Una città pronta a ribellarsi al suo signore. Un uomo di Dio disposto a tutto per ottenere ciò che gli spetta. La nascita del potere dei Visconti, i padroni di Milano. Un romanzo storico che ci rimanda la figura di un uomo oltre che di un simbolo, dove la fragilità e l'umanità sono proprio lo spunto per farne emergere la grandezza. A.D. 1262. Dalle mani di papa Urbano IV, Ottone Visconti riceve finalmente il pastorale di arcivescovo di Milano e, con esso, la cattedra ambita e ricchissima di sant'Ambrogio. È il coronamento di una vita di intrighi e menzogne, che Ottone ha condotto al fianco del diabolico cardinale Ottaviano degli Ubaldini. Ma c'è chi non vede di buon occhio questa investitura: i potenti guelfi della Torre irrompono armati in chiesa al termine della consacrazione. Sono loro a dominare sulla città meneghina, e non intendono rinunciare allo scranno vescovile nemmeno a costo di disubbidire al papa. Ottone, esiliato dalla città che dovrebbe guidare come arcivescovo, comprende di avere solo una via per ottenere ciò che gli spetta: radunare con l'astuzia e la diplomazia tutti i nemici dei della Torre e prendersi Milano con la forza. Nel corso dei quindici lunghi anni di conflitto riemergono i ricordi del passato del Visconti: la sua giovinezza nel monastero di Piacenza tra fughe rocambolesche, i primi amori e le severe punizioni per il rifiuto dell'autorità. L'incontro con il cardinal Ubaldini, eminenza grigia della sua epoca, che indirizza l'originaria vocazione di Ottone verso una carriera di sottigliezze, ricatti politici e tradimenti, sullo sfondo di un amore tormentato. Ma tra guerre continue, sangue versato per ambizione e una crescente solitudine, Ottone dovrà iniziare a fare i conti anche con sé stesso, e solo un gesto di vero coraggio gli permetterà di comprendere per quale motivo stia affrontando quella lotta, e decidere se ne valga davvero la pena.
Livio Gambarini is a philologist and editor, teacher at the creative writing course "Il piacere della scrittura" at the Catholic University of Sacred Heart in Milan (Italy). His works cover a large array of genres, both speculative and realistic, often involving italian Middle Age history.
Livio Gambarini è filologo, editor e insegnante al corso di Alta Formazione "Il piacere della Scrittura" all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. I suoi lavori spaziano dal romanzo storico al fantasy e spesso si focalizzano sulla divulgazione del medioevo italiano.
La storia di Ottone dei Visconti, arcivescovo di Milano e primo signore di Milano della sua casata, nel tredicesimo secolo.
L'epoca dei guelfi e dei ghibellini, del potere temporale del Papa e dei sovrani stranieri che intervenivano nelle questioni delle città italiane. Più nello specifico, l'epoca in cui Milano ebbe due arcivescovi, uno nominato dal papa e uno, secondo la tradizione seguita fino ad allora, dal signore di Milano, il Della Torre. Due arcivescovi provenienti da due sfere differenti, perché Milano era allora la città più grande, popolata e ricca della nazione, e su questa terra l'arcivescovo vantava diritti e rendite cospicue. Col papato che temeva un ingigantimento del potere già notevole dei signori di Milano, e che intendeva porvi un freno in questo modo.
Le cose andarono diversamente, l'arcivescovo Visconti rimase esiliato dalla città per quindici anni durante i quali mosse guerra assieme ai nobili esiliati da Milano alla città e ai Della Torre (un lasso di tempo che vide alternarsi praticamente quattro papi...) e la storia divenne molto più interessante, almeno dal punto di vista di un narratore come nel caso di Livio Gambarini e di Alex Calvi.
Alternando capitoli ambientati nel presente (con Visconti arcivescovo intento a muovere guerra al nemico) e nel passato (con Ottone da giovane, prima novizio e poi camerlengo del Cardinale Ubaldini), seguiamo sia la Storia che la storia dell'uomo Ottone Visconti, dall'idealismo giovanile al cinismo dell'età matura, fino ad arrivare alla saggezza e alla fede dell'anzianità.
La scrittura è scorrevole e il libro non annoia, poi non sapendo io granché la storia milanese ma conoscendo il modus operandi di Livio ho passato la seconda metà della lettura ad attendere di arrivare alla note finali, con le spiegazioni relative all'accuratezza storica del testo e alle libertà poetiche prese durante la stesura del testo.
Ho trovato due difetti principali, però. Il primo è l'età dei personaggi: nel presente l'anzianità di Ottone si deduce solo dalla data del capitolo stesso o da rapide ricerche su wikipedia, altrimenti l'arcivescovo sembrerebbe avere tranquillamente una ventina di anni in meno. Il secondo è che per essere un romanzo storico ho trovato un po' troppo marcata la dicotomia tra i Visconti buoni (malgrado i difetti di Ottone) e i Della Torre sadici e cattivi: non so quanto fossero effettivamente crudeli e finanche sadici, ma a volte sembrava tutto troppo eccessivo, a livello di un Bolton.
Questi difetti comunque (e chiaramente) non mi hanno precluso il piacere della lettura, eh...
3,5 stelline, in realtà. La lettura non mi è dispiaciuta, ma ha avuto capitoli convincenti e altri meno. Non mi riesce di gridare al capolavoro. Sono contento però di aver approfondito la storia della conquista di Milano da parte dei Visconti. Vorrei e dovrei leggere di più sul periodo medioevale e rinascimentale italiano.
Attendevo con ansia il nuovo romanzo di Livio Gambarini... e le mie altissime aspettative non sono state affatto deluse! Non sono una lettrice abituale di romanzi storici e temevo di potermene sentire meno coinvolta, rispetto ad altri libri nella mia comfort zone. Eppure, quando si padroneggia con una tale maestria la scrittura, sia per quanto concerne la tecnica stilistica che l'intreccio, non si può fare altro che donare al pubblico un romanzo degno di tale nome. Il Basso Medioevo della Lombardia del XIII secolo è più avvincente di quanto potessi immaginare: gli intrighi di potere, anche fra i ranghi degli uomini di Chiesa come Ottone, sono feroci e senza esclusione di colpi. Non pensavo che la vita di un arcivescovo di Milano potesse essere tanto complessa e ricca di insidie! Inoltre l'ambientazione storica mi ha dato modo di apprezzare gli eventi ambientati in luoghi che ben conosco e frequento, dandomi l'impressione di essere connessa alla Storia, di avere una cognizione di causa ancora più profonda delle origini della regione in cui abito. Il romanzo non si risparmia nel dipingere la brutale violenza dell'epoca, né si tira indietro quando è il momento di rappresentare scene erotiche più esplicite: niente censure, solo la vera essenza di un'epoca ben distante dalla nostra. Da persona che apprezza il realismo nudo e crudo, non ho potuto che rimanerne affascinata. Ma Ottone non è il solo a cui viene data voce all'interno del romanzo: diversi personaggi si alternano nella narrazione, per fornire punti di vista originali e arricchenti per lo sviluppo stesso degli eventi. Ho molto apprezzato la scelta di dedicare dei capitoli agli antagonisti del romanzo, la famiglia dei Della Torre: uomini privi di scrupoli che fanno uso di una violenza efferata per raggiungere il potere. Entrare nella loro testa è stata un'esperienza degna di nota. E nonostante il periodo storico conceda poco spazio alle donne, qui non vengono messe da parte. E infatti è attorno ad Agnese che ruota la vita di Ottone Visconti, in una scelta narrativa che, in quanto donna, ho apprezzato e che mi ha permesso di vedere il protagonista come ancor più umano e sfaccettato. Altre due figure femminili, seppur minori, sono presenti all'interno del romanzo: in un'epoca dominata dagli uomini e in una storia che li vede come personaggi principali, sono stata felice di trovare donne diverse e intriganti.
Ottone. Il primo dei Visconti Gli autori ci raccontano la guerra con la famiglia Della Torre e gestiscono vari piani temporali e punti di vista per intrecciare la storia personale del primo signore di Milano con le guerre comunali in Lombardia. Ottone ne esce come un personaggio tridimensionale, pieno di difetti e con un cuore grande di cui si dimentica per buona parte della vicenda. Lo vediamo come un ragazzo vivace a Piacenza che cresce e si scontra con la realtà, lo vediamo scandalizzarsi, perdere la fede, corrompersi, amare, disperarsi e cambiare. Un libro molto bello che riesce a raccontare la Storia senza dimenticarsi che un romanzo storico è un romanzo, cioè la vita di personaggi, con il sudore, le lacrime, le risa, le loro emozioni e i pensieri.
Era da un po' che volevo leggere qualcosa di Livio Gambarini, famoso sopratutto per la sua serie fantasy storica su Cavalcanti (che è comunque tra i want to read) e per essere uno dei capofila di quegli autori del fantastico italiano che usano un'ambientazione storica made in Italy: un'operazione che mi piace molto. Ottone è invece un romanzo storico, senza elementi fantastici, ambientato nel XIII secolo in Italia, che come ci dice già il titolo parla di Ottone Visconti, arcivescovo di Milano e, semplificando molto, primo dei Visconti a prendere il potere a Milano. Non lo conoscevo proprio come figura storica ed è quindi l'ennesima prova che la Storia italiana è piena di storie interessanti da recuperare e raccontare, tra l'altro parte delle vicende si svolgono nella mia zona ed è stato strano vedere scritti qua è là e anche nelle note finali, inaspettatamente, il nome di paesi che frequento.
Per dare un giudizio in modo un po' meno caotico del solito, cercherò di semplificare per punti le cose che mi sono piaciute di più e quelle che ho apprezzato meno:
Top 🟢 alternanza tra passato e presente e capitoli con pov di diversi personaggi 🟢 racconto che fa conoscere episodi meno conosciuti della storia italiana 🟢 Gambarini ha la capacità di scrivere scene iconiche che restano nella mente del lettore anche a distanza di tempo, il che è per me un grandissimo pregio 🟢 personaggi principali e protagonista abbastanza ben descritti 🟢 note finali in cui l'autore spiega le licenze storiche che si è preso e le parti che ha inventato
Flop 🔴 il contrasto tra i Visconti e i Della Torre è fin troppo presentato come contrasto tra buoni e cattivi, quando storicamente è sempre difficile che sia così. Anche perché fondamentalmente Della Torre e Visconti volevano la stessa cosa: controllare Milano e trasformarla in una Signoria. Qua i Della Torre sono troppo villan della situazione, impossibile non c’è ne sia uno normale. 🔴 Agnese è un personaggio piacevole ma in alcune occasioni un po' troppo contemporaneo nel modo di agire e pensare
Il giudizio complessivo è sicuramente più che positivo, motivo per cui leggerò altro dell'autore
"Ottone. Il primo dei Visconti" è un romanzo storico di Livio Gambarini, coadiuvato da Alex Calvi, incentrato sulla figura del capostipite della dinastia Visconti, che avrebbe dominato Milano nei secoli successivi. Il romanzo, composto da numerosi punti di vista (anche se quello principale rimarrà proprio quello di Ottone), non ha un andamento lineare, ma procede in modo parallelo su due linee temporali: una che racconta la maturità di Visconti e la sua lotta con i Torriani per il dominio di Milano, e un'altra che racconta la giovinezza di Ottone e la sua relazione con Agnese (personaggio invece di fantasia).
Uno dei punti di forza maggiori del romanzo è costituito proprio dall'intreccio, che, come già anticipato, unisce frequenti cambiamenti di punto di vista e salti temporali. Tuttavia, lungi dal complicare il testo e comprometterne la sua comprensione, la gestione sapiente di questo intreccio complesso permette al contrario di svelare progressivamente tutta una serie di elementi inizialmente solo accennati, con una serie di colpi di scena veramente ben congegnati, tipici anche degli altri romanzi storici dell'autore. Elemento ricorrente di questo romanzo è la conclusione di un capitolo con una questione in sospeso, che verrà spiegata nel capitolo successivo (solitamente riferito a un'altra linea temporale), con un ritorno poi alla linea temporale precedente in cui l'elemento in sospeso è stato efficacemente chiarito: tencica che rende il romanzo molto avvincente e scorrevole. Altro punto di forza è quello della ricostruzione storica, non tanto dal punto di vista meramente nozionistico (aspetto che comunque, al netto delle licenze spiegate dagli autori in una nota finale, rimane impeccabile), quanto piuttosto dal punto di vista di rendere "vivo" quel determinato periodo storico. L'autore riesce a far propri i dati storici e a sfruttarli per ricostruire a tutto tondo la realtà dell'epoca, costruendo una vicenda umana i cui sentimenti e le emozioni sono in grado di parlare direttamente anche alla sensibilità del pubblico moderno. Tuttavia, un aspetto che ho gradito meno è stata la caratterizzazione dei personaggi. Il mio preferito è senza dubbio Agnese, che per certi versi ha molti punti di contatto con la Nera dei precedenti romanzi dell'autore: una donna scaltra ma genuina, molto diretta nel dire ciò che pensa ma anche molto delicata e affettuosa, tratti solo apparentemente contrastanti e che invece contribuiscono a caratterizzare a tutto tondo il personaggio, che buca la pagina fin da subito per entrare nel cuore del lettore. Anche il cardinale Ubaldini risulta essere un personaggio affascinante, machiavellico ante litteram nel suo anteporre gli interessi della Chiesa e dell'"umanità" a quelli individualistici delle singole persone, salvo poi rivelarsi vigliacco, meschino ed egoista quando si tratterà di salvare la sua pelle (contraddizione che ho trovato molto efficace). I due protagonisti-antagonisti, invece, li ho trovati un po' carenti sotto questo punto di vista. Napo della Torre, acerrimo nemico di Ottone, è un personaggio che fin da subito manifesta una crudeltà inaudita (la prima scena in cui compare il suo punto di vista è un vero e proprio pugno allo stomaco). Se questa sua malvagità granitica e monodimensionale, sempre uguale a sé stessa lungo tutto l'arco del romanzo, è funzionale a spingere il lettore a odiarlo e a parteggiare quindi per Ottone, d'altro canto alla lunga risulta stucchevole e poco credibile. Se è vero che nel Medioevo personaggi del genere sono realmente esistiti e che la violenza raggiungeva vette esasperanti per la nostra sensibilità moderna, questa monodimensionalità di Napo lo rende un personaggio a mio avviso poco interessante. Discorso analogo, ma al rovescio, per Ottone, che però soffre di un problema di caratterizzazione duplice in riferimento alle due linee temporali. Per quanto riguarda Ottone giovane, il personaggio è interessante nel suo idealismo e nella sua vivacità, mescolando sacro e profano in modo originale. Tuttavia soffre di un'ingenuità veramente esasperante, al punto che a volte sembra completamente fuori dal mondo nel non rendersi conto di star facendo cose ridicole. Se è vero che questo distacco che si viene a creare tra lettore e personaggio evidenzia bene la "mentalità distorta" dell'uomo medievale, dall'altro lato si crea un problema di immedesimazione. Probabilmente, nelle intenzioni dell'autore, questa ingenuità doveva essere funzionale a rendere evidente il contrasto con Ottone arcivescovo, il quale, influenzato da Ubaldini, sarebbe arrivato a padroneggiare l'arte dell'intrigo e dell'inganno. Tuttavia anche Ottone maturo manifesta un'evidente ingenuità, poco credibile con il ruolo che ricopre e con l'astuzia che Ubaldini gli avrebbe dovuto insegnare; e se è vero che questa ingenuità rappresenta un filo rosso che unisce Ottone giovane e Ottone arcivescovo, è anche vero che rende le due versioni di questo personaggio poco interessanti di per sé. Di conseguenza, l'intero romanzo sembra essere per certi versi una sorta di agiografia di Ottone Visconti, il buono della vicenda, in contrasto con il cattivissimo Napo. Se anche questo riproducesse fedelmente il carattere dei personaggi storici realmente esistenti, questa suddivisione eccessivamente manichea rischia di essere stucchevole per il lettore moderno, molto più abituato e interessato a personaggi grigi, che abbiano in sé elementi sia di malvagità che di bontà. Certo, nel corso del romanzo vengono attribuiti a Ottone vari difetti e atteggiamenti discutibili, ma questi risultano eccessivamente circostanziati (oltre che attribuibili più a Ubaldini che a Ottone stesso) per rendere Ottone un personaggio veramente "grigio" (cosa che me lo avrebbe fatto apprezzare di più).
In ogni caso, a prescindere da queste mie considerazioni personali su quello che ho apprezzato o meno dei personaggi, "Ottone. Il primo dei Visconti" è in fin dei conti un romanzo storico veramente ottimo, che intrattiene e allo stesso tempo arricchisce raccontando in maniera umana un frammento di storia medievale italiana. Notevole il fatto che, pur nutrendo veramente scarso interesse per questa specifica vicenda storica, il romanzo mi ha appassionato più di quanto mi aspettassi. Consigliato a chi cerca un intreccio ben congegnato e una vicenda che, con le sue tinte forti, sappia tenere incollati alle pagine.
Un gran romanzo storico, frutto di un'accurata ricerca e di un laborioso intreccio narrativo. Ho trovato particolarmente azzeccati, infatti, i cambi temporali tra un capitolo e l'altro e i differenti punti di vista scelti. L'arco di trasformazione di Ottone, in completo contrasto con quello decadente di Napo della Torre, risalta nelle decisioni che prende e nei ricordi che rivive in una storia che parla sì di fede, ma soprattutto di amore e amicizia.
Lo stile è perfetto, scorrevole ma ricercato. I dettagli storici sono selezionati ad arte e sempre interessanti. Avrei gradito forse un approfondimento sul cardinale Ubaldini, ma probabilmente sono io che ho un debole per queste figure incredibilmente pragmatiche e calcolatrici (eheh).
Ho apprezzato anche la postfazione, dove vengono spiegati tutti i punti in cui la narrativa ha deviato dagli avvenimenti storici e di come gli autori abbiano dovuto scegliere tra fonti in contrasto sui fatti accaduti. Insomma, lo consiglio vivamente a tutti i fan del genere e non!
Io non amo i romanzi storici, non sono una lettrice in target per il presente libro, infatti non ho empatizzato subito con il protagonista, tuttavia lo stile di scrittura e la particolarità dell’intreccio mi hanno catturata, tanto da definire questa esperienza di lettura una delle migliori degli ultimi mesi. La sensazione dopo aver concluso questo romanzo è quella, piacevolissima, di compiutezza e appagamento. Non rimangono questioni in sospeso, ogni tassello va al suo posto e assistiamo al perfezionamento di un arco eroico. Questa storia si sviluppa su due linee temporali: quella dell’Ottone adulto, ambizioso, senza scrupoli, che agisce per avidità, e quella del giovane Ottone, compassionevole, gioioso, mosso dalla fede e da grandi ideali. Questo artificio assolve a una duplice funzione: quella di creare una progressiva curiosità nel lettore, che si interroga su come il protagonista possa essere diventato un corrotto manipolatore, e quella di costruire l’empatia nei confronti dello stesso. Si comprende allora come ogni minimo dettaglio sia stato progettato per sortire un determinato effetto e questo significa scrivere! Un’attenzione particolare la voglio riservare all’incipit, che è condotto in maniera magistrale e contiene: i tratti salienti della personalità del protagonista e quindi subito il suo difetto fatale; l’obiettivo esterno e l’ostacolo, che fanno innescare la giusta dose di conflitto; la costruzione dell’empatia, fondata sul presupposto che Ottone è un poco di buono, ma gli altri cardinali sono molto peggio; infine abbiamo anche il delinearsi di un conflitto di relazione causato dal fatal flaw del protagonista. Praticamente, esecuzione da manuale. Da un punto di vista strutturale, abbiamo due archi opposti: quello principale (presente) che mostra la redenzione di Ottone, quello secondario (passato), la sua deriva. Esattamente ad un quarto di trama, abbiamo il punto di svolta nella prima timeline, e l’incidente scatenante che porta alla fine della fanciullezza di Ottone, nella seconda. Nel mid point, tutto va a rotoli: in protagonista si trova faccia a faccia con il nemico e perde la battaglia di Arona, mentre nell’altra linea temporale, è il conflitto interno a prendere il sopravvento e Ottone perde tutto ciò che gli sta più a cuore. Il terzo atto invece rappresenta la risoluzione per entrambe le linee. Altro aspetto lodevole è la gestione rigorosa del punto di vista, che viene assegnato a più personaggi (sette per l’esattezza), anche se secondari, per andare a colmare deficit informativi causati dalla focalizzazione interna al protagonista. In altre parole, invece di fornirci le informazioni di cui noi lettori abbiamo bisogno per seguire bene la storia, attraverso dei noiosissimi infodump, o affidandole a personaggi che ci raccontano cose non accadute in scena, di capitolo in capitolo il pov si alterna da un personaggio all’altro, per farci vivere ogni istante in prima persona e permetterci di carpire direttamente dalla scena, i dettagli fondamentali per comprendere ogni passaggio. I personaggi sono ben costruiti e credibili, grazie a un’ottima applicazione del filtro psicologico (soprattutto per quel che riguarda Ottone e il suo antagonista Napo), così come il contesto storico in cui sono inseriti. È evidente l’accuratezza della documentazione a monte della scrittura e il buon equilibrio tra storicità e parti romanzate. Ciò che gli autori hanno cercato di fare è rimpinguare avvenimenti storici di motivazione ed emozione, creando un’anima a personaggi storici altrimenti persi nel tempo. Se non fosse stato introdotto il personaggio fittizio di Agnese, la storia non avrebbe avuto spessore, né un significato che valesse la pena. Agnese rappresenta la coscienza di Ottone, la verità profonda che lui ha cercato di nascondere tutta la vita, l’amore e l’ispirazione. Sono molti i messaggi racchiusi in quest’opera. Gli autori hanno disseminato nei dialoghi delle massime, delle frasi importanti che vanno a costituire significato per i lettori più attenti: “tutto ciò che viene lasciato alle circostanze andrà storto”; “le spade più utili sono quelle che restano nel loro fodero”; “nessun uomo è innocente su questa terra”; “l’Onnipotente non manda mai sfide che non possiamo superare”, e “gli affamati di potere sono la rovina della chiesa”, che sa molto di premessa tematica. Tutto questo apprezzamento significa che quest’opera è perfetta? Certo che no, la perfezione non è cosa di questo mondo. Soprattutto nella parte iniziale di questo romanzo troviamo dei brevi infodump; sono presenti alcune stampelle temporali e qualche avverbio in mente qua e là, tutte infrazioni volute e usate consapevolmente, per agevolare la fluidità della lettura. Lo stile prevalentemente trasparente, fondato sulla concretezza, la specificità e la corretta applicazione del filtro psicologico, mantiene costante l’immersività del lettore. Vi è un unico punto della trama che non mi ha convinto, e cioè la rivelazione dei veri sentimenti di Tedaldo per Agnese e per lo stesso Ottone, momento che avrebbe dovuto fungere da colpo di scena, ma che invece non ha sortito questo effetto perché, a mio avviso, non è stata fatta una corretta semina in precedenza. Il triangolo amoroso mi è parso un cliché non ben integrato nella narrazione. Concludo dicendo che questo romanzo è oggettivamente un esempio di buona scrittura, capace di varcare la soglia del gusto personale. Sono felice di averlo letto e lo consiglierò a tutti coloro che vogliano crescere e affermarsi nell’arte della narrativa.
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Scadente e amatoriale. Personaggi caratterizzati in modo banale, dialoghi infarciti di espressioni vetuste, payoff senza semine. Ci si aspetta di meglio al prossimo giro.
Partiamo dal presupposto che non sono un grandissimo lettore di romanzi storici. Ne ho letto sì alcuni, ma non me ne ritengo in alcun modo un esperto.
Questo libro è stato in grado di fiondarmi fin dalla prima pagina in un periodo molto distante al nostro, sia per cultura che proprio per una questione di tempo storico. Le vicende narrate si svolgono infatti nel tredicesimo secolo, dove seguiamo le vicende di Ottone Visconti.
La storia inizia proprio nel 1262, con la cerimonia per la consacrazione di Ottone ad arcivescovo, per poi ramificarsi nei capitoli successivi tra passato e futuro, in un magistrale flusso che ci porta pagina per pagina a capire sempre più cose sul protagonista, ma anche sui personaggi secondari. Sì, perché quello di Ottone non è l'unico punto di vista utilizzato, ce ne sono diversi altri, molto utili a diversificare la storia e fornire al lettore dettagli importanti.
Anche grazie a questo, l'intreccio è il punto forte di questo romanzo: una storia perfettamente orchestrata e per nulla banale, nella quale ogni tassello lasciato sparso per i capitoli trova posto nel finale. Ogni singola domanda che un lettore può farsi leggendo questo testo troverà, in una certa pagina, una risposta, e ritengo che questo sia un punto davvero a favore di quest'opera, che la contraddistingue da molti (troppi) altri libri che ho letto.
Una storia di amore, amicizia, fede, peccato, redenzione, guerra e tradimenti, dietro la quale c'è stato sicuramente un grande, grandissimo, studio, sia per quanto riguarda la strutturazione del romanzo, sia per gli interessantissimi dettagli storici.
A mio parere non raggiunge le 5 stelle piene, seppur davvero di poco, ma resta il fatto che sia una grandissima opera, una delle migliori che abbia letto negli ultimi tempi e di gran lunga il miglior romanzo storico sul quale abbia, ad oggi, posato gli occhi sopra.
Un romanzo storico ben scritto e ben amalgamato nello stile, anche se forse, conoscendo uno degli autori, un po' si nota la mano di uno o dell'altro. Ho trovato la figura di Agnese forse un po' troppo "moderna". Non ho gli strumenti per giudicare l'accuratezza storica (che comunque non metto in dubbio), tuttavia ho la sensazione che questa sia stata po' sacrificata a favore di una caratterizzazione più adatta ai lettori del 2020. Una scelta sicuramente comprensibile. Al di là di questo, quello che un po' mi è mancato è stato il percorso di Agnese che la porta a lasciare Ottone. Sembra che lei dia di matto dal nulla. Così come ci viene mostrato come Ottone si trasformi in una persona deprecabile, così mi sarebbe piaciuto che gli autori ci avessero accompagnato un po' di più nella percezione che Agnese matura nei confronti del suo compagno. La storia si svolge in maniera abbastanza lineare, senza soverchianti colpi di scena. Buono l'intreccio, che mostra come gli avvenimenti nel periodo nella narrazione siano conseguenza di qualche cosa che è successo nel passato. Dal punto di vista personale, il fatto che il villain e i suoi obiettivi siano palesi fin dall'inizio rende tutta la vicenda meno accattivante, insomma manca quella componente di mistero che venga rivelata solo nel finale. Al di là di tutto questo, una lettura senza dubbio gradevole, interessante e consigliata. Soprattutto chi vive nelle zone interessate dalla vicenda non mancherà di riconoscerne i luoghi.
Un graditissimo ritorno al romanzo storico! La struttura scelta dagli autori tiene avvinghiati alla storia perché tutto viene svelato al momento giusto; il worldbuilding è secondo me realizzato in modo ottimo, il linguaggio scelto favorisce non poco l'immersione e anche i personaggi sono funzionali e ben costruiti, a cominciare ovviamente da Ottone - anche se io tendo a essere affascinato più dalle logiche che muovono gli antagonisti.
Una cosa che mi ha sorpreso è stata infatti la gestione di Napo della Torre: mi è piaciuto molto come personaggio, soprattutto nel suo rapporto morboso con la sadica Margherita, però me lo sarei aspettato più "grigio", un po' meno prestato al gioco del buoni contro cattivi. Premetto però che non conosco la storia reale dei personaggi, e che in generale la ricostruzione storica del romanzo è meticolosa, merce purtroppo rara di questi tempi.
In più, da strenuo avversario del politically correct e di ogni forma di censura, ho apprezzato davvero tantissimo il fatto che gli autori non siano scesi a compromessi nel delineare i loro personaggi, benché certi temi siano inevitabilmente scabrosi quando si parla di Medioevo (un esempio su tutti, gli stupri di guerra descritti da chi li commetteva).
Insomma, un titolo consigliatissimo per i lettori del genere storico!
Letto dopo aver concluso la papessa di Milano, senza rendermi conto che questo fosse il primo di una saga che andrà a costruirsi nel tempo. Comunque, nonostante fosse un personaggio per me meno interessante di Matteo Visconti, ho decido di dargli un'occasione. Il libro non mi ha affatto deluso. La storia si stende su più archi temporali, alternando passato/presente e diversi POV, ma lo fa senza creare confusione. Anzi. la storia diventa più interessante e intrigante. Ottone è un personaggio ben costruito e, anche se compie scelte tutt'altro che condivisibili, alla fine ci si affeziona. Ha un evoluzione forse non immediatamente evidente, ma comprensibile per l'epoca. lo scontro per la conquista di Milano rimane il fulcro ed è molto funzionale poter assaporare le vicende con il POV dell'antagonista Napo della Torre. Livio è un maestro nell'arte dello scrivere e nel costruire trame e si vede in ogni parola, in ogni pagina scelta. è una garanzia per chi come me vuole imparare qualcosa "sul campo". Sicuramente consigliato, soprattutto da leggere prima della papessa per potersela gustare al meglio. unico difetto: forse alcune parti sono "in più" o rese con lentezza. per il resto ho apprezzato l'apparizione di altri personaggi storici e soprattutto la parte di Ottone giovane, con l'amicizia di Tebaldo, Agnese e il monastero. Se ne vorrebbe sempre di più.
Ottone il Primo dei Visconti è dal punto di vista tecnico e stilistico, il miglior libro di Gambarini. L'intreccio è costruito magistralmente in un continuo alternarsi di passato e presente, in una catena di domande e risposte di come un onesto novizio sia diventato il braccio destro dell'infame Cardinal Ubaldini e di come, mentre lottava per il seggio di Arcivescovo di Milano contro la potente famiglia dei Della Torre, abbia trovato una sua redenzione. Gambarini riesce ad accompagnare il lettore attraverso la vita di un'uomo, nella sua caduta verso l'abbruttimento e il "male" e, nel farlo confrontare contro un male peggiore di lui, di come la vita possa riservare sorprese sconvolgenti. Ottima ricostruzione storica ma, forse ancora di più, ottimo romanzo.
Ottone Visconti, neonominato Arcivescovo di Milano, viene sfidato da Napo della Torre, capo della famiglia Guelfa che detiene il potere temporale sulla città. Questo l'episodio che da il via alla vicenda, che ricostruisce gli eventi storici e le battaglie che portarono i Visconti a dominare Milano. Il romanzo, grazie alla sapiente alternanza di due differenti linee temporali, ci racconta le vicende dell'uomo Ottone, dalla sua giovinezza all'ingresso vittorioso nella città di Milano, mostrandoci le sue debolezze, la sua forza e le sue aspirazioni. Un bel libro che, oltre a accrescere le cnoscenze storiche, ci regala emozioni e ci restituisce l'umanità di un grande personaggio storico.
Il romanzo storico non è tra i miei generi preferiti, quindi raramente mi cattura. Ma questo romanzo è stata una piacevole eccezione. Gli autori sanno tenere il lettore incollato alle pagine con un ritmo sempre incalzante. I cali di tensione, sono pochi e ben integrati, perfettamente funzionali allo scorrere della storia. Ho abbastanza apprezzato anche la parentesi amorosa, io che di solito non amo le storie d'amore. 420 pagine che scivolano via come fossero la metà. Consigliatissimo.
Un libro davvero ben scritto, in cui è possibile percepire il cambiamento del protagonista, Ottone Visconti, dalla prima pagina fino all'ultima. L'ambientazione è immersiva e davvero accurata, trasmette tutto il pathos di una vicenda storica generalmente trascurata e che, invece, vale assolutamente la pena di approfondire. Questo romanzo è il perfetto punto di partenza in questo senso, bravo Livio!
Le vicende della vita di Ottone Visconti, tra fedele ricostruzione storica e un pizzico di fantasia. Un percorso di ascese e discese politiche e morali. Ricco di colpi di scena, scritto in modo scorrevole e avvincente, il romanzo ci porta nella Lombardia del XIII secolo, epoca impregnata di una morale e di valori forse solo apparentemente lontani da quelli dei nostri giorni. I personaggi sono assolutamente reali, vivi e ciascuno a modo suo ha molto da dirci.
Che delusione. Mi aspettavo di più, soprattutto avendo sentito/letto lodi sperticate a favore, soprattutto, di Gambarini. Quello che ho trovato è stato la versione scritta di uno sceneggiato Rai a sfondo storico. Dicotomia puerile tra buoni e cattivi, nessuna caratterizzazione degna di nota, solo linguaggio ampolloso e uso del dialetto per provare a dare profondità a descrizioni storiche e ambientali parche. Intrattiene, sì, ma niente di più.
Una lettura piacevolmente scorrevole, semplice ed elegante. L'architettura dei capitoli, non eccessivamente lunghi, invoglia il lettore a continuare la lettura. Il flusso informativo è ben equilibrato con la trama. Un esempio perfetto di buona narrativa italiana contemporanea. Lo consiglio caldamente.
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Racconto romanzato della conquista di Milano da parte di Ottone Visconti. Il romanzo copre, sebbene non in modo lineare, il periodo compreso tra il 1223 e il 1277. Avvincente, crudo. Sono teatro delle vicende narrate i territori che si affacciano su Lago Maggiore e/o situate a nord di Milano. Aria di casa.
Libro molto interessante e piacevole. Scritto benissimo, anche troppo: a tratti c’ Un eccesso di termini ampollosi. Geniale l’idea della struttura narrativa.
Bellissimo romanzo storico ambientato nel medioevo italiano. Speriamo sia il preludio di una saga sulla famiglia Visconti, il materiale su cui scrivere non manca di certo. Consigliato assolutamente!!
Focalizzato sulle vicende di Ottone, capostipite della dinastia milanese dei Visconti, con sullo sfondo alcuni eventi che tessono il complicato arazzo del Duecento italiano, uno dei punti di forza di questo romanzo sta nell'essere scorrevole e "vivido", capace di catturare con uno stile narrativo incalzante e una ricostruzione storica molto attenta anche agli aspetti materiali. Quest'ultimo è un aspetto molto positivo perché permette al lettore di sentirsi immerso nell'epoca, di respirarla a pieni polmoni, anche se a volte si tende troppo a dare spazio a dettagli irrilevanti per la trama o trascurarne altri che darebbero una visione più ampia della scena, ma che esulano dalla sfera percettiva del personaggio POV (come ad esempio nella descrizione della battaglia di Angera). Altre due pecche sono la caratterizzazione davvero troppo manichea dei personaggi, soprattutto Ottone e Napo della Torre - rispettivamente il "buono" e il "cattivo" della vicenda - e alcune oscillazioni del registro narrativo tra troppo aulico e troppo contemporaneo (dovuta forse al fatto che il romanzo è stato scritto a due mani?). Non mancano tuttavia scene emozionanti, soprattutto nell'ultima parte: raramente ricordo i finali dei libri che leggo, ma quello di Ottone mi è rimasto impresso. Al netto di qualche piccola "pecca", ho davvero apprezzato la trama e il modo in cui l'intreccio è stato costruito, alternando diversi piani temporali e svelando i retroscena a poco a poco.