Un canto a la esperanza, a la constatación diaria que, a pesar de la dureza de la vida, siempre hay algún modo de hacerla luminosa.
Narración en primera persona, minuciosa y sin sentimentalismos, de la experiencia de ingressar en la peor cárcel de Roma, la cárcel de Rebibbia, donde la protagonista intenta sobrevivir tejiendo complicidades con un grupo de mujeres que no lo han tenido fácil en la vida. Poco a poco, la protagonista se gana el respeto de sus compañeras y aprende algunas lecciones importantes sobre la vida.
La cárcel de Rebibbia nos cuenta que la durísima experiencia del paso por una cárcel puede ser una manera de renacer.
Goliarda Sapienza was an Italian actress and writer. Goliarda Sapienza was born 10 May 1924 in Catania. Her mother was Maria Guidice, a prominent socialist, her father Peppino Sapienza, a socialist lawyer. As a child, Goliarda Sapienza reenacted films she had seen in cinema. In 1941 she and her mother went to Rome, where she studied theatre. She worked as an actor in both films and plays, but from 1958 she focused on writing. Her now famous novel L’arte della gioia (The Art of Joy) was finished in 1976 but rejected by publishers because of its length (over 700 pages) and its portrayal of a woman unrestrained by conventional morality and traditional feminine roles. It was first published by her husband Angelo Pellegrino after her death.
Querida Goliarda... Cinco dias de cadeia produziram um tratado social e humano deste calibre.
Agora ando muito impaciente por sair porque faz um ano que estou dentro, mas ao fim de dois ou três meses em liberdade no anonimato - liberdade cuja única vantagem é deixarem-te morrer sozinha - sei que o desejo de voltar para aqui vai novamente tomar conta de mim. Não há vida sem comunidade, como se sabe: tens aqui a contra-prova, não há vida sem o espelho dos outros...
Mentre leggevo L’università di Rebibbia mi chiedevo se questo libro fosse presente nella biblioteca del carcere femminile romano. E’ stato mai letto lì da qualche detenuta? Che effetto può fare una storia autobiografica ambientata nel proprio carcere a distanza di anni?
E io che l’ho letto nella posizione comoda? Mi è arrivato come può essere arrivato ad un’altra? Una che ha sulla testa il countdown penale di colpe riconosciute?
Goliarda Sapienza è, nonostante la sua fedina penale, una donna pulita che si racconta nei libri senza sconti, senza orgoglio, né difese. La forza di questa scrittrice è a mio parere quello di mischiare fiction e non fiction, raggiungendo un buon equilibrio formale e acquisendo una portata storica più ambia della semplice narrazione di sé.
Anche Goliarda Sapienza, come molte altre, parte dall’esperienza vissuta mettendola a fuoco sulla pagina, fino a restituire un’emozione dal linguaggio universale. L’università di Rebibbia infatti racconta la detenzione della scrittrice. Il carcere è visto come una vera e propria università che insegna, senza le illusioni e le ipocrisie della vita ordinaria, la dura e autentica dimensione della convivenza umana.
“Il carcere mi manca. E’ una sensazione strana, ma è così. Lì non hai l’obbligo di vestirti, se non ti va non parli, non devi correre a prendere l’autobus. Quelle che ti conoscono sanno esattamente cosa vuoi. Quando sono uscita ho avuto la nettissima impressione di aver lasciato qualcosa di caldo, di sicuro. E a volte ancora oggi mi pare di essere stata più libera lì dentro, in carcere… quei momenti impareggiabili che poche volte accadono nella vita: essere soli eppur in compagnia di persone che proprio vanno addosso come un paltò caldo quando comincia la cattiva stagione…”
Dopo lo shock iniziale Goliarda Sapienza si abitua a nuovi meccanismi sociali e ci restituisce un testo prezioso, che è molto di più di un semplice memoir, in quanto tocca argomenti ancora scottanti della realtà carceraria, quali la rivolta e l’autolesionismo.
La storia di una donna che per riconoscersi nella società decide di uscirne, ritirarsi in un posto che da luogo di chiusura diventa luogo di formazione, un'università, appunto. Goliarda nella nuova città in cui è inserita troverà se stessa nello specchio della collettività, in una realtà che non conosciamo, che temiamo, ma che la scrittrice ha il coraggio di scoprire e vivere pienamente.
“Sono da cosí poco sfuggita dall’immensa colonia penale che vige fuori, ergastolo sociale distribuito nelle rigide sezioni delle professioni, del ceto, dell’età, che questo improvviso poter essere insieme – cittadine di tutti gli stati sociali, cultura, nazionalità – non può non apparirmi una libertà pazzesca, impensata.”
I mesi trascorsi in carcere negli anni Ottanta da Goliarda Sapienza diventano una vivida testimonianza di un microcosmo femminile fatto di dolore e alienazione ma anche di solidarietà, di amicizia e differenze accettate e condivise, insomma un ristretto mondo di relazioni pure e schiette, liberate dalle sovrastrutture della società cosiddetta civile.
Le differenze di classe, di istruzione e di linguaggio vengono improvvisamente azzerate, l’espressione delle emozioni è immediata, le riflessioni delle detenute sono intense e non banali. “Non c’è vita senza lo specchio degli altri” e la collettività che si è formata nel carcere femminile diventa una sorta di famiglia allargata dove ogni donna si riconosce nell’altra e si sente a sua volta riconosciuta. Ecco perché “questo fa di Rebibbia una grande università cosmopolita dove chiunque, se vuole, può imparare il linguaggio primo”.
Un furto dettato da chissà quali istinti di autodistruzione e degradazione fa sì che Goliarda si ritrovi a conoscere la prigione di Rebibbia e le sue inquiline. Il primo impatto con quel mondo fatto di reclusione e grigiore è estremamente doloroso e desolante. Arrivata a tarda notte, Goliarda viene lasciata – sola e smarrita – in una cella d’isolamento, senza sapere quale sarà il tuo destino.
Non riesce neanche lontanamente ad immaginare quello che le accadrà, cosa potrà fare in quel mondo che non conosce, con quella sua faccia da signora perbene che la rende sospetta agli occhi delle altre detenute. Quelle donne, infatti, la guardano con cattiveria, le lanciano minacce come se fossero pietre aguzze e appuntite, la credono una spia, un poliziotto in borghese deciso a estorcere loro informazioni.
Nonostante questa ostilità crescente, Goliarda supera il periodo di isolamento e si ritrova nella vera Rebibbia, una struttura labirintica e circolare, alimentata dal continuo vociare e schiamazzare delle sue ospiti, che si agitano per i ballatoi e le celle come api operaie al lavoro, decise a rendere quelle giornate piene di eventi, chiacchiere, incontri. Appena intravede quel continuo movimento che sa di formicaio, con le voci delle donne che si riconcorrono da un piano all’altro, a Goliarda sembra di essere entrata in un enorme mercato rionale.
Ogni detenuta cerca di trovare tra quelle quattro mura una propria dimensione: c’è chi si da da fare tutto il giorno, riempiendo le ore con lavoretti, aiutando le altre detenute, instradando le nuove ragazze alla loro prima esperienza di detenzione e che arrivano spaurite; c’è chi cerca in ogni modo di abbellire la propria cella, di trasformarla in un luogo pulito e accogliente, per non cedere alla degradazione della prigionia, della monotonia di giornate sempre uguali.
In un turbine di vite diversissime, dall'eroinomane alla detenuta politica, Goliarda Sapienza riesce a non perdere se stessa e ci racconta l'esperienza del carcere. Preziosa narrazione di una discesa agli inferi che riesce a non edulcorare il dolore, regalando al lettore decine di cammei di umanità incantevoli e fragili.
la grandezza di uno sguardo che vede umanità, dignità, e amore anche nei posti che il resto del mondo preferisce dimenticare. Goliarda immensa, gigante ignorata della letteratura italiana
J’ai mis un peu de temps à rentrer dedans, et TW racisme et grossophie… Malgré tout ça, des moments de grâce qui éblouissent, de la force et de la sororité, des personnages extrêmement touchants et auxquels on s’attache en seulement 50 pages (la magie de Goliarda), une écriture sublime et solaire.. Tout ça accompagné de réflexions très aiguisée sur le milieu carcéral, le collectif et la difficile réconciliation entre classes sociales. C’était aussi violent et flamboyant qu’attendrissant
Il valore di quest'opera credo stia nel suo ruolo di testimonianza - il resoconto delle vite delle carcerate è pressoché unico nel panorama letterario dell'epoca e prezioso nella sua rarità, poiché permette di dare voce ad una categoria socialmente marginalizzata, tanto oggi quanto nella generazione coeva di Sapienza; per questo, passano in secondo piano anche alcune imperfezioni, come un'idealizzazione un po' paternalista delle detenute più povere o una certa mancanza di coerenza narrativa.
Incipit A sirene spiegate (o io sono diventata una criminale molto importante, o loro – sono quasi le dieci – hanno solo fretta di tornare alle rispettive case), percorriamo la città che mi appare piú sontuosa e immensa. L’università di Rebibbia Incipitmania
Intensa e sempre attuale la scrittura di Goliarda, in questo racconto-memoir l'esperienza del carcere è raccontata usando il parallelo del mondo di "fuori", anche a Rebibbia le classi sociali contano, rimangono inalterate, in un ritratto della condizione carceraria femminile emozionante e ricco di spunti di riflessione.
J'ai eu l'impression de ressentir la même joie que lors de ma lecture de L'Art de la joie. J'avais été un peu déçue par Les Certitudes du doute que j'avais trouvé complètement opaque.
Ici, on suit un fil linéaire. Goliarda est emprisonnée après une affaire de droit commun, dans la prison de Rebibbia. Emprisonnement qu'elle a provoqué, cherchant à échapper à sa propre vie.
On y suit son quotidien et surtout ses réflexions.
Belle lecture, et ravie d'avoir retrouvé Goliarda Sapienza, un peu comme on retrouve une vieille amie.
Forte, bello, sporco, maleodorante, vitale e sensuale. Un racconto lieve e poetico che riflette l'unione di due mondi al margine della società, donna e carcerato, restituendo un modo ancora più ultimo d'essere ultimi. Me lo sono davvero "bevuto". Ma mica come le guardie si sono "bevute" Marrò.
innocente e vero, un mondo che sembra cosi lontano ma in realtà è ovunque, una realtà che sembra non ci appartenga ma che insegna tutto sulla società. scrittura stupenda
Forse non sono riuscito ad apprezzarlo al massimo in quanto le mie aspettative erano altissime. Avevo sentito parlare molto dell'autrice e il tema è a me molto caro. Lo spaccato carcerario che racconta Sapienza è indiscutibilmente interessante, ma la scrittura mi è risultata faticosa. Niente che comprometta la lettura, essendo solo 140 pagine, ma pensavo potesse scorrere meglio.
"Sono da così poco sfuggita dall'immensa colonia penale che vige fuori, ergastolo sociale, distribuito nelle rigide sezioni delle professioni, del ceto, dell'età, che questo improvviso poter essere insieme cittadine di tutti gli stati sociali, cultura, nazionalità, non può che apparirmi una libertà pazzesca, impensata."
"Ma la mia persona appare di poco interesse all'interno di questo calderone di personalità, destini, deviazioni, nel quale sono immersa. Qui dentro, noi privilegiati dalle famiglie, dagli ambienti fin dalla culla, protetti fin da bambini dal bisogno vero, restiamo larve anemiche. [...] Fra noi larve di fuori, si comincia perfino a sussurrare che le classi non esistono più. Poveri illusi! Cosa darei per trascinarli tutti, anche solo per una settimana, qui a Rebibbia. A vedere la sintesi, chiara e inappellabile, del mondo di fuori col suo ora per ora, eterno, riprodursi, del vinto e del vincitore, del servo e del padrone."
"... non c'è vita senza collettività, è cosa risaputa. Qui, ne hai la controprova. Non c'è vita senza lo specchio degli altri."
Dopo aver visto Fuori al cinema pochi giorni fa ho sentito l’esigenza di saperne di più sull’esperienza del carcere vissuta da Goliarda Sapienza.
Questo libro, in sole 138 pagine, fa capire quanto il carcere sia stata una scuola di vita per Goliarda, molto più dei salotti intellettuali (che oggi chiameremmo radical chic) che era abituata a frequentare.
Solidarietà femminile, amicizia, annullamento dei confini, costrizione fisica e mentale sono solo alcuni dei temi trattati in questo romanzo.
Dopo l’Arte della Gioia è stato bello ritrovare la scrittura autentica di Goliarda Sapienza ♥️, una delle più grandi autrici del Novecento italiano.
Sapienza je t’aime tellement c’est choquant juste choquant ton gros crane ton enorme cerveau j’aimerais l’embrasser tu a mangé toute la poésie et la pensée activiste du monde tu l’a maché puis tu la mis dans ton livre je suis trop content que t’ai fait de la taule en fait sinon j’aurais jamais pu lire ça RIP
Sono da così poco sfuggita dall'immensa colonia penale che vige fuori, ergastolo sociale distribuito nelle rigide sezioni delle professioni, del ceto, dell'età, che questo improvviso poter essere insieme - cittadine di tutti gli stati sociali, cultura, nazionalità - non può non apparirmi una libertà pazzesca, impensata.
La specificità dell’esperienza qui riportata ha un corpo e uno spazio emotivo che permette di comprenderne anche i dettagli. È una storia così confusa ma al contempo ricercata e rigida, ricca ma limitata, proprio come il carcere…
L’autrice è stata in grado di cogliere tutti questi aspetti, di dare la giusta attenzione ai volti e alle voci delle donne che le stavano accanto. Il risultato è stato un libro giocoso, realistico, ironico, potente e sconsolante. Non credo si possa rimanere indifferenti di fronte alla scrittura di Goliarda Sapienza: dopodiché la vita inizia a colorarsi delle sue parole, e qualche verità, magari, si scopre.
Avevo aspettative molto alte su questo libro ma non è riuscito a convincermi pienamente. Lo stile di scrittura, a tratti estremamente poetico, mi è rimasto un po’ indigesto, come se cozzasse con l’ambiente carcerario che si cerca di descrivere. Le varie figure femminili che vengono descritte, a eccezione di un paio, restano estremamente vaghe e quei lunghi monologhi che ciclicamente fanno le rendono un po’ meno “vere”. Devo ammettere che però ho apprezzato alcuni ragionamenti della Sapienza sopratutto quelli legati alla condizione di segregazione femminile nella società ritrovata poi uguale nel carcere.
“Vedi, qui la giornata è cosi piena di avvenimenti che alla fine diviene come una droga... Si torna a vivere in una piccola collettività dove le tue azioni sono seguite, approvate se sei nel giusto, insomma riconosciute. Tutte capiscono perfettamente chi sei - e tu lo senti - in poche parole non sei sola come fuori.. (…) Anch'io, adesso fremo tanto d'uscire perché è un anno che sono dentro, ma dopo due o tre mesi di libertà nell'anonimato - libertà che ha il solo vantaggio d'essere lasciati a morire soli - so che mi riprenderà il desiderio di qui. Non c'è vita senza collettività, è cosa risaputa: qui ne hai la controprova, non c'è vita senza lo specchio degli altri...”
Altra piccola perla di Goliarda Sapienza, dopo l'inarrivabile capolavoro de "L'arte della gioia". Un libro densissimo e sincero, che mette in luce una realtà storicamente oggetto di una riuscita operazione di rimozione culturale. Lo sguardo dell'autrice, come sempre, è libero e originalissimo, impregnato di coraggiosa umanità che commuove a più riprese. Una lettura che ha lasciato una scia e mi ha fatto pensare al senso di appartenenza e di comunità che, nella vita di tutti i giorni, spesso va smarrito, affogato in un groviglio di rapporti inautentici e di circostanza.