Venezia, 1940. L’Italia è entrata in guerra da quattro mesi, troppo pochi perché si sentano i morsi della fame, troppi per chi aveva creduto che sarebbe durata qualche settimana. Ma ciò che brucia alla Comunità ebraica della città sono le leggi razziali che hanno sconvolto l’esistenza di tutti i suoi membri. È per questo che hanno acquistato un edificio che possa ospitare alunni e professori a cui il regime impedisce di frequentare le scuole pubbliche. Ma proprio lì, nella biblioteca, un pomeriggio, il segretario scopre il cadavere di Ida Forti, professoressa di lettere antiche, uccisa da un colpo in testa inferto con una statuetta del Duce. È l’inizio di un’indagine che viene affidata al vicequestore Gigli, il quale ha una gran fretta di concluderla, tanto che in tempi brevissimi annuncia il nome dell’assassino. Ma la soluzione del caso non convince il suo sottoposto, il maresciallo Russo. Sarà lui a condurre un’inchiesta parallela che porterà alla luce segreti e misteri, fino al sorprendente finale. Sullo sfondo di una città magica, un giallo avvincente e appassionante che scava, con grande garbo, nei meandri più oscuri dell’animo umano.
https://thrillernord.it/il-sesto-coma... “Il sesto comandamento” è un solido giallo la cui trama si inserisce perfettamente nella cornice storica di grande interesse e di forte impatto in cui è ambientato.
Consapevole che, come affermava Umberto Eco, “quello che non si può teorizzare si deve narrare”, la professoressa Anna Vera Sullam, dopo aver scritto saggi sulla discriminazione degli ebrei esordisce nella narrativa gialla coniugando l’argomento delle sue ricerche ad una storia poliziesca che come i migliori esempi del genere illustra i guasti e le storture della società.
Il 6 ottobre del 1938 il Gran Consiglio del Fascismo approvò la “Dichiarazione sulla razza” che di fatto segnò l’inizio ufficiale delle persecuzioni antisemitiche in Italia.
Dopo aver denunciato le politiche razziali naziste nel famoso discorso di Bari del 1934 dove asserì che
“Trenta secoli di storia ci permettono di guardare con sovrana pietà talune dottrine di oltr’Alpe, sostenute dalla progenie di gente che ignorava la scrittura, con la quale tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva Cesare, Virgilio e Augusto”,
Mussolini rapidamente si allineò alla linea hitleriana e inasprì la legislazione razziale sino ad arrivare al nefasto provvedimento che mise la popolazione ebraica in una posizione di estrema debolezza causata da tantissime restrizioni pensate per rendere loro la vita sempre più difficile.
Due anni dopo questa data così dolorosa, alcuni mesi dopo l’ingresso dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, a Venezia in una scuola ebraica viene trovata morta un’anziana e professoressa uccisa con un busto del Duce.
Rapidamente le indagini individuano un colpevole perfetto, un pittore ebreo, straniero e che viveva di elemosine che dopo alcune resistenze confessa e poi si uccide.
Tutto sembra risolto con grande soddisfazione degli ambienti politici anche se tanti indizi sembrano suggerire un’altra ipotesi rifiutata completamente dall’ottuso vicequestore che mira solo a fare carriera.
Soltanto il maresciallo Giuseppe Russo che, come Blaise Pascal, sa che il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce, cerca testardamente la verità malgrado rischi la carriera e con l’aiuto di due impiegati della scuola Rodolfo Donati e Stella Lampronti, segretario e dattilografa, vaglia e mette in fila piccole sfasature investigative, discrepanze tra varie testimonianze e la cornice psicologica del delitto per costruire una teoria alternativa sorprendente che sovverte ogni dichiarazione ufficiale.
La tessitura narrativa di genere è costruita con molta bravura, motivando ogni movente con attenzione e dando ai personaggi credibilità e realismo in uno scenario storico reso intrigante dalla perfetta conoscenza dell’argomento da parte di Anna Vera Sullam.
La struttura del giallo è articolata seguendo i vari punti di vista dei protagonisti creando una rete di interpretazioni della realtà mettono in luce tantissimi aspetti della vita di quel tragico periodo.
E’ infatti la comunità ebraica veneziana, che gravita sul Ghetto, il più antico del mondo, la vera protagonista del romanzo e Anna Vera Sullam la mostra in tutti i suoi aspetti, con un netto sentimento di pietà e di rispetto.
In questo opprimente contesto dove una denuncia potrebbe costare il posto o il confino il maresciallo Russo cerca di indagare contro gli ordini dei superiori che tentano di insabbiare qualsiasi tentativo di raggiungere la verità.
“Rilessi dieci volte i pochi libri in mio possesso, dei polizieschi che avevo letto e riletto” dice Giuseppe Russo “chiedendomi perché in quelle storie gli investigatori riuscissero a smascherare i colpevoli senza dover pagare pegno per il loro acume. Perché in quelle pagine il bene trionfasse sempre sul male e i delitti fossero puniti in modo esemplare, mentre io stavo per venire schiacciato da una macchina burocratica tanto più forte di me e con cui mi ero incautamente scontrato.”
Il titolo “Il sesto comandamento” si riferisce ad una strana divergenza tra i comandamenti nella tradizione cattolica e in quella ebraica in quanto nella prima il sesto comandamento è “Non commettere atti impuri” mentre per gli ebrei è “Non uccidere” e questa discrepanza diventa molto importante nell’inchiesta condotta assieme ai due esponenti della comunità ebraica che gli consentono sia di superare tanti pregiudizi sia di comprendere meglio e decifrare le peculiarità di questo contesto culturale tanto antico quanto particolare.
Nella cornice di un'umida e magica Venezia all'inizio della seconda guerra mondiale, la tranquillità della comunità ebraica viene sconvolta dall'inspiegabile omicidio di una professoressa di lettere antiche. È dalla frettolosa (e quasi banale) risoluzione del crimine che però ha inizio la vera indagine, condotta da una bizzarra coppia: Giuseppe Russo, maresciallo della questura di Venezia, e Rodolfo Donati, segretario della scuola ebraica. Due persone sincere, genuine ed amanti della giustizia che riescono a vedere oltre alla paura, alle disuguaglianze e al disprezzo, dovuto alle leggi razziali, che porterà la guerra. Un romanzo giallo (e non thriller!) ben costruito e collocato in uno spaccato storico a me poco conosciuto, che riesce perfettamente a trattare una tematica delicata come la discriminazione razziale, accompagnata ad un disprezzo palpabile che nella cornice di Venezia si mischia ad un'indagine investigativa che andrà a scavare nei lati oscuri dell'animo umano. La caratteristica più originale è sicuramente la narrazione della storia attraverso i punti di vista dei vari protagonisti, che si alternano aggiungendo particolari e sfumature differenti che ci permetteno di ricostruire la storia lungo il filo temporale. Una narrazione originale e insolita che nelle prime pagine disorienta ma che, una volta ingranata, scorre senza fronzoli con grande fluidità.
Un giallo molto garbato, a tratti un po' naive, ma comunque piacevole, e con un'ottima ricostruzione storica del ghetto di Venezia e dell'inizio delle persecuzioni razziali.
Siamo a Venezia, 1940, primo anno della guerra, terzo anno delle leggi razziali, un omicidio anomalo consumato nell'ambiente ebreo. Lo risolve la polizia senza grandi problemi, però a qualcuno restano grandi dubbi. Uno è il maresciallo Russo che continua a indagare ma non ufficialmente, poi c'è il segretario e la dattilografa della scuola ebraica. Indagano fino a scoprire il vero assassino, nessuno dei primi indiziati. Nel frattempo i personaggi vivono la loro vita quotidiana, dove un ebreo non può più andare a scuola, non può lavorare, non può far lavorare, non può fidanzarsi né sposarsi. Nello stesso tempo siamo nel primo anno di guerra, con la retorica della vittoria e i primi razionamenti. Le indagini si compiono attraversando la vita quotidiana del ghetto, della scuola ebraica e di Venezia tutta.
Un giallo ben costruito, che si snoda tra la storia italiana e personaggi ben delineati. Con innegabile maestria l'autrice riesce a portare il lettore tra le calli di Venezia e la vicenda che dà vita al romanzo. Particolarmente significativa la scelta del periodo storico narrato. non amo i gialli, ma è un libro che si legge con piacere.
Non avevo mai letto un giallo/thriller. La scrittura non mi ha fatto impazzire e sono arrivata alla fine che ancora non riesco a distinguere Padovani da Pisani. Carino ma niente di eccezionale.