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Ecologia della felicità: Perché vivere meglio aiuta il pianeta

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"Lo scopo di questo libro è indicare una strada percorribile per rendere sostenibile la pressione umana sull'ambiente. Il messaggio è che ce la possiamo cavare senza doverci ridurre all'ascetismo di massa, che rispettare il Pianeta è un obiettivo raggiungibile e che possiamo raggiungerlo vivendo meglio di quanto facciamo attualmente. Non ci serve la rimozione. Ci serve muoverci collettivamente per cambiare le cose." Da più parti si sostiene che una riconversione ecologica dell'economia comporterà dei sacrifici che impatteranno negativamente sul nostro benessere. Ma è veramente così? Partendo dagli studi sulla felicità degli ultimi decenni, questo libro dimostra che possiamo vivere più felicemente e in modo sostenibile. Condividere rende felici e non inquina; possedere non rende felici e inquina. Ma invece di migliorare la condivisione, la nostra società punta alla crescita economica, all'espansione del possesso grazie all'aumento del potere d'acquisto. Il risultato è un mondo che non è né felice, né sostenibile. Negli ultimi decenni sono dilagate solitudine, perdita di senso di comunità, di solidarietà e di appartenenza, oltre al degrado degli ecosistemi. Questo è il prodotto di una società che desertifica le relazioni umane perché stimola ossessivamente il possesso e la competizione, in nome della crescita economica. Occorre "decelerare". Questo libro mostra come fare per ampliare la condivisione: come organizzare le città in modo da ridurre la solitudine; quali metodi di insegnamento attuare nelle scuole per formare persone capaci di costruirsi buone relazioni e vite felici; quali modalità di organizzazione del lavoro nelle imprese favoriscano il benessere e le relazioni di chi ci lavora; quali leggi contrastino la manipolazione operata dal marketing. Il tutto da una prospettiva ecologista matura ed equilibrata, lontana da ottimismi entusiastici e da pessimismi catastrofisti. Stefano Bartolini propone un manifesto dei cambiamenti politici, sociali ed economici che sono possibili e necessari per smetterla di sfidare la natura, anche quella umana.

352 pages, Paperback

Published June 21, 2021

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Stefano Bartolini

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Profile Image for Telarak Amuna.
217 reviews3 followers
September 17, 2025
Saggio molto originale e diretto fin dalle prime pagine, quando dimostra ad esempio che la transizione energetica non risolverà il problema ecologico, se non cambia anche il nostro stile di vita e di produzione energivoro, poiché o si affianca come ora all’energia fossile, senza quindi sostituirla, o necessita di ampie infrastrutture, al cui produzione e comunque molto inquinante; oppure quando afferma che la democrazia, essendo i suoi rappresentanti troppo implicati con i risvolti economici e gli attori coinvolti nello sfruttamento e inquinamento del pianeta, è fallimentare al momento nell’affrontare il problema e, soprattutto, non lo farà mai di propria iniziativa, senza pressioni; o ancora quando rimarca che le scelte verdi individuali hanno un impatto minimo a livello globale (anche se fossero milioni di persone a farle) perché comunque troppo connesse a un reddito elevato e a uno stile di vita che rimane energivoro, ma precisando che sono invece a maggiore impatto su scala locale (riduzione del traffico o dei rifiuti urbani, ad esempio) e personale (maggiore felicità e vita più sana). Insomma, dalle prime pagine emerge che il saggio è tutt’altro che banale o tendenzioso, ma vaglia ciascuna possibilità e le sue sfumature in modo sistemico.
Anche la struttura è molto chiara, dopo l’introduzione che dà una rapida panoramica di tutto il contenuto e delle idee chiave poi approfondite, si passa alla nascita e alla modifica dell’ecologismo, alle illusioni di una crescita sostenibile (spesso demandata alle tecnologie), con la messa in discussione di un modello, la Grande Accelerazione, che è impossibile sia perpetuo e che in verità, in Occidente, è già ingolfato, per quanto si continui a puntare su di esso con miopia. Abbiamo invece imboccato la via della Grande Decelerazione, con la popolazione in calo (o meglio, con un tasso di crescita in costante diminuzione che presuppone un calo entro la fine del secolo e con l’accento sul ruolo dell’istruzione femminile in questo processo), con un’economia il cui tasso di crescita è irrisorio, tranne nei paesi ancora in pieno sviluppo e con il falso modello che la crescita economica è il motore per risolvere i problemi. Analizzando infatti il paradosso dell’impotenza ecologista, ideologia ormai filtrata ampiamente nella cultura ma assai poco efficace nella politica, Bartolini osserva come sia il tono pessimista dell’ecologia ad allontanare dall’azione, perché basa il suo mantra solo sul ridurre, sul sacrificio, sulla rinuncia di una felicità presente in vista di quella futura, tutti sentimenti negativi che portano inconsciamente a rigettare questa ideologia e, ancor prima, che cozzano con il mito della crescita economica come panacea per ogni male propinatoci per secoli.
Arriva a questo punto una delle teorie più interessanti del saggio, quella della crescita difensiva: Bartolini ci dimostra come l’impoverimento dei beni comuni (ossia di tutti quegli spazi e servizi che erano gratuitamente a disposizione di ogni persona, come le strade e le piazze delle città, ora invase dalle auto) e delle relazioni (incrinate dal troppo lavoro, da interazioni sempre più online, dall’individualismo, …) abbia portato all’esigenza di guadagnare più soldi per garantirsi il benessere, chiaramente illusorio, nel presente (da tutta la vasta gamma di prodotti d’intrattenimento, chiaramente tutti a pagamento rispetto a molti modi di passare il tempo di mezzo secolo fa, a tutti gli oggetti che esaltano l’autostima o che ci fanno sentire parte di un gruppo, ossia quelli di marca/di moda, quando prima ciò avveniva molto di più tramite le interazioni, cioè tramite la relazione e non in modo meccanico) e la sicurezza nel futuro (l’idea che chi ha tanti soldi avrà i mezzi per affrontare le crisi future, di per sé non scorretta nel corto-medio termine, ma basata su una logica individualista che, sul lungo termine, non potrà più essere una risposta, perché al collasso totale servirà poco opporre un avere milionario e, ancora prima, questo avere non basterà a garantire la felicità in un ambiente totalmente deteriorato). In breve Bartolini ci mette in guardia che questa crescita difensiva da un lato non garantisce la felicità e anzi è spesso associata ad ansie, solitudine, … dall’altro alimenta la crescita economica (e il PIL), che non fa che accentuare il degrado ambientale e sociale, in un circolo vizioso che può portare solo alla rovina. Come esempio porta nazioni che di solito vengono additate come modelli di crescita, rilevando invece l’illusione di questa idea e la pericolosità di abbracciare tale crescita (per l’appunto difensiva): Stati Uniti, India e Cina.
L’altro spunto di maggiore interesse è la presentazione di due modelli di risposta alla crisi attuale, Privatopoli e Collaborandia, con la relativa dimostrazione di come Collaborandia sia l’unica risposta sensata, che garantisca al contempo benessere e sostenibilità, ma per realizzare tale modello Bartolini presenta alcuni ambiti da riformare, come la democrazia, la città, la scuola, il lavoro, la pubblicità e la sanità, fornendo alcuni spunti per attuare tali riforme.
Infine passa in rassegna diversi scenari politici futuri, rimarcando ancora una volta come solo l’ecologia della felicità sia uno scenario desiderabile e da perseguire. L’aspetto di maggiore pregio del libro è proprio la sua concretezza nel proporre vie per implementare e attuare tale scenario, allontanandosi da un approccio troppo astratto o ideologico. Non mancano tuttavia i difetti. Il maggiore, che rende la lettura purtroppo molto meno piacevole, anzi a tratti noiosa, è l’eccessiva ripetitività dei concetti, quasi il libro fosse scritto per una persona con scarsissima memoria o capacità di processare i concetti. L’altro grande difetto, secondo me, è il grande parlare di sistemi come forze un po’ a sé stanti e non come qualcosa creato e tenuto in funzione/in vita da un insieme di esseri umani. Non è il sistema che non funziona, sono le persone al suo interno che sono estremamente egoiste e avide e pensano quindi principalmente ad arricchirsi e a soddisfare se stessi, anche a scapito degli altri. Se non cambia questo atteggiamento, così come se non cambia la condotta sfrenatamente consumistica di un’ampia fetta della popolazione (e questo punto non è legato alla crescita difensiva in maniera rigida, quanto piuttosto a una distorta idea di autoaffermazione o di felicità) o il loro egoistico disinteresse e la loro altrettanto egoistica pigrizia, per cui pur essendo ormai note certe dinamiche quasi schiaviste o altamente inquinanti di produzione o il funzionamento anti-democratico dei social, non accenna a cambiare le proprie abitudini, tutte le azioni molto giuste e logiche proposte da Bartolini non saranno mai assunte, proprio perché tutti i sistemi sono composti da esseri umani e quindi il cambiamento deve derivare da loro, in primis.
Profile Image for Martina Pugliese.
62 reviews4 followers
September 9, 2022
Bel libro che discute di un tema complesso in linguaggio semplice e accessibile, spaziando su orizzonti vasti nell'affrontarlo. L'ho trovato un po' povero di suggerimenti tangibili però, fornisce spunti piuttosto generici sul da farsi, che rimangono idee piuttosto che piani d'azione. Ma forse l'obbiettivo non era quello ed è in generale una bella lettura che ci insegna a guardare alla società e al capitalismo che abbiamo costruito come una sola delle tante realtà possibili e soprattutto, non la più felice. Il libro infatti sostiene che la contrapposizione tra ecologismo e capitalismo è fittizia, e che la società dei consumi in cui viviamo può benissimo, e con molti vantaggi, essere rimpiazzata con una società in cui i beni comuni siano quelli di maggior rilievo, a beneficio delle relazioni.
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