Declinata in infinite versioni nella tradizione dei cantori popolari, la tragica vicenda della baronessa di Carini ha affascinato anche la fantasia di Luigi Natoli che, attingendo alla leggenda nata intorno ad un fosco episodio di cronaca della Sicilia del XVI secolo, ha elaborato una sua personalissima ed originale storia di amore e morte. Nella cornice di una natura siciliana a tratti solare e scintillante di primavera, a tratti cupa e notturna, si muovono i personaggi dell' "amaro caso" della baronessa di Carini: la giovane e delicata Caterina, il suo amante Vincenzo Vernagallo, il padre della fanciulla, lo spietato e violento Barone La Grua e tutto un "coro" di comprimari, vittime e artefici del tremendo delitto. La rilettura di Natoli riesce ad aggiungere suggestione e magia ad un racconto che affonda le radici nella fantasia popolare siciliana. In appendice al volume i testi raccolti da Salvatore Salomone Marino alla fine dell'800 dalla tradizione orale, che cantano, continuamente reinventandolo, quel terribile "cunto" mai cancellato nella mitologia dell'Isola.
Veniva da una famiglia di ardenti ideali risorgimentali: nel 1860, quando aveva solo 3 anni, sua madre, alla notizia dell'imminente arrivo dei Mille guidati da Garibaldi, fece indossare a tutti la camicia rossa: l'intera famiglia venne arrestata dalle guardie borboniche e portata nella prigione palermitana della Vicaria.
A 17 anni Natoli iniziò a scrivere per i giornali, quindi lavorò come professore di storia in vari licei italiani: pubblicò anche una Storia di Sicilia.
Anche in un racconto breve come questo viene fuori la grandezza di Natoli. Scrittura magistrale, descrizione di personaggi e sentimenti incisiva e toccante, contesto storico e sociale ben delineato sullo sfondo. Anche a distanza di anni, si conferma uno dei miei autori preferiti.
Un’edizione molto curata: una carta spessa, caratteri della giusta grandezza e delle illustrazioni molto belle. La storia è molto semplice, racconta quasi come una favola di un femminicidio.