Tutto ha inizio con una ragazzina che gioca nella neve. Si chiama Sonia, sono le vacanze di Natale del 1996 – quelle della grande nevicata – e lei deve passarle suo malgrado a casa della nonna. Siamo a Lanzo Torinese, un paesino di mezza montagna dove ogni cosa sembra rimasta ferma a cinquant’anni prima. Compresa la casa cigolante e ingombra di mobili in cui vive nonna Ada, schiva, severa vecchia che nella zona ha fama di guaritrice (ma chissà, forse è altro), per la quale Sonia prova un affetto distante. La scuola ha chiuso prima del previsto a causa di quello che tutti chiamano “l’incidente”: la professoressa Cardone, acida insegnante di italiano, si è trincerata nella sua aula e durante una lezione – di fronte a una classe segregata e terrorizzata – ha fatto qualcosa di indicibile. Qualcosa che adesso, mentre Lanzo un po’ alla volta si svuota per via delle feste e dell’incessante vento ghiacciato, sembra riguardare tutti gli abitanti. Toccherà a Sonia, insieme al suo amico Teo, ragazzino di famiglia contadina educato alla voracità, affrontare l’incubo in cui sono precipitati. Complici per forza, Sonia e Teo si avventurano nel biancore accecante della neve col distacco curioso di chi non ha pregiudizi e forse proprio per questo può sperare nella salvezza. Ma che cos’è la salvezza? Andar via, cambiare vita? O restare e tentare di resistere? Un romanzo lucido e terribile, divertito e tagliente, che si misura con i grandi temi – la paura, la crescita – e reinventa le regole del gioco. Una storia sulla fatica di cavarsela in un mondo a misura di adulti, quando gli adulti escono di scena e ti lasciano solo.
Ho terminato il libro ieri sera, ma ho preferito lasciar sedimentare le mie impressioni per il tempo di una notte prima di riuscire a mettere a fuoco un'opinione strutturata a riguardo. Perchè sì, io il libro l'ho letto nel giro di un giorno, ma purtroppo devo ammettere che sono rimasta non poco delusa. Trovo che i punti di forza del libro siano la caratterizzazione e la descrizione dei luoghi (palesemente la "questione privata" dell'autore) e indubbiamente la scrittura. Ma riguardo la struttura narrativa, l'ho trovato invece poco coeso, con una prima parte in cui ho fatto fatica a mettere a fuoco dove la storia volesse andare a parare e con un finale che prende una piega un po' troppo frettolosa. Più solida la parte centrale. In generale, mi aspettavo una maggiore caratterizzazione dei personaggi e soprattutto un elemento fortemente perturbante (e disturbante) alla cui mancanza sinceramente non riesce a sopperire il ricorso al genere gotico/horror che pure apprezzo. Insomma, proprio per le potenzialità che intravedo nella penna di chi scrive, mi aspettavo qualcosa in più.
Il libro è sicuramente scritto bene, ci sono un sacco di riferimenti accurati ad una cultura tipica della provincia piemontese, per la quale viene spesso addirittura usato il dialetto. Ma: -La storia non ha alcun senso, è poco fluida, in alcuni punti si perde il senso di continuità -Ci sono diverse cose poche chiare: i riferimenti ai denti e al dentista del luogo,i taccuini Rossi, il terremoto, che fine fa la nonna Ada, che fine fa Sonia, che fine avevano fatto i genitori di Sonia, insomma, sembra di leggere una bozza di una narrazione che va sviluppata da zero -C’è poca emozione e sentimento, la narrazione è piatta, manca totalmente della componente di lutto/sofferenza -I personaggi sono appena abbozzati, non si capisce nulla di loro, di quello che vivono, di quello che pensano
Forse unico punto a favore l’aspetto inatteso della trama: per quanto titolo e copertina facciano pensare a una storia vicina all’horror o comunque al thriller, la parte iniziale del libro è molto romanzesca e difficilmente uno si aspetterebbe le scene truci e macabre che vengono poi descritte. Mi ha ricordato certi filmetti splatter dove tutta l’attenzione è messa sul sangue a discapito del resto. Insomma, un enorme delusione per un libro tanto atteso.
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È dal 2015 che faccio la corte a Marco Peano, sin da quando uscì "L'invenzione della madre": libro, tra l'altro che non ho mai letto, perché non era il momento giusto per farlo quando uscì e dopo c'è stato sempre qualche altro libro urgente da leggere. Per questo motivo, aspettavo con impazienza di leggere "Morsi". Mi è piaciuta la scrittura (magnetica, coinvolgente, accurata), mi è piaciuta la storia. Nel leggere "Morsi", tanti gli echi che ho colto: da Shirley Jackson a Stephen King (soprattutto per il suo romanzo IT), passando per Howard Phillips Lovencraft e Edgar Allan Poe. E questi echi letterari erano così forti che mi sembrava strano che il romanzo fosse ambientato in Italia (a Lanzo, in Piemonte): l'osservazione, a prima vista ovvia, è invece un'attestazione implicita della bravura di questo scrittore.
Mi è piaciuto moltissimo anche il modo di narrare i fatti: Peano con poche frasi ricrea l'ambientazione, si prepara il terrerno per la narrazione degli eventi successivi e avverte il lettore che è un bene per lui iniziare a prepararsi perché il peggio è prossimo ad arrivare.
“Gli abitanti di Lanzo e dei paesi vicini tenevano lo sguardo basso ai crocicchi o dentro le case, vergognandosi dei loro stessi pensieri; sussurravano frasi di inadeguatezza e sconcerto ai banchi del mercato o nelle telefonate. Qualcuno inveiva contro la professoressa Cardone con parole feroci e occhi assassini – “Se ce l’avessi davanti ora non sai cosa le farei, a quella pervertita” –, qualcun altro compativa le vittime nascondendo a fatica il piacere sadico con cui si commentano i destini altrui – “Poveri, poveri bambini: non si riprenderanno mai più.” Ignari che ciò che era accaduto in quella classe era solo un’avvisaglia, e neppure troppo cruenta, del vero orrore.”
Come in "Anna" di Ammaniti (libro che mi piacque moltissimo https://www.goodreads.com/review/show...) e come in "IT" di King (https://www.goodreads.com/review/show...), anche in "Morsi" i protagonisti sono degli adolescenti (Sonia e Teo) che affrontano "il male", riuscendo a sganciarsi dagli adulti: è un po' il dazio da pagare per diventare adulti.
“Adesso però, ancora per poco, sono due ragazzini. Perlomeno nell’aspetto. Insieme hanno vissuto la più crudele delle esperienze. Il verbo del cambiamento, spietato e necessario, è sceso su di loro come una benedizione: crescere. Inizia il vero orrore.”
Chi lo sa cosa ho letto. Non l’ho capito dopo aver dato un’occhiata alla trama, non l’ho capito ora che l’ho terminato. Un gotico rurale ad ambientazione nostrana, un horror in salsa splatter, un romanzo di formazione con richiami ai due generi appena citati, oppure niente di tutto questo, o ancora al contrario un po’ di tutto questo, tutto insieme? A Marco Peano va il merito di avermi fatto apprezzare un libro che non ho compreso fino in fondo, oserei dire una cosa più unica che rara, poiché è noto che per appezzare bisogna prima comprendere. All’inizio, la narrazione ti afferra per la mano e ti trascina in un paesino fra le valli piemontesi, in un tempo che dovrebbe essere la metà degli anni 90 ma sembra molto prima: si respira infatti aria di chiusura, di semplicità, di antichità, di vecchie credenze sussurrate nel dialetto locale, mentre fuori scende la neve (sì, copertina azzeccatissima!). Eh, “fa” tutto molto il mio amato Eraldo Baldini! La protagonista, una bambina di 10 anni di nome Sonia, trascorre le vacanze nella vecchia e cigolante casa della nonna Ada, la quale, in paese, ha la fama di essere una “guaritrice” (e sarà davvero così? E soprattutto, sarebbe appunto credibile negli anni ’90?). Poi, un fatto di sangue, incredibile, terrificante, che irrompe improvvisamente nella scuola del paese e getta Sonia (e il suo amico Matteo, rozzo figlio di contadini) nel panico più assoluto. Fino a quando i due, circondati da un orrore che prende una forma non ben definita ma sempre più gigantesca, si mettono in moto (per dove non si capisce bene) per superarlo. E’ l’orrore, nudo e crudo, che irrompe nell’esistenza di un’adolescente e le fa capire che niente nella vita è ciò che sembra e che i mostri, ahimè, non esistono solo nelle favole. Ma è un orrore in un quadro di fiaba bianca, un lago di sangue immerso nella neve. Scopro che Marco Peano ha collaborato con Dario Argento e ne ha curato l’autobiografia “Paura” e qualcosa, forse, capisco. Forse. Ma alla fine mi sono comunque persa, fra quel bianco e quel rosso. Un romanzo-simbolo? Forse. Un romanzo che andrebbe riletto? Forse. Paradossalmente piaciuto, nonostante tutti questi “forse”.
Scrivere un horror non è facile, soprattutto quando si desidera mescolare scene splatter da infezione endemica a streghe e potenze malefiche.
Sembra che Peano abbia attinto a piene mani dalle maggiori serie tv (e io non ne ho viste molte…); immaginate uno scenario alla Walking Dead e mescolatelo (male) alle presenze demoniache stile The blair witch project e non riuscirete ancora a immaginare il plot che lo scrittore ha ideato. Esperimento poco riuscito, a mio parere, perché ha l’ambizione di voler essere credibile, inserito in un passato così preciso, in un luogo così definito e realistico ma si fatica a portarlo a termine con la stessa accettazione con cui si affronta inizialmente. Come in tutti i film e i libri del genere che scricchiolano, troppe sono le incongruenze, le finte coincidenze e le dubbie spiegazioni ad incastro… i rimandi sono evidenti, persino la strega che si ritrova nella fotografia della scuola fa ripensare alle Streghe di Dahl… però, sono scopiazzature di scene già viste…
Insomma sebbene il ritmo sia serrato ed incalzante, la trama è un colabrodo, sgocciola come il sangue dei cannibali che ritroviamo nel romanzo…
Avevo letto il suo prima romanzo, L'invenzione della madre, appena uscito e appena dopo la morte di mia madre. Ricordo la freddezza di quel romanzo e la mia, ma forse dovrei rileggerlo. Compro Morsi sulla scia dell'entusiasmo del mondo letterario e ne rimango alquanto perplessa. La prima metà del romanzo è molto bella, ben narrata. Solitamente detesto le storie di ragazzini, invece Sonia e Teo mi appassionano, forse perché anche io bambina di provincia, nata in montagna. Ma ci ho trovato molta verità, molto cuore. Poi bum. Parte lo pseudo horror, lo splatter e il fantastico. Ma dal nulla eh. Ho come avuto l'impressione che Peano abbia scritto la prima parte di questo romanzo negli anni, e con estrema cura. Poi, ad un certo, è come se si fosse stufato e abbia dovuto cercare un finale assurdo a tutti i costi perché non sapeva più come venirne fuori.
Il risultato è un romanzo che mi è piaciuto a metà, l'altra metà mi ha profondamente irritato e, davvero, me ne dispiaccio perché il potenziale c'è tutto.
#popsugarreadingchallenge Category: a book published in 2022
Rimango orripilata dalla lettura di questo libro che vuole essere horror ma in realtà produce solo disgusto. Di cosa parla questo libro? Non saprei rispondere. Di una ragazzina che ha il potere di una strega? Di due ragazzini che sopravvivono ad un epidemia di cannibalismo? Del potere magico della stregoneria che riesce a influenzare così tanto la mente umana da autoinfliggersi la morte? E' un libro superficiale. Tanti sprazzi senza nessun significato. Tanti personaggi buttati lì a caso, episodi slegati sia dal contesto che l'uno dall'altro.
Inizialmente mi stava piacendo moltissimo, soprattutto per lo spaccato sulla vita (e l’adolescenza) in provincia negli anni Novanta, ma a un certo punto è diventato davvero troppo, troppo splatter e l’ho abbandonato perché alcune scene mi stavano dando il voltastomaco. E io sono una lettrice di King e di Martin. Un vero peccato, in ogni caso.
Sono gli ultimi giorni del 1996 a Lanzo Torinese, piccolo borgo del Piemonte dove il tempo si misura sulla base del distacco dalla modernità e che vedrà cadere una delle nevicate più abbondanti di sempre. Qui Sonia, giovane protagonista, trascorre le vacanze di Natale insieme alla nonna Ada, algida e avvolta nel misticismo di “nasca”, guaritrice del paese. Raccontare qualcosa di più delle vicende intorno a cui si sviluppa il romanzo significherebbe togliere molto all’atmosfera che esso riesce a creare, tesa e cupa, dove non vengono risparmiati i dettagli più crudi (senza voga enfatica) di una trama che, da romanzo di formazione ambientato in una piccola comunità, piega brutalmente sul genere horror (un po’ sullo stile di Stranger Things). Immancabili pertanto i topoi di entrambi i generi, dai giovani protagonisti innocenti alla vecchia strega cattiva in una realtà diventata incubo.
Indubbio punto di forza del libro è la scrittura fluida e coincisa dell’autore; meno convincente invece, proprio in virtù delle potenzialità che lo stile lascia presagire, è l’intreccio narrativo troppo frettoloso in dirittura di arrivo.
Straniante, l’ho divorato in un pomeriggio di noia, mi ha lasciato col fastidio. Non so dire fino in fondo che ne penso ma sicuramente è notevole, scritto benissimo, sa di montagna e di infanzia, sa di cose belle già lette ed ha un finale brutto, ma io, comunque, incantata.
3,5 ✨ Chi mi conosce sa quanto io sia restia ad entusiasmarmi per la letteratura italiana contemporanea: non mi interessa il suo taglio borghese e stanco, non mi interessa il modo trito in cui cerca di analizzare i legami familiari, non mi piace quando tenta di fare la finta ribelle e ancora meno quando mi vuole impartire stoiche lezioni di vita. Sento sempre un sapore di finto e stucchevole che non mi fa né apprezzare le storie (tutte uguali) né affezionare ai personaggi (tutti finti). Ma questo romanzo ha compiuto il miracolo. Questo è uno di quei libri che non puoi mettere giù, uno di quelli che quando lo chiudi scalpiti perché vuoi tornare a rileggerlo subito. Ed è un horror, uno di quelli sanguinolenti ed espliciti con certe immagini che ti rimangono in mente per un bel po'. E, sorpresa delle sorprese per quanto mi riguarda, è un romanzo profondamente italiano. Unendo folklore popolare, splatter e romanzo di formazione (grande ispirazione mi sembra essere stato IT di King) , Marco Peano confezione una favola nera nerissima ambientata nel bianco macchiato di rosso della provincia piemontese, in uno di quei piccoli paesini sonnolenti dove sembra che niente mai possa accadere, ma dove Sonia e Teo, i nostri due protagonisti appena appena adolescenti, affrontano una spaventosa avventura: crescere. Non un libro perfetto in ogni sua parte, ma uno che sicuro merita di essere letto e che da una terribile e necessaria scossa alla letteratura italiana contemporanea.
Questo libro mi ha lasciato molto perplessa. L'esordio di Peano, L'invenzione della madre, è un libro che ha un posto molto particolare nella mia vita di lettrice, perché mi sono potuta per la prima volta guardare allo specchio, in una maniera profonda e viscerale, in esperienze che ho vissuto anche io in prima persona. Onestamente non mi aspettavo per niente la svolta un po' horror che prende Morsi, ma a lasciarmi perplessa è stato più che altro il fatto che questa piega horror resta un po' incompiuta. Le scene "risolutive" in cui ci si confronta con quello che avrebbe dato origine all'orrore non danno una vera e propria spiegazione di quello che sta succedendo, e tutto si risolve evitando di spiegare. Ho trovato interessante il contrasto tra uno stile piano e pacato e certi contenuti truculenti, tuttavia a tratti lo stile mi è sembrato veramente troppo piano e pacato. Anche i personaggi si basano un po' troppo su dei tipi. Trovo comunque interessante notare come molti dei libri usciti in Italia a partire dal 2021 ruotino intorno al tema del gotico/horror, immagino come "risposta" alla pandemia.
Tra i miei scrittori preferiti c’è sicuramente Niccolò Ammaniti ma se avessi letto come primo libro il suo “Anna” dubito che avrei letto gli altri. Non amo il genere horror, neppure nella cinematografia ma devo dire che “Morsi”, nonostante venga definito come horror e mi abbia ricordato atmosfere ed emozioni di “Anna”, mi è piaciuto davvero tanto. Alla terza pagina amavo già Sonia, ragazzina fragile, nata prematura, che “scivola come un foglio nella busta” quando dorme nel sacco letto che la nonna le prepara. E’ incredibile come le descrizioni della casa della nonna mi abbiamo di colpo trasportato indietro nel tempo, facendo riaffiorare alla memoria ricordi che sanno di infanzia, di affetti, di “casa”, quasi a percepirne gli odori. Attraverso piccoli dettagli ed in apparenza insignificanti particolari (le riviste della nonna Intimità e Confidenze, il calendario di Frate Indovino, i papin fatti con i semi di lino caldi, le parole nel mio dialetto piemontese) ho avuto l’impressione di non stare leggendo un libro ma sfogliando un vecchio album di foto in bianco e nero. La storia è ambientata nella campagna torinese, nel freddo inverno dei giorni che precedono il Natale 1996, con la scuola che anticipa la chiusura per le vacanze in seguito a quello che viene definito in paese “l’incidente” e che sconvolgerà la vita dei suoi abitanti. E’ Sonia che avverte cosa sta succedendo e che indaga, verifica, segue le proprie intuizioni aiutata dall’amico Teo. Sono ingenui, impacciati, teneri, “in quell’età in cui si è ancora con un piede impigliato nell’infanzia” ma la realtà e gli eventi inevitabilmente li portano a crescere. “Ormai era chiaro ad entrambi che diventare grandi significa imparare a dire addio” Grazie Marco Peano per averci regalato questa storia, per aver scelto le parole giuste per farci ricordare i nostri timori, le nostre ansie e le nostre insicurezze attraverso gli occhi di Sonia e Teo. Non mi resta che chiudere il libro e di sorridere alla curiosità che mi spinge ora verso “L’invenzione della madre”
Un romanzo che sa di formazione ma che strizza l'occhio (e anche qualcosa di più) all'horror-gotico. Ma non vi siete mai chiesti: ma possibile che vampiri, licantropi e altre amenità avvengano tutte a new York o in mega città del mondo? Ecco questo libro è la risposta a questa domanda: ci sono delle forze malefiche a Lanzo Torinese! Racconta la storia di Sonia, una bambina che, forse perché nata prematura,è un po' più gracile rispetto alle sue coetanee. Vive gran parte della sua vita a Lanzo Torinese a casa della nonna perché è più vicina alla scuola e perché la mamma è molto impegnata con il lavoro. Lanzo è un paese pedemontana, dove, negli anni '90 sembra che il tempo si sia fermato. La nonna di Sonia, Ada, è una nota guaritrice della zona: allevia i dolori e i malanni dei compaesani in uno stanzino chiuso dove rimane tutto segreto. Sonia ha due amici: Katia e Teo. Teo è deriso da tutti per il sovrappeso e per l'odore di stalla che hanno i suoi vestiti. Così si rifugia nell'unica amicizia che ha, quella di Sonia. Di più non posso dirvi della trama perché il libro di per sé è corto ed è un attimo che vi spoilero tutto. Vi dico che la scrittura è fluente e ipnotica, facendomi leggere il libro in una notte. Peano racconta di un mondo in cui gli adulti sono fuorigioco e gli unici che possono dare una mano sono i bambini. Questo fa intuire come la metafora del romanzo sia che crescere significa imparare a cavarsela da soli. Un romanzo che ci travolgerá sorprendendo i mentre state tranquillamente leggendo di un'immensa nevicata. Ve lo consiglio!
Iniziato mesi fa appena poche settimane dopo l’uscita e il conseguente tam tam sui social l’ho interrotto subito perché sentivo di essere in un periodo di massima avversità nei confronti della letteratura italiana contemporanea .
Ripreso in mano qualche mese dopo in cerca di una lettura da ombrellone le cose non sono poi cambiate molto. Di positivo posso dire che si è rivelata una lettura da ombrellone ⛱ all’altezza: leggero, scorrevole, intrattiene quanto basta e non richiede grossi sforzi intellettivi per seguire la trama (dunque non si fatica a seguire tra gli schiamazzi dei bambini in spiaggia).
Di contro c’è tutto il resto: tensione narrativa appena palpabile (si tratta di un horror o simile per cui credo dovrebbe essere uno degli ingredienti principali), non lascia il segno, le ultime 30 pagine che avrebbero dovuto rappresentare il clou per lo scioglimento del dramma le ho trovate lente e macchinose, l’ho terminato più per senso del dovere che per reale interesse.
Faccio i complimenti alla Bompiani per l’ottima campagna pubblicitaria senza la quale probabilmente non avrei mai pensato di acquistarlo e di certo non sarebbe stata chissà che perdita nel mio bagaglio da lettore!
Premesso che il filone horror non è proprio il mio genere e che se lo avessi intuito dalla sinossi non mi sarei mai approcciata a questa lettura, tutto sommato non mi è dispiaciuta del tutto. Ho trovato fluido lo stile e convincenti i personaggi, le ambientazioni e gli intrecci, una prima parte poi così bella che sono rimasta delusa quando a un certo punto degenera nell'horror sempre di più fino a... e però no!Lo splatter no! Non è roba mia!! È più forte di me, la scrittura mi impressionava, diventava raccapricciante fino a costringermi a saltare paginate intere. Mi si è rivoltato lo stomaco per quella descrizione così accurata di sangue e budella, esagerata e non troppo dissimile a un qualunque film anni 80 di Dario Argento (con cui Peano collabora fra l'altro, avrebbe dovuto accendersi la lampadina che fosse un horror!) con l'unica differenza che quel sangue visto dal tubo catodico ricorda palesemente il ketchup, mentre quello letto e immaginato è semplicemente spaventoso ed è per questo che premio questa scrittura pur non essendo qualcosa che ricerco nelle mie letture: riesce nel suo intento. Ho avuto paura. Obiettivo centrato.
Tra l’infanzia e l’adolescenza ci si affaccia al mondo in maniera spaesata e nuova: si cambia pelle, un po’ si stringe quella che si ha e un po’ ci si scortica per fare spazio al desiderio di crescere. Peano ha saputo condensare questa frizione in una storia che mescola l’amore all’orrore, i confini di un paesino e il potere delle masche. Insieme, definisce quello che è famiglia: protezione, marchio, evoluzione. Una storia da divorare, ed ecco: il termine non è casuale.
Mi dispiace perché l'inizio mi aveva creato aspettativa nonostante le aspre critiche che già avevo sentito. L'ambientazione scelta mi è piaciuta molto però la storia è un insieme di elementi horror legati male e con un finale di cui non ho capito il senso, ma questo magari è un po' colpa mia. Ci ho trovato dentro un po' di Hannibal per le scene di sangue, un po' di Suspiria nella versione cinematografica di Dario Argento per le streghe che non ti aspetti, un po' di King per la scelta dei protagonisti appena adolescenti, poi perché non aggiungere una parte epistolare che non serve quasi a niente se non a mettere un po' di confusione tra presente, passato e futuro come in tanti romanzi meglio riusciti. Velo pietoso sul finale, che si sarebbe salvato solo con una tragedia alla Io sono leggenda (il libro, non il film) e invece no, si salvano tutti. Meritava una ventina di pagine in più per spiegare meglio la "stregoneria" ma l'impressione è che neanche l'autore avesse ben capito la questione e quindi "chiudiamola qui, dai".
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Sonia è una ragazzina che vive in un paesino di montagna ai piedi delle Alpi, la scuola che frequenta ha dovuto anticipare la chiusura per le vacanze di Natale a causa di quello che tutti chiamano "l'incidente".
Quel giorno in cui la professoressa Cardone aveva chiuso a chiave la porta dell'aula con i suoi compagni segregati all'interno, compiendo qualcosa di orribile, fortunatamente Sonia era rimasta a casa con la febbre.
All'inizio la gente del posto, benché sconvolta, aveva dato poco peso "all'incidente", ma quando le cose via via sono diventate più serie, tornare indietro era ormai impossibile.
Toccherà a Sonia e al suo amico Teo cercare di affrontare la sciagura in cui gli abitanti di Lanzo sono precipitati, avventurandosi da soli nel biancore candido della neve nel disperato tentativo di salvarsi.
Cosa è successo in quell'incidente che ha coinvolto la classe di Sonia? Riusciranno Sonia e Teo a trovare una via di fuga all'orrore che sta coinvolgendo il loro paesino di montagna?
"Morsi" è un romanzo che miscela alla perfezione il genere horror con il folklore e la tradizione piemontese.
Lo stile di scrittura è assolutamente impeccabile e, man mano che il lettore si immerge nella vicenda, il racconto diventa sempre più cupo e crudo, portando a "divorare" il libro in breve tempo.
Il romanzo è caratterizzato da una suspance crescente, presentando delle inaspettate scene piuttosto cruente (a noi molto gradite) che lo rendono particolarmente adatto agli amanti del genere horror e del grande Stephen King.
La lotta contro il male è affidata ai due ragazzini: Sonia e Teo, i quali si troveranno a dover crescere velocemente per poter sopravvivere in una realtà inquietante.
Un romanzo di crescita ipnotico, affilato e coinvolgente non adatto al lettore più impressionabile ma perfetto per coloro che cercano una lettura forte, diversa dal solito e capace di sorprendere.
“Morsi” recupera dei toni alla “It” per declinarli in versione nostrana, nei miti e nelle idiosincrasie del nostro paese. Sebbene la brevità del testo lasci un po’ il desiderio di conoscere più a forno Sonia e Teo, ciò che catalizza l’attenzione è lo strappo tra le scene quotidiane, i momenti che sanno di famiglia, per quanto difficile, e le scene truculente e terribili. Alcune dinamiche sarebbe state bene indagarle più a fondo, ma quando ci si muove tra conosciuto e sconosciuto non tutto può essere detto o palesato, ed è una scelta narrativa da accettare, che piaccia o no. Bravo Marco Peano, grazie a scrittori come te la letteratura italiana, come Benjamin Button, sta ringiovanendo.
Un IT all'italiana, anzi, alla piemontese. Gli ambienti familiari, il folklore, i rapporti intimi sono la parte più riuscita del romanzo, la parte horror molto meno e lo dico da appassionata del genere.
È scritto molto bene. Lo stile è inappuntabile: fluido, intenso, curato fin nei minimi dettagli senza cadere nella stucchevolezza, questa prosa è indubbiamente una presenza sostanziale che si rende invisibile, al servizio degli eventi, asciutta ma precisa, come io adoro.
È scritto in maniera eccellente. La scelta del linguaggio è frutto di una ricerca rigorosa e puntuale, ma il lessico non è mai fuori contesto. Il narratore, per la maggior parte del romanzo si affianca al punto di vista, della giovanissima protagonista, ed il tono adottato riesce ad essere ricercato, senza scollarsi da questo fattore. L’inserimento di regionalismi piemontesi non è mai forzato, anzi: contribuisce a rendere organico il tutto, ogni passaggio “suona” bene.
È scritto davvero con maestria. Le tinte cupe che assume il romanzo non sminuiscono la sua “letterarietà”; al contrario, sono un valore aggiunto: lo discostano dall’abusata tematica della “provincia italiana”. L’atmosfera un po’ noir, forse anche horror, è gestita bene, non sconfina nello stereotipo e non adotta i le canoniche costriziono stilistiche che, di solito, sono tipiche del genere. La trama, nonostante le tematiche, rimane sempre coerente, nemmeno nel ribaltamento finale, che crea un autentico effetto sorpresa, senza stonare con il resto.
È scritto perfettamente. La struttura è ineccepibile: il fatto che ci sia un pov dominante ma non fisso snellisce la narrazione e, al contempo, conferisce solidità alla narrazione; gli “interludi”, flashforward sotto forma di lettera in prima persona, aiutano il ritmo nei momenti forse un po’ più stagnanti, e le anticipazioni svelate in queste brevi sezioni mantengono alta l’attenzione, così come la non sequenzialità nella cronologia; le parole chiave all’inizio di ogni capitolo sono, a mio parere, una trovata carina; mi è piaciuto fin l’esergo: Non è mai senza senso scegliere l’impossibile invece del possibile. L’unica cosa insensata è accettare il possibile (Stig Dagerman)
Però.
Nonostante tutti questi pregi, la sensazione che rimane, girata l’ultima pagina, è che manchi qualcosa: un guizzo, una scintilla, che renda il romanzo unico ed i personaggi tangibili.
Allora, parto subito col dire che questi libro non era come me lo aspettavo. Io mi aspettavo un romanzo ambiento in un paesino di provincia in un passato recente, il classico romanzo contemporaneo italiano, che aveva come protagonisti due ragazzini, Sonia e Teo, con i loro cambiamenti e il loro adattarsi alla crescita.
E invece mentre leggi, ti ritrovi scene macabre, perché a Lanzo Torinese, nel dicembre del 1996 si verificano fatti indicibili, e toccherà proprio a Sonia e a Teo scoprire la verità.
Devo dire che nonostante alcune scene (sarà che io sono molto sensibile) il romanzo si fa leggere molto velocemente, complice la scrittura e la curiosità di scoprire come si risolverà il mistero. Il fatto di non sapere che questo romanzo avesse una linea "horror" è stata un'arma a doppio taglio, mi incuriosisce ma allo stesso tempo mi fa storcere il naso, probabilmente non avrei letto questo romanzo se lo avessi saputo prima ma allo stesso tempo sono contenta di aver letto qualcosa di diverso ed essere uscita dalla mia comfort zone. È un romanzo che comunque pone l'accento anche su temi più "classici" come il crescere, il corpo che cambia, i primi amori, il sapere dire addio, alle cose che abbiamo amato durante l'infanzia ma che per forza di cosa dobbiamo imparare a fare.
Per concludere personalmete il romanzo carino ma mi ha deluso,la risoluzione del mistero finale che ho trovato un po' frettoloso, mi sarebbero piaciuti più dettagli, così come mi sarebbe piaciuto sapere di più sulla questione dei denti, del quaderno rosso, di nonna Ada e tanti altri perché.
Quello che mi piace di Goodreads, talvolta, è come le recensioni che si scrivono e i libri che si leggono vadano a comporre una storia - seppur parziale - dell'esistenza dell'utente. Credo sia il caso di questa mia recensione di "Morsi", che in effetti scrivo dopo aver proposto anche questo tra i titoli da leggere insieme al ragazzino a cui faccio ripetizioni (seconda media, da settembre terza). Non è stata tra le decisioni più sagge, per lui all'inizio è stato difficile capire l'ambientazione della storia, entrare nel vivo, ma soprattutto la sua sensibilità è stata un po' offesa dalle scene più violente e sanguinose della storia, che in alcuni casi sono riuscite a urtare anche me. E tuttavia, non fissate la vostra attenzione su questo aspetto di "Morsi" perché, non dubitate, questo è uno dei libri più notevoli usciti in questo periodo. Sapevo che Marco Peano sarebbe stato una rivelazione da quando sentivo parlare de "L'invenzione della madre", che purtroppo non ho ancora letto, e "Morsi" me l'ha confermato. D'altro canto, gli spunti più interessanti della nostra narrativa si muovono ormai nella direzione del fantasy, fantastico e fantascientifico. Piccolo breviario per chi abbia voglia di fidarsi del mio parere: "Sirene" di Laura Pugno, Loredana Lipperini ("L'arrivo di Saturno", "La morte si avvicina"), "Carnaio" di Giulio Cavalli, "Panorama" di Tommaso Pincio sono piccole gemme incastonate in una montatura di metallo scadente. Perché pubblicare tanto, e soprattutto per un pubblico che legge poco, significa inondare i lettori di materiale mediocre e che non vale la pena leggere. Perché non è importante leggere, come non è importante guardare film, come non è importante mangiare, non è il consumo acritico e continuo, ininterrotto, che ci arricchirà e ci farà sentire sazi e soddisfatti, ma sarà una scelta accurata, succulenta, meticolosa. Talvolta, qualcosa appare nel panorama letterario che abbiamo di fronte. Per quanto mi riguarda, non vedo l'ora di leggere il prossimo frutto dell'ingegno di Peano.
3.5 ⭐ - Sonia sogna sempre parole, perché “conoscere il nome delle cose significa salvarsi”. Ma sarà davvero così? Morsi di Marco Peano è un romanzo di formazione intenso, crudo e sconvolgente. Un viaggio incredibile insieme a due protagonisti impossibili da dimenticare. Qualsiasi fantasia o congettura formulata durante la lettura della sinossi viene ampiamente superata nel corso della lettura: Morsi può lasciare spiazzati o smarriti, ma alla fine del viaggio non si può non pensare che ne sia valsa la pena. Un romanzo che osa parlare di orrore in tutte le sue forme: da quelle più fantastiche a quelle che si celano dietro le cose che crediamo di conoscere così bene. Avrei forse voluto che durasse un po' di più perché lascia spiazzati e le riflessioni che smuove sono così tante che dopo la lettura si ha bisogno di un periodo per lasciar sedimentare tutto.
Non posso non amare un libro che parla dei miei luoghi. Che parla della stazione del treno dove per 5 anni della mia vita sono passata due volte al giorno e di quel paese che ho odiato per altrettanti 5 anni. Sono di parte perché sono una romantica. Però nonostante io non ami il genere horror, nonostante non ami i libri con protagonisti ragazzini io sto romanzo lo ho apprezzato davvero tanto. Sarà il piemontese, sarà la preghiera del granata o i cognomi sentiti mille volte nella mia infanzia ed adolescenza di Ciriè.
Ho comprato questo libro che è uscito proprio questa settimana in quanto l'ho visto molto pubblicizzato su Instagram e mi ispirava. L'ho trovato molto particolare, diciamo così. Si tratta di un libro scritto molto bene, ambientato in un paesino del torinese, Lanzo Torinese, in cui una ragazzina adolescente, Sonia, si ritrova a vivere con i suoi genitori e la nonna. Il padre perde il lavoro e trova un impiego a Cirié pertanto Sonia e la sua famiglia sono costretti a spostarsi. Nelle vacanze di Natale del 1996 Sonia va dalla nonna a Lanzo e tra giochi sulla neve, compiti e chiacchiere con il suo amico Teo le giornate passano. Nel paese tutto sembra fermo a 50 anni prima e la vita è molto monotona. Finché nella scuola del paese succede un evento che tutti chiamano "l'incidente" e da quel momento tutto cambia. I due ragazzini si troveranno ad affrontare un momento di difficoltà, la vita diventa un incubo. Un libro molto particolare, con una storia che non ti aspetti, a tratti molto strana. Non posso scrivere di più altrimenti rovino il bello del libro che infatti ha alcuni colpi di scena. Succedono delle cose che io non mi aspettavo totalmente! In generale parla della difficoltà di affrontare la vita quando si è adolescenti e si entra nel mondo degli adulti.