Dalla condizione dei carcerati di Rebibbia durante la prima ondata della pandemia all'importanza della sanità territoriale, da una disamina approfondita sul fenomeno della cancel culture alla condizione degli ezidi in Iraq, questa raccolta di storie di Zerocalcare è tra le più "serie" della sua carriera, ed è impreziosita da una storia inedita di quasi cento pagine, sull'ultimo anno della sua vita, quando si stava occupando della sua prima serie animata, "Strappare lungo i bordi" (disponibile dal 17 novembre su Netflix in tutto il mondo). Un libro importante, solo apparentemente fatto di storie disgiunte, che raccontano mirabilmente gli ultimi due anni dal punto di vista del fumettista di Rebibbia.
Zerocalcare sul finire del 2011 ha quasi 28 anni e per un sacco di tempo ha fatto soprattutto fumettacci sulle fanzine fotocopiate e locandine per concerti punk hardcore. Oltre ad un numero sterminato di autoproduzioni nel circuito dei centri sociali, ha collaborato anche con il quotidiano "Liberazione" (pagina delle illustrazioni, ormai chiusa), il settimanale "Carta" (chiuso), i mensili "XL" di Repubblica (spazio Italian underground, chiuso) e "Canemucco" (chiuso) e la divisione online della DC comics, Zuda.com (chiusa). Tra le collaborazioni che non è riuscito a far chiudere c’è il settimanale "Internazionale", l’annuale antologia del fumetto indipendente "Sherwood Comix", la "Smemoranda" e frescafresca pure la rivista "Mamma!".
Alla fine del 2011 ha dato alle stampe il suo primo libro, “La profezia dell’armadillo”, autoprodotto sì, ma da Makkox.
A ottobre 2012 è uscito il secondo, “Un polpo alla gola“, edito da Bao Publishing.
È un po' paradossale, scrivere questo commento, appena posato il nuovo volume di Zerocalcare, quando proprio sul finire lui ti ha "anticipato" riproducendoti all'interno del volume stesso (qui parla uno di quei fan di vecchia data, molto affezionati, pre-Netflix e, di conseguenza, uno di quelli che "massì, ha fatto di meglio, ma gli vogliamo bene e quindi tre stellette" - che è tipo precisa precisa la mia recensione di "A babbo morto"). Ti lascia vagamente destabilizzato, del tipo "e mo che dico? Ma devo dirlo per forza? Magari sto zitto!". E no, col cazzo che sto zitto, io 'sta recensione la faccio perché a Zerocalcare voglio bene e quindi devo spammarlo, così vende e continua a fare i suoi disegnetti e io posso continuare a sentirmi capito per i prossimi decenni a venire. Non tutti i capitoli mi sono piaciuti allo stesso modo. Per mio gusto, ho apprezzato molto quello di denuncia sulla situazione carceraria durante la pandemia e quello sulla condizione degradata in cui versa la sanità locale. Per tutto la durata di quello sulla cancel culture, invece, ho pensato soltanto "che pippone infinito, caro Zerocalcare, molla 'sto spiegone". L'ultimo è forse quello con i dettagli più brillanti. Autobiografico, e quindi più "tangibile" degli altri, racconta la nascita della serie TV (che ancora non ho visto) e le problematiche affrontate per venirne a capo. Ecco, sì, lo sappiamo tutti che è una mezza marchetta, ma è fatta veramente bene e tira fuori alcuni dei momenti più "zerocalcarosi", con frangenti meta e pungenti. Tre stellette a sfregio [ma vale qualcosa di più]. E forse ora mi vedo pure la serie, tiè.
“Uno pensa che nella vita a volte devi fare un salto nel vuoto, per vedere come va avanti. Come se la vita e il salto fossero due cose diverse. Ma non funziona così: la vita è quel salto, quella materia ignota che scivola via appena la attraversi, è quella cosa che ti cachi sotto, è quella caduta. La vita. Sono tutti gli altri momenti, quelli in cui non salti, che si dovrebbero chiamare in un altro modo. Ma è troppo angosciante per dargli un nome”. 💙
La condizione dei carcerati di Rebibbia durante la prima ondata della pandemia, l’importanza della sanità territoriale, il fenomeno della cancel culture, la condizione degli ezidi in Iraq e l’esperienza di Zerocalcare con la serie tv “Strappare lungo i bordi” uscita per Netflix: questi gli argomenti trattati in Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia. È un fumetto molto più serio rispetto ad altri, serietà che viene un po’ alleggerita con l’ultima storia. Nonostante pure lì le tematiche abbiano il loro peso (impegnarsi in un progetto e decidere di fare-tutto-da-soli, la censura, la purezza politica/eticità/compromessi e – the winner – la paura di fallire), Zerocalcare le tratta con la sua tipica ironia, sincerità e genuinità, caratteristiche narrative che hanno la capacità di farci sentire meno soli e compresi. E dio solo sa se ne ho bisogno in questo periodo.
“Uno pensa che nella vita a volte devi fare un salto nel vuoto, per vedere come va avanti. Come se la vita e il salto fossero due cose diverse. Ma non funziona così. La vita È quel salto. Quella materia ignota che scivola via appena la attraversi. È quella cosa che ti cachi sotto. È quella caduta. La vita. Sono tutti gli altri momenti, quelli in cui non salti. Che si dovrebbero chiamare in un altro modo. Ma è troppo angosciante per dargli un nome.”
Zerocalcare è un artista che sa indagare e rappresentare come pochissimi altri sia il suo mondo individuale sia quello della collettività di cui fa parte, sia a livello locale (come il quartiere di Rebibbia) sia espandendosi oltre (come Roma, l'Italia, ma anche la Siria e la Turchia, etc.). Affronta tematiche sociali impegnate e ignorate - apposta o no - dalla maggior parte delle altre persone e le racchiude in storie che semplicemente, mettendoti a conoscenza dei fatti, ti prendono a schiaffi. E poi, quando pensi che abbia già detto molto di sé, nei suoi volumi passati e anche ora nella sua serie TV su Netflix, ti fa ricredere: armato di un giornale arrotolato, ti conduce di nuovo nella sua dimensione personale per metterti a conoscenza di cinque livelli che, se non li avesse superati, non gli avrebbero consentito di iniziare e finire un progetto, non gli avrebbero consentito di sentirsi vivo. E tu, a ognuno di quei livelli, altro che schiaffi: ti schianti, ogni volta. Perché riconosci i tuoi spazi bui e le tue irrazionalità. Perché ti trovi faccia a faccia con quelle che non erano solo di Zerocalcare ma che sono pure le tue paure. Perché vorresti, in fondo, trovare un briciolo del suo coraggio (che lui chiama "impulsività") e saltare anche tu nel pozzo dell'anima di tutto quello che devi ancora vivere.
Uno Zerocalcare tra serio e divertente. L'ultima storia mi è piaciuta tantissimo perché racconta come è nata l'idea della serie tv Netflix e fa delle riflessioni. In questo periodo avevo proprio bisogno del "vecchio" Zerocalcare e perciò mi è piaciuto l'ultimo "capitolo".. Anche gli altri sono importanti perché trattano di argomenti attuali e serii, ma, ripeto, purtroppo in questo momento non avevo voglia di cose impegnative. Per questo ho dato solo tre stelline...
Modestamente posso considerare Zerocalcare l’esempio per me più lampante di quanto sia diventata (del tutto o quasi!) obiettiva in fatto di autori e letture. Perché in sé, Michele Rech, alias Zerocalcare, di simpatia a pelle non me ne trasmette, come direbbe lui, ‘na cifra (tanto più dopo avere notato la spocchia con cui firmava i suoi albi qualche anno, alla Fiera del Libro di Torino!), e su certi argomenti percepisco in lui eccessiva ipocrisia da finto buono (su, Zero, non fare quella faccia se leggi queste parole!)…Ma, come fumettista e autore, beh, come fumettista e autore, al di là di quelle che sono le sue idee sulla politica e sulla società, Zerocalcare per me resta un genio. E geniale è il modo in cui le dipinge e si dipinge, perso fra le sue confusioni mentali, le sue paure, le sue ansie da prestazione e le sua paranoie, nelle quali molto spesso mi ci rispecchio in toto. Questo “Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia” è un lavoro eterogeno in termini di temi affrontati: dalla condizione del carcere di Rebibbia (e dei carceri italiani, in generali) durante la pandemia, tema che personalmente avrei esplorato maggiormente, al tema della dittatura mediatica dei nostri tempi (la cosiddetta "cancel culture", il politically correct, quella cosa per cui “la gente si lamenta che non si può più dire niente”, come la definisce Zerocalcare e che su questo, non mi trova del tutto d’accordo), passando per i rapporti non facili col mondo dei colossal dello streaming di oggi, in particolare Netflix, che da poco ha fatto uscire un cartoon tratto dai suoi fumetti, con tutti i problemi annessi, fra cui quello della censura (ma come, Zero? Non hai forse fatto capire, in un altro capitolo dell’albo, che non è vero che oggi “non si può dire più niente”?). Insomma, c'è un po' di tutto dell'Italia non facile di oggi. Non è lo Zero dei primi albi, no. E’ secondo me più maturo e complesso, perché legge fenomeni della società attuale a loro volta sempre più complicati e tormentati; nonostante ciò mantiene sempre quella dose di incertezza, paranoia e paura che lo rendono così maledettamente e fascinosamente umano. Quindi mi ripeto, un genio!
Uno dei libri più difficili sui quali dare un giudizio. Mi manda un pochino in crisi. Mi è piaciuto, ma ha deluso un po' le aspettative. E per la prima volta davvero ho trovato che non avesse molto da dire ma c'ha tenuto a dirlo lo stesso. Ma per spiegarmi bene, lo faccio (sotto spoiler) analizzando le singole tematiche affrontate in ognuna delle 5 storie proposte.
La Raccolta Contiene
1. LONTANO DAGLI OCCHI LONTANO DAL CUORE - Dicembre 2020 ---> 5 stelle ---> dall'Internazionale
2. ROMANZO SANITARIO - Marzo 2021 - ---> 4 stelle ---> da L'Espresso
.3 LA DITTATURA IMMAGINARIA - Maggio 2021 - ---> 1 stella ---> dall' Internazionale
5. IL CASTELLO DI CARTONE - Marzo 2021 - ---> 5 stelle ---> Inedito
Insomma, tirando le somme, una raccolta che consiglio ma se l'avessi conosciuto con questo libro qua, forse non l'avrei amato. Non lo riconosco molto. Ma poi è vero che ognuno di noi apprezza in lui qualcosa e magari altre tematiche le apprezza meno. A me piace moltissimo il suo stile dei disegni e la sua vena ironica, autoironica, cinica e spietata. E per questo sono 3 stelline, cioè mi è piaciuto. Ma ci sono degli albi a mio gusto più belli.
Questo volume raccoglie cinque... capitoli? storie? racconti? di Calcare, di cui solo l'ultimo è inedito.
Gli altri quattro sono stati in precedenza pubblicati su Internazionale o (in un caso) sull'Espresso. Ma tanto io non li avevo ancora letti, quindi per me queste storie degli ultimi due anni erano fresche e nuove come appena sfornate.
Mi sono piaciute quelle relative al Covid: la prima, con la denuncia della situazione nelle carceri e il racconto (raccolto tramite conoscenti che in quei giorni erano in carcere, o vi avevano parenti) delle rivolte avvenute a inizio pandemia, e il terzo, incentrato sullo stato della sanità locale anche alla luce della crisi pandemica.
Mi hanno preso meno il pezzo sui curdi (non per mancanza di interesse, ma francamente impallidisce al confronto con Kobane Calling) e il suo utimo viaggio là, e il lungo capitolo dedicato alla Cancel Culture, pesantino.
E infine il pezzo inedito, un gustoso antipasto alla serie Netflix Strappare lungo i bordi (che però ho già visto, ma vabbè) dove si ripercorrono le fasi della sua nascita e crescita, mentre l'autore si ritrova a dover affrontare cinque mostri che vanno dall'arroganza del pensare di poter fare tutto da solo alla paura del fallimento, passando dal terrore per il lavoro collettivo, alla questione etica e ai compromessi. Molto carino.
Vorrei davvero convincervi a leggere qualsiasi cosa di Zerocalcare ma finirebbe un po’ come quando parli del tuo migliore amico a qualcuno e dopo una scarica di diarrea verbale dici “Ma no oh, lo devi assolutamente conoscere”
Teoricamente avevo giá letto tutto il libro con l'esclusione dell'ultima storia, praticamente mi sono riletta tutte le storie e mi sono piaciute tanto, anche perché nel frattempo ho visto la serie, che é anche la protagonista dell'ultima storia. Io non sono mai stata né una fan di Pazienza né di Max Bunker, ho sempre apprezzato molto di piú i fumetti di Bonelli, il Lupo Alberto e Cattivik di Silver o le Strummtruppen di Bonvi, solo per restare sugli italiani, ma direi che forse i fan di Zerocalcare sono decisamente piú trasversali, anche perché, come fa a non piacere?
Premetto che su 5 storie ho letto solo l'inedito perché le altre le avevo già recuperate su Internazionale e L'Espresso, Zerocalcare è sempre certezza! E' stato bello leggere il making of della serie Netflix, sono morta dalle risate su alcune vignette e nell'ultima parte il solito groppo alla gola. Bello come sempre!
L'ultima fatica di Zerocalcare contiene al suo interno alcune storie pubblicate su rivista e un inedito dedicato alla decisione di creare la serie televisiva Strappare lungo i bordi.
Le storie da rivista continuano il filone del reportage a fumetti inaugurato con Kobane Calling, ma stavolta Zerocalcare, a parte in un testo ambientato nuovamente in Kurdistan, rivolge la sua attenzione e le sue denunce soprattutto verso il suo micromondo periferico romano: Rebibbia, il suo carcere, i quartieri limitrofi. La violenza e il degrado sono raffigurati senza mezzi termini, nella loro durezza e crudeltà. Interessante, anche se forse un po' troppo moderato, il testo in cui contesta e smentisce l'esistenza della cancel culture.
La storia inedita, invece, riprende l'introspezione e l'autoironia della Profezia dell'Armadillo e degli altri fumetti più intimisti: di nuovo, il personaggio-narratore-autore Zerocalcare deve fare i conti con i suoi demoni personali e con il mondo esterno per riuscire a realizzarsi. Sicuramente il testo più riuscito della raccolta.
Di nuovo un ottimo lavoro, che strapperà risate e riflessioni ai lettori.
"Uno pensa che nella vita a volte devi fare un salto nel vuoto, per vedere come va avanti. Come se la vita e il salto fossero due cose diverse. Ma non funziona così. La vita è quel salto. Quella materia ignora che scivola via appena la attraversi. È quella cosa che ti cachi sotto. È quella caduta. La vita. Sono tutti gli altri momenti, quelli in cui non salti che si dovrebbero chiamare in un altro modo. Ma è troppo angosciante per dargli un nome" 📌
Lo avevo già segnalato quando nel 2020 lessi Scavare fossati - nutrire coccodrilli, ma Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia mi impone di ribadirlo di nuovo e in modo più articolato: la produzione di Zerocalcare è intrinsecamente, visceralmente e irriducibilmente politica, leggerlo come semplice divertissement era sensato con le storie brevi del blog giovanile, ma il livello di riflessione etica e sociologica è diventato centrale quantomeno dal racconto cornice di Ogni maledetto lunedì su due – e con questa raccolta di pezzi medi il giro di boa è definitivo e ineluttabile. Per la prima volta Rech ci propone un'antologia di graphic journalism priva di brani "leggeri" di recensione e di inserti vignettistici, bensì composta esclusivamente da pezzi di cronaca pesanti come mattoni, il cui filo conduttore, di fatto, è l'essenza collettiva della vita umana (Santa Brigida che paroloni) – la collettività dei carcerati e delle loro famiglie in uno Stato dove si incarcera tanto e si incarcera, di fatto, per torturare; la collettività di un quartiere, quando lo Stato sociale si dilegua per demandare i servizi "fondamentali" al libero mercato; la collettività dell'insurrezione curda assediata ogni giorno dalla dittatura fascista in Turchia; la collettività culturale spaccata fra chi parassita lo status quo patriarcale come una sanguisuga e chi spinge per una comunicazione onesta e inclusiva (e in tal senso le spinte si possono sempre migliorare). È evidente la continuità concettuale con il bellissimo "Questa non è una partita a bocce" (ora in La scuola di pizze in faccia del professor Calcare), e che dire, ogni singola tavola finale riesce a commuovere e far ribollire il sangue; ancora, una volta, ringraziamo Rech per essere riuscito a portare nella distribuzione mainstream la cultura progressista antifascista che a inizio secolo era stata schiacciata in minoranza – mai Cavallo di Troia fu più salutare per questo paese. Chiude poi la raccolta il consueto pezzo autobiografico lungo, però stampato in un'unica tornata, non intervallato a puntate fra gli altri brani, e ciò ha perfettamente senso: si tratta di fatto di un nuovo mini-volume dell'autobiografia autoriale di Rech che porta avanti il filone avviato già da La profezia dell'armadillo e arrivato fino a Macerie prime. Sei mesi dopo, e specificamente ci racconta da dentro la produzione della serie animata Strappare lungo i bordi, la quale, ormai lo sappiamo, è stata un secondo Cavallo di Troia – a livello che ho avuto metà di una mia classe con le lacrime agli occhi dopo essersela sciroppata. Daje Michele, sono dieci anni che ci proponi grandi cose e inneschi risveglio politico in noi pischellɜ millenial, ci rivediamo per il ventennale!
"Uno pensa che nella vita a volte devi fare un salto nel vuoto, per vedere come va avanti. Come se la vita e il salto fossero due cose diverse. Ma non funziona così. La vita È quel salto. Quella materia ignota che scivola via appena la attraversi. È quella cosa che ti cachi sotto. È quella caduta. La vita. Sono tutti gli altri momenti, quelli in cui non salti, che si dovrebbero chiamare in un altro modo. Ma è troppo angosciante per dargli un nome."
Questa raccolta presenta un buon equilibrio tra l'impegno sociale (l'affrontare argomenti che di solito non fanno troppo rumore o che vengono trattati in maniera semplicistica), il lavoro di fumettista (in particolare del fumettista alle prese con la creazione di una serie tv animata) e l'introspezione che da sempre caratterizza le opere di Zerocalcare. Apprezzo molto che in Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia si veda la maturazione per quanto riguarda il modo di pensare alla vita che è già presente in Strappare lungo i bordi (e faccio riferimento solo alla serie perché purtroppo la mia memoria è quella che è, urge rilettura dei libri passati). (PORCA MISERIA SONO RIUSCITA AD ANDARE AL FIRMACOPIE, UNO DEGLI HIGHLIGHT DEL MIO 2021, GRAZIE LIBRO).
"uno pensa che a volte devi fare un salto nel vuoto, per vedere come va avanti. come se la vita e il salto fossero due cose diverse. ma non funziona così. la vita è quel salto. quella materia ignota che scivola via appena la attraversi. è quella cosa che ti cachi sotto. è quella caduta. la vita. sono tutti gli altri momenti, quelli in cui non salti. che si dovrebbero chiamare in un altro modo. ma è troppo angosciante per dargli un nome"
Questo è la seconda graphic novel di Zerocalcare che leggo ed è piuttosto diversa dalla prima, nella prima metà infatti vengono affrontati temi di denuncia sociale mentre nella seconda si racconta il travagliato percorso di produzione della sua serie Netflix. È stato interessante vedere come lo stile di Zero si sia adattato così bene a temi delicati come la sanità, le carceri e la guerra. Sicuramente meno divertente dell'altro volume ma pieno di spunti interessanti.
Io a zerocalcare devo dare per forza 5 stelle cioè è un imperativo morale non posso fare altrimenti. Non tutte le storie mi sono piaciute nella stessa maniera, ho preferito l’ultima perché più biografica perché forse più lèggerà ma comunque lo si ama a prescindere
Ho messo 4 stelline solo perché il massimo in genere lo do ai romanzi che sono “storie originali”, anche se di base apprezzo molto anche questi libri che sono un mega recap delle ultime cose uscite su riviste e quotidiani. Purtroppo non riesco a state sempre dietro a tutto. Non commento i singoli capitoli perché sono una sorta di relazioni su episodi reali, non c’è da dire mi piace o no, sono dati di fatto. Al massimo si può apprezzare come uno le racconta o meno. Mi è piaciuto anche l’ultimo capitolo sulla serie Netflix perché, al di là del contenuto, le tavole mi sono sembrate più belle e curate (che poi forse le ombreggiature gliele ha fatte Madrigal…).
"Uno pensa che nella vita a volte devi fare un salto nel vuoto, per vedere come va avanti. Come se la vita e il salto fossero due cose diverse, ma non funziona così. La vita è quel salto, quella materia ignota che scivola via appena la attraversi. E' quella cosa che ti caghi sotto, è quella caduta la vita. Sono tutti gli altri momenti, quelli in cui non salti che si dovrebbero chiamare in un altro modo, ma è troppo angosciante per dargli un nome."
Molto divertente e riflessivo, come al solito. Capisco molto bene tutte le sensazioni e le ansie di Zero, perché certe cose non si possono spiegare "o ce le hai, o non ce le hai".