In Sanpa, madre amorosa e crudele (pubblicato nel 1996 come La quiete sotto la pelle) la comunità fondata da Vincenzo Muccioli è tema centrale, ma in queste pagine c’è molto altro. C’è il mistero dell’adolescenza e la disperata ricerca di un Assoluto immaginato come altrove perché non riconosciuto nel “qui e ora”. C’è il perseguire estasi al confine tra vita e morte, dove il sapere accademico e il giudizio morale balbettano e arrancano. C’è infine la grandezza di un uomo, Muccioli, degenerata in titanismo e megalomania con l’espansione incontrollata della comunità. Il tutto scandito da una scrittura inedita nella letteratura sulle tossicodipendenze, capace di saldare testimonianza e riflessione, disperazione individuale e disagio di civiltà. Fonte d’ispirazione per gli autori di Sanpa. Luci e tenebre di San Patrignano, documentario messo in onda su Netflix che tanta attenzione e clamore sta suscitando, questo libro è però, innanzitutto, un’opera letteraria, un memoir bruciante e sofferto che trascende l’occasione che lo ha generato e rivela il talento di uno scrittore.
Fabio Cantelli Anibaldi è nato a Gorizia nel 1962. Tra il 1992 e il 1995 è stato capo ufficio stampa di San Patrignano. Approdato al Gruppo Abele, di cui è oggi vicepresidente, ha diretto il mensile Narcomafie e, dal 2005, cura la comunicazione di don Luigi Ciotti. Nel 2012, con Carlo Sini, ha pubblicato La verità è un’avventura – conversazioni sulla filosofia e la vita (Edizioni Gruppo Abele). Sanpa, madre amorosa e crudele è la riedizione del memoir La quiete sotto la pelle (Frassinelli, 1996).
2.5 poteva essere un ottimo libro ma l’egocentrismo è la pretenziosità dell’autore sono troppo ingombranti. Comunque leggibile, anche se gli occhi sono costantemente rivolti al cielo per le costanti citazione impegnate ed improbabili che devono farci sapere quanta filosofia ha letto l’autore; evidentemente faceva marchette per bucarsi in maniera diversa dagli altri tossici analfabeti 🙄
È abbastanza difficile, appena finito questo libro, pensare a qualcosa tipo "adesso mi metto lì e scrivo una delle mie solite sardoniche recensioni". Lo è per svariati motivi, il primo dei quali sicuramente è dato dal sentire marcato e palpabile che a differenza delle solite volte non si sta palleggiando in mano uno dei tanti romanzi di cui amo infarcirmi la testa, bensì di un qualcosa di autobiografico. Un qualcosa che quindi, come sua premessa, mi obbliga a mettere due guanti di velluto.
Le autobiografia o i libri che parlano di esperienze dirette e reali dei loro protagonisti, non sono qualcosa di nuovo per me e anzi ho avuto modo di far diventare il "genere" una sorta di singolare feticcio che mai avrei pensato potesse diventare una passione. Però questo libro l'ho trovato subito veramente troppo, tanto, differente dagli altri. Già la storia di come sia stato pubblicato una prima volta negli anni '90 e poi dimenticato fino a quest'anno, quello della serie Netflix "Sampa" in cui torreggia la figura del suo autore, merita, nella prefazione, una considerazione a sé.
Sono andato a cercare il libro di Cantelli un po' come uno che, dopo aver picchiato la testa fortissimo contro un Tir, andasse a vedere il numero di targa. Se il documentario "Sampa", infatti, è stato in grado di smuovere fortemente il mio stomaco, stimolandomi ad andare oltre alle parole dei suoi protagonisti, per cercare di riesumare dei fatti alla cui epoca storica erano più un rumore di fondo nei telegiornali del me bambino, le domande che mi ha lasciato e sopratutto le contraddizioni ritrovate proprio nelle testimonianze di Cantelli, esigevano delle risposte.
Il libro non è fatto per dare risposte.
Il libro non è scritto per dare una delle tante "versioni dei fatti". Almeno a me non ha fatto questa impressione.
Il libro è una messa nero su bianco dell'esperienza di un essere umano che ha avuto modo di entrare nei meccanismi della San Patrignano "prime", per poi tagliare lungo la sua evoluzione fino agli anni '90, fino alla scomparsa dell'istrionico ed elemento centrale costituito dalla figura di Vincenzo Muccioli. Il tono di Cantelli non è di certo quello di chi per partito preso sceglie di scagliarsi contro San Patrignano, così come non è quello di chi vuole santificare la sua figura e con essa quella del suo creatore. Il tentativo di Cantelli è più che altro un riportare ciò che per lui, per il proprio vissuto personale, sia stata la comunità di San Patrignano, mirando a mettere in evidenza quelle luci abbaglianti capaci di generare altrettante ombre profonde e spiazzanti.
Ho apprezzato il voler dichiaratamente abiurare l'idea del "male" e del "bene" assoluti. Concetti a mio modo di vedere così distanti da un modo di analizzare in maniera critica un qualsivoglia evento storico, sociale o culturale, proprio perché inclini a viziare di un giudizio preventivo qualsivoglia tesi a riguardo. Il racconto di Cantelli è truce, molte volte la domanda che sorge spontanea è "ma perché?" e lui, con calma, spiega le ragioni di quei "perché". Lo fa spiegandone le proprie, di ragioni.
Il libro si lascia leggere e scorre, al netto ogni tanto di digressioni filosofiche che a mio gusto tirano un po' per i capelli tutto il resto. Ma il "gusto" quando si parla di un'esperienza così personale, è un qualcosa che sostanzialmente vale anche la pena appallottolare per bene e lanciare nel cestino del "rispetto".
Si lascia leggere e scorre, ma ogni tot, per me, si è reso necessario fermarmi, interrompere la lettura anche un giorno, per lasciare che le cose lette decantassero, nella consapevolezza che alla fine ci si ritrova con ancor più che domande, piuttosto che risposte.
E che, alla fine della fiera, è esattamente giusto sia così.
Ho voluto fortemente procurarmi questo libro dopo aver scoperto che da lì proviene gran parte del materiale della docuserie di Netflix "Sanpa: luci e tenebre su San Patrignano".
Come a molti, l'excursus meticoloso di vent'anni di attività, che il regista consegna al contraddittorio di passati ospiti, difensori e detrattori del cosiddetto "metodo Muccioli", il controverso deus ex machina della celebre comunità di recupero per tossicodipendenti fondata nel 1978 in un podere di Coriano, nel riminese, mi aveva ipnotizzata.
Ma il libro di Anibaldi, beh, il libro è tutta un'altra cosa.
Altra nel senso di qualità letteraria diversa: Anibaldi è innanzitutto un filosofo di grande spessore, un acuto teorico delle dicotomie, un intellettuale di rara lucidità, sicché immergersi nelle sue parole è puro piacere per ogni classicista.
Ma altra anche perchè l'oggetto del libro è l'intreccio indissolubile, che segnerà per sempre l'autore (anche nel male, ma io direi soprattutto nel bene) del suo personale, periglioso cammino verso la disintossicazione e dell'altrettanto esponenziale, ambiguo evolvere della comunità di Muccioli, una crescita che segna un deragliare verso la megalomania del suo padre fondatore.
Una lettura impegnativa, intelligente, che personalmente non credo avrei colto sino in fondo se non mi avesse agevolata la visione della serie TV prima, un po' perché i miei ricordi dell'era Muccioli erano molto sfuocati, un po' perchè la seconda pare del libro è particolarmente intimista e, per così dire, "letteraria". Una lettura colta non proprio per tutti, insomma (io per prima ammetto che l'aiuto della serie è stato illuminnate), ma consigliata senza riserve a chi ama la filosofia e privilegia la conoscenza al giudizio.
Pensavo di trovare un diario palpitante e denso di informazioni della San Patrignano tanto chiacchierata negli anni 80-90, quella che ha sempre caratterizzato l’immaginario di noi adolescenti redarguiti dai genitori dal frequentare cattive compagnie, di quelle che ti portavano nel girone degli inferi delle droghe leggere e poi pesanti. Purtroppo è stato un viaggio deludente, un racconto egoriferito, traboccante di citazioni e riferimenti letterario-psicologico-esoterici, talmente altisonanti da stonare nel contesto della narrazione. Un resoconto che non rende giustizia alla figura comunque allegorica di Muccioli, sia nel bene che nel male... non sembra sia stato scritto da una persona a lui così vicina, nessuna parola sembra sgorgare dal cuore, è tutto così razionale e asettico come se a parlare fosse un figliol (tante volte) prodigo con velleità intellettuali che non ha mai digerito fino in fondo la protezione del padre-padrone.
Letto perchè incuriosita dalla docu-serie SanPa, ho trovato questo romanzo troppo pretenzioso, con abuso di termini aulici e filosofici buttati lì solo per dimostrare l'incontrovertibile cultura dell'autore, quando una storia così reale e umana, secondo me, poteva essere narrata in maniera più sanguigna e realistica.
Il titolo di questo libro e' fortemente evocativo e credo sia uno degli elementi che mi ha spinto a leggerlo. L'ossimoro tra "amorosa" e "crudele" svolge appieno la sua funzione, catapultandoci nel cuore di un conflitto che sembra ben al di la' dell'essere risolto.
Un libro su San Patrignano. Quando ero bambina ricordo le raccolte firme per la comunita' di San Patrignano, ed il clima di generale sospetto con cui si guardava a questi ragazzi. E poi crescendo si cominciano a veder altri lati della questione "droga" e "tossicodipendenza", il mondo non e' piu' in bianco e nero. Ma questo non e' un libro sulla droga, quanto piuttosto il racconto di un tormentato viaggio interiore, intrapreso dall'autore fin nella sua adolescenza alla ricerca di se'. La centralita' del tema dell'identita' e della scoperta del proprio essere risalta fin dalle prime pagine e ci rendiamo conto del ruolo svolto dalla comunita' non tanto (e soltanto) per allontanare i ragazzi dalla droga (molti ci sono ricaduti, altri ce l'hanno fatta), quanto piuttosto per fornire un mondo protetto in cui i ragazzi potessero ricostruire la propria interezza dopo anni di frammentazione. Questo libro non vuole essere una difesa alla comunita' di San Patrignano, ma nemmeno vuole essere un'accusa. Si tratta della narrazione del vissuto proprio dell'autore relativo alla comunita' ed alla sua figura centrale, il suo leader, che viene mostrato nelle sue luci ed ombre ma sempre con affetto, come una delle persone piu' importanti della vita dell'autore, forse la persona che quella vita l'ha salvata. Autore che, a sua volta, ci si mostra con una grande onesta' intellettuale.
Questo libro non tocca le corde emotive quanto "noi ragazzi dello zoo di berlino", nonostante non nasconda gli aspetti degradanti cui la droga ha condotto Fabio, l'autore di queste pagine. Quello che risulta e' un'analisi lucida, estremamente filosofica (cosa che rende difficile seguire i ragionamenti e le narrazioni) delle dinamiche e degli eventi che hanno caratterizzato la vita di questa comunita' emblematica, salvezza per molti ma tenebra per alcuni, mostrandoci come il cambiamento sia una parte inevitabile della vita di qualsiasi organismo, vivente o sociale che sia.
San Patrignano è conosciuta ai più perché per anni è stata modello e apripista nelle terapie di disintossicazione per tossicodipendenti. Qualcuno ricorderà questa realtà anche per lo scandalo che all'inizio degli anni Novanta è stato alla base di alcuni processi al fondatore, Vincenzo Muccioli, e ai suoi metodi. Più di recente, la comunità di recupero in provincia di Rimini è tornata alla ribalta grazie alla serie tv Netflix "SanPa", che si ispira proprio a questo libro. Fabio Cantelli ci fa entrare nella sua storia e nella sua intimità attraverso un libro che, più che parlare della comunità, racconta la vita e le tribolazioni di un ragazzo caduto nella trappola della droga, che ha trovato in San Patrignano la via per uscirne. Un viaggio nella mente e nel cuore di Cantelli, ricco di descrizioni lucide e pregnanti sulla dipendenza e sulla distruttività del rapporto uomo/sostanza stupefacente. Un libro oltre la comunità, di un'intensità davvero rara. Fabio è più di San Patrignano!
Ho sentito Fabio Cantelli raccontare il libro durante Portici di Carta 2021 a Torino ed è stata un'esperienza umanamente forte. Il modo in cui è riuscito a mettersi a nudo davanti al pubblico che lo ascoltava in silenzio è stato toccante fino alle lacrime. La lettura del libro è stata forse meno emotivamente intensa, ma molto ricca di divagazioni, di riferimenti letterari e filosofici (a denotare una cultura sterminata) inevitabilmente più strutturata nella considerazione dei tempi e dell'evoluzione degli eventi maturati a San Patrignano dal primo ingresso dell'autore in comunità. Non ho finito di vedere la serie televisiva di Netflix, ma dalla lettura del libro si evidenzia la non-volontà di Fabio Cantelli di giudicare alcuno, non Muccioli, nemmeno la magistratura, forse solo sé stesso. E questa credo sia una grande lezione e una dimostrazione della sua statura d'animo.
Sanpa, madre amorosa e crudele è un memoir scritto da Fabio Cantelli Anibaldi, che offre una testimonianza diretta dell'esperienza dell'autore all'interno della comunità di recupero per tossicodipendenti di San Patrignano, fondata da Vincenzo Muccioli. Cantelli Anibaldi, che ha ricoperto il ruolo di capo ufficio stampa della comunità tra il 1992 e il 1995, racconta con lucidità e profondità la sua personale lotta contro la tossicodipendenza e il percorso di riabilitazione intrapreso a San Patrignano. Attraverso una scrittura intensa e riflessiva, l'autore esplora le dinamiche interne della comunità, mettendo in luce sia gli aspetti positivi sia le contraddizioni e le ombre che hanno caratterizzato la gestione di Muccioli. Uno dei punti di forza del libro è la capacità di Cantelli Anibaldi di offrire una prospettiva intima e sincera sulla complessità del percorso di recupero dalla dipendenza. La sua narrazione non si limita a descrivere gli eventi, ma approfondisce le emozioni, le paure e le speranze vissute durante quel periodo. Questa autenticità permette al lettore di comprendere a fondo le sfide affrontate da chi cerca di liberarsi dalla dipendenza. Inoltre, il libro analizza criticamente la figura di Muccioli, evidenziando come il suo carisma e la sua dedizione abbiano contribuito al successo della comunità, ma anche come alcune sue scelte abbiano portato a derive autoritarie e a comportamenti discutibili. Questo equilibrio nella narrazione offre una visione completa e sfaccettata della realtà di San Patrignano. Sanpa, madre amorosa e crudele è consigliato a chiunque sia interessato a comprendere le dinamiche delle comunità di recupero, la complessità della tossicodipendenza e le sfide legate al percorso di riabilitazione. È una lettura preziosa per coloro che desiderano approfondire la storia di San Patrignano e riflettere sulle implicazioni etiche e morali delle scelte compiute in nome del recupero e della solidarietà. Il memoir di Fabio Cantelli Anibaldi rappresenta una testimonianza potente e toccante che invita alla riflessione sulla natura umana, sulle fragilità individuali e sulle possibili vie di redenzione. La sua scrittura coinvolgente e la profondità delle tematiche trattate rendono questo libro un contributo significativo alla letteratura contemporanea sulle dipendenze e sulle comunità terapeutiche.
Dopo avere visto la serie sulla famosa piattaforma dove l'autore rilascia una lunga intervista sono andata a cercare il libro da lui scritto nel 1996, da poco ri-editato. Consiglio: mettetevi un golfino, anzi un bel pulloverone di quelli norvegesi quando lo leggete. Perché questo libro emana un gelo terribile, da obitorio, un freddo e un'asetticità da sala operatoria. E l'autore proprio come un eccelso chirurgo disseziona e analizza con estrema precisione la sua vita, la sua permanenza presso Sanpa, e la comunità stessa. Scritto con il bisturi in una mano e nell'altra tutta una serie di libri e autori vari di cui il nostro si é nutrito dall'adolescenza in poi, citandone alcuni contenuti al momento e posto adeguato. (a volte forse con un po' troppo autocompiacimento) Non aspettatevi una conoscenza maggiore di che cosa era o non era Sanpa, qui si narra del vivere e del vissuto dell'autore. L'autore é di un'intelligenza notevole, un pensiero laser, e decisamente sa scrivere e parlare in modo molto incisivo, preciso, articolato, d'altronde, e a ragione é stato anche il capo addetto stampa della comunità. L'unica pecca, che vi ritrovo, é la mancanza di calore, di sentimento, probabilmente frutto di una precisa volontà dell'autore, un trattenere quella parte facilmente infiammabile e gestibile di sé. Vale la pena leggerlo per ripensare e rivedere quegli anni dall'interno di uno che ci é passato in un ottica che non é rivendicativa o giustizialista o estremista. Per me a Muccioli si deve, almeno il merito, grande, di avere fatto qualcosa quando nessuno faceva niente, quando ha offerto a genitori completamente stremati una via d'uscita che non fosse perdere un figlio in senso letterale e figurato. E' stato anche il primo a occuparsi dei malati di AIDS quando nemmeno gli ospedali li volevano. Poi ognuno giudichi da sé tutto il resto.
Personalmente ho adorato questo libro! L'ho letto dopo aver visto la serie Netflix su Sanpatrignano, tuttavia a spingermi all'acquisto non è stato tanto il desiderio di voler approfondire i fatti di cronaca, ma piuttosto il desiderio di leggere Fabio Cantelli Anibaldi, essendo rimasta colpita da diversi dei suoi interventi, a cui in seguito ho avuto modo di assistere. Prima della lettura temevo comunque di ritrovarmi di fronte ad un libro dai contenuti pressoché analoghi a quelli della serie e che perciò non rivelasse molto di più. Al contrario invece ho trovato un libro che, anziché limitarsi ad un semplice resoconto dei fatti, fa ben di più: affronta un viaggio nella psiche dell'autore, lasciando ampio spazio a riflessioni di carattere filosofico. È un libro che parla di ricerca, di vita, di morte, in definitiva dell'uomo. Racconta la tossicomania, rendendone accessibili certi aspetti che forse non è facile comprendere da parte di chi di droghe non ha mai fatto uso. Capisco che può non essere un libro adatto a tutti, sicuramente non per chi si aspettava un mero resoconto dei fatti legati alla vicenda Sanpatrignano o per chi non essendo abituato a "filosofeggiare" può non apprezzare o trovare difficili alcune parti. Sicuramente però per chi come me ama la filosia in generale e non può fare a meno di porsi domande, quelle restano le pagine più significative. Su quelle pagine mi sono soffermata maggiormente, ritrovando me stessa e certi miei pensieri, che vedevo lì condivisi ed esplorati. È il racconto della comunità da parte di chi veramente l'ha vissuta e allo stesso tempo è la storia dell'uomo. Super consigliato!
Do due stelle solo perché è un lavoro autobiografico ma per il resto l'ho trovato particolarmente noioso. Un libro che non racconta sostanzialmente nulla di diverso dal documentario su Netflix, anzi, l'autore per l'appunto ex ospite della comunità, racconta il suo punto di vista dalla droga alla disintossicazione con una marea di parolone che sembrano solo voler infarcire il libro ma che alla sostanza non servono né alla riuscita del libro né a caricare di ulteriore significato, tant'è che ammetto le ultime pagine non sono nemmeno riuscita a leggerle perché volevo solo finirlo. C'è qualche capitolo interessante, ma sinceramente non vale molto poi il tutto. Dispiaciuta perché l'argomento era valido.
Un libro complesso per diversi motivi. Lo scrittore è un filosofo e ha la straordinaria capacità di ripensare l’esperienza di Sanpa in chiave filosofica.
Il pregio dell’opera è quello di non voler risolvere o semplificare le contraddizioni che abitano una delle più grandi esperienze comunitarie mai esistite in Italia. Cerca di sospendere il giudizio e mantenere la complessità del discorso.
Le pagine sulla tossicomania mi hanno colpito e mi hanno fatto intendere quanto si ignora del tema, innanzitutto di quanto le epoche con i loro cambiamenti condizionino anche i nomi che diamo alle patologie.
Intenso il racconto di Vincenzo Muccioli, da cui dipende per estensione il titolo del libro.
Mi ha terribilmente angosciato nella prima parte, ma poi ha perso tutta la parte umana favorendo dissertazioni filosofiche che sembravano più orientate a sfoggiare la propria cultura che ad aiutare a comprendere la vicenda di San Patrignano. Penso che senza avere visto la serie non avrei capito granché. Allo stesso tempo nella serie ho visto una maggiore confusione di Cantelli su quanto la comunità sia stata dannosa o benefica, nel libro ho visto una netta adorazione di Muccioli. Anzi, ad un certo punto sembrava quasi un'elegia a Muccioli. Darei anche due se alcune descrizioni non mi avessero perseguitato per giorni.
Il linguaggio pomposo mi ha fatto venire voglia di abbandonare la lettura un paio di volte, così come i voli pindarici e filosofeggianti, ma soprattutto i periodi lunghissimi con così tante virgole da far venire il mal di testa! Insomma scrittura un po’ pesantona, uno sfoggio di cultura a volte fuori contesto e citazioni spesso un po’ forzate. Ho avuto l’impressione che si volesse a tutti i costi parlare forbito e ragionare colto per forza. Nonostante questo l’ho letto volentieri perché mi interessava l’argomento e questo libro offre sicuramente un punto di vista interno alla questione. Consiglio di documentarsi sulle vicende principali che riguardano la storia di San Patrignano (va bene anche la mini serie Netflix che ha peraltro attinto parecchio da questi scritti) perché essendo scritto un po’ in forma di diario/riflessioni personali, dà per scontato che si conoscano fatti a cui si accenna, magari proprio per commentarli, senza minimamente spiegarli o riassumerli anche solo brevemente. Sono comunque contenta di averlo letto e se vi interessa l’argomento ve lo consiglio!
I presupposti per un bel libro c’erano tutti: peccato siano stati sabotati dall’erudizione insistentemente sfoggiata dall’autore pagina dopo pagina, che ne fa risultare l’opera pretenziosa e la prosa inutilmente intricata.
La storia dell'autore è sicuramente interessante e narrata anche bene, ma non riesco a sopportare tutte le citazioni di filosofi che gli danno un tono quasi da so-tutto-io, e appesantiscono la lettura.
Noioso. Sembrano le note a margine di una storia non raccontata. Consiglio di informarsi prima sui fatti di cronaca e poi leggere il libro. Io non l'ho fatto; probabilmente avrei apprezzato di più il libro.
Un'autobiografia intensa, intrisa di filosofia e poesia. Un ritratto lucido di San Patrignano e di Muccioli. Seguo Fabio Cantelli da molto tempo ormai e non mi ha mai deluso.
Per una “profana” dell’argomento come me è stato a tratti sorprendente, nella sua spudoratezza, nella sua crudeltà, nella sua realtà dei fatti. Alcuni passaggi filosofeggianti rischiano di far perdere un po’ il filo conduttore; resta la narrazione di un percorso duro, che mette alla prova sia dal punto di vista fisico sia psicologico. La società parallela creata e idealizzata da Muccioli prende vita per esplodere in un universo quasi sconfinato e difficile da gestire. La storia di Fabio, della sua tossicomania e della sua ripresa, sia di monito per tutti.
Recensione a cura della pagina instagram pagine_e_inchiostro:
Sanpa é stata per me una lettura illuminante e a tratti ostica. Non é la classica storia di droga e, se questo vi aspettate, vi conviene abbandonarlo ancora prima di iniziarlo. Si tratta piuttosto di un trattato filosofico sulla vita e sulla dipendenza; Cantelli ha una laurea in filosofia e si vede: lo stile é aulico, abbastanza impegnativo, niente affatto banale per il tema. Se siete preparati ad un esercizio di concentrazione, avrete però una piacevole sorpresa. Cantelli racconta la sua dipendenza e le sue ricadute nella droga con crudeltà e assenza di filtri. Mi viene in mente una scena in particolare: boom dell’AIDS in Italia, Cantelli non trova siringa e acqua in cui sciogliere l’eroina, così attinge lo strumento da un muretto di siringhe già usate e trae l’acqua da una pozzanghera. L’autore inoltre spiega, attraverso gli occhi di una persona che ha visto nascere ed evolvere la comunità di San Patrignano, i suoi metodi discutibili; un esempio tra tutti, il “ciocco”, un rimprovero pubblico per un comportamento errato (che equivaleva ad una gogna pubblica e che poteva sfociare in violenza fisica). Il romanzo indaga così il sottilissimo confine tra violenza e terapie, tra benevolenza e megalomania. Di quanto é concesso superare il limite, per fare del bene?