Alex Schwazer diventa un campione da giovane, forse troppo giovane: “Il mio vocabolario comprendeva solo due parole, allenamento e riposo. Non avevo un colore preferito o un piatto preferito. Non avevo un passatempo, una passione o un obiettivo che non fossero la marcia”. Alle Olimpiadi di Pechino del 2008 sale sul podio più alto nella 50 km di marcia. È il coronamento di un sogno. Ha solo ventitré anni. Ma quel trionfo complica tutto. È come la kryptonite, per lui. Si logora. Sempre più solo, e in preda alla depressione, va in Turchia e acquista l’eritropoietina, un ormone proibito. A poche settimane dalle Olimpiadi del 2012 arriva il controllo, e risulta positivo. Niente Londra. Niente più sport, forse. Una punizione esemplare. Ma è proprio allora che torna la febbre che sta prima e dopo ogni traguardo, il futuro che si tende nell’aria: “Quando ho toccato il fondo, mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione. Quel giorno ha segnato la rinascita dell’uomo che avevo dentro e che da tanto tempo non trovava spazio per uscire. Quel giorno ho capito di essere in un labirinto immenso e apparentemente senza via d’uscita, nel quale brancolavo da anni. Un labirinto nel quale avevo perso tutto. La persona che ero, la mia fidanzata, la credibilità, la dignità. Solo ora ne sono uscito. Sono sopravvissuto a un’imboscata, una macchinazione subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato. Ancora oggi, a distanza di cinque anni, non so come ho fatto a mantenere l’equilibrio. Questa è la storia che voglio raccontare”.
Alex Schwazer racconta la sua ascesa professionale con le difficoltà della vita e soprattutto della sua caduta. Un fisico eccezionale con una mente debole. In giovane età prova diversi sport prima di approdare alla marcia, cambia, sbaglia e ritorna poi su quella specialità massacrante che lo consacrerà prima campione e poi reietto. Dalle prime pagine si comprende la dedizione e la volontà che l'atleta italiano ha messo in ogni gara, gli allenamenti smodati, l'inizio totalmente da autodidatta senza tabelle, senza dieta, senza programmazione e nonostante ciò riuscì ad emergere grazie soprattutto a doti naturali che scoprì gradualmente. Poi quando viene notato da tecnici competenti, viene indirizzato e curato, coccolato prima e ripudiato poi. Sono le vittorie che complicano la vita di Alex, il bisogno di eccellere, la spasmodica richiesta di visibilità diventa una droga irrinunciabile e qui inizia la sua depressione che gli fa commettere errori imperdonabili per chi fa dello sforzo fisico lo scopo della propria vita. Prima la tenda ad ossigeno, poi gli anti depressivi, poi il viaggio in Turchia per acquistare l'epo. Ho letto diversi libri di campioni che hanno fatto uso di doping, e la cosa inaccettabile è che nessuno di loro dichiari apertamente la sconfitta morale, la scelta sbagliata. Nessuno di loro è pentito realmente, si sentono tutti vittime di un sistema, di un complotto, di qualcosa più grande di loro che con naturalezza li ha portati all'assunzione di sostanze proibite. Progettano e pianificano come aggirare il sistema, organizzano viaggi senza essere scoperti, modificano la reperibilità in base al doping che si sparano in vena ma dicono di essere vittime...Vergognoso. E' questa la vera sconfitta, l'incapacità di un uomo di ammettere la propria colpa. Anche Schwazer dice: "In quel momento mi è stato tutto chiaro. Chiarissimo. Ero io che sbagliavo. Il dopato non è quello che si dopa, è quello che viene beccato. Dal mattino dopo, ho avuto un pensiero fisso: l’Epo. L’avrei fatto e basta. Senza tornare indietro. L’obiettivo non era più dare il massimo e cercare di vincere, ma giocare alla pari. Arrivare al giorno della gara nelle stesse condizioni degli altri. Condizioni fisiche, ma soprattutto mentali. Sapere di avere a disposizione tutte le armi che hanno gli avversari, per quanto inutili possano essere. Sono sopravvissuto a un'imboscata, una macchinazione subdola e crudele che in altri momenti mi avrebbe annientato. Ancora oggi, a distanza di cinque anni, non so come ho fatto a mantenere l'equilibrio. Questa è la storia che voglio raccontare" La seconda squalifica che gli fu inflitta, è palesemente una macchinazione per togliere di mezzo per sempre Alex Schwazer dopo che denunciò la collusione di medici e addetti ai lavori, ma questo non sarebbe successo se lui non avesse scelto il doping. Anche se arrivò l'assoluzione per la seconda squalifica con la motivazione di non aver commesso il fatto, seppur riabilitato pubblicamente, l'atleta è stato ripudiato dalla politica dell'atletica e la sua integrità di uomo compromessa per sempre.
Erano anni che non mi capitava di portare a termine una lettura in pochi giorni, questa volta è successo. Un racconto scorrevole che ripercorre le tappe fondamentali della storia sportiva di un campione caduto, che ha dovuto rialzarsi più volte. Un susseguirsi di luci ed ombre. Una storia vera, in alcuni punti da leggere con spirito critico.. ma anche con notevole interesse. Bel lavoro.
Essere un campione non significa vincere vincere e solo vincere. Essere un campione significa cadere e riuscire a rialzarsi, a rialzare la testa e Alex Schwazer è un campione. Grazie Alex per questa testimonianza. Cammina, corri, marcia A TESTA ALTA!
Per quanto riguarda il libro in sé, si legge in un paio di giorni perché una volta iniziato è impossibile staccare gli occhi dalle pagine.
Questa del marciatore italiano è tra le più belle autobiografie di personaggi sportivi. La solitudine dei primi allenamenti tra le montagne trentine, il culto del sudore e della fatica come via per raggiungere la vetta mondiale della specialità. Poi il doping che l’ha marchiato per il resto della sua vita sportiva a dispetto dei mille tentativi di ottenere giustizia e vedere rivalutata la propria immagine di campione caduto nell’errore di cercare scorciatoie per soddisfare il bisogno proprio e degli altri di andare sempre più forte. In fondo questo libro è una parabola dei nostri tempi: tutti pronti a salire sul carro del migliore, sempre tenendo il fucile puntato in attesa del primo errore. Che non ti verrà mai più perdonato. Da leggere.
Un libro bello ed intenso, letto d'un fiato (dopo i primi capitoli un po' lenti). Spero che ci possa essere un seguito a questa vicenda, che sia un riconoscimento di responsabilità dagli organi sportivi e/o un rientro alle gare. Tifiamo per te Alex!!
Innanzitutto qua stiamo con Alex. Detto questo, il probabile ghostwriter ha reso tutto troppo dolce che i passaggi sulle love story del marciatore sono illeggibili. Storiaccia con tanti vuoti di sceneggiatura. Forza Alex!