bramard e Isa Mancini, arriva in fondo, risolve il caso, svela il mistero.
A completare il quadro Torino, e i dintorni, le cascine, i casali, le montagne. Il cane con tre zampe chiamato per l’appunto Trepet (tre piedi). Le caramelle sucai che Aradipane mastica a ritmo da catena di montaggio. E un indagine sul e nel dark web.
In occasione dell’uscita dell’ultimo libro, Una rabbia semplice, Einaudi pubblica l’intera trilogia scritta da Davide Longo. Sempre scettica quando leggo delle recensioni estremamente lusinghiere, questa volta mi sono dovuta ricredere: questi tre romanzi sono effettivamente notevoli. Se il primo libro può avere qualche esagerazione nella trama, gli altri sono perfetti. I personaggi principali, Bramard il commissario a riposo, Arcadipane il suo allievo in servizio, Isa la poliziotta ribelle, sono dipinti in maniera umanissima e precisa, e altrettanto si può dire di ogni personaggio presente nelle storie. Le atmosfere, i luoghi, fra Barriera a Torino e i monti dove vive Bramard, le valli del nord, sono descritti in maniera affascinante. Sono lo stile e la scrittura di Longo a tenere i lettori incollati ai libri, scrittura insieme letteraria e scorrevole. Se si vuole trovare una scrittura simile o paragonabile bisogna arrivare a Fred Vargas. Consigliati davvero.
I liked a lot this book. It's a noir, sure, but in the end what remains with you the most is the personality of Inspector Arcadipane. A man who is the opposite of what one would expect as the protagonist of a detective story; he is an antihero in all respects, both for his physique and for the very little presumption of being the best. Indeed, he is a man who is starting to reflect on his life, he is now in his fifties, and every now and then he makes a balance. And he doesn't like what he finds very much, but he knows that after all it's his life and everything has helped him get to where he is. The detective plot of this book is quite interesting, but it's not what holds the whole thing together; instead, the relationships that Arcadipane creates with the people around him, namely Ariel, Isa, Bramard and also the two old women who live in his condominium, are central. In the lines in which we see Arcadipane interacting with them, it seems that not much happens and instead as soon as we move on to another scene, we understand that certain things said and unsaid could even be the ideas for a whole other book, with Arcadipane and the other person as protagonists, as there are so many things that the author lets us understand without saying. Arcadipane is a man who cares about human relationships, even if he seems a little grumpy, he knows his peers very well and knows what drives them to do many things. He understands a little less why certain criminals (like the ones he meets in this book) do certain things, but that's another story that I obviously don't want to spoil. A beautiful book, very well written, with a very cultured and at times poetic style, but never heavy and always suitable for the situations. Three stars well deserved.
Alla fine degli anni '90 "Famiglia Cristiana" si decise a seguire le orme di altre riviste e per qualche settimana pubblicò, come supplemento per le edicole, le opere "minori" dei "I grandi della letteratura europea": non sbagliò un colpo almeno tra quelli che riuscì a pubblicare perché le uscite si interruppero per mancanza di lettori.
Certo queste collane vanno sul sicuro ma non tutti i lettori sono usi a leggere anche le opere più famose dei grandi e quindi benvengano. Se poi si pubblicano le opre di nicchia... Ecco, questa collana "Anima noir" è per me una piacevole sorpresa. Non essendo una estimatrice ma solo una lettrice a singhiozzo (una pausa quando la testa comincia a fumarmi andando dietro le "Grandi opere"), mi sembrano tutte opere più che decenti anche come forma. Magari l'intreccio è un po' stiracchiato e i personaggi( soprattutto i protagonisti) un po' macchiettisti, come in questo, ma il contesto sociale, là "dove non c'è bisogno di occhi per vedere", ce lo hanno questi autori per me egregi sconosciuti ( e di cui dimentico i nomi, mi perdonino). Lo dico io che sono i giallisti a essere gli epigoni dei feuilleton del XIX secolo.
Non che questo “giallo” non faccia il suo mestiere: sa intrattenere a suo modo, adatto ad un momento di relax in cui non si vuole troppo impegnare la testa; scritto con una certa perizia, mette in scena una trama solo in parte convincente, dosando qualche battuta, qualche colpo di scena sommario, intrecciando anche se in modo grossolano storie intime e personali dei vari personaggi con la trama principale. Ma che tutti, proprio tutti, gli attori della storia siano così “sghembi”, casi umani ostinatamente singolari nelle loro diversità un po’ difettose? Mah………
"Si sporge verso di lui e Arcadipane può sentire per intero l'odore di ferro che emana il suo corpo: ferro usato, di ringhiera, di tenaglia, di maniglia. E olio esausto, erbe cresciute sui muri, sabbia. L'odore che ha il vetro, quello delle cose trasparenti, che hanno conquistato questa qualità con una mossa iniziale di ingegno seguita da un lungo lavorio. Questo potrebbe dire Arcadipane se avesse le parole per scomporre quell'odore e rimontarlo, invece può solo riceverne in faccia lo schiaffo."
La scrittura è quella originale, colta e frizzante che ho trovato nei primi due romanzi della serie.
I protagonisti si sono evoluti, sono trascorsi cinque anni e alcune relazioni si sono consolidate, altre invece sono naufragate nella desolazione del fallimento e della solitudine. Il cane a tre zampe, la psicopazza, l'ex superiore Bramard e l'indomita quanto anticonvenzionale collega Isa, il cast è al completo ma non mancherà l'effetto sorpresa: un nuovo arrivo di difficile decriptazione.
Il lavoro quotidiano è quello di sempre e mentre si arranca per trovare un equilibrio nelle proprie vicende personali, un'altra indagine chiede a gran voce di essere rielaborata, dentro storie in bilico fra realtà attuale e leggenda metropolitana sul tema della rete e delle sue sfumature di tonalità: surface, deep, dark.
Una lettura che mi ha ulteriormente convinta del talento di Longo e che mi ha coinvolto con interesse e piacere.
Premessa: i precedenti romanzi di questo autore mi erano parsi interessanti, anche se non sempre entusiasmanti. La scrittura è talvolta chiusa, ostica, come la personalità delle genti delle valli del nostro Piemonte. Ho letto che Baricco lo ha accostato a Paolo Conte, o a Camilleri. Ecco, penso che Camilleri sia molto più accessibile, nonostante il suo ricorso al dialetto. L'avvocato di Asti, invece.... Questo libro necessità, per la sua piena comprensione, della lettura dei precedenti 2 episodi. Altrimenti non si possono cogliere appieno tutte le cose accennate, lasciate trasparire, o peggio considerate acquisite, che definiscono i personaggi base. E, peraltro, i primi 2 libri della serie del commissario Arcadipane sono godibili, se non addirittura molto piacevoli. Quest'ultimo lavoro impone il sacrificio della difficoltà nella lettura delle prime, diciamo, 50 pagine. Che insinuano dubbi circa la direzione verso la quale l'autore vuole condurci. Poi, finalmente, la storia acquisisce respiro, inizia a palpitare, a coinvolgerci sempre più, in un crescendo che porta alla soddisfazione che accompagna la conquista di un traguardo ambito ed appagante. Lo consiglio assolutamente, non solo agli amanti del poliziesco.
Me ha gustado mucho. Los personajes son muy reales y la lectura no es cómoda, te hace estar muy atento e interpretar cosas que no se dicen muy claras. Me gustaría seguir leyendo a este escritor
Ein junger Mann wird beschuldigt, eine Frau in einer Turiner U-Bahn zusammengeschlagen zu haben. Alle Beweise sprechen gegen ihn und es gibt Aufnahmen, die das Verbrechen zeigen. Aber auch wenn der Junge zugibt, am Tatort gewesen zu sein, das Verbrechen will er nicht gestehen. Während der Verhöre bekommt Commissario Arcadipane den Eindruck, dass mehr hinter dem Ganzen steckt als nur der Angriff auf die Frau. Gemeinsam mit Corso Bramard macht er sich auf die Suche nach der Wahrheit und stößt auf ein perfides Spiel im Darknet.
Seit dem letzten Fall für Arcadipane und Bramard ist einige Zeit vergangen. In dieser Zeit hat sich vieles verändert. Nicht nur im Privatleben der von Arcadipane und Bramard, sondern auch in der Art, wie Verbrechen begangen werden. Mit der Tatsache, dass sie den wahren Täter im Darknet suchen müssen, sind die Ermittler ein wenig überfordert. Für sie zählt noch der persönliche Kontakt und die Arbeit auf der Straße und nicht das stundenlange Sitzen vor einem Bildschirm und das anonyme Gespräch. Stellenweise wirkt gerade Arcadipane überfordert mit diesen Veränderungen, vielleicht weil sich in seinem Privatleben auch viel verändert hat. Stellenweise wirkt er auf mich wie ein Relikt aus der Vergangenheit. Bramard kommt mit der neuen Art der Ermittlung besser zurecht.
Der Täter von der U-Bahn ist hier zwar der Schuldige, aber nicht der Drahtzieher. Den zu finden ist nicht einfach, aber auch hinter ihm steht ein neuer Unbekannter. Bei dem Verbrechen geht es um den Teil eines Spiels. Für mich stellt sich die Frage, wer der wahre Schuldige ist. Der Spieler, oder derjenige, der zu dem Spiel eingeladen hat.
Dieses Mal hat mir die besondere Stimmung in den Krimis von Davide Longo wieder gut gefallen. Die Charaktere sind mit mittlerweile ans Herz gewachsen, auch wenn sie nicht die einfachsten Persönlichkeiten sind.
È un libro per molti ma non per tutti. Si inserisce in una simil trilogia dove questo è il terzo libro della serie Arcadipane e Bramard. A tratti la trama richiede molta concentrazione, a tratti rallenta mentre a tratti va veloce. È molto particolare il suo modo di scrivere: in certi punti ti lascia quasi senza fiato mentre in altri fai fatica ad andare avanti. Quasi quattro stelline ma la curiosità è talmente alta che cercherò gli altri due libri.
Bella scoperta Davide Longo e i suoi problematici poliziotti che mi ricordano Adamsberg e i suoi della Vargas. Torino e le valli del nord fanno il resto. Leggerò anche gli altri due, Bramard e Arcadipane meritano.
Forse non bisognerebbe leggere tutti di seguito i libri di una serie, per esempio quando nella storia, tra un romanzo e quello successivo, sono passati 5 anni... Il rischio è di trovarsi un po' spaesati perché per noi sono trascorsi 3 giorni, invece i protagonisti si sono invecchiati, separati, licenziati, ammalati fuori scena. Ma io invece faccio sempre così. Un autore mi conquista e via, leggo tutto il leggibile in un solo fiato di fila. Quindi questo terzo capitolo della serie di Arcadipane mi ha accolto con un po' di malinconia, quasi disappunto. Ma poi è diventato struggente ed emozionante ancora più dei due precedenti. L'indagine da risolvere è ancora più avvincente (meno "storica" e più contemporanea). E la scrittura di Davide Longo è sempre una nutriente delizia per il cervello del lettore. Sono già in crisi di astinenza.
Terzo – e per il momento almeno – ultimo libro della trilogia Arcadipane. A me sono piaciuti tutti; molto. Strani, alle volte confusi apposta – il non voler usare il nome del personaggio di cui sta parlando, ma il pronome generico – e cambiando persona senza un apparente stacco! – involuti a tratti. La trama forse è la cosa meno azzeccata: sempre abbastanza improbabile; si regge sulle descrizioni della città e delle montagne, e soprattutto sulla descrizione psicologica dei personaggi.
Lo trovano al terminale. I capelli rossicci e l’aria del ragazzino, anche se ha trentasei anni, due figli, una laurea in Informatica e abbastanza cervello da non voler fare carriera. – Aveva già un sacco di difetti, cos’è, in questi cinque anni è diventato anche permaloso? – No, stavo solo riflettendo. – Non si lanci in attività spericolate. Mi dica cosa non funziona e sia concreto, sia crudo, non indori la pillola. Lo sa che se scrive in un messaggio «Ho tanta voglia di…» il T9 automaticamente aggiunge «lavorare». Quindi i suoi problemi, per quanto orrendi, non possono rovinarmi la giornata. – Sua moglie è una donna sana, quindi non tornerà con lei nemmeno con una pistola alla tempia. Capitolo chiuso, è stata un agricoltore paziente, ha preso quel che poteva e doveva, sopportato i suoi silenzi, il suo lavoro, ma soprattutto il fatto che lei sia genericamente un uomo. Questo finché i figli lo richiedevano, adesso può assecondare la sua vera natura, e non sto parlando di sesso, parlo di crescere, di evolvere. – Isa, tu sai chi è Muna? – chiede già chino per metà. Isa non apre gli occhi, pare che la branda faccia quell’effetto. – Tutti lo sanno, – risponde, – è una specie di Banksy della grafica. Pare sia tedesco, altri dicono viva ad Amsterdam. Mistero. Anche perché l’unica cosa che si chiama Muna è un fiume della Siberia nordorientale gelato da ottobre a maggio, che nel suo corso non incontra nessun centro abitato. Forse ha a che fare con la sua idea di non farsi riconoscere. Ma chi cazzo se ne importa? Conta quello che fa, non chi è! Invece si sale eccome, Isa e Arcadipane lo sentono dall’aria rarefatta che entra dai finestrini e da come il tempo comincia a rallentare, a bucarsi, a riempirsi di vuoti. Normandia, sul sedile dietro, cosa senta nessuno lo sa. – Di buono, – dice Isa, – c’è che cosí arriviamo che ha diciott’anni e la procedura si snellisce. – Cosa è meraviglioso? – Farvi tacere. Chiudervi finalmente la bocca. Voi che avete sempre cosí tanto da dire, da spiegare. Vedervi per una volta senza parole, senza la possibilità di nascondervi dietro tutto quel rumore… Vale la pena anche solo per questo. ti devo dire tre cose. Due non sono belle e una è decente, in che ordine le vuoi? – La decente in mezzo. – È appropriato, – dice lei, sollevando la testa per guardarlo. – La prima è che non ti amo e tu invece sí. – Non importa. – «Non importa» è una bella risposta, tenuto conto che ci hai messo cinquant’anni per usarla. Vuoi sapere le seconda? Arcadipane fa un gesto che vuol dire «procediamo».
Trilogia finita stanotte, con tanto di nodo alla gola dovuto all’improvvisa sensazione di abbandono. Abbandono da parte di chi? Ovvio… Arcadipane, Bramard e Isa. Mi hanno lasciata qui, a chiedermi cosa succederà adesso, se li rivedrò, come li rivedrò e quando li rivedrò. Ormai è un gruppo di amici con i quali mi piace passare del tempo, prendere un caffè e farmi una chiacchierata, mi mancano già a livelli indicibili!
Ma veniamo alle cose importanti: Davide Longo è uno dei migliori scrittori di noir che abbiamo in Italia. E’ riuscito a dar vita a due personaggi tanto diversi tra loro, quanto complementari. Arcadipane: commissario di rara sensibilità e intuizione. Incasinato (tanto) sia nella vita privata che in quella professionale, ma capace di risolvere un caso proprio grazie alle sue doti speciali. Bramard: mentore di Arcadipane, suo maestro e amico, un uomo burbero, ombroso, ma sempre presente, nel bene e nel male. Intorno a loro non possono mancare donne forti e indipendenti, abbiamo Isa (che ho già definito la nostra Lisbeth Salander), e Ariel la terapista di Arcadipane, una tipetta sui generis che abbiamo conosciuto nel secondo libro della trilogia “Le bestie giovani”.
In questa nuova avventura Arcadipane si trova coinvolto in uno strano episodio di violenza. Un caso apparentemente semplice, ma niente è come sembra, no? Il commissario dovrà a scontrarsi con un mondo a lui sconosciuto, quello del dark web, in un gioco folle e mortale che lo metterà a dura prova.
Che devo dirvi? Se non l’avete già fatto, correte a comprare tutta la trilogia, io, da parte mia, vado a rincantucciarmi in un angolo a morire di solitudine!
Non ho letto i precedenti di Una rabbia semplice (ma lo farò subito!), eppure non ho avuto alcuna difficoltà a entrare nella storia e avvicinarmi ai personaggi del Commissario Arcadipane, del suo mentore Bramard, e altri. Ho trovato la scrittura di Davide Longo scarna, asciutta, essenziale, molto vicina a quella di Raymond Carver, un linguaggio letterario molto simile a quello pittorico di Edward Hopper. E come gli avventori dei fast foods notturni dipinti da Hopper, anche i personaggi di Davide Longo si aggirano solitari in una Torino brumosa e alienante. Bellissima anche la descrizione del contrasto tra una generazione urbana iper tecnologica e quella incredibilmente arretrata degli immediati dintorni della città. Gli uni e gli altri alienati e sconfitti da una vita che non riescono a cavalcare con sentimenti di speranza e fiducia, ma solo di rassegnazione e.... rabbia.
E' il primo romanzo che ho letto di Davide Longo e mi ha motivata per leggere i primi due. Arcadipane è un uomo complicato e il narratore fa uscire molto bene la sua personalità a tutto tondo. Un uomo fragile, ma un bravo poliziotto. Non troviamo solo la profondità della caratterizzazione dei personaggi, ma anche la parte gialla è ben strutturata, con bei colpi di scena. Importante anche la descrizione dei paesaggi, soprattutto il Piemonte e, ancora di più, Torino che non è la città regale, colta che di solito ci fanno conoscere gli autori, ma è una Torino più nascosta, quella della periferia. Insomma, Longo è stato per me una nuova e bella conoscenza
Actueel thema (een gevaarlijk online spel) dat echter ondergeschikt lijkt aan de uitwerking van het karakter van de hoofdpersoon, commissaris Arcadipane. Zijn huwelijk is geëindigd, hij heeft amper contact met zijn kinderen en hij mist zijn oude baas Bramard. De ontknoping is ergens onbevredigend en tegelijkertijd precies goed. Het leven is niet perfect.
Het Italiaans van Davide Longo is lastiger te begrijpen dan dat van Maurizio de Giovanni. De stijl van Longo is wat hoekiger. Ook werkt hij graag met elipsen, waardoor je soms denkt “maar wat gebeurde er dan met…?” Gelukkig worden die gaten later wel weer ingevuld.
Arcadipane guarda l'uomo che da vent'anni è il suo sottoposto: sempre in camicia, sempre con la riga, sempre piemontese, sempre puntuale, sempre non in mutua, sempre per bene, sempre d'altri tempi, sempre una rottura di coglioni, sempre senza di lui come farebbe.
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Siccome sono un genio ho iniziato la trilogia del terzo libro. Forse ho fatto bene, e sicuramente recupererò almeno Il caso Bramard.
Un libro con ritmo, non il solito giallo in senso stretto. Più che al mistero si dà spazio alle voci, come quella del commissario Arcadipane. Questa è la perfetta dimostrazione che il giallo moderno non deve per forza basarsi su cento plot twist che ribaltano tutto ad ogni capitolo per tenerti attaccato ad ogni capitolo.
La scrittura è pulita, le immagini e i pensieri sono concreti e hanno un sapore italiano a cui è difficile resistere. Una bella lettura, leggera e non banale dal punto di vista della scrittura.
Good, honest quasi-procedural. Whereby a beautiful study of characters is developed as well as of human lows and very little highs. Main character, detective Arcadipane (Ark of bread, literally), is absolutely fascinating in his reversed features (with respect to a Wallander, for instance) that make of him a negative hero and a loser who wins. Grey atmosphere cold temperatures and three-legged dogs are fundamental parts of this universe. And of course some reflections on the nature of human affairs.
Davide Longo mi ha lasciato veramente sul filo del rasoio fino alle pagine finali. Bravo. Poi un poliziotto piemontese che fa sicuramente concorrenza a tutti quelli che abbiamo letto e magari anche visto sul piccolo schermo. Una ottima lettura che consiglio, per il tema che il libro porta in sé, per la bellezza dei personaggi e la mai abbastanza sottolineata necessità di quanto i genitori siano determinanti per i propri figli (e viceversa).
A mio parere la trama è un po' troppo complessa e strutturata in maniera eccessivamente articolata rispetto agli altri romanzi della serie. L'elemento che più mi piace è la prosa che manda immagini mai banali e molto poetiche; per apprezzarlo, però, bisogna essere in grado di digerire la malinconia che pervade tutte le pagine del romanzo. Nel complesso penso che Davide Longo resti comunque uno scrittore un po' sottovalutato nel panorama italiano.
Che dire? Libro piacevole e scritto bene, trama intrigante, lettura piacevole L’unica cosa che mi fa sorridere è che siamo di fronte all’ennesimo commissario di polizia strampalato, un disadattato geniale, pieno di fisime e di intuizioni. Ma un commissario normale no? Eppure dovrebbe esistere in natura…