È un libro che assomma tutti i temi e tutti i generi letterari: autobiografia, romanzo-saggio, invettiva, satira e canzoniere d'amore. Una trama non esiste: la sola trama sono le cose che accadono in questo calderone in cui bolle la società del nostro tempo e in cui prendono forma scandali grandi e piccoli di una università italiana: una tangentopoli in miniatura e i retroscena del mondo universitario. Di questo microcosmo il protagonista è un professore omosessuale, percorso da un profondo odio per cose e persone che lo circondano e da una disperata ricerca di sensazioni estetico-trasgressive. Due grandi amori e molti amanti. Insomma una sessualità ossessiva, ma anche il costante osservatorio sugli avvenimenti sociali e politici.
Mi rimane veramente difficile commentare questo romanzo fiume, esordio narrativo di Siti. Rimane difficile perché non avevo idea di cosa mi sarei trovato di fronte e sono rimasto spiazzato dal suo lirismo contrapposto alla crudezza, al cinismo e alla cattiveria che trasudano dalla storia raccontata.
Non per mettere subito le mani avanti, ma lasciatemi dire che dare troppa importanza alla vita umana, che sarebbe sacra eccetera, è immorale. Qui si sta perdendo il senso delle proporzioni. Perché un uomo sostituibile, sostituibilissimo, dovrebbe essere più importante di uno scisto, che sta là da sei milioni di anni? Continuiamo così, e sulla terra tutto sarà al servizio degli uomini, che sempre più numerosi e sempre più in affanno si sforzeranno di risolvere problemi che senza di loro non esisterebbero, esempio perfetto di circolo vizioso in un punto verminoso dell'universo. Allenarsi all'indifferenza nei confronti di un vivente che muore è un esercizio indispensabile di misura.
Siti è un virtuoso della parola anche se a volte esagera e risulta ridondante (ma lo si perdona ad un “esordiente”). Si passa da flussi di coscienza a dialoghi brillanti e/o a tratti irritanti, dalla prosa alla poesia in versi.
La vita è un fiume che mi passa a lato; non una goccia arriva fino a me, solo un fragore oltre il muro. La freschezza di una vita che mi scorre accanto e che io non tocco: della mia vita che loro non mi permettono di toccare.
A poche decine di metri dal molo c'è una chiesona moderna illuminata al neon, col campanile come una rampa per missili, una specie di lanciacristo: mi blocco in contemplazione, affascinato da tanto laidume. Alfredo mi dà una bottarella alla spalla come per sistemarmi la giacchetta: «Allora è vero quello che m'hanno detto, che attraversi una crisi religiosa». «ll dio impossibile è lo strumento...»
Il romanzo ha i suoi difetti, forse è un po’ troppo prolisso e spesso pecca di ripetitività, ed ho trovato un po’ slegata e fuori dal contesto la parte Guatemalteca finale, però allo stesso tempo ho amato i suoi personaggi, così umani e pieni di difetti, uno su tutti il buon Ruggero. In definitiva è comunque un’opera che mi ha appassionato, ma di cui consiglierei la lettura con riserva.
Lui che accusavo d'essere troppo influenzabile dall'esterno è invaso da un autocannibalismo che non sembra avere limiti; è questo l'amore, questa decomposizione impresentabile? Quando si dice "capisco quello che provi", non è vero; se si capisse quel che l'altro prova, nessuno lascerebbe mai nessuno.
Non è vero che se dio non esiste allora tutto è permesso, anzi proprio perché dio non esiste bisogna stare attenti a non crearlo.
Una semiautobiografia? Un fiume di avventure e riflessioni narrate in prima persona. Stile e temi che ricordano un pelino inferiormente Aldo Busi. Walter Siti ci devasta e scuote. Fa Letteratura.
Premetto che non ho alcuna di voglia di scrivere qualcosa in maniera sistematica su "Scuola di nudo" e sul suo autore: primo, perché rischierei di non essere abbastanza obiettivo, ma è una cosa della quale m'importa il giusto; secondo, perché non troppo tempo fa lessi "Troppi paradisi" e tirai giù le mie solite due righe. Dunque, a questo giro rischierei solo di ripetermi.
Allora, cosa aggiungere sull'esordio nel romanzo, alla tenera età di quarantasette anni, di uno dei più grandi prosatori italiani viventi? Ad esempio che, in quanto esordio, è il primo della trilogia così detta "del dolore", alla quale prende parte pure il suddetto "Troppi paradisi". Ecco: se in quest'ultimo a parlare erano le tematiche dell'amore-sesso omosessuale, l'ossessione per i corpi scolpiti dei culturisti unita a un excursus su quanto si cela dietro la televisione contemporanea, qui troviamo al centro l'Università, a esser più precisi quella di Pisa, dove l'autore modenese ha insegnato negli anni Ottanta.
Le relazioni, il culturismo e le gesta erotico-amorose del nostro Walterone rimangono sempre e comunque il punto fermo e inamovibile della narrazione: una narrazione-fiume di seicento pagine, dove le dinamiche poco trasparenti del mondo accademico (chi ha frequentato l'ambiente pisano riconoscerà diverse personalità non di poco conto) escono allo scoperto, inserite all'interno di un racconto di finzione, in quel flusso che falsifica il reale dato biografico; procedimento tipico dell'autofiction, un filone fin troppo inflazionato ma del quale lo scrittore in questione è, quanto meno nel panorama nostrano, nume tutelare e forse miglior rappresentante.
Spietato, ironico, di un cinismo mai gratuito, disperato e spesso sopra le righe; un romanzo che non desidera farsi amare e si finisce anche per disprezzare, tanto risultano insfangabili certi suoi momenti. Eppure, alla fine, si finisce inevitabilmente per coglierne la grandezza: quanto meno, il peso e la forza di un'opera importante.
Ancora una volta, il punto forte rimane però la scrittura, con la quale Siti può raccontare qualsiasi avvenimento insignificante, rendendo arte pura ogni singola sega mentale. La sua prosa è quella di chi ha masticato poesia per gran parte della vita, di chi in tutti i sensi ha fatto della letteratura, quella vera, il proprio mestiere. Ciò risulta evidente nel lessico variegato, nei dialoghi ficcanti e talvolta pure geniali, nei rimandi intertestuali e nelle descrizioni che con poche parole tratteggiano un personaggio o dipingono un luogo.
Non per tutti i palati, non per tutti i lettori; costa un po' di fatica, ma ne vale assolutamente la pena.
Il taccuino di un cinico guardone, collezionista di nudi, tra sarcasmi cloridrici, perfidie in purezza e dialoghi così inclementi come non osiamo più farne, almeno in pubblico. (Una generazione di gay che, invece di frignare per le persecuzioni di un poliziotto, se lo chiavava).
2 per la pochezza della storia, l'orrore per il protagonista, per la noia mortale delle piene 200pp e le ultime 100. 4 stelle per la scrittura, i dialoghi, RUGGERO!! Ma la media stona, ho idea
Ci sono testi estremamente pesanti di grande fascino e interesse. Non riesci che a leggerne poche pagine, ma ogni giorno e con costanza. E alla fine ti piacciono, anche molto, anche se leggerne più di una trentina di pagine in un giorno ti sembra una tortura. Questo è un testo del genere, che consiglio solo ai lettori amanti delle grandi letture impegnative.
Attraverso gli amori del Siti-personaggio, si delinea un quadro che evidenzia l'ipocrisia e l'egocentrismo dilagante dell'epoca contemporanea. Nessun rapporto, nessun legame riesce a fondarsi sulla verità o sul valore, ma solo sull'opportunità e il bisogno. Nessun ha valore di per sé, in quanto essere unico e degno d'amore, ma solo in quanto essere funzionale al bisogno dell'altro.
SPOILER
E questo viene rappresentato al meglio nella scena finale, dove il matrimonio tra la migliore amica e l'ultima fiamma di Siti non ha effettivo valore, ma serve solo a far guadagnare la cittadinanza al ragazzo. Questa commedia termina in farsa, dove niente ha valore e tutto viene compiuto in maniera ipocrita e per motivi materiali, quasi bestiali. Eppure, questo matrimonio non è un'immagine completamente cinica: rappresenta comunque la volontà di un'unione, il bisogno dell'altro che può essere reinterpretato, ma mai cancellato del tutto. Una vittoria del bisogno che abbiamo dell'altro, indipendentemente dai nostri moti egoistici o da superuomini capaci di far tutto da soli.
Avrei messo cinque stelle per la scrittura elegante, espressiva, capace di passare da un registro all'altro con abile maestria e rara naturalezza. Ma la pesantezza, di cui ho parlato prima, e il fatto che nel testo ci siano spesso delle ripetizioni, mi porta a mettere quattro stelle.