“Tre operai” del 1934 di Carlo Bernari è considerato l'opera che fonda il neorealismo attraverso le schermaglie sentimentali di Teodoro, Marco e Anna, giovani lavoranti in una lavanderia protagonisti di un amore tragico sullo sfondo delle lotte degli operai del sud Italia. Una storia in cui la drammatica situazione del Meridione e del proletariato nel primo ventennio del ‘900 partorisce un popolo che non riesce ad acquisire un’autentica coscienza di classe ma si perde nella vana aspirazione di riuscire ad accomodarsi nel mondo piccolo-borghese. Il quadro è dunque di una generazione di scontenti e di sconfittidestinata ad arrendersi alla delusione per poi sfociare nel fascismo. Il romanzo d’esordio di Bernari, pubblicato nel 1934 ma scritto a soli 19 anni tra il 1929 e il 1932, si rivela anticipatore e ancora all’avanguardia della letteratura italiana del secondo ‘900. La sua forte attualità riguarda sia il piano storico della cosiddetta “questione meridionale”, ma si lega anche alla situazione drammatica della “questione giovanile”, piaghe entrambe rimaste sempre irrisolte e forse irrisolvibili in Italia. Lo sfondo storico e ideologico generale del romanzo di Bernari è infatti la perdurante “crisi della sinistra”, però “morettianamente” vissuta dai protagonisti sul piano individuale e sentimentale. In questo senso l’abilità di Bernari è quello di collegare la Grande Storia alla psicologia dei giovani personaggi che ne subiscono influssi e conseguenze. Ma al di là di questo aspetto “Tre operai” rivela tutta la sua importanza nella struttura narrativa che per la prima volta utilizza tecniche espressioniste e cinematografiche dando vita a quella nuova foma di scrittura propria del neorealismo.
Carlo Bernari è nato a Napoli nel 1909 da una famiglia di origine francese (il cognome è l’italianizzazione di Bernard) ed è morto a Roma nel 1992.Dimostra fin da piccolo una forte personalità: a tredici anni viene espulso dall’istituto tecnico che frequenta con l’accusa di aver istigato i suoi compagni alla ribellione contro un insegnante. La sua formazione continua Bernari si paga le lezioni con il salario che ottiene dal lavoro presso una sartoria. Viene a contatto con l’ambiente culturale napoletano – conosce, tra gli altri, Benedetto Croce – ma a causa di contrasti con la famiglia, si trasferisce a Roma, dove inizia la sua attività di redattore e dove col pittore Paolo Ricci e il filosofo Guglielmo Peirce fonda il movimento d’avanguardia UDA, Unione Distruttivisti Attivisti, il cui manifesto lanciato a Napoli nel 1929 segna una prima reazione contro l’influenza sugli intellettuali del clima “fascio-futurista”. Durante un soggiorno parigino, conosce i maggiori scrittori dell’avanguardia francese – Bréton, Aragon, Éluard. La sua opera, ricordiamo “Speranzella” premio Viareggio 1950 fino al romanzo autobiografico “Il grande letto” finalista allo Strega nel 1988, attraversa e influenza l’intero ‘900 e imprime una svolta alla letteratura italiana della seconda metà del secolo fino ai nostri giorni.
Quando un operaio va in cerca di lavoro, piove sempre
Il 9 febbraio 1934, uscì Tre operai di Carlo Bernard. Il duce lo lesse e non gradì affatto. Lo definì “romanzo comunista”. Mussolini comandò a Ciano di occuparsi del libro, e lui, il Galeazzo, indirizzò una velina a tutti i giornali con l’ordine di non occuparsi del libro né dello scrittore, rendendo così invisibili sia l’uno sia l’altro. Bernard, cui era stato ritirato il passaporto, non poteva espatriare. Per non ridursi alla fame adottò degli pseudonimi (Bernardi, Caberna, Beda, Siglai e Bernari).
Tre operai è un romanzo sociale. La vita dei tre operai napoletani – siamo in epoca prefascista - è la stessa del proletariato che riempie le periferie grigie e fumose di tutto il Paese. Attorno a Anna, Teodoro e Marco, i protagonisti, si muovono altre figure, altra miseria, altri amori. Nell’odore delle immondizie su per le scale c’è lo sconforto per una rivoluzione che non parte, c’è la profonda amarezza per un’illusione, frutto d’una mai nata coscienza di classe, che si sgretola senza rimedio. «Da una famiglia di operai non può venir fuori che un operaio» ripeteva suo padre. Teodoro però voleva essere qualcosa di più, aveva letto più degli altri, e aveva una rivoluzione dentro. Adesso è seduto sotto la tettoia. Qualcuno russa. E lui non può dormire. Poggia la scarpa su un sassetto, lo trascina e, muovendo il piede, riga il terreno. Domani è vicino. Fiducia occorre, sicurezza…
“Apre gli occhi e dopo la serenità in cui era immerso, per la sveglia brusca immagina disordine e grida; la rivoluzione è scoppiata! compagni uniamoci! proletari di tutto il mondo… Invece davanti a sé trova solo la luna gialla, e il mare calmo, che batte leggermente contro i bordi dei vapori. Dietro di lui il milite portuale che l’ha chiamato ha ripreso a passeggiare”.
È scrittura di uno che non sta al gioco. Aspra, asciutta, straniante. Da leggere.
Romanzo sicuramente importante per l'epoca, racconta situazioni di disagio dell'Italia meridionale, di lotta di classe, ma soprattutto della sconfitta di una classe, di fronte all'enormità di un problema. Tre operai racconta la disfatta intrinseca al socialismo, l'impossibilità di fronteggiare forze ancestrali e mostruose, come il potere, l'egoismo, la sopraffazione. Gli operai, come diceva anche Gaber, "sono gente come noi/ gli operai sono solo più oppressi e più sfruttati di noi/ Hanno altri problemi e non sono invischiati in oggetti/Che noi custodiamo con cura/ Gli operai hanno addosso soltanto una rabbia che cresce/ Una rabbia che si estende/ Da sbattere addosso ai padroni/ Che la polizia difende".
Libro di fortissima critica sociale, composto, più che da un'autentica trama, da una serie di episodi connessi tra loro secondo uno sviluppo cronologico. Lo stile di scrittura è fortemente distaccato, e la narrazione, interamente al tempo presente, talvolta rasenta la freddezza del resoconto legale. La descrizione del Meridione industriale, lontanissima dall'immagine didascalica del "paese del sole", è caratterizzata da immagini di deprimente sporcizia e squallore. In definitiva una lettura "disturbante", che costituisce però una tappa necessaria della narrativa italiana del XX secolo.
È un sud Italia diverso: un meridione che è specchio dell'industria e del mondo operaio che tutto condiziona. Un romanzo di formazione il cui slancio e desiderio di affermazione mai si compie. Timori, scelte sbagliate, rapporti dai sentimenti tanto sbiaditi da apparire finti ed essere perennemente mutevoli.
Posso affermare con sicurezza che questo sia il peggior romanzo dell'anno e uno dei peggiori che mi sia capitato di leggere in generale. Lo stile è caratterizzato da una terza persona onnisciente che irrita il lettore con continui interventi di carattere esplicativo sulla psiche e sui pensieri dei suoi personaggi. La narrazione è effettivamente - come scrissero i critici negli anni '30 - legnosa, a tratti immatura. Il testo - che vorrebbe essere un'opera di denuncia della condizione operaia nel periodo precedente al Biennio Rosso - finisce per far allontanare il lettore dai personaggi che appaiono caratterizzati in modo superficiale. Suscita particolare irritazione la narrazione estremamente innaturale della formazione del protagonista Teodoro.
An optimistic three stars because I liked what I understood, but as it was the only book in my graduate school Italian literature course I couldn't get in translation, it remains the only full book I've ever read in Italian... meaning I probably didn't understand it too well beyond its importance as a working-class story.