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Non si parla mai dei crimini del comunismo

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«Nessuno parla mai dei crimini del comunismo!»: sul serio? Dagli eccidi perpetrati dai bolscevichi al massacro di Piazza Tienanmen a Pechino, i crimini dei regimi comunisti o sedicenti tali non sono mai stati sconosciuti, anche quando si è provato a tacerli o negarli; hanno accompagnato la storia del secolo scorso come un’ombra cupa e assillante, condizionandone il corso. Oggi, oltre 5000 monumenti, musei e memoriali sparsi per il mondo, istituti di ricerca, fondazioni, associazioni di ex prigionieri politici e una letteratura vastissima testimoniano che non esiste alcuna congiura del silenzio a oscurare le violenze commesse in nome della società senza classi. Il problema, in verità, è più serio. Se è vero che in tutti gli Stati comunisti, dall’Urss alla Cina, dall’Angola al Vietnam, dall’Albania a Cuba, si sono riprodotti i caratteri di una violenza che ha la sua matrice nella qualità totalitaria del progetto leninista, dobbiamo capirne le specificità al di là di semplificazioni faziose e di sciocche equiparazioni. Questo libro smentisce immaginari e luoghi comuni di quello che, nel bene e nel male, è stato il più vasto movimento politico del mondo contemporaneo.

225 pages, Paperback

First published March 3, 2022

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About the author

Gianluca Falanga

17 books10 followers
Gianluca Falanga, studioso di storia contemporanea, vive e lavora a Berlino come libero ricercatore e consulente alla formazione politica presso diverse istituzioni museali della capitale tedesca. Tra i suoi libri, L’avamposto di Mussolini nel Reich di Hitler. La politica italiana a Berlino 1933-1945 (Tropea, 2011), Il Ministero della Paranoia. Storia della Stasi (Carocci, 2012) e Spie dall’est. L’Italia nelle carte segrete della Stasi (Carocci, 2014).

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Displaying 1 - 3 of 3 reviews
Profile Image for DS25.
551 reviews15 followers
March 3, 2025
Ottimo libricino di riepilogo su questioni come il rapporto tra storia e memoria, la natura caotica del comunismo (specialmente degli eccidi) e la tracciabilità politica della filosofia comunista, in una veste decisamente attraente e leggibile.
Profile Image for Kernel Panic.
43 reviews29 followers
April 7, 2024
"Stalin non liberò l’Europa orientale: la sottomise a una nuova schiavitù."

Un libro che fa centro. Fine lavoro di ricerca e documentazione, lucida analisi dei fatti lontana da populismi e sentimentalismi di varia natura. Mi limiterò a riportare alcuni estratti qui sotto:

- "Interrogandosi sui motivi per cui, a dispetto delle diffuse e approfondite conoscenze storiografiche, molti continuino ad avvertire come “più gravi” e carichi di significato per la memoria collettiva i crimini nazisti, perché insomma Auschwitz sia divenuto così centrale nella memoria del Novecento, mentre il Gulag non abbia ancora lo stesso impatto emotivo, Charles Maier propone un’analisi originale, nella quale, mutuando dalla fisica nucleare il concetto di emivita ovvero il tempo di decadimento radioattivo degli elementi, ci offre i concetti di hot e cold memory: la Shoah e i Lager di sterminio nazisti sarebbero «come un plutonio della storia che contamina il paesaggio per secoli con le sue radiazioni», mentre le atrocità del regime stalinista avrebbero «la ricaduta radioattiva molto meno duratura dell’isotopo trizio, che si dissipa in tempi relativamente brevi»"

- "La collisione cominciò a manifestarsi subito con grande virulenza già al primo allargamento a est dell’Ue nel 2004. Il famoso discorso di apertura della Fiera del Libro di Lipsia pronunciato il 24 aprile 2004 dall’ex ministro degli Esteri lettone e commissaria europea Sandra Kalniete è passato alla storia come atto di dichiarazione programmatica e “battesimo del fuoco”, il primo assalto della “nuova” Europa alla coscienza storica collettiva europea, egemonizzata dalla “vecchia” Europa. Ricordando all’auditorio di essere nata in Siberia, dove la sua famiglia era stata deportata dalla Lettonia dalla polizia segreta sovietica, Kalniete si espresse in questi termini:

Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Europa fu tagliata a metà dalla Cortina di ferro, che non solo ridusse in schiavitù i popoli dell’Europa orientale, ma ne cancellò anche la storia da quella del continente. L’Europa si era appena liberata dal flagello del nazismo; e dopo lo spargimento di sangue della guerra era comprensibile che poche persone avessero la forza di affrontare l’amara verità, specialmente il fatto che il terrore continuava nella metà dell’Europa dietro la Cortina di ferro, dove il regime sovietico metteva in atto il genocidio ai danni dei popoli dell’Europa orientale e contro il proprio stesso popolo. La storia dell’Europa è stata scritta per oltre 50 anni senza di noi, e la storiografia dei vincitori della Seconda guerra mondiale ha diviso tutti, com’è tipico, in buoni e cattivi, giusti e sbagliati. Solo dopo la caduta della Cortina di ferro gli studiosi hanno avuto accesso ai documenti archiviati e alle storie di vita delle vittime. Queste fonti confermano che entrambi i sistemi totalitari – nazismo e comunismo – erano ugualmente criminali. Non ci può essere una differenza tra queste due ideologie solo perché una di queste stava dalla parte dei vincitori. La lotta contro il fascismo non può essere per sempre una scusante per i peccati dell’Unione sovietica, che ha annientato innumerevoli innocenti in nome dell’ideologia di classe. Credo fermamente che sia dovere della nostra generazione rimediare a questo errore. Anche i perdenti devono poter scrivere la loro storia e questa merita un posto nella storia d’Europa. Altrimenti quest’ultima rimarrà unilaterale, incompleta e scorretta. [...] La storia recente dell’Europa orientale, che noi lettoni riportiamo in Europa, ha lo stesso valore di quella occidentale.

L’affermazione dell’equivalenza criminale di nazismo e comunismo e il ricorso al termine genocidio in riferimento alle persecuzioni staliniane nei paesi baltici suscitarono vibranti proteste, a cominciare da quella di Salomon Korn, vicepresidente del Consiglio centrale delle comunità ebraiche in Germania, che abbandonò risentito la sala. Da allora il conflitto ha continuato a riaccendersi periodicamente. Nel 2008 fu molto accesa al parlamento europeo la discussione sulla commemorazione delle vittime dell’Holodomor in Ucraina, unanimemente condannato come uno dei più aberranti atti di sterminio commesso dal regime di Stalin, ma riconosciuto nel mondo come genocidio solo da diciassette governi (Polonia, Ungheria, paesi baltici e Portogallo quelli europei), a causa dell’assenza di un consenso degli storici sul carattere genocidiale delle misure che lo provocarono. L’anno successivo, nella ricorrenza del ventennale della caduta del Muro di Berlino e del settantennale dell’inizio della Seconda guerra mondiale, fu approvata a Bruxelles la Risoluzione sulla coscienza europea e il totalitarismo, con la quale una larga maggioranza di parlamentari europei intese esprimere il rigetto di tutte le forme di dittatura e la volontà di onorarne le vittime, condannando insieme a nazismo, fascismo, razzismo e antisemitismo anche il comunismo5. La risoluzione sollecitava l’istituzione di una Giornata europea di commemorazione delle vittime di tutti i regimi totalitari e autoritari da celebrarsi il 23 agosto, data della firma del trattato di non aggressione nazi-sovietico. Con questa risoluzione, l’Europarlamento diede seguito alla Dichiarazione di Vilnius di condanna del totalitarismo, approvata nel giugno 2009 dall’Assemblea parlamentare dell’Osce, e alla Dichiarazione di Praga, elaborata sempre nel 2009 al termine di una conferenza internazionale patrocinata dal governo ceco e che vantava tra i suoi firmatari figure di primo piano della dissidenza anticomunista come Václav Havel e Joachim Gauck.

La memoria del patto Hitler-Stalin mise a nudo la profonda spaccatura nella memoria europea. La Svezia è stato il primo paese a istituire ufficialmente la Giornata della Memoria per le vittime dello stalinismo e del nazismo, seguita nel 2009 dai paesi baltici e dal Canada, nel 2010 dalla Bulgaria, nel 2011 da Polonia, Ungheria e Croazia e nel 2012 dalla Slovenia. In Germania, storici, formatori e altri addetti ai lavori nel campo della divulgazione storiografica e della cura della memoria pubblica si sono divisi sull’opportunità di una commemorazione comune delle vittime di tutte le dittature e sulla scelta del 23 agosto, da molti giudicata problematica. Personalità autorevoli come il direttore del Memoriale di Buchenwald Volkhard Knigge e lo storico Wolfgang Benz, che dirige il prestigioso Centro di ricerca sull’antisemitismo della Technische Universität di Berlino, hanno severamente bocciato l’iniziativa, definendola un tentativo di stravolgere la cultura della memoria europea, attaccandola alle fondamenta6. Pur senza negare la legittimità della rivendicazione portata avanti dai paesi dell’Est di vedere accolto nella memoria storica collettiva del Vecchio continente il loro specifico bagaglio di esperienze del periodo comunista, Knigge e Benz hanno espresso viva preoccupazione per talune tendenze, riscontrabili anche in istituzioni museali come la Casa del Terrore a Budapest, il Museo delle vittime del genocidio a Vilnius e il Museo della rivolta di Varsavia, quali l’“etnicizzazione” dei crimini staliniani, come l’Holodomor, al fine di renderli equiparabili alla Shoah, l’identificazione del Gulag sovietico con i Lager di sterminio nazisti, la semplificazione di contesti storici complessi tramite schemi interpretativi costruiti per cementare l’equiparazione di nazismo e comunismo, l’uso improprio del termine genocidio, per esempio nei paesi baltici, per indicare le deportazioni di massa in Siberia, la “nazionalizzazione” della memoria attraverso la costruzione di una narrazione esternalizzata, incardinata sul proprio ruolo di vittime, tacendo o marginalizzando aspetti come il collaborazionismo e le complicità nella Shoah.

In Italia, le reazioni al dibattito sull’equiparazione di nazismo e comunismo e il significato del patto Hitler-Stalin sono arrivate con qualche ritardo, stimolate per lo più da misure e iniziative portate avanti a livello locale da formazioni politiche di destra, che hanno confermato i timori di chi presagiva una strumentalizzazione per polemiche politiche di bassa lega delle risoluzioni europee sui totalitarismi (che invece invitavano esplicitamente a commemorare con «dignità e imparzialità»).

[...]

Nel complesso, le contestazioni perdevano di vista il documento europeo, la cui intenzione principale non era affatto affermare un’equivalenza dei crimini nazisti e comunisti e meno ancora dei sistemi politici del Reich hitleriano e dell’Urss di Stalin, bensì invitare gli europei a riconsiderare, partendo dalla riflessione sugli effetti del patto nazi-sovietico del 1939, il ruolo dell’Urss nella Seconda guerra mondiale. Senza nulla togliere al sacrificio di sangue sovietico, sicuramente decisivo per sconfiggere il nazifascismo, bisognerebbe avere la serenità di riconoscere che l’Armata rossa non combatteva per liberare l’Europa dalla dittatura, ma per vincere la Grande guerra patriottica, e che Auschwitz fu liberata dall’esercito di uno Stato che aveva due milioni e mezzo di internati nei Gulag. Stalin non liberò l’Europa orientale: la sottomise a una nuova schiavitù."
Profile Image for italiandiabolik.
260 reviews13 followers
March 19, 2022
Se da una parte fare “a gara” tra chi sia stato peggiore, tra nazifascismo e comunismo, abbia poco senso, certamente entrambi sono dei totalitarismi che hanno nuociuto (e tuttora nuocciono, laddove ancora in essere) alle libertà individuali dell’uomo ed al sistema democratico nella forma in cui lo conosciamo in Occidente.
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