Ibrahima Lo è in Italia da pochi anni e ci è arrivato partendo dal Senegal, sopravvivendo ai lager libici e dopo che il gommone con tante, troppe persone a bordo su cui viaggiava è naufragato. Non un'inchiesta condotta da terze voci, ma la storia vera di chi è grato alla vita per averne ancora una e poterne scrivere, a partire dal ricordo della fame saziata a pane e acqua. Questo libro è il racconto di chi ha rischiato di morire ripetutamente nella speranza di approdare a una terra promessa, l'Europa, e che – nonostante la meta venga raggiunta – deve fare i conti con il razzismo di una società ipocrita e xenofoba, con lavori in nero e sottopagati, e una nuova vita da costruire a partire dal niente. Ma quella di Ibrahima Lo è anche la narrazione felice di una solidarietà che resiste all'oscurantismo, di persone ancora umane in grado di aiutare chi ha un'esperienza da migrante alle spalle. Pane e acqua è il resoconto personale di chi nutre ancora il sogno di un'integrazione possibile, di chi partecipa alla speranza di un mondo realizzabile, raccontando storie di sopravvivenza e rinascita.
Ho comprato il libro una sera a P., davanti al palchetto dove Ibrahima Lo raccontava la sua storia. Ho pensato a quanto potesse essere difficile rivivere ogni volta quei momenti. È di qualche mese più giovane di me, pensavo anche. Nel libro, narra la sua infanzia, la decisione di partire, il viaggio nel deserto, la prigione in Libia, il viaggio in mare, l'arrivo al porto di Bari. Ci si aspetta poi il lieto fine in Italia, eppure Lo racconta dei periodi nei centri d'accoglienza, di come non si sentisse libero, della sua infantilizzazione nelle comunità, che però termina improvvisamente quando a diciott'anni ti mettono alla porta. Paradossale, e terribile. Ibrahima Lo scrive perché ha scelto, per quanto possa essere difficile, di raccontarsi. Di nominare tutte le persone che ha visto morire, perché il viaggio verso l'Italia non era come immaginavano. Di parlare del razzismo in Italia, che diffida e criminalizza i migranti senza mai interrogarsi dei motivi per cui decidono di mettersi in viaggio. E di rivolgersi ai giovani, in Italia e in Africa, perché siamo noi che possiamo cambiare le cose.
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una lettura molto sincera l’editore avrebbe potuto metterci mano per quanto riguarda lo stile, almeno nella parte iniziale. ho notato un’innalzamento dello stile nella parte finale: sarà perché aiutato a scriver cose più tecniche, o si tratta di una strategia di marketing? comunque sia, la storia è toccante
Bel racconto facile da leggere buon lavoro da parte di Ibrahima Lo. Tocca vari aspetti della vita di un immigrato nel viaggio verso l’Europa e nella vita quotidiana in Italia.