Le vite di carta di Eugenio Baroncelli sembrano non esaurirsi mai. Lo conferma questo Libro di furti che offre, ancora una volta microbiografie, miniature filosofico-letterarie che hanno la capacità di riunire in un gesto isolato, in un capriccio dell’attimo, in un’ironia della vita il racconto intero di un personaggio.
Per l'idea mi ha ricordato “Antologia di Spoon River”, ma con lo sviluppo penso che siamo lontani dal capolavoro di Edgar Lee Masters. Diamo però a Cesare quel che è di Cesare: Eugenio Baroncelli deve avere un'ampissima e profonda conoscenza delle vite di tutte le persone che ritrae in questa raccolta; è inoltre in grado di sintetizzarle in una dozzina di riga l'una, focalizzandosi sui loro aspetti chiave, utilizzando un lessico ben forbito. Quello che secondo me manca nel libro è la coesione, una sovrastruttura generale ad alto livello che impedisca al lettore di perdersi già a pagina venti. Non ho trovato sufficiente che tutte le storie (o quasi) abbiano in comune il monito e il memorandum che la morte è sempre lì che ci attende tutti, prima o poi, indifferente ai destini, ai traguardi superati e a quelli quasi raggiunti; ella resta comunque implacabile.
Una e trecento vite raccolte in un volume di epigrammi di pregio. Tanti assaggi, brevi o meno, di stile, poesia e frammenti di vite e anche morti, tra luoghi, ricordi, persone. A tratti reminiscente di opere come quel "Bestie" di Tozzi che tanto amo. Un libro che va quasi accompagnato dalla prescrizione: poche dosi ogni giorno.