X è un romanzo e una lettera. Valentina scrive al fratello con cui non parla da anni per raccontargli quello che ne è stato di lei e soprattutto quello che non ha avuto il coraggio di dirgli in passato. Torna all’estate del 2010, l’estate della sua maturità. C’è una festa, alcol e nelle casse la musica degli ZetaZeroAlfa, band di riferimento di CasaPound. La musica l’ha messa G., amico di tutti lì, anche di Valentina, ottimo studente della scuola cattolica nonostante la celtica al collo (è pur sempre una croce, del resto, e in quell’ambiente non è grave quanto un orecchino indossato da un ragazzo). G. quella notte diventa uno stupratore. Uno stupratore normale in un quartiere normale di un paese normale: nessun mostro, nessuna martire, nessun livido, solo un po’ di sangue sul letto. Valentina non lo denuncerà mai. Esattamente come il novanta per cento delle donne che sono state violentate, quel danno resta taciuto per anni. Con un’unica eccezione, un solo confidente, suo fratello che tuttavia non le crede. Al contrario, si allontana da lei e rimane amico di G., lo stupratore. Dopo quasi dieci anni Valentina decide di riprendersi la propria storia, di spezzare l’omertà e ribaltare la vergogna, dalla violentata al violentatore, restituendola a lui. È questo che ci racconta Valentina Mira in X: il tabù e lo stigma che accompagnano lo stupro, la violenza che porta a sentire il proprio corpo come estraneo. La necessità di una reazione. Scrive un canto di Natale per il fratello che non le ha creduto, lo porta indietro con sé in quella festa di molti anni prima, e poi nel presente in cui nulla funziona perché la violenza è sistemica e non una sfortunata eccezione, infine in un futuro che vede nel diritto a difendersi e ad aggredire l’unica via. Un romanzo di una forza e di una franchezza senza precedenti in cui la potenza letteraria e di racconto lascia disarmati.
A Valentina piace la statua della bambina che fronteggia il toro di Wall Street: rappresenta tutti gli oppressi del mondo, i piccoli, le donne, ogni minoranza, ogni persona schiacciata dal denaro, dalle disuguaglianze.
La bandella racconta la storia ed è bene conoscerla perché questo esordio di Valentina Mira fa male, meglio saperlo subito. Ma poi, siccome è un bel libro, fa bene anche se fa male.
Cappuccetto o Cappuccio rosso, membro della resistenza curda: Valentina scrive anche di lei nel giornale per il quale comincia a lavorare.
Allora, ecco qui cosa scrive l'editore: X è un romanzo e una lettera. Valentina scrive al fratello con cui non parla da anni per raccontargli quello che ne è stato di lei e soprattutto quello che non ha avuto il coraggio di dirgli in passato. Torna all’estate del 2010, l’estate della sua maturità. C’è una festa, alcol e nelle casse la musica degli ZetaZeroAlfa, band di riferimento di CasaPound. La musica l’ha messa G., amico di tutti lì, anche di Valentina, ottimo studente della scuola cattolica nonostante la celtica al collo (è pur sempre una croce, del resto, e in quell’ambiente non è grave quanto un orecchino indossato da un ragazzo). G. quella notte diventa uno stupratore. Uno stupratore normale in un quartiere normale di un paese normale: nessun mostro, nessuna martire, nessun livido, solo un po’ di sangue sul letto. Valentina non lo denuncerà mai. Esattamente come il novanta per cento delle donne che sono state violentate, quel danno resta taciuto per anni. Con un’unica eccezione, un solo confidente, suo fratello che tuttavia non le crede. Al contrario, si allontana da lei e rimane amico di G., lo stupratore. Dopo quasi dieci anni Valentina decide di riprendersi la propria storia, di spezzare l’omertà e ribaltare la vergogna, dalla violentata al violentatore, restituendola a lui. È questo che ci racconta Valentina Mira in X: il tabù e lo stigma che accompagnano lo stupro, la violenza che porta a sentire il proprio corpo come estraneo. La necessità di una reazione. Scrive un canto di Natale per il fratello che non le ha creduto, lo porta indietro con sé in quella festa di molti anni prima, e poi nel presente in cui nulla funziona perché la violenza è sistemica e non una sfortunata eccezione, infine in un futuro che vede nel diritto a difendersi e ad aggredire l’unica via.
Valentina ci mette anni, ma è una resistente, rattoppa l’anima, sente che è in arrivo una nuova primavera anche per lei, non si ferma, non rimane piegata – ma piagata, quello sì – e va avanti. Solo che le primavere finiscono, torna l’inverno, il maschio non si smentisce. Ma dopo l’inverno c’è un’altra primavera per un cuore di Rubik che è entrato nella resistenza. E, così conclude la bandella, e ancora una volta ha ragione: Un romanzo di una forza e di una franchezza senza precedenti in cui la potenza letteraria e di racconto lascia disarmati.
Nicholas Fols autore delle ultime due foto come di quella sulla copertina del libro.
5 stelle perché questo libro mi ha lasciato tanto dentro, quasi un graffio, una ferita sanguinante. La rabbia è il sentimento principale che ho provato leggendo. Una rabbia che dal singolo caso si allarga ad inglobare un sistema malato da tempi ormai ancestrali, dove o sei vittima o carnefice. Non c'è scampo. Tranne la resistenza.
Quasi quasi speravo che questo momento non arrivasse. Già mi sento inadatta a parlare di un qualsiasi libro, la sensazione peggiora quando “devo” parlare di un libro che tratta tematiche importanti, tematiche di cui bisogna parlare, tematiche come uno stupro. Come un fratello che non ti crede e che sta dalla parte dello stupratore. Come una famiglia che non si accorge del buco nero. Come una figura professionale – che per di più dovrebbe difenderti – non ha ben chiaro il concetto di vittima e si comporta da maschio provolone. Come il tuo datore di lavoro minaccia di distruggere i tuoi sogni se non apri le gambe. Ecco, che devo dire io di un libro che parla di tematiche come queste? Guardo le frasi sottolineate, le rileggo, rileggo le note a margine che ho scritto a penna, indelebili, e quello che ne esce è sempre lo stesso: sono profondamente rattristata, ma dio quanto sono altrettanto – se non di più – incazzata. Che poi, mi ci sono pure rivista in alcune di queste frasi. Quando metti la maschera di Miss Perfezione, perché ehi, mica vuoi – puoi – far sapere al mondo – ai tuoi genitori, a tua madre – che non sei serena, che hai dei problemi. Mica vuoi vedere la disperazione negli occhi degli altri. Mica vuoi dire loro che essere stata così tanto protetta, non ti ha protetta da niente. Mica vuoi vedere il biasimo nei loro occhi perché ti considerano colpevole. Mica vuoi vedere la delusione nei loro occhi. Mica vuoi fingere che vada tutto bene, ma in realtà lo stai già facendo, lo stai facendo da così tanto che manco ti rendi conto che stai fingendo. Mica vuoi vedere il dolore negli occhi degli altri, e allora la verità la tieni per te, il dolore è solo tuo, soffri solo tu, metti su un bel sorriso, dì che va tutto bene, così risparmi agli altri quello che vorresti risparmiare a te stessa. Insomma, davvero, che devo dire io di un libro che parla di tematiche come queste?
"Io penso che prima o poi vorrei scrivere libri, e che i migliori sono proprio quelli in cui l'autore ha piazzato dentro un pezzettino di cuore..."
Che dire su questo libro? Ci ha messo più che un pezzettino di cuore e si é sentito molto. É arrivato al punto. Non é solo la storia di una vicenda ma é proprio essa stessa una denuncia, una resistenza. Vuole portare un messaggio fortissimo, di lotta, di non arrendersi mai.
Immenso. Mi ha travolta come pochi libri. Quando si dice che lo scrittore deve condividere le proprie emozioni con i lettori, Valentina ci é ben riuscita.
Nell’estate dei suoi 18 anni, Valentina, giovane maturanda della Roma bene, viene stuprata a una festa a casa di amici. Niente intimidazioni, niente minacce, niente urla e nessun testimone. E’ tutto molto veloce e silenzioso: lei e il ragazzo in questione, che verrà sempre indicato con l’iniziale G., completamente ubriachi (e non è una giustificazione, ma perché? Perché i giovani hanno sempre bisogno di questo?!), finiscono sul divano di una stanza, mentre gli altri amici nella stanza di fianco ballano ignari sulle note di una canzone degli ZetaZeroAlfa (gruppo rock di riferimento di CasaPound) e quando arrivano al punto, lui ignora il “No!” di lei e appunto la violenta. L’ambiente è quello sballato di certi squadroni di estrema destra, che conoscono la sopraffazione, il maschilismo e la violenza come unico linguaggio. Allo stupro seguono l’incredulità, il vuoto del corpo e della mente, anestetizzati temporaneamente da tutto, poi lo schifo e la vergogna di Valentina, che si porterà dietro questo segreto per mesi e mesi. E poi la rabbia, esplosa, volta a trovare finalmente giustizia. E il dolore, silente e devastante, accompagnato dall’amara consapevolezza di trovarsi da sola di fronte a un torto simile, ignorata perfino dai familiari e in particolare dal fratello. Il fratello è una figura chiave. Valentina gli è molto legata e all’inizio ne parla con affetto, come fosse stato il suo piccolo da difendere sempre, nei momenti di difficoltà: quando la situazione si ribalta, tuttavia, non trova da parte sua lo stesso appoggio. Il libro è scritto infatti sotto forma di una lunga confessione al fratello, franca e spietata. Valentina Mira ci consegna un romanzo rabbioso e doloroso che, personalmente, ho divorato, provando io stessa un po’ di quella stessa rabbia e di quello stesso dolore provati da lei. Un graffio sanguinante, purtroppo molto attuale. La scrittura è nuda e cruda, sincera, senza veli. E il maschilismo, inteso come prepotenza, come volontà di appropriarsi della sua persona e del suo corpo, Valentina non li sperimenta poi solo con G. ma anche, incredibilmente, con il redattore di un giornale presso il quale anni dopo, da laureata, collabora, suo datore di lavoro appunto. Sempre in un momento di debolezza personale, in cui è ubriaca e cede alle sue avances, andandoci a letto e poi pentendosene e provando una profonda vergogna. Ora, sicuramente dirò una cosa impopolare e che non vuole di certo giustificare una violenza o una sopraffazione fisica, ma mi chiedo, perché? Perché Valentina, questa necessità di ubriacarsi, di avvicinarsi così “sfatta” a un uomo che sai già essere lì bramoso e viscido, di renderti così vulnerabile invece di allontanarti subito, immediatamente, al primissimo segnale? E’ debolezza, me ne rendo conto. Ma se io vedo che il mio datore di lavoro si avvicina a palparmi la coscia sotto la gonna, beh, fuggo via subito e senza indugi, non accetto di uscirci in seguito, tanto più ubriaca. Purtroppo il mondo è pieno di piccoli uomini del genere, viscidi approfittatori che fiutano la debolezza come farebbe uno squalo col sangue, e ai quali bisogna dunque sbattere la porta in faccia immediatamente, senza concedere un minimo spiraglio. Facile giudicare, direte voi. Ed è vero anche questo. Provo grande stima per Valentina Mira e le son grata per averci regalato un libro tanto necessario. Mi auguro queste brutte esperienze l’abbiano resa una donna forte e sempre più consapevole. “Tua ma ancor prima mia, V”. Brava Valentina.
Attendevo questo libro da tempo, da quando è stato annunciato online sia dall’autrice sia da siti che parlano di nuove uscite.
Sapevo di non trovarmi di fronte ad un saggio politico o ad altro tipo di dissertazione, ma davanti ad una storia personale racconta di getto (ed era proprio per questo che non vedevo l’ora di leggerlo). Sono rimasta profondamente delusa soprattutto perché di questi tempi un libro del genere era qualcosa di cui avevamo bisogno e necessità. Quindi non capisco perché averlo mandato in stampa così, senza revisione. Mi sembra strano vedere chi l’ha già recensito con 5 stelle dato che il libro è uscito solo ieri (ma si legge davvero in poco tempo).
In ordine sparso, alcune delle cose che non mi hanno convinta: - il racconto procede molto serrato come se lèggessimo le pagine di un diario, scritte esattamente nello stesso modo sgangherato, con una fitta intercostale pesante fino a quando non accadde una roba degradante per qualsiasi donna e/o essere umano. Continua così, anche nelle pagine successive. Scritto tutto così in maniera puerile, senza un momento di distacco di riflessione, con frasi e periodi un po’ altisonanti buttati a casaccio per riempire. - il padre ad un certo punto esclama “certo che a Napoli stanno proprio messi male”, 6 pagine dopo un altro commento sul sud Italia (Dio nel 2021 ancora ste pochezze narrative). - mi sembra scritto non di getto ma proprio male. - “questa cosa del femminismo vi è sfuggita proprio di mano”, facendo due calcoli in base all’età dell’autrice questa frase è un po’ buttata in caciara perché, triste ma vero, questi dibattiti fino a qualche anno fa non erano così presenti nel quotidiano, quindi un aggancio all’epoca attuale spero? Forse? - testimoni falsi? E a fine pagina il carabiniere ci prova? Menomale che era una brava persona. - essere amica dei fasci e partecipare ad una festa di fasci , non sarei andata neanche sotto tortura a casa di gente così. Non mi capacito di come si possa avere amici del genere. A 19 anni si può quasi già scindere le amicizie. (Pure citare un pezzo nel libro boh). - il fratello è veramente da sberle in faccia. - il datore di lavoro andava denunciato, ricorrere ad un sindacato e avvocato, non agire così e dargliela vinta. Non va affatto bene sottostare così con la scusa di sentirsi “lupa” ma lupa di cosa? Ma che metafora assurda è? - ancora frasi altisonanti (bevo, ululo, mi sento ridicola ma libera) ti prego basta sembra di leggere Moccia in certi tratti. - leggo in un’intervista che è dal 2019 che ha iniziato a scrivere come è possibile che sia venuto fuori un pasticcio simile? - il punto di vista iniziale, il dramma, si perde ma attira altri drammi. L’aiuto concreto a se stessa e a una potenziale lettrice che ha vissuto la stessa esperienza non c’è, scivola via dalle pagine. A parte la scritta con la bomboletta.
Davvero rivorrei 15 euro indietro perché non è proprio bello leggere una storia così forte e importante ridotta così male.
X è nella mia lista di libri da leggere dal giorno della sua pubblicazione, ma mi sono decisa che era finalmente arrivato il momento dopo un incontro con l'autrice, Valentina Mira, sulla violenza di genere. Sono contenta che un libro come X non sia passato in sordina (o almeno, non completamente), perché è un libro necessario, che spezza la vittimistica narrazione dello stupro così come ci viene eternamente riproposta dai quotidiani e dai tg. X non è soltanto un libro sullo stupro e la sua potenza sta proprio in questo. X parla di consenso, precariato, resistenza e soprattutto liberazione. È un grido, una chiamata alle armi, per ricordarci che "un no, certe volte è molto più di una parola" e che la rabbia, anziché essere messa a tacere, va abbracciata e nutrita. "Va diretta verso l'alto, dall'oppresso all'oppressore". Perché "non è vero che la violenza è sempre sbagliata. Al contrario, esiste una violenza giusta. È la rabbia degli oppressi, degli umiliati - delle oppresse, delle umiliate. L'odio di chi troppo a lungo è stato odiato".
Valentina Mira in questo libro autobiografico si rivolge al fratello, che non vede da 7 anni, per raccontargli la sua storia, soprattutto quella a cui lui non ha voluto credere: quella del suo stupro. Succede tutto ad una festa post maturità, con un certo G., un ragazzo arrogante e con la smania fascista di potere e razzismo, un ragazzo con cui aveva già flirtato, ma che non ascolta il suo NO e la possiede con forza. Valentina non può che esternare il suo dolore rimasto sopito da tempo, la sua solitudine per la mancanza di un confidente a cui aggrapparsi, la sua paura, le ulteriori molestie subite ed il suo desiderio di ricominciare. X è la lettera tatuata sul suo anulare, un simbolo per ricordare che si può e si deve dire no!
Un romanzo autobiografico forte, duro, toccante, vero... Valentina, con grande coraggio, racconta le violenze subite e tutto il malessere che ne consegue: la sua apatia, la sua sofferenza e la sua diffidenza, inevitabile dopo aver subito tanto... Questo libro è un grido, carico di rabbia per il male subito: "un trauma che mi porterò sempre nella pancia come una pianta carnivora che mi divora ovaie e voglia di vivere". Emerge anche il forte sentimento per il fratello, che la tradisce, che non le crede, che l'abbandona, alleandosi addirittura al suo stupratore: grande è la tenerezza nel rievocare ricordi d'infanzia e gesti di protezione da parte di quel fratello da lei ha tanto amato. Si avverte un grande vuoto, una mancanza impossibile da colmare. Valentina mostra chiaramente quanto la violenza si annidi nei meandri della quotidianità e implichi la necessità di reagire, di dire no per poter ricominciare a vivere. E lei resiste, ce la fa, riparte con una grande forza: "io è da tempo che ho de iso di essere chiave. Di non aspettarmi che altri mi aprano con scasso, mai più; al contrario di aprirmele io le mie porte." Valentina sottolinea l'importanza di rompere questi tabù imposti dalla società, altrimenti il rischio è che siano questi tabù a rompere noi. La sua scrittura è semplice ma poetica: numerose sono le bellissime similitudini e metafore. Toccante il suo desiderio di trasformarsi nel fantasma del passato di Dickens per raggiungere il cuore del fratello. Ma la sua scrittura è anche cruda, a volte sboccata, per esternare la sua grande rabbia. Un libro sulla violenza ma anche sull'amore, come lo definisce lei: una testimonianza che merita l'attenzione del lettore e che non può lasciare indifferenti.
“Volevo ricordarmi che posso dire di no. Che talvolta devo dire di no. Non è mai stato un concetto scontato per me e, quando l’ho realizzato, ho scelto di stringere un patto con il mio corpo per non dimenticarlo più.”
Ecco perché Valentina ha una X tatuata sull’anulare.
Ecco perché scrive una lunga lettera, cioè questo libro, al fratello “quasi gemello” la cui unione si è infranta sulla confessione di avere subito uno stupro.
Per raccontare a chi da anni è solo ombra e fantasma come ci si sente a essere una ragazza forzata a fare quel che non vuole fare. O a sentirsi dire : in fondo te la sei voluta. O a essere insidiata da chi dovrebbe difenderti. A essere oggetto di desiderio e mai soggetto. A vivere con il dubbio di essere colpevole. A chiudersi in un guscio duro e fragile per non mostrare tutta la sua paura. A odiarsi e distruggersi per compensare l’assillo martellante della colpa e della violazione.
Questa è una storia di stupro ma anche una storia di resistenza. Anche, a margine, una storia d’amore. È anche un documento per conoscere come vivono oggi i millennials…ignorati come persone e sfruttati come eterni precari disposti a lavorare per poche lire. Gestiti da anonime app, indifferenti e crudeli.
Questa è la storia di Valentina che decide di continuare a vivere e che continua a resistere, ma anche a sperare che la vita dischiuda i suoi doni a chi si impegna a cercarli. Valentina decide di scrivere: una giovane donna che mostra ciò che prova, svelando gli inganni reiterati di una violenza maschile subdola e ottusa.
Questa è una storia che tutte le donne comprenderanno perfettamente e che tutti gli uomini dovrebbero leggere.
[Non metto stelline, come si fanno a mettere stelline, dai su]
È un libro che era necessario, che racconta la violenza e lo stupro per quello che è, per quello che lascia a chi sopravvive. "Mamma mi guarda come se non mi riconoscesse. Il suo sguardo interlocutorio sembra chiedere: Dov’è la mia bambina? È morta, mamma. L’hanno pugnalata nella fica ieri, e ora non c'è e non ci sarà più".
X è tutto quello che ti insegnano che non dovresti dire, che non sta bene dire ad alta voce. Invece serve dirlo.
avrei voluto dare molte più stelle a questo libro che tratta di temi importanti, con una voce giovane, dei nostri tempi. ma purtroppo non ci ho visto né sentito tutta quella passione che gli altri ci hanno visto e sentito, solo un mucchio di frasi, parole e metafore messe a puntino per far sembrare più profondo un concetto semplice - le basi ci sono, il tema centrale del libro è importante e profondo quanto basta perché siano colonna portante ma purtroppo tutto quello che potrebbe dire, questo libro lo tiene per sé, lo tace. è come se fosse non finito, incompleto, e non perché non sappiamo poi se la protagonista (che poi è anche l'autrice) ha poi risentito il fratello tanto amato, ma perché non c'è risoluzione vera nel cammino della vita di Valentina... il che mi lascia con un gusto amaro in bocca, disillusa. davvero non mi dice niente, letteralmente e metaforicamente. 2 stelle e mezzo, ma sono stata larga.
Che dire Valentina? È da mesi che voglio leggere la tua storia. Finalmente ho trovato il tempo, avevo molte aspettative nei tuoi confronti. All’inizio non riuscivo a capirti, poi quando hai iniziato a raccontare la tua storia, il tuo stupro (chiamiamolo come dev’essere), mi sono catapultata in questo orrore e nel giro di due ore ho finito di leggere tutto. Tutto ciò che hai scritto lo condivido e ti avrei dato anche cinque stelle, ma va bene così, perché tu sei superiore ai giudizi. Adoro la tua scrittura e spero di leggere altro di te.
Questo libro dovrebbero leggerlo tutti. Regalatelo a genitori, fratelli e sorelle, amiche, amici. Compratelo per voi stesse, regalatevelo, non sarà sempre semplice ma alla fine sarà come una stretta di mano, una pacca sulla spalla, un abbraccio perfino.
È una testimonianza di cosa accade a migliaia di donne ogni giorno, sotto gli occhi di una società che non solo è inerte ma è anche complice. Una società che abbandona le vittime, che le emargina, che le bombarda con i suoi meccanismi sbagliati tanto da farle sentire pazze, fuori luogo, inadeguate, come se fossero l’unica falla di un sistema che sembra funzionare per tutti tranne che per loro. È così che si è sentita Valentina quando, confessato a suo fratello di essere stata stuprata da un suo amico, lui ha smesso di parlarle. L’amico era il capobanda del gruppo fascista della zona, figo e arrogante, ma l’altro era suo fratello, la sua metà, la sua spalla, il suo complice da quando ne avesse memoria.
È da qui che inizia il baratro della protagonista, un buco nero che influenzerà tutta la sua vita e dal quale sarà molto difficile uscire. Un buconero che non si ferma a quell’episodio ma che riappare anche negli anni avvenire, sotto altre forme e sotto altri aspetti.
Lo stupro raccontato in questo libro non è un massacro, non è brutale e, soprattutto, non è uno, perchè lo stupro non è solo ciò che finisce in tragedia e ciò che è manifestamente violento ma è tutto ciò che è realizzato con la forza a discapito di un consenso liberamente formato e alla pari.
Ecco, questo libro apre gli occhi e racconta tante verità scomode, di quelle verità che si colgono solo dopo averle lette nero su bianco.
Diciamo che la grande pecca di questo libro è lo stile di scrittura, molto acerbo e a tratti anche becero. Alcune riflessioni sono un po’ banali e scontate e sempliciotte e stonano con il tema trattato. Sulla trama non si può giudicare, è devastante ed è una storia vera. Si capisce il libro sia scritto più per l’autrice stessa (e per suo fratello) che per un pubblico.
La misoginia è un fratello maschio che alla sorella femmina preferirà sempre la complicità di un altro maschio.
Un altro libro a cui non sento di dover dare delle stelle. Non so se la scrittrice vorrebbe averle, se preferirebbe che questo libro venisse giudicato in modo freddo alla pari degli altri, più per lo stile che per il contenuto; so che i romanzi non sono tenuti nè ad essere realistici nè ad avere una funzione pedagogica, e infatti non è il caso di questo libro: non si tratta di un romanzo realista, ad alcune basta solo scrivere l’autobiografia. Non è un romanzo (gli epistolari neanche mi piacciono) e non è una storia inventata, è una lettera. Non è una rappresentazione fittizia, una messinscena, non è un regista incapace che prova a trattare la tematica e la annacqua con scelte artistiche pessime, è un flusso autobiografico scritto ad un fratello. Il suo stile non è neanche uno stile che leggerei volentieri in un romanzo: diretto, crudo, colloquiale, da quartiere periferico romano, ripugnante in alcuni punti, ma qui è perfetto perché è con la crudezza che ci si rivolge a chi non vuole vedere. Queste persone che non vogliono capire sono persone reali e hanno bisogno di una scrittura cruda, non di edulcoranti. Questo libro è per loro, se mai lo leggeranno. Non so se questo libro sia scritto bene, se lo stile mi sia piaciuto, le similitudini poi sono a tratti azzeccatissime e altre meno riuscite. So però che ho dovuto leggerlo per ore di fila fino a finirlo perché non riuscivo ad andare a dormire con questa storia in sospeso, mentre ci sono persone che pur avendo avuto parti attive nei fatti raccontati fanno sonni spietatamente tranquilli. Ci sono casi in cui non ci si può permettere la letteratura pura, in cui la storia è più comunicativa dello stile in sè. Non sono riuscita a restare oggettiva e distaccata nella lettura, e adesso non avrebbe senso esserlo nella “recensione”, quindi alla fine questo libro o te lo leggi come se fossi il fratello fascista a cui sta scrivendo, o come se fossi i compagni che l’hanno presa e aiutata, o almeno aspirassi ad esserlo.
4.5: quando possiamo definire un libro "necessario"? È sempre difficile farlo, e il più delle volte capita a sproposito. Non dirò quindi che X sia necessario, ma chi sceglierà di leggerlo farà un atto di rivolta importante. Perché la violenza non arriva quasi mai da lontano, consumata nel vicolo buio da un uomo senza volto e senza nome che sembra uscito da una fiaba nera a prendersi l'amore e strapparlo dalla carne e dall'anima della vittima. La violenza è dentro casa, è tra le amicizie, al lavoro, perfino in quei luoghi che dovrebbero proteggere, specie quando a loro arriva un grido disperato, e invece te la rivolgono contro in maniera subdola. Sono le malefiche sottigliezze dei gesti e delle parole, degli sguardi spesso increduli, sfuggenti, a far male. Soprattutto, immagino, se quegli sguardi sono della persona a te più cara, l'unica che avrebbe potuto capire, combattere, salvare. Da uomo, questo libro fa male come pensavo. È il segreto di pulcinella e so benissimo cosa il maschio possa essere in grado di fare, ma forse fa male proprio perché la colpa è di quell'istinto bestiale di prevaricazione che non ci siamo mai tolti e che la società, retta (illusoriamente) da noi e quindi inattaccabile, continua a perpetuare e ritenere sacra normalità. Io nel mio piccolo starò sempre a fianco delle "Valentina" e delle tante vittime che non hanno nome, che hanno paura a denunciare un sistema malato e avvolto nelle sue stesse spire, che hanno denunciato e sono state zittite. E, alla fine, lo dico. Sì, è un libro necessario, ma per noi uomini.
Bellissimo!! Devo ancora riprendermi, respirare. Era davvero da tanto che nn lèggevo così, tutto d’un fiato, dalla prima all’ultima pagina.
Grazie Valentina! ♥️
********** 24-6-2023= un libro importante, che parla di stupro ai danni di un’adolescente e che accenna a tutte le ferite fisiche ed emotive e la distruzione che provoca in una donna. Qui l’aggravante e’ che la vittima non viene creduta dal fratello, perché lo stupro é un argomento scomodo, perche’ e’ troppo faticoso per un fratello, pensare che il suo amico-capobranco, tra l’altro fascista, abbia abusato di sua sorella, e che questa violenza richieda una presa di posizione, che da fratello pecorone non è pronto a fare.
Purtroppo il tema e’ molto attuale perche di stupri ce ne sono ancora tanti, troppi, e la pena per questo reato andrebbe inasprita ancora di piu’.
Vi risparmio il mio pensiero sulla pena dantesca che personalmente infliggerei agli stupratori, se avessi potere decisionale; aggiungo solo che lo stupro ed il femminicidio sarebbero un buon motivo per farmi ricredere sul ripristino della pena capitale! 😡😡😡😡
Non me ne voglia Cesare Beccaria se lo faccio rivoltare nella tomba! 👿👿👿👿
"È bello essere donna. È come essere una luna. Ti permette di esplodere nei silenzi, piena, finalmente; di eclissarti quando ne hai più bisogno. Con un corpo che non è granitico, che non finge neanche di esserlo. Mutevole e liquida come la vita. Sincera come il sangue che ti purifica mensilmente – che pure voi siete fatti di sangue, ma a volte ve ne dimenticate. Noi no. Noi non possiamo."
"X" non è un romanzo ma una storia vera, un grido di rabbia e dolore lacerante, in cui l'autrice rompe il silenzio a distanza di anni in merito ad uno stupro subito da adolescente.
Valentina è una ragazza di diciotto anni che ha appena conseguito il diploma di maturità. Partecipa ad una festa a casa di amici, il clima è sereno, tutti si divertono e lei scherza con G., un amico di suo fratello. I due ragazzi bevono , flirtano, si baciano. G. vuole di più ma Valentina, nonostante abbia bevuto, gli dice "NO". Non una sola volta, ma tante. G. non ascolta il rifiuto di Valentina perché "tanto voi donne dite no quando intendete si" sentendosi così giustificato ad andare avanti nonostante la ragazza non voglia avere rapporti con lui.
Per inciso: "No" significa "No". Non è una libera interpretazione.
Valentina, come la maggior parte delle donne vittime di violenza carnale decide di non denunciare. La sua anima va in mille pezzi, il dolore che prova la porta a smettere di mangiare, di sorridere, di vivere. Valentina è morta dentro mentre il suo stupratore continua la sua vita come se nulla fosse successo. La ragazza si confida solo con suo fratello, il quale, non credendo alla veridicità del racconto, si allontana da lei restando amico del suo aguzzino. È per lui che Valentina scrive questo libro.
"X" è un memoir intimo e viscerale, una lama che trapassa la carne sino ad arrivare all'anima. La scrittura di Valentina è potente, diretta, rabbiosa, capace di rompere il grande tabù dello stupro. L'autrice sbatte in faccia al lettore senza mezzi termini il dolore, il senso di colpa, l'umiliazione che subisce una donna vittima di violenza sessuale a cui si aggiunge la difficoltà di parlare e l'ulteriore sofferenza di non essere creduta dalla persona a lei più vicina, suo fratello.
Dicono che per scrivere un buon libro l'autore debba sempre piazzare un pezzetto di cuore al suo interno... in questo caso oltre ad esso troverete anche un'anima guerriera che non si arrende al ruolo di vittima ma combatte sino alla fine, anche a costo di scrivere con il suo stesso sangue.
Lo scorso, weekend mentre prendevamo un caffè con un’amica, abbiamo tirato fuori dalle borse i rispettivi libri che stavamo leggendo. F. prende in mano il mio e dopo un’occhiata stupita alla copertina, gira il libro e legge le parole stampate sul retro: “Ma tu, lo sai almeno cos’è uno stupro?”. Reazione: “Mazza.. che pesantezza! Un libro sullo stupro…?!” Dopo averci riflettuto un po’ devo riconoscermi in parte daccordo, in parte totalmente in disaccordo con F. Che pesantezza. Come negarlo? X non è di certo un libro leggero. E fin qui nessuna rivelazione eclatante: si capisce a partire dall’immagine di copertina che non è un libro sugli unicorni d’altronde (anche se molti in Italia, nel 2021, sembrano continuare a trattare il tema come se si parlasse davvero di unicorni). Sul “un libro sullo stupro” però mi sento un po’ di dissentire. Perché X è ANCHE un libro sullo stupro, ma non SOLO un libro sullo stupro. È un libro che nasce come reazione spontanea e, alla fine, incontenibile a tante cose: alla vergogna che spesso si viene costrette ingiustamente a provare (e ancora: non solo nei casi in cui si è vittime di violenza sessuale), a uno status quo –quello della percezione della violenza di genere– che non ha niente di giusto, alle fratture psicologiche e fisiche che si creano nella vita di una persona quando a livello familiare qualcosa di inceppa, si rompe, viene a mancare. Ma è anche un racconto di amore e di possibilità che possono nascere da questo elenco infinito di situazioni avverse. Un libro sul “come reagire” (senza neanche la pretesa di insegnare qualcosa, ma solo di riportare un vissuto). Un dialogo a voce unica scritto in un modo che -personalmente- non ho trovato particolarmente degno di nota (dal punto di vista dello stile vero e proprio), ma dove alcuni concetti vengono comunque presentati in modo interessante . Alla fine, comunque un racconto consigliato per (almeno) cercare di comprendere la complessità, soprattutto psicologica, di un fenomeno che in Italia e nel mondo ancora oggi continuare a colpire troppe donne.
"È da Natale che non so più chi tu sia diventato. È da Natale che ho deciso di scriverti queste lettere. Spero che, arrivato a questo punto della storia, e sapendo nel dettaglio chi è G., lo vedrai per quello che è veramente. E almeno ti vergognerai un pochino per non aver dato peso alla mia richiesta di aiuto, dieci anni fa. Per avermi lasciata da sola."
Una ragazzina, stuprata, ma non di quegli stupri che lasciano il segno, ma un no detto e ripetuto e non ascoltato. La violenza silenziosa.
E la vittima, vittima del maschio violatore e del fratello, che non crede sia vero, scrive una lunghissima lettera per raccontare.
Mi sento quasi in colpa a "stroncare" questo libro, sicuramente sentito (è autobiografico) e uscito con un gran battage, ma per me la forma e' anche sostanza, e in questo libro ho trovato veramente una forma di scrivere tra lo sciatto e il ridondante, senza soluzione di continuità.
Truce è la parola giusta per descrivere questo libro. Ciò che rimane è solo rabbia e la consapevolezza che la strada che dobbiamo percorrere è ancora lunga e impervia. Perché la violenza subita viene ancora messa in discussione.
Un cuore spezzato ma pazzescamente pieno. Pieno di emozioni, sia belle che brutte; pieno di frasi che vorrei portare sempre con me. Ve lo stra consiglio!
Questo libro mi ha fatto male, malissimo. Ma d’altra parte penso che ogni ragazza dovrebbe leggerlo, il prima possibile, prima che sia troppo tardi. Valentina Mira racconta che cos’è uno stupro, il tabù dei nostri giorni, la X che non vogliamo mai sentir nominare. Ammetto che anche io non voglio mai leggere libri che trattino questo tema. Mi fanno male, provo un vero dolore fisico, vengo sopraffatta dalla rabbia, dall’angoscia. È un trigger per me. X è diverso. Non è mai superficiale, non romanticizza, non indora la pillola, l’autrice è cruda e spietata nelle descrizioni, non sminuisce e non esagera, racconta solo la verità. E cosa ancora più tremenda, a mio parere, narra anche cosa avviene dopo, perché spesso non si denuncia, perché il sistema è corrotto, cieco, inadatto a gestire situazioni simili. È un libro che è sia una denuncia sociale sia una richiesta di aiuto. Servono libri come questo, libri che dicano la verità, che non facciano evadere altrove, che ti ancorino nel qui e ora, tra forze dell’ordine che abusano del loro potere (perché questo è rubare il numero di cellulare, e sì, anche io l’ho visto accadere), viscidi datori di lavoro che pretendono cose che non dovrebbero pretendere, fattorini laureati che se muoiono per strada vengono licenziati, e pensieri neri, nerissimi: forse c’è più dignità nella libera prostituzione.
La mia recensione è pessima, lo so. Non all’altezza di questo libro, di questa scrittrice. Ci vuole coraggio a raccontare una storia del genere. Mi ha lasciato tanto. Non voglio approfondire la storia del fratello, perché sono un’ingenua, voglio sperare che queste lettere, a lui indirizzate, alla fine siano state lette. Che alla fine, almeno in parte, abbia capito.
X é la rottura dei tabù, é la catena che si spezza, é il muro di silenzio che si infrange. X é dolore, X é liberazione. X é una storia vera e noi, come società tutta, dobbiamo tendere le orecchie e ascoltare ciò che Valentina Mira ha da dirci. X é catarsi. L’autrice si mette a nudo, si sporca le mani per permetterci di vedere ciò che non vogliamo vedere: il punto di vista di una ragazzina vittima di stupro e di omertà, vittima di fascismo. Mira si riprende la sua storia e ce la restituisce con una crudezza commovente, a tratti disarmante, di fronte a cui il fascista che si crede invincibile perde il suo potere ricattatorio. Non mi ha convinta al 100% lo stile, che da adolescente avrei adorato ma con il gusto di oggi un po’ meno. Sottolineo però che è l’opera prima di Mira, e come tale é indubbiamente da ammirare. Il libro é una lunga lettera al fratello dell’autrice, il quale non solo non le ha mai creduto ma ha deciso di sparire dalla sua vita per restare invece in quella di G, lo stupratore. Scrive Mira: “Dammi la mano, lascia che ti porti in un posto. C’è un tuo amico, dove andiamo, e tua sorella in un tempo in cui ancora le volevi bene: dovresti sentirti a tuo agio. Tu mi hai regalato il tuo canto di Natale, il peggiore che potessi immaginare, vederti amico suo, suo complice: lascia che sia io, ora, a interpretare il ruolo del fantasma dei Natali passati; permettimi di tornarti in sogno, scuotendo le catene a cui mi avete legata; lascia che smuova un po’ della polvere a cui il tuo silenzio mi ha costretta. Preparati, perché questo è il mio, di canto di Natale. E non sono mica tanto sicura che ti piacerà”.