À Serra de’ Conti, sur les collines des Marches italiennes, Lupo et Nicola vivent dans une famille pauvre et sans amour. Fils du boulanger Luigi Ceresa, le jeune Lupo, fier et rebelle, s’est donné pour mission de protéger son petit frère Nicola, trop fragile, trop délicat avec son visage de prince. Flanqués de leur loup apprivoisé, les deux frères survivent grâce à l’affection indestructible qui les unit. Leur destin est intimement lié à celui de Zari, dite Soeur Clara, née au lointain Soudan et abbesse respectée du couvent de Serra de’ Conti. Car un mensonge sépare les frères et un secret se cache derrière les murs du monastère. Alors que souffle le vent de l’Histoire, et que la Grande Guerre vient ébranler l’Italie, le jour viendra où il leur faudra affronter la vérité.
Dans une langue aussi tendre et rude que l’amour entre deux frères, Giulia Caminito donne voix à des personnages intenses en lutte face au chaos du monde.
Giulia Caminito è nata a Roma nel 1988 e si è laureata in Filosofia politica. Ha esordito con il romanzo La Grande A (Giunti 2016, Premio Bagutta opera prima, Premio Berto e Premio Brancati giovani), seguito nel 2019 da Un giorno verrà (Bompiani, Premio Fiesole Under 40).
Ho terminato la lettura del libro, l'ho chiuso, ho fissato il vuoto per un attimo. Ho pensato: "E adesso?", la sensazione del sentirsi orfani. La risposta è venuta da sé: "Lo ricomincio". Sono tornata indietro, l'ho riaperto alla prima pagina, ho iniziato a leggerlo di nuovo. "Un giorno verrà" è un libro *bello*, nel senso profondo del termine. Al punto che prima di scrivere devo cercare di capire da dove cominciare. Mi capita raramente di sentirmi orfana quando chiudo un libro. Stavolta è successo, tant'è che l'ho riletto e dopo averlo finito per la seconda volta non riesco ancora a metterlo via. Mi sembrerebbe di mettere in uno scaffale degli amici, perché questo ormai sono diventati i protagonisti di questo libro. Lupo e Nicola, in primis, ma anche il piccolo mondo di personaggi più o meno marginali che affollano il borgo di Serra de' Conti. Premessa: io abito vicino a Serra, a una mezz'ora di macchina (non per niente ho sentito il dovere, al termine della prima lettura, di andare in paese a fare un giro). Questo non so se abbia in parte influito sulla mia percezione complessiva del romanzo, di sicuro mi ha aiutato a immedesimarmi perché quei posti e quella campagna li conosco benissimo e li ho sempre amati. Proprio per questo posso confermare che l'autrice ha fatto un ottimo lavoro, riuscendo a dare voce a una realtà provinciale e contadina che ben poco è cambiata nel corso dei secoli. Dicevamo dei protagonisti e, più in generale, dei personaggi. Ognuno di loro ha una sua voce, anche quelli secondari come Antonio e Adelaide. Il grosso pregio della scrittura di Giulia è il suo riuscire a pennellarli, letteralmente a crearli con pochi tratti. Non si tratta di figure dipinte su uno sfondo, ma di ragazzi che soffrono e vivono al pari dei personaggi principali. Alle loro vicende viene dedicato lo spazio necessario a mandare avanti la narrazione, ma il lettore non fatica a immaginare quel che deve essere stata la loro vita passata, il loro intimo. Se già dei personaggi marginali fanno questo effetto, lascio immaginare quale sia l'impatto sul lettore dei protagonisti. Lupo. Lupo è un personaggio che è pura fiamma, di una vitalità che a volte fa male. Un personaggio a volte rabbioso, violento, ma generoso e dal cuore onesto, animato da una fiamma interiore e guidato da una bussola che gli indica il cammino. Impossibile non guardarlo, seguirlo, amarlo. Impossibile non soffrire della sua sofferenza, non piangere negli attimi in cui la sua fragilità emerge. E poi c'è Nicola, che di Lupo è l'esatto opposto e che la sua vera forza la rivela pian piano, con lo scorrere delle pagine. Un bambino fuori posto, fragile come vetro, spaventato da tutto e anche da se stesso, che vede in Lupo il mondo. Ecco, se è impossibile non seguire Lupo nel suo percorso, con Nicola è impossibile non empatizzare. E' l'emblema di debolezze che ognuno di noi ha o ha avuto, e della forza di superarle. Un personaggio che ho trovato meraviglioso e splendidamente descritto. Lo sono anche gli altri, certo, ma con lui la capacità immaginifica della scrittura di Giulia si esplicita in modo particolare. Non faccio spoiler, ma il capitolo 7 e seguenti mi hanno ridotta a un colabrodo emotivo. Quasi a sé stanti sono i capitoli dedicati alla Moretta, alias suor Clara, che sembra un po' l'anima di Serra de' Conti. A sé stanti perché ambientati nel chiuso di un monastero di clausura (a parte il primo a lei dedicato, eccezionale, che fa quasi romanzo a parte), si staccano in parte da quelli ad ambientazione paesana eppure riescono in modo efficacissimo a esserne contraltare e complemento. Da un lato la vita di paese con le sue miserie, la povertà ma anche le gioie, e le rivolte sociali e politiche. Dall'altro un mondo scandito da secoli e secoli di ordine, quello del monastero, in cui la lotta è però quella interiore di tutte le monache (e ce lo spiegano bene non solo suor Nella e suor Clara ma anche le altre cui viene data voce). In mezzo, la zona grigia in cui i due mondi si incontrano. E tutti i personaggi, dal primo all'ultimo, raccontano in poche righe o in capitoli interi quello che è il loro personale tentativo di resistenza, la loro personale lotta, la loro vita. Ecco, io li chiamo personaggi ma in verità Giulia ha creato delle vite, ha creato degli esseri umani col loro macigno di colpe, difetti, debolezze, ma anche sorrisi e speranze e forza. Questo li rende così veri che davvero, è impossibile non affezionarsi, non amarli, non provare pena o compassione, non gioire e non combattere. Durante la lettura non solo si è con loro, a tratti si *diventa* loro. Io sarò sincera: dopo averli accompagnati e visti crescere, ho finito il romanzo con un tale nodo alla gola da non sapere nemmeno che dire. Non volevo che finisse. Ho pianto un sacco, questo sì. Poi l'ho riletto perché non avevo cuore di abbandonarli e volevo stare ancora con loro. E alla fine della nuova lettura avevo il nodo alla gola lo stesso e non volevo che finisse ma almeno un minimo di parole le ho trovate. Nota di merito finale alla prosa: riesce a fare un male lancinante (già dal fulminante incipit), a tratteggiare immagini anche violentissime, ma non scade mai nel banale né nel macabro. E', anzi, una prosa eccezionalmente poetica e musicale. A leggere ad alta voce sembra quasi di sentire l'organo della Moretta che suona e racconta la storia del mondo e la piccola storia delle vite di Serra. Di cose da dire ce ne sarebbero state tante altre: sui legami, sulla fede, sulla speranza, ma rischiavo di anticipare troppe cose e ho preferito glissare. Chiudo con solo un'ultima parola: grazie. Lettura che non dimenticherò mai.
“A chi interessa un sole che non spunterà mai? A quelli che credono che un giorno spunterà se si fa qualcosa perchè spunti, e a quelli che non vogliono vederlo loro questo sole, ma lo aspettano per gli altri, per quelli che verranno.”
Un giorno verrà è il secondo romanzo di Giulia Caminito, scrittrice romana di cui apprezzo la prosa forte e riconoscibile. Ci troviamo a inizio 900 a Serra de' Conti, un piccolo borgo marchigiano dove vive la famiglia Ceresa. I Ceresa sembrano portare con sè una maledizione, poveri, sfortunati, i loro figli sono morti uno dopo l'altro. Sopravvissuti solo Lupo e Nicola, i due opposti. Lupo che è scuro, duro, spigoloso, burbero, anarchico. Nicola l'esatto opposto, debole, incapace di prendere posizione, succube. Ed è forse proprio questa loro diversità, il loro rapporto simbiotico, che gli permette di sopravvivere a dispetto di difficoltà e cattiva sorte. Contrapposta ma complementare alla storia de fratelli Ceresa, c'è quella della Moretta, la badessa del convento di clausura di Serra de' Conti. Una volta Zari, la bambina rapita e strappata al suo paese, adesso badessa, eccezionale musicista, punto di riferimento della comunità, infine venerata. La storia di questi tre personaggi si intreccia mentre sullo sfondo la storia si muove e si evolve. Sono gli anni delle rivolte, dell'anarchia, poi scoppia la prima grande guerra, la spagnola arriva a spazzare via quel che era rimasto. Permettendoci di lanciare uno sguardo d'insieme su quegli anni tanto complicati, Giulia Caminito ci racconta una storia di lotta e speranza, di dolori e rinascite.
L'ultimo romanzo di Giulia Caminito mi aveva folgorato, è stato tra le migliori letture dello scorso anno. In questo romanzo ho ritrovato esattamente tutto quello che mi aveva tanto impressionato. Mescolando fatti reali e fittizi, l'autrice è riuscita a pennellare un racconto di impressionante bellezza. Lo stile diretto, a volte brutale, ma allo stesso tempo delicato di Giulia Caminito vi accompagnerà tra le pagine di una storia dolorosa che sarà impossibile dimenticare. I personaggi di questo racconto sono tratteggiati alla perfezione. La loro evoluzione nel corso degli anni è uno dei punti più interessanti del romanzo. Altro elemento che da solo fa tutto il romanzo è il rapporto tra Lupo e Nicola, due fratelli che non potrebbero essere più diversi. Le fragilità di Nicola sono compensate dalla forza e dalla brutalità di Lupo. Le loro personalità non fanno altro che rincorrersi e scontrarsi in un gioco di equilibri pericolosissimo. Di loro viene detto che "Nicola e Lupo non erano fratelli e basta, non erano sangue e basta, erano più della guerra, erano più dell'anarchia, erano stati covati dal mondo per esistere insieme, dovevano esserci per forza nello stesso momento."
L'ambientazione storica del racconto è poi particolarmente affascinante. Tutti abbiamo studiato quegli eventi, tutti abbiamo letto almeno una volta della settimana rossa, delle lotte, della guerra, della spagnola. Le pagine in cui si parla di questi eventi sono particolarmente dettagliate e quanto mai attuali. Discorso a parte va poi fatto per la storia della Moretta, in questo caso una storia vera. Proprio grazie alla coralità del racconto, i temi toccati sono tantissimi. Si parla di anarchia, di socialismo, delle difficoltà affrontate dalla società rurale italiana in quegli anni complicati. Ma si parla anche di famiglia, di legami difficili da spezzare, di fede e di speranza. Ho amato questo romanzo, moltissimo. Ne ho apprezzato la forza e la delicatezza, ma in particolare la potenza di una scrittura che in poche righe riesce a trasportare il lettore in un altro luogo, in un altro tempo, a tenerlo incollato alle pagine, con un nodo alla gola che non andrà via neanche dopo aver girato l'ultima pagina.
Da macht jemand noch einmal ernst – mit der Geschichte, der Familie und dem individuellen Schicksal in den Wirren der Zeitläufte. Im Nachwort zu ihrem Roman EIN TAG WIRD KOMMEN (UN GIORNO VERRÀ/Original erschienen 2019, Dt. 2020) berichtet Giulia Caminito, wie sie bei einem Besuch in Serra de´ Conti, gelegen in den italienischen Marken, die Geschichte ihres Urgroßvaters, eines Anarchisten, rekapitulierte und langsam jene Figuren fand, die ihren Roman bevölkern, ihn ausmachen, seine Kraft manifestieren sollten. Auch die Geschichte von La Moretta, einer schwarzen Nonne, die Äbtissin im Kloster über der Stadt war, wollte sie in ihren Roman integrieren und so einer bemerkenswerten Frau ihre Referenz und ihren Respekt erweisen. Und genau das ist der Autorin dann auch gelungen.
Es hat eine ungeheure Wucht, was und wie Caminito die Geschichte der italienischen Anarchisten erzählt. Sie nutzt eine Sprache, die wie aus einer fernen Vergangenheit den Leser anweht, aus einer Zeit kommend, in der eine solche Sprache – unironisch, direkt und doch voller schwarzer Metaphern und granitenen Bilder der Ewigkeiten – ihren ganz eigenen Wert hatte, da sich in ihr etwas manifestierte, das für den Menschen, besser: die Menschen, deren Bedingungen sie umschrieb, bitterste Lebensrealität war. Geworfen in ein Leben zwischen den letzten Ausläufern des Feudalismus, einer immer noch starken, wenn auch erstmals selbst in Italien in ihrer Macht beschränkten katholischen Kirche und den Bedingungen der auch in Italien heraufziehenden Industrialisierung sowie den nationalen wie internationalen Bestrebungen nach Machterweiterung durch Kolonien – bspw. in Afrika – werden die einfachen Arbeiter, die Landarbeiter, das Proletariat zerrieben.
Caminito lässt ihren Bericht um die Wende vom 19. zum 20. Jahrhundert beginnen, als der junge Lupo, einer der wenigen noch lebenden Sprösslinge der Bäckerfamilie Ceresa, seine ersten Schritte im Städtchen wagt, seine Freiheitsbestrebungen ausweitet, ein eigenes Bewußtsein entwickelt und damit beginnt, die Bedingungen des Daseins selbst zu hinterfragen. Er entzieht sich weitestgehend schulischer Bildung, empfindet aber einen seltsamen, nicht näher bestimmbaren Sog hin zum Kloster, wo er regelmäßig um Brot bettelt, allerdings immer in der Hoffnung, einen Blick auf eine bestimmte Nonne zu erhaschen, zu der er so etwas wie einen inneren Drang, ein Hingezogensein spürt. Zugleich müht Lupo sich, auf seinen Bruder Nicola aufzupassen. Der wiederum gilt als zwar wunderschöner jedoch kaum lebenstauglicher Knabe.
Caminito folgt der Geschichte der beiden durch die Zeiten: Die Aufstände der Anarchisten in Ancona und den es umgebenden Ländereien, Dörfern und Städtchen; der erste Weltkrieg; die Spanische Grippe mit ihren Verheerungen und schließlich der aufstrebende Faschismus. Doch da hat Lupo bereits beschlossen, das Land zu verlassen, gen Amerika zu ziehen, wie so viele seiner Landsleute, die ihr Heil gerade in den 10er und 20er Jahren des beginnenden Katastrophenjahrhunderts in der Emigration in das ferne und so verheißungsvolle Land jenseits des Atlantiks suchten.
Das ist nicht nur gut recherchiert und in dem schon beschriebenen Sprachduktus verfasst, sondern es zeugt auch von vielleicht postmodernen Strategien des Erzählens, wenn die Autorin ihre Geschichte(n) brüchig erzählt, springend zwischen Zeiten und Zeitebenen, um vielleicht die Geheimnisse der im Zentrum beschriebenen Familiengeschichte nicht zu früh preiszugeben. Ein dramaturgischer Kniff? Nicht nur. Denn Caminito gelingt es auf diese Art und Weise auch, dem Leser etwas von Erinnerung und ihrer Brüchigkeit zu vermitteln. Denn wie funktioniert dieses scheinbar so einfache, in Wirklichkeit jedoch ebenso verführerische wie gefährliche Organ der Erinnerung? Es folgt, wie wir wissen, seinen ganz eigenen Regeln. Da wird konstruiert und zusammengesetzt, was möglicherweise gar nicht zusammengehört – nur in der Erinnerung plötzlich Sinn bekommt und somit eine stringente Form und Richtung erhält. So sind die Zeitsprünge, die den Leser zunächst ein wenig verunsichern können, durchaus sinnvoll und vor allem eine geschickte strukturelle Strategie, um die Unsicherheit, die auch dieser Erzählung zugrunde liegt, zu markieren.
Gespiegelt – und vielleicht gebrochen – wird diese Erzählung durch die von Suor Clara, La Moretta, jener schwarzen Nonne und Äbtissin, die es wirklich gegeben hat und die einst ihrer afrikanischen Heimat entrissen wurde. Ein Entführungsopfer, obwohl das wohl kaum so betrachtet wurde, zum Ende des 19. Jahrhunderts, als Schwarze vor allem als Ware wahrgenommen wurden. Verfügungsmasse für Sklavenhändler und andere Kolonisten, die sich da eines Rohstoffs bedienen zu dürfen glaubten, der schlicht aus Menschen bestand. Allerdings spielt Caminito diesen exotischen Status nie moralisch aus. Suor Clara – Schwester Clara – weiß das Kloster zu nutzen, um sich in einer prinzipiell als feindlich wahrgenommenen Umgebung zu schützen. Die Kirche, auch wenn das hier nie explizit erwähnt wird, hat sie als kleines Mädchen „gerettet“, sie aus den Händen der Sklavenhändler und späteren Besitzer errettet, sie – gegen ihren Willen, das muß erwähnt sein – den Schwestern überantwortet und in ein Kloster gesteckt. Darin spiegelt sich auch die Geschichte von Nella, jener Nonne, die Lupo anzutreffen hofft bei seinen regelmäßigen Besuchen an der Klosterpforte. Denn die ist seine Schwester…oder seine Mutter. Die Kirche als Wahrer der Tradition und Erretter in einem – die Autorin macht es dem Leser nicht einfach, bietet keine schwarz-weißen Ansichten.
Giulia Caminito versteht es, die Geheimnisse, die Spiegelungen und Entsprechungen dieser sich kreuzenden Geschichten geschickt miteinander zu verweben. Sie versteht es, einer jeden Figur die ihr angemessene Sprache zukommen zu lassen. Wenn sie von Suor Claras Herkunft erzählt, dann streift sie den Bereich des Mythischen und entspricht dabei erneut der Erinnerung, die nicht mehr greifbar ist, spiegelt aber auch „Afrika“ als europäischen Sehnsuchtskontinent, der Abenteuer einerseits, Ausbeutung von Ressourcen andererseits verspricht. Clara kennt ihre Geschichte nur noch rudimentär, die Sprache, in der sie sich dieser Geschichte erinnert, kann also auch nur rudimentär Wirklichkeit generieren und verliert sich zwangsläufig im Raunen des Mythologischen.
Nicht nur die Alten, wie Claudio Magris in einem seiner letzten Werke, auch die jungen Autoren Italiens wenden sich nun also der Geschichte zu. Und es sind großartige Erzählungen, auf die sie dabei stoßen und die sie an ihre Leser weitertragen. Nach dem brillanten ALLE, AUSSER MIR (Dt. 2018) von Francesca Melandri, legt hier also Giulia Caminito einen weiteren hervorragenden Roman vor, der eine Familiengeschichte mit der italienischen Geschichte des 20. Jahrhunderts zu kombinieren weiß. Allerdings eher eine Geschichte „von unten“, in der klar die Position jener eingenommen und vertreten wird, die einst aufbegehrten gegen einen Obrigkeitsstaat, der sie unterdrückte, der demokratische Regeln kaum anerkennen wollte und den es zu überwinden galt. Und diese Position wird in einer Sprache vertreten, die angemessen erscheint, die die Wucht der Geschichte und das Ausgeliefertsein des Einzelnen einzufangen und zu vermitteln versteht, ohne dabei pathetisch, kitschig oder anmaßend zu wirken. Da entsteht also großartige Literatur, die es verdient hat, weit über die Grenzen des Landes hinaus wahrgenommen und gelesen zu werden.
Non è malissimo, MA mamma mia che faticaccia leggere questo libro! All'autore piacciono le digressioni stilistiche e le metafore che ti fanno venire il mal di testa. Storia bella. 2,5 stelle.
Ich bin blind und ohne viel Vorwissen in das Buch gegangen. Habe mir gesagt, dass ich das Buch nach 50-150 Seiten abbrechen würde, wenn es mir nicht zusagen würde. Und siehe da, ich bin drangeblieben und habe es wirklich gemocht. Nicht geliebt, vielleicht Aspekte, Momente und Worte. Nicht alles aber doch gemocht.
Interessant ist es, wie das Buch entstanden ist. Inspiriert von ihrem Großvater, der auch Anarchist war, hat Giulia Caminito ein Buch mit vielen Wahrheiten, wie auch über die Nonne Clara in der Klosterei, aber auch vielen Unwahrheiten geschrieben. Ich wusste dies auch schon im Vorfeld und war deswegen eher abgeneigt, allen Geschehnissen darin zu glauben. Das Nachwort beweist jedoch das Gegenteil, viele Figuren und Events basieren auf wahren Begebenheiten, was mich das Buch mit einem anderen, melancholischeren Gefühl abschließen ließ.
Eine Familiengeschichte in Italien während des ersten Weltkriegs, dabei auch fortwährend Zeitsprünge in die Vergangenheit. Es gibt nahezu nichts Positives, nichts Glückliches zu erzählen. Das Sterben der Kinder, die Armut der Menschen und die Ungerechtigkeit dessen verfolgt und lässt einen nicht los. Trotzdem ist die Beziehung zwischen den beiden Brüdern, die nicht Brüder sind und eine viel intimere Beziehung pflegen, ein Lichtblick in diesem Roman. Es lässt einen hoffnungsvoll stimmen.
Die Themen Anarchie sowie der Glauben sind fortwährend präsent und bilden einen faszinierenden Kontrast. Es gibt Charaktere aus beiden Richtungen, die sich trotz ihrer politischen Einstellung ähneln (siehe Lupo und Suor Clara). Mich hat Anarchismus ehrlich gesagt sehr interessiert gestimmt, sodass ich mir dazu bestimmt noch ein paar Dokumentationen anschauen werde.
Ein weiterer positiver Aspekt ist definitiv die Sprache beziehungsweise der unglaublich schöne Schreibstil. Flüssig ließ sich dieser lesen, wobei ich aufgepasst habe, nicht zu schnell zu lesen, um die malerischen Sätze und Metaphern nicht zu verpassen. Sprachlich ist das Buch wirklich wunderbar und allein deswegen lesenswert.
Doch zu hundert Prozent konnte mich „Ein Tag wird kommen“ trotzdem nicht überzeugen. Stellenweise hat es sich doch gezogen und ich fand die Geschichte um Nicolas und Lupo um einiges interessanter, als die aus der Klosterei. Da hätten die Abschnitte ruhig kürzer sein können. Das Ende war auch etwas zu schnell und nicht wirklich schön abgerundet. Zu zuversichtlich endete diese doch sehr düstere Geschichte für mich.
Trotzdem kann ich das Buch als eine positive Überraschung in diesem Jahr werten. Das Buch war überhaupt nicht auf meinem Radar und basierte schlicht auf einen Vorschlag von Bookstagram. Gerne mehr solcher unverhofften Glücksfälle!
È una storia forte, vigorosa, vibrante quella che ci racconta Giulia Caminito nel suo libro. Una storia di famiglia, di dura sopravvivenza, di fede e di cambiamenti. Una storia di fratellanza che unisce oltre il sangue. Di madri e di figli e di figlie e di sorelle. Una storia di guerra, di malattie, di morte. Ma anche di speranza, di fede, di forza.
Siamo all’inizio del Novecento, nel borgo di Serra de’ Conti, nelle Marche. I mezzadri lavorano la terra, concimandola con sangue e sudore. I padroni pretendono sempre di più. La fame è uno spettro che si aggira inquieto tra le case. Le ingiustizie sono all’ordine del giorno. La voglia di ribellarsi è grande.
Lupo e Nicola Ceresa sono due ragazzi diversissimi tra di loro. Il primo è ribelle e forte come il nome che porta, l’altro è fragile, delicato, preferisce i libri all’azione. Un legame dalla forza quasi misteriosa, il loro. Uniti come se indispensabili l’uno per l’altro. Lupo è spalle e gambe e braccia per Nicola. Nicola è l’occhio e la mente che legge e comprende anche per Lupo.
Lo aveva capito, la prima volta che Nicola gli aveva mostrato una A scritta su un foglio, che ogni cosa imparata era uno schiaffo in faccia a Luigi, ogni parola che Lupo conosceva in più era un pugno che gli dava sulle ginocchia, ogni frase scritta gli apriva un’altra frase e poi un’altra ancora, e il loro borgo e i loro campi, il loro dialetto, diventavano solo sputi nel mondo.
Lupo è irrequieto, non sopporta le ingiustizie, la vita del borgo gli sta stretta, la sua casa, suo padre, la presenza assente di sua madre… Tutto alimenta la sua rabbia, il suo desiderio di ribellione. Nicola lo segue, legge per lui, lo aspetta quando è fuori con i ribelli, gli anarchici.
Nel borgo di Serra de’ Conti c’è un convento di clausura. La badessa del convento è la Moretta, nata in Sudan e rapita da bambina per poi essere convertita al cattolicesimo. Pochi, in realtà, conoscono le sue origini ma tutta la comunità la rispetta e la considera un punto di riferimento.
La vita dei fratelli Ceresa e quella della Moretta sono legate da un filo sottile e segreto che si svelerà davanti ai loro occhi dopo anni di dure vicissitudini che comprendono una guerra e una epidemia.
Un giorno verrà è un romanzo scritto con dovizia di particolari storici, attento e minuzioso in ogni dettaglio. L’autrice ha uno stile narrativo che mi è piaciuto tantissimo, una grande capacità di scrutare l’animo umano in ogni suo anfratto, portando alla luce sentimenti, dolori, vizi, emozioni, segreti. I protagonisti della storia vengono descritti nelle loro caratteristiche in maniera precisa e ricca di dettagli. Debolezze, speranze, rabbia, delusioni. Ogni sentimento è sottoposto a un’attenta analisi da parte dell’autrice.
Leggere questo libro è entrare nella storia di un borgo italiano oppresso dal potere di uomini senza scrupoli che spesso vestivano i panni sacri della Chiesa. Significa vivere la stessa vita di quegli uomini e quelle donne costrette a lavorare duramente senza alcuna possibilità di migliorare, annegando nell’ignoranza e nei soprusi ogni sogno e desiderio di riscatto. Giorno dopo giorno, l’esistenza aggiunge frustrazione e sofferenze alla vita di queste persone alimentando rancori e ricordi ma accrescendo la forza e la speranza di chi riesce a guardare oltre, a osare, a non cedere.
Un giorno verrà è un libro che va letto con la stessa passione che l’autrice ha messo nello scriverlo. Si diventa protagonisti, ci si indigna, si stringono i pugni, si cammina per le strade del borgo e anche per quelle silenziose e sacre del convento. Ci sentiamo Lupo ma anche Nicola e preghiamo con la Moretta e piangiamo con Nella e proviamo pena, una grande pena per Violante. Personaggi che non dimenticheremo facilmente e che ci regalano grandi emozioni.
E a chi interessa un sole che non spunterà mai? Domandò Lupo tra i denti.
A quelli che credono che un giorno spunterà se si fa qualcosa perché spunti, e a quelli che non vogliono vederlo loro questo sole, ma lo aspettano per gli altri, per quelli che verranno, rispose Virginia.
È tutto un sogno il nostro, tutta fantasia, disse Lupo abbassando il tono della voce.
Sì, ed è la sua forza, l’immagine diversa di vita e di politica e di società è la nostra riserva di energie. Ma non è questo tutto un mondo di sogni, forse?
amazed ! initially i didn’t want to get into it out of fear of it being too depressing or heavy and the story really doesn’t fail to make the reader feel crushed and isolated by the system, without a way out. although i see how it could leave someone hopeless after reading, it had a warm and positive aftertaste for me (even as the most constantly worried person in the world).
the choice to unravel all of the stories and side plots not chronologically was an insanely good one. after reading this i feel like ive gained a few more lives of experience. i get the feeling i would be more confused about the story if it was written linearly. moreover, it adds to the suspense :)
the longer i reread my notes and look at the paragraphs i marked, the more new things i discover about the text…it’s full of hidden messages that i have to go over again to make sure i don’t miss anything
Das Buch hat für mich schwach angefangen und stark nachgelassen. Lediglich das Nachwort & die Geschichte von Nella waren für mich authentisch. Es wären höchstens 3 Sterne bei mir geworden, aber da die Übersetzung echt unlesbar ist gibt‘s noch einen Abzug. Hätte mich nicht gewundert am Ende des Textes „translated by DeepL.com“ zu lesen.
"Il était convaincu que les hommes devaient arrêter de s'imaginer debout, verticaux et tournés vers le ciel comme des arbres, de faire la course à qui la cime la plus haute, ils devaient plutôt se penser coucher, les uns à côté des autres, des hommes et des femmes horizontaux, qui regardent vers le haut de la même manière et remplissent l'espace avec un seul corps, qui fraternisent et s'ils veulent se lèvent ensemble."
Mmmh... Je n'ai pas été happée par ce livre comme j'aurais aimé l'être. J'ai trouvé l'écriture un peu poussive, et le style assez ampoulé. Pourtant, la combinaison auteure italienne et Gallmeister, j'étais plutôt enthousiaste ! L'intrigue se déroule donc dans un petit village italien, au début de la première guerre mondiale. On suit surtout l'histoire de Nicola, le frère faible mais intelligent, et de Lupo, la brute épaisse qui fait tout pour protéger son frère. Sur fond de montée de l'anarchisme, on suit leur lutte pour la vie, entre un père violent, des frères et soeurs qui meurent les uns après les autres, et une mère qui ne quitte plus son lit et devient aveugle. La description de l'époque, de l'épisode notamment de fièvre espagnole, est en effet assez précise, mais pffff j'ai trouvé ça mou... Et un peu soporifique...
A book well written, in which we learn a lot for sure but really hard. All situations, characters, stories, are sad, miserable, crude. A book without hope, only darkness.
Una Caminito diversa da “l’acqua del lago non è mai dolce” ma altrettanto brillante. Nel racconto della Storia si percepiscono addirittura degli echi Moranteschi. Bellissimo.
C'est l'histoire de familles italiennes, de rencontres, de guerres, de maladies et de religions. J'ai commencé ce livre de façon assez dubitative car je ne comprenais pas forcément qui était qui, ni quand se passait les événements écrits, mais au fil de la lecture, tout s'éclaire, les mensonges sont révélés, on découvre le passé et le présent de chacun et on décèle une deuxième lecture de ce livre, plus critique sur l'histoire de l'Italie, ultra prenante et intéressante. On suit la famille Ceresa dont le père est boulanger et la mère est aveugle, ainsi que leur malheur. Leurs enfants décédés, les deux derniers survivants Lupo et Nicola, qui ont un lien extraordinaire entre eux. Nella envoyée au couvent, jusqu'à la révélation finale du pourquoi. J'ai apprécié qu'on parle de beaucoup de fait historique comme la première guerre mondiale, les pensées anarchistes et même l'exil aux Etats-Unis pour ceux qui rêvaient d'un meilleur avenir dans une Italie touchée par la grippe espagnole et la mort. J'ai adoré ma lecture !
Storia di due fratelli Lupo e Nicola nelle Marche di inizio novecento sino alla prima guerra mondiale. Lupo e Nicola vivono in una famiglia poverissima con un padre ubriacone e violento e una madre cieca e spezzata dalle troppe sofferenze. Sono una famiglia segnata dalla sciagura dove i figli muoiono o vanno via. Ma Lupo e Nicola sono l'uno la forza dell'altro e questa forza li tiene in vita. Lupo è forte fisicamente e dal carattere deciso, è un anarchico come il nonno Giuseppe e non sopporta che il fratello si avvicini ai preti. Nicola è debole, delicato, ama leggere e restare in casa e Lupo si impegna per proteggerlo e permettergli di studiare. La vita però separerà i due fratelli e sarà il momento di grandi scoperte per entrambi. Il romanzo ripercorre i primi decenni del novecento tra rivolte contadine, sogni anarchici, movimenti politici, la Grande Guerra e la Spagnola. Il nodo cruciale del romanzo è però il rapporto tra Nicola e Lupo, completamente diversi eppure intimamente interconessi. Ho amato sia il personaggio di Lupo che quello di Nicola e anche altri personaggi "minori" come la suora Nella, il nonno anarchico Giuseppe e anche la tragica madre Violante, sono rappresentati in modo così vivido che non possono lasciare indifferenti. Bel romanzo che consiglio!
Deux frères fusionnels dans l'Italie rurale du début du XXe siècle : le roman évoque les luttes anarchistes, la Grande guerre, la grippe espagnole et, en toile de fond, la résistance d'un couvent de religieuses que l'on cherche à déloger. Deux histoires se croisent puis fusionnent, liées par la découverte d'un secret de famille. L'écriture est très ciselée, magnifique, mais son dépouillement m'a empêchée d'entrer pleinement dans l'histoire. Les thèmes abordés sont si complexes qu'on reste un peu sur sa faim avec ce roman finalement assez court.
You really get the feeling that this book, published in 2019, is a long-lost classic. The story takes place in Italy during the World War 1 years and describes the poor Ceresa family, the father a failed baker, the mother a failed mother, the children, those who survive, trying to make their way in life. Giulia Caminito uses powerful language to describe the austere beauty of the Italian landscape. It is a book full of history, about Malatesta's anarchists, the first world war, the Spanish Flu right up to Mussolini's rise to power. A novel about two young men and their belief that there will be a better life. The tough Lupo, whose tenderness for the young wolf pup he finds is in contrast to his rough ways, and his brother Nicolas, the weak brother whom he loves. A wonderful book, beautiful language, I only subtracted one star from the five I would liked to have given for just a touch too much sentimentality towards the end. But, definitely a book to read !
per essere un grande romanzo non è necessario avere 600 pagine e raccontare una saga famigliare di 5 generazioni (troppo facile il giochino, è la moda del momento). si puó scrivere un grande romanzo anche inquadrando un paesino nei primi del 900, un fornaio, una famiglia con problemi, gli scioperi dei coltivatori, l’anarchia e la guerra e inquadrarlo con una scrittura eleganre, emozionante, quelle che abbiamo letto per tanto tempo e abbiamo iniziato a dimenticare come fossero. Un grande romanzo è questo, e Giulia Caminito è sicuramente una grande scrittrice.
Storia di miseria e anarchia nelle campagne marchigiane dei primi decenni del novecento. A Serra de’ Conti Luigi Ceresa è il fornaio del paese, un pavido che pensa solo a sè stesso, a differenza del padre un vecchio anarchico che ha combattuto tante battaglie; la sua è una famiglia disgraziata destinata a implodere con una moglie cieca e evanescente e figli che muoiono presto di malattia o uccisi per errore. Resistono solo due fratelli legatissimi che più diversi non potrebbero essere. Nicola è un bambino gracile “fatto di mollica”, un’ombra dalle mani da pianista, schivo, pauroso, riflessivo inadatto al mondo. Lo protegge Lupo, duro, coriaceo, tutto istinto, che affronta il mondo a muso duro, non accetta rifiuti, lavora nei campi dall’età di sei anni, adotta Cane, un cucciolo di lupo e presto aderisce al movimento anarchico per rivendicare rivendica i diritti dei contadini. C’è anche una sorella, altro spirito ribelle, rinchiusa in convento di clausura perché rimasta incinta a sedici anni e qui la storia incrocia quella della Moretta, l’abbadessa, rapita da bambina in Sudan e riscattata poi per diventare monaca. L’Italia vuole chiudere i conventi, manda i soldati in Libia, poi arriva la grande guerra e infine la spagnola … non sono tempi facili: Lupo, pacifista si fa ferire per non essere richiamato ma l’anno dopo tocca a Nicola partire per il fronte, che non solo sopravvive ma ne esce uomo come e più del fratello. la Moretta intanto lotta contro il vescovo che vuole vendere il convento e trasferire le monache… Una scrittura ruvida e diretta di grande impatto ma anche tenera e poetica. Si procede per fotogrammi, lasciando spazio a sguardi e cenni che dicono più di tante parole. Fede e lotta per i propri ideali, per un mondo diverso, migliore, per “un sole che gli altri vedranno” mentre sullo sfondo passano i grandi eventi storici di quegli anni. L’autrice nelle note finali dichiara di essersi liberamente ispirata ai racconti del nonno anarchico, che la famiglia Ceresa è di fantasia mentre è realmente esistita la Moretta, beatificata dopo la morte. Non avevo mai letto nulla di Giulia Caminito, e questo primo approccio mi ha coinvolto fin dalle prime pagine. Leggerò sicuramente altro di questa scrittrice. Quattro stelle.
Roman historique écrit comme dans un souffle éloquent, à la puissance évocatrice remarquable, Un jour viendra associe habilement l’histoire à la fiction. Le récit est foisonnant, alors qu’il se déroule dans un espace géographique restreint : Serra de’ Conti, petit village de la région des Marches, au début du XXème siècle. Naviguant entre le village, son monastère, les collines et les champs environnants, Giulia Caminito raconte un pan oublié de l’histoire de l’anarchisme en Italie, celui qui agita brièvement mais profondément la ville d’Ancône, et de manière plus ponctuelle Serra de’ Conti. Elle s’appuie également sur son histoire familiale, et notamment sur celle de son arrière grand-père, anarchiste et habitant de Serra de’ Conti, un village pourtant en grande partie étranger à toute forme de conscience politique.
Le récit se construit principalement autour de la famille des Ceresa et de son environnement rural, qui possède la boulangerie du village mais croule sous les difficultés : des enfants qui meurent les uns après les autres, une mère éprouvée par les accouchements, un père autoritaire, une fille jugée trop libre, et surtout, deux fils que tout oppose. D’un côté, il y a Lupo, l’anarchiste, « le garçon au nom de bête, le blasphématoire, le subversif », de l’autre Nicola, enfant sensible peu enclin aux travaux manuels de la terre.
La caractérisation marquée des personnages et la description aiguisée de l’environnement des Marches, paysage séduisant pourtant soumis à la brutalité des inégalités sociales, avec ses collines rigoureusement divisées en parcelles, confère au récit une dimension immersive, dans une langue musicale et ciselée.
Un jour viendra met en relief un moment historique complexe, durant lequel le souffle d’espoir anarchiste se voit balayé par l’arrivée de la Première Guerre Mondiale, par l’épidémie de ‘grippe espagnole’ et par la montée du fascisme dans une Italie post-unification qui se heurte à de nombreux obstacles.
J'ai honnêtement passé un très bon moment avec cette histoire ! Touchante, perturbante a des moments. On en apprend beaucoup sur l'histoire de l'Italie, le avant après Première Guerre mondiale, l'arrivée des différentes pandémies, l'impact sur de nombreux points (l'économie du pays, le rapport État Église, l'impact sur les familles en elles mêmes).
Dans ce roman nous faisons la rencontre de différents personnages : Lupo et Nicolas, deux frères aux personnalités et aux points de vue totalement opposés, tout deux vivants dans cette famille dont le père est un grand boulanger connu de tous dans leur village, et cette mère constamment perdue dans ses pensées. En parallèle de leur histoire, nous faisons la rencontre de sœur Clara, vivant dans un couvant. Nous découvrons au fur et à mesure son histoire, son arrivée ici, le pourquoi du comment, etc.
Dans ce roman, on ne nous présente pas seulement des personnages juste pour nous les présenter afin qu'on s'attache à eux. Pas que. On apprend à les connaître, on grandit avec eux, vivant les hauts et les bas de leurs vies avec eux, affrontons les difficultés, les défis, les échecs, les réussites avec eux, doutons avec eux, souffrons, soufflons avec eux.
Chacun de ces personnages dans ce roman nous montre un(e) Italien(ne) durant les différentes périodes présentées : les riches, les pauvres, les enfants réservés, les enfants bandits, les religieux. Tous ayant cette même période, avec des devises différentes, des objectifs différents.
Ce que j'ai aussi beaucoup apprécié a été la note laissée par l'autrice, racontant son lien avec la ville dans laquelle l'histoire se déroule, son lien avec certains personnages, et puis a également mis un point sur le côté "historique" de son roman, en poussant à tout de même se renseigner de façon plus fiable et professionnelle au sujet de certaines périodes qu'elle a pu cité et présenter dans son roman.
Avevo già particolarmente apprezzato lo stile narrativo di Giulia Caminito con "L'acqua del lago non è mai dolce", e questo libro non fa altro che confermarmi la sua validità e il suo talento. Ammetto però che questo romanzo mi ha conquistata molto più dell'altra lettura, vuoi anche per la componente storica che, nel mio caso specifico, è quasi sempre una scelta vincente. La Caminito ci racconta, con la sua penna avvincente e appassionante, con il suo modo estremamente grafico di descrivere luoghi, fatti e persone, riuscendo al tempo stesso a crearne un'immagine vivida nella nostra mente senza però perdersi in dettagli inutili, una storia che è un intreccio tra la Storia con la S maiuscola e la fantasia. Elementi di finzione, reali e di realtà romanzata si sposano e si fondono in maniera eccellente, con coerenza e veridicità, creando di conseguenza un romanzo che, per la collocazione temporale, è un concentrato di dramma e sofferenza, ma capace comunque di ispirare bellezza e speranza nel lettore. I personaggi sono tratteggiati in maniera esemplare, con caratteri ben definiti che però non li imprigionano in stereotipi o macchiette, e le struggenti dinamiche tra di loro sono capaci di donare al lettore momenti di tenerezza, di rabbia, di stupore. L'autrice sa parlarci della guerra senza mostrarcela direttamente, ma facendocela percepire attraverso le vite dei suoi personaggi, sa parlare di politica e religione senza schierarsi, sa mostrarci la dignità e la bellezza anche nelle esistenze più misere e prostrate. Questo è un romanzo che, sotto sotto, parla di bontà umana, di speranza, di amore. Ma lo fa non in modo stucchevole e privo di banalità e luoghi comuni, e lo fa in primis ispirando questi sentimenti nel lettore attraverso la lettura, anziché limitarsi a schiaffarli su pagina. Certo, non è un libro privo di difetti o esente dalle imperfezioni. Ma diventano assolutamente marginali nel quadro più ampio di un'opera a mio parere davvero godibilissima e ben fatta.
Nicola Ceresa è una pecora bianca, quasi trasparente, come la fragilità e la paura. Suo fratello, Lupo Ceresa è una pecora nera, come la rabbia e come il rancore. Vivono in un gregge grigio e marrone, sono entrambi stranieri, anche se in senso opposto, provengono da poli diversi. Vivono gli anni a cavallo tra Otto e Novecento, Lupo rincorre un cambiamento, Nicola non vuole vederlo. Il primo per proteggere il secondo è disposto a perdere una gamba, il secondo pur di non farsi proteggere più sopravvive alla guerra. Lupo si fa anarchico, Nicola si fa soldato. Diventa manifesto del suo stesso riscatto. E alle loro si intrecciano le storie di un Paese che si disfa e di un villaggio che perde ogni abitante, di una sorella che si chiude in convento anche se non aveva mai voluto entrare in chiesa e di una suora che è diventata leggenda, come solo chi dà alla gente ciò che serve, anche quando nulla ha, può fare. È un libro bellissimo, reso ancora più affascinante dalla consapevolezza che ci sia del vero, in mezzo al Romanzo. Ed è scritto alla maniera di Giulia Caminito: sublime. Le parole si associano brutali e selvagge, inchiodano alle pagine bucando la pelle, e raccontano una storia che intreccia amore e superstizione, politica e malattia, nella maniera pura e senza fronzoli, eppure piena e fiera, di chi conosce una terra e ne riscopre le radici. Nella maniera di Nicola Ceresa, che "cade e ha paura, che ha la testa bacata e le mani che tremano, quello che guarda la nuca di Lupo ondeggiare mentre scende per le strade del paese."