In un giorno di maggio del 1999, settemila persone affollarono la basilica di San Petronio a Bologna e la piazza antistante per dare un ultimo saluto a Enzo Piccinini, chirurgo dell'ospedale Sant'Orsola scomparso tragicamente a 48 anni. Ma chi era questo giovane medico che era stato in grado di lasciare così profondamente il segno in talmente tante vite? Chirurgo sui generis per gli anni in cui si avvia alla professione, Piccinini crede fermamente nella necessità di occuparsi dei pazienti in tutta la loro umanità: preoccupandosi dei loro affetti e aiutandoli di fronte al dolore e al timore della morte, come parte del proprio mandato. Una convinzione nata durante gli studi, destinata a crescere negli anni attraverso l'amicizia con Luigi Giussani e l'impegno nel movimento di Comunione e Liberazione, che lo porta ad accostare all'attività medica, riconosciuta nel mondo, un instancabile lavoro di educazione e testimonianza per i più giovani. Oggi, la sua opera vive in una scuola di medici e ricercatori ispirati dal "metodo Enzo", e nelle persone che lo hanno conosciuto e ancora portano il segno di quell'incontro. Una vita unica, che ha portato la Chiesa a proclamarlo "servo di Dio" e ad avviare un processo di canonizzazione. Ho fatto tutto per essere felice è un racconto emozionante che insegna cosa significa vivere, come diceva Enzo, "mettendo il cuore in quello che si fa".
Il libro dà la possibilità di incontrare una persona fuori dalla norma. Colpisce come, dopo l'incontro con un movimento ecclesiale ed un sacerdote speciale, abbia premuto l'acceleratore della sua vita ("he lived his life in the fast lane") volendo fare al meglio qualsiasi cosa, dando il massimo di sé (forse anche troppo?) e come tutto ciò rappresentasse per lui il realizzarsi della felicità, poiché poggiato su un Amore ricevuto e ridonato che dava significato alla sua esistenza.
Leggere una biografia, genere che amo particolarmente, chiede sempre di aprirsi alla vita di un altro, a lasciarsi colpire, stupire dal percorso umano lungo o breve di una persona, intessuto da fatti, incontri, che ne hanno determinato l’esistenza. Tanto più lo chiede questo libro dedicato ad Enzo Piccinini, veramente un insolito chirurgo, la cui passione per l’umano, con radici ben innestate nell’incontro con il cristianesimo, nella sua breve vita - morirà in un incidente statale a non ancora cinquant’anni - lo porterà a guardare il paziente in un modo diverso e a spendersi per lui, e per ogni uomo incrociato sul proprio cammino, dando tutto se stesso.
Letto durante il secondo lockdown della Pandemia Covid-19, è stata un'occasione per capire che il mio bisogno emotivo di ricevere determinate attenzioni da parte del personale medico-sanitario non deve essere minimamente censurate. Perché prima di essere una "paziente", per molti medici un corpo dove confermare la loro impossibile impresa di essere o sostutuirsi a Dio (o alla Natura), sono una persona. Enzo e i suoi amici (dottori e non) mi hanno fatto scoprire quanto il mio corpo non è mio, mi è dato ed è sacro, e va curato perché ci abita l'anima.
Enzo’s life and story really resonated with my heart. Science and technology can be a tool to relieve suffering and do the work of Christ. Lovely read!