Arrivata nel 1979 alla procura di Milano, Ilda Boccassini capisce subito che la vita non sarà facile. Raccogliendo il palese malumore dell’allora procuratore, il “Corriere della Sera” commenta il giorno stesso che “il lavoro inquirente poco si adatta alle maternità e preoccupazioni famigliari male si conciliano con un lavoro duro, stressante e anche pericoloso”. Inizia così per “Ilda la rossa” un corpo a corpo dentro e fuori la procura, che durerà fino al giorno della pensione, nel dicembre 2019. Il lavoro è duro, certo, ma entusiasmante già dal primo periodo, a partire dai successi ottenuti insieme a Giovanni Falcone nell’indagine “Duomo connection”, che svela la presenza di Cosa nostra a Milano. Fino al giorno in cui tutto finisce e tutto il 23 maggio 1992, lo squarcio sull’autostrada, la strage di Capaci. Si parte allora per la Sicilia, bisogna indagare su quelle morti, sconsigliata da tutti, perseguitata dal senso di colpa per i figli lasciati a Milano. Ma è necessario capire, dare giustizia. Il ritorno in procura, nella stessa stanza numero 30, è già Seconda repubblica e sarà segnato dai processi Imi-Sir, Lodo Mondadori, “Toghe sporche”, che la portano ad affrontare anche Silvio Berlusconi, fino agli anni duemila con il caso Ruby. E con quei processi, l’inizio di una campagna d’odio che dura da decenni. Queste pagine ripercorrono gli avvenimenti da uno straordinario punto di quello di una donna libera, sotto la toga e nella vita che ha scelto, con la forza di pochi e la fragilità di tutti.
Un libro straordinario e schietto, che non è solo un onesto libro di importanti memorie personali, ma anche un grande libro di educazione civica, di storia e di etica pubblica. E non meno importante: una necessaria perspectiva al femminile sulla storia dell’Italia negli ultimi 40 anni. Bisognerebbe leggerlo se non altro per gratitudine verso questa donna straordinaria e coraggiosa. E poi farci un esame di coscienza.
Intenso, profondo, trasparente. Il libro verità di Ilda Boccassini parla dritto alle coscienze di noi cittadini, scoperchiando o ripescando fatti e misfatti della nostra storia recente e legandoli alle situazioni personali che ha vissuto nello scomodo e coraggioso ruolo di magistrato donna. Questa simbiosi continua tra eventi e sentimenti, arricchita di dettagli ficcanti (come le critiche senza peli sulla lingua a politici ed ex-colleghi) ha reso la lettura piacevolmente scorrevole e spesso coinvolgente. A livello personale, ho particolarmente apprezzato la sincerità con cui l’autrice si è aperta ai lettori, evidenziando senza paura le proprie debolezze e le cause dei suoi insuccessi. Ho trovato invece meno azzeccati il compiacimento continuo su alcuni aspetti fisici e stilistici, in contrasto con l’immagine di antidiva che vuole far passare, e alcuni dettagli del rapporto con Falcone. Tuttavia, rappresentando la realtà è un bene che siano emersi anche questi. Libro consigliatissimo.
Una vita intensa raccontata da Ilda Boccassini con uno stile diretto e franco, innanzitutto con se stessa. Lettura indispensabile per chi voglia ripercorrere, con l’autrice, gli eventi giudiziari che hanno cambiato l’Italia negli ultimi quarant’anni. Resta, al termine del libro, un grande senso di riconoscenza verso una onesta ed inflessibile servitrice dello Stato.
Peccato che con i dico e non dico abbia incentivato i gossip sulla sua amicizia con Falcone. In realtà è un libro di denuncia importantissimo sulla corruzione in seno alla magistratura. E di questo purtroppo nessuno parla.
Un libro interessante, scritto da una protagonista di un pezzo di storia italiana. Ne emerge anche la donna con le sue debolezze, le sue paure e gli eterni bivi e scelte tra la vita professionale e familiiare.
Tra la mia scrivania ed il mio comodino, in questi giorni, sto vivendo la storia di Ilda Boccassini - grazie al suo libro “La Stanza Numero 30. Cronache di una vita”. Le vicende della vita di Ilda - che in questo libro è semplicemente Ilda - sono raccontate in maniera sincera . I dettagli, descritti minuziosamente, m’aiutano a spogliarmi dei miei panni di lettrice in men che non si dica. Mentre leggo e m’immergo nelle vicende descritte da Ilda, cambio i miei abiti molte volte: posso essere un passante, una magistrata, un collega, un uomo o una donna, un insetto, un lembo di giacca, il fumo che si insinua in una stanza chiusa. Senza chiedere il permesso, posso essere tutto ciò che desidero. Ilda Boccassini è una magistrata italiana, conosciuta per il suo ruolo di giudice in alcune delle inchieste più importanti e controverse della storia recente dell’Italia. È stata una figura nevralgica nella lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione e ai reati finanziari. Di lei s’è molto parlato; s’è discusso, su giornali e tabloid, del suo rapporto con Giovanni Falcone - e non nego che questo pettegolezzo mi abbia, in parte, spinto verso la lettura di questo libro. Volevo capirne di più. Mentre leggo i pensieri di Ilda riesco a sentire la sua voce, sebbene non l’abbia mai effettivamente sentita; la sento parlare e percepisco di più. Indirettamente, sento un tono di voce pacato e tenue. Pure, riesco a distinguere l’autorevolezza nelle parole della donna. Vedo Ilda pensare, ed esprimersi, con una sigaretta tra le dita. Riesco a vederla mentre legge le sue lettere, mentre scrive di Giovanni - che, grazie ai suoi ricordi - in questo libro, diviene più di un emblema. Immaginavo d’essere il pluriball adagiato sul pavimento delle stanze dell’hotel di Caltanissetta; sentivo il rumore degli stivali neri dei militari. Sento l’angoscia di una donna, e in lei m’immedesimo: è agghiacciante la potenza di alcune parole che descrivono lotte intestine. Sono forti anche le cronache degli eventi che hanno segnato la storia del mio paese. Districa la sua vita, tra dovere e desiderio, Ilda - donna, madre, magistrata. Leggo le sue lettere, e mi immagino d’essere il ricevente delle sue parole. Sento la cornetta del telefono appoggiarsi al mio viso, quando articola il contenuto delle sue conversazioni con Giovanni Falcone. Ilda è una donna, come me, e mi ritrovo in molte sue riflessioni; ciò rende più semplice ancora lo scoprimento delle mie membra.
Scrivere autobiografie ha il fascino della sottile lama a doppio taglio. Cerchi di inserire unicamente le clausole desiderate, ma, inevitabilmente, tracci inequivocabili sentieri dove pure i ciottoli polverosi ti descrivono, se non in modo minuzioso, comunque sufficientemente chiaro.
Così è per queste pagine che tratteggiano un bel po’ di anni di vita vissuta e di italiche disgrazie e lacerazioni. Alla fine ne esce un ego smisurato e tracotante. A tratti fastidioso. A titolo di esempio, quando si sofferma su debolezze e tic di alcuni magistrati o comunque di chi le sta attorno (il ciuffo alla D’Artagnan o la lacca per fissare i capelli). Sono dettagli che stonano su intense pagine di vergogna italiana. L’impressione generale è di una donna che cavalca uno spaccato giudiziario italiano per la propria rivalsa caratteriale. Una sorta di rivendicazione di qualità. Aspetto, probabilmente, del tutto legittimo, visto l’ostracismo generale ricevuto. Anche se, ritengo, sarebbe il caso di confrontarci il punto di vista dei colleghi.
Ma è piacevole constatare quanto sia stata una Guerrigliera dell’Aula. E quanta fortuna abbiamo avuto ad averla dalla parte del Giusto. Ci sono momenti, purtroppo tragici, dove la lettura scivola via veloce e, soprattuto, feroce. Il resto sono appuntiti sassolini che si è tolta dalle scarpe.
Restano due cose: la brutale ostinazione ed efficienza del malaffare, che si manifesta in modi sorprendenti e viscidi e la civica pervicacia di pochi addetti alla giustizia, che per due soldi rischiano la vita, quelle dei familiari e di chi gli sta attorno, il più delle volte osteggiati da colleghi e forze dell’ordine, per non parlare della politica.
L’ultima parte del libro, purtroppo, rappresenta una parentesi oltremodo stucchevole. Probabilmente sono pagine eruttate dalla volontà di rivalsa, ma paiono testi scollegati, che mal si raccordano al resto. Peccato, ottima occasione per conoscere un pezzo della nostra storia, gettata alle ortiche con nonchalance.
P.S.: ho apprezzato il fatto che il volume sia uscito per Feltrinelli. Coerenza è una parola tanto abusata, ma troppo ignorata (o soltanto una scelta obbligata?).
La biografia di uno dei magistrati più noti d'Italia in cui racconta gli anni trascorsi, per la maggior parte al fianco di Falcone, a lottare contro la mafia.
"Il lavoro inquirente poco si adatta alle donne: maternità e preoccupazioni familiari male si conciliano con un lavoro duro, stressante e anche pericoloso"
Questa frase sintetizza le gioie e i dolori di un percorso in cui non si è risparmiata fino al pensionamento nel 2019. E chi ha criticato le sue dichiarazioni affettuose nei confronti dello stesso Falcone forse non ha capito che quello di cui parla è un amore platonico.
"Me ne innamorai. E' molto complicato per me parlarne. Sicuramente non si trattò dei sentimenti classici con cui siamo abituati a fare i conti nel corso della vita. No. Il mio sentimento era altro e più profondo, non prevedeva una condizione di vita quotidiana, il bisogno di vivere l'amore momento per momento. Ero innamorata della sua anima, della sua passione, della sua battaglia, che capivo essere più importante di tutto il resto. Sapevo di non poter condividere con lui un cinema o una gita in barca, pur desiderandolo, ma non ero gelosa della sua sfera privata, ne poteva vacillare la mia. Temevo che quel sentimento potesse travolgermi. E così in effetti sarebbe stato, perchè lo hanno ucciso"
A prescindere dalla simpatia o antipatia che può aver ispirato l’ex magistrato durante la sua carriera, emergono valori quasi dimenticati come senso del dovere, etica del lavoro, abnegazione di fronte a valori positivi e a fronti fondamentali per lo Stato quale lotta alla mafia, all’ingiustizia e al senso di onnipotenza dei rei. Al contempo, certo tempismi di notifica dei provvedimenti agli indagati fanno nascere dubbi sulla bontà delle indagini da parte dei sostenitori politici degli indagati stessi, per cui tempismi diversi avrebbero forse ridotto il livello di scontro odioso tra le parti. Inoltre, non ho trovato grande senso di autocritica, ma profonda attitudine a giustificarsi anche laddove non fosse dalla parte della ragione. La parte relativa al rapporto con Falcone sembra talvolta vaga e forse volutamente ambigua: avesse scritto sic et simpliciter che si trattava di una profonda amicizia, senza entrare in dettagli inutili al contesto (descrizione del viaggio in aereo in Argentina), sarebbe stato a mio avviso preferibile ed avrebbe evitato clamori inutili… a meno che i clamori non facessero parte dell’attività promozionale del libro.
Comunque la si pensi sull’operato della Boccassini, questo libro ha il merito indubbio di portarci nelle aule giudiziarie italiane e farci toccare con mano lo schifo della nostra magistratura. Odi politici e personali, invidie, gelosie, rancori, corruzione, ipocrisie, compromessi… c’è tutto il peggio della nostra democrazia. I tribunali italiani ridotti a mercato delle vacche dove si fa strage del concetto stesso di giustizia. Niente di nuovo vista la storia degli ultimi decenni, ma la testimonianza di uno dei protagonisti della giustizia italiana fa un effetto travolgente. Un libro da leggere. A stomaco vuoto.
Una lettura per me non facile. Ora , giunto al termine con una discreta fatica, posso dire che ne è valsa la pena. Ha il pregio, questo libro, di riproporre anni complessi del paese dal punto di vista dell'autrice. Consiglio, ma sappia chi lo vorrà leggere, che l'impegnativa lettura necessita di tempi adeguati e pause doverose di riflessione.
La tristezza è la sensazione che mi ha accompagnato durante la lettura del libro. Aggiungerei anche la rassegnazione, perché ora che la Dott.ssa Boccassini ha lasciato la professione non vedo chi possa traghettare la magistratura italiana verso porti sereni. Solo lei e pochissime altre persone hanno avuto le corrette idee e le giuste intuizioni. Non si salva quasi nessuno dal suo giudizio spietato, ricco di aneddoti inutili che hanno come esito il mettere in ridicolo le/i colleghe/i (la cura per i capelli di Gian Carlo Caselli o il narcisismo di Roberto Scarpinato), financo se stessa (non è autoironia). Tutto questo impianto ha fatto sì che là dove Ilda Boccassini scrive rare parole di speranza, auspicio e incoraggiamento, non mi risulta credibile. Una lettura di cui avrei potuto tranquillamente fare a meno, ma ormai...
Un libro coraggioso, onesto e brutale. Che avrebbe potuto-dovuto- scatenare polemiche e discussioni sulle innumerevoli connessioni tra politica, mafia, Finanza e magistratura. E invece…l’unica polemica è stata costruita sulla presunta relazione con Falcone. Questo conferma due cose che oramai dovrebbero essere note anche a chi non ama la scrittrice: 1) le Donne vengono sempre criticate appigliandosi alla parte più intima ed emotiva del loro vissuto 2) se sono dovuti scendere così in basso, significa che su tutto il resto che ha raccontato l autrice è inattaccabile, quindi che ha perfettamente ragione. Che si ami o che si odi la Bocassini, la lettura di questo libro è fortemente consigliata per aprirsi gli occhi.
Non sono riuscita neanche ad arrivare a metà. É autoreferenziale, noioso e diffamatorio. Non descrive neanche i suoi processi che sono la parte che dovrebbe interessare di più chi si approccia al suo libro , lasciando invece solo spazio per le critiche ai colleghi. É quindi contenutisticamente sterile e noioso.
Il libro stupisce perché rivela la persona più che il magistrato. In termini narrativi non è un libro memorabile, abbastanza ripetitivo e privo di colpi di teatro. Rivela tuttavia particolari da insider nel sistema giudiziario e una dura critica verso Anm, correnti, giudici pigri e corrotti. Immagino che molti colleghi della autrice non abbiano gradito.
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Uno spaccato della sua vita, intrecciato alla storia del nostro paese. Donna forte, intransigente, dura ma costretta a fare scelte sempre più difficili. Sola, ma speciale come poche. Veramente da ammirare
"... Perché nessuna riforma potrà surrogare la mancanza di etica che è dentro ciascuno."
Siamo un Paese marcio e corrotto, con alcune volenterose eccezioni che cercano di svuotare la barca con un cucchiaino da the e rimanere puliti, galleggiando sulla 💩
Mi ha dato l'impressione di una donna che cerca di convincersi con tutte le sue forze di non aver fatto delle scelte sbagliate nella sua vita. Mi ha lasciato un pò di amaro in bocca, un pò di rabbia.
Una biografia che sicuramente non ha la presunzione di essere un capolavoro della letteratura ma sicuramente è uno specchio molto reale e inquietante degli ultimi decenni in Italia
Libro ben scritto, a tratti interessante e affascinante. Purtroppo esce il carattere irruento della Boccassini, ma anche questo fa parte della sua storia
Spero che molti cittadini lo leggano e soprattutto molti giovani. E’ un libro che trova nell’onesta’ la sua cifra identitaria e racconta di una donna leale e coraggiosa . Grazie Ilda !