Questo romanzo è la storia dell’amore, lancinante e assoluto, di una figlia, Marie, nata da uno stupro, per la madre, Eugénie detta Génie, che, ripudiata dalla famiglia e respinta dalla comunità dopo che ha generato una bastarda, si è murata nel silenzio e nella lontananza. Una madre che sa dirle «Non starmi sempre tra i piedi», che raramente la abbraccia; una che tutti, in paese, bollano come matta e sfruttano facendola lavorare nei campi e nelle fattorie in cambio di un po’ di frutta, di un pezzo di carne. Ma l’amore di Marie è impavido, indefettibile – va oltre il tempo. Con una scrittura di assoluto nitore, laconica e bruciante, a tratti intensamente lirica, Cagnati ci racconta una vicenda in cui, sullo sfondo di una terra aspra e inclemente, si intrecciano brutalità e tenerezza, strazio e rancore, lutto e incantamento, riuscendo a raggiungere un’essenzialità trasognata che sembra dissolvere la tragicità degli eventi.
Inès Cagnati was born in Monclar, France, in the Aquitaine region of Lot-et-Garonne, and died in Orsay. The child of Italian immigrants, she became a French citizen but never considered herself French. With a bachelor’s degree in modern literature and a certificate for secondary-school instruction, she worked as a professor of literature at the Lycée Carnot in Paris. Cagnati was the author of four prize-winning books: Le Jour de congé (Free Day, 1973); Génie la folle (1976); Mosé, ou Le Lézard qui pleurait (1979); and Les Pipistrelles (1989).
Letto in un pomeriggio. Uno di quei libri dimenticati e da riscoprire.
Attenzione però: la storia è cruda per il dolore senza speranza che le protagoniste vivono. La dura vita di campagna fatta di estenuanti ore di lavoro e l’ostilità dei pregiudizi.
Eugénie è detta Génie la Matta perché non parla e Marie, la figlia nata, da uno stupro. Vivono in una solitudine volontaria che le separa da un mondo che le ha rifiutate. Marie è ossessionata dall’amore che prova verso la madre e vive con la costante ansia di essere abbandonata.
”Volevo amarla ogni minuto della mia vita perché mi volesse, la seguivo dappertutto. Lei diceva: «Non starmi tra i piedi». Ma io volevo amarla, starle sempre accanto.”
Una scrittura che sembra musica soprattutto per la struttura costruita con ripetuti leitmotiv.
ظننتُ إنني بإزاء عمل مُبهج ..لا أدري لما تولد لدي إنطباع بذلك ما أن وقعت عيناي على عنوان الكتاب ، ولكن في حقيقة الأمر لقد غمرني هذا النص بحزنٍ قاتم لا يُحتمل... كانت الصغيرة " ماري " بساقيها القصيرتين تركض وراء والدتها " جيني " ، وكنت أنا أتبع ظليهما في ظلمة حياتهم البائسة.... إن كان ثمة إبداع هنا ، فهو يتعلق بالتوصيف الساحر للطبيعة التي تحتضن قرية صغيرة ، كما لو أنها قصيدة شعرية تفيض بالجمال والعذوبة...والقدرة على سرد الحياة اليومية برتابتها وتكرارها في ظل الوجع.... كان كل شيء رهن الإنتظار...يلتف ببرودة الوحدة القاسية ، يطلقون عليها " جيني المجنونة " ، ولكنها لم تكن مجنونة ، ترقبتها لعلني أتعرف على شخصها ، ملامحها موسومة بالصمت المُعذب ، نظراتها غارقة في الفراغ ، خطواتها الدؤوبة لا تتوقف في المزارع والغابة إلا عندما تغرق في النوم مساءً وهى نائية بعيدة عن كل شيء ، صوتها مهزوم و بالرغم من إنها لم تتفوه إلا بكلمات قليلة لكن تتلمس شقاء وعناء السنين... " لا تظلي بين قدمي عودي إلى البيت ".... هذا ما كانت تردده على مسامع صغيرتها ، تألمت من أجلها ، هى من تخاف فقدها وتنتظرها كل ليلة لتحتضن ظلها ما أن يصلها خطواتها المُتعبة.. أدركت بأنها تبذل جُهداً وعناءً لكي تتفوه بتلك الكلمات..فلم أطالبها بالمزيد... إلى أن تفلتت الكلمات منها فيما بعد ولكن ظلت قليلة مُقتضبة ، يبدو إنها لم تكن تقنع بأن الكلمات ذات جدوى في عالم قاسٍ مُظلم ... هنا الأسى يتصاعد بأنفاس بطيئة مُنهكة حتى اللحظة الأخيرة....
“Certe volte, la sera, se ne stava davanti al fuoco, immobile, con le mani abbandonate in grembo. Io le guardavo le mani. Lei diceva: «Non ho avuto niente, io». Io dicevo: «Hai me».
Sebbene il titolo ti faccia pensare a Génie come la protagonista di questa storia, è Marie a catturare rapidamente l'attenzione : la piccola Marie, (che l’autrice fa parlare in prima persona) che vive con sua madre (Génie) in una casupola sotto i salici matti in cima alla montagna.
La donna lavora a casa degli altri in cambio di un po’ di cibo, dall'alba al tramonto, e torna a casa sfinita . E Marie trascorre il giorno angosciata al solo pensiero che un giorno sua madre possa non tornare più E sebbene Génie ritorni sempre, Marie si tormenta cercando di renderla felice così tanto da non avere scuse per abbandonarla. Diventa la sua ombra Tuttavia, per quanto ci provi, non riesce a ricevere sorrisi o parole di affetto da Génie, che da tutti viene chiamata la matta. Ma Génie, non è pazza. Semplicemente non parla e non ride È immersa nel suo silenzio, vittima di una società che non l'ha ascoltata, che l’ha considera solo il risultato di un oltraggio che l’ha svuotata “..lei era sempre allegra, cantava dalla mattina alla sera. Dopo, c’è stata quella grande disgrazia».” Génie è rimasta incinta; nessuno ha mai saputo chi fosse il padre e partorendo una bastarda ha infangato la famiglia più rispettabile del paese che per questo l’ha ripudiata
Inés Cagnati usa una prosa cruda, diretta, straziante
Questo libro è soprattutto una lettera d'amore di una figlia a una madre incapace di manifestare amore perché le è stato tolto tutto
I capitoli brevi mi hanno suggerito un ritmo di lettura attento, perché nulla è superfluo, ogni parola conta, pesa. Génie La Matta è romanzo di denuncia sociale, femminista, che racconta di una madre che lotta affinché sua figlia possa studiare ed essere indipendente. Ma è anche un romanzo rurale in cui la natura è liberatoria, perché dietro la disgrazia c’è la bellezza anche solo del passare delle stagioni, simbolo della vita che nonostante tutto, si affaccia e rinnova. Tra rassegnazione e resistenza
Ammucchiare eventi tragici nella loro crudezza e infilarli a forza in un folle e destabilizzante miscuglio di nauseanti ripetizioni e brevi frasi spezzate non crea - per me - un buon romanzo, ma solo un vago sentimento di disagio. Per rendere così mortalmente noioso e sfiancante un romanzo così - sulla carta - straziante come questo ce ne vuole, eppure...
Ho letto questo romanzo in concomitanza della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e l’impatto che questo libro ha avuto su di me è stato maggiore.
Génie è la madre, Marie è la figlia, frutto di una violenza. Più Génie è distante, più Marie è attaccata a sua madre. Questo libro arriva dritto alla pancia del lettore, grazie alla voce narrante (Marie) limpida e al tempo stesso diretta.
Una storia triste di violenze che si tramandano di madre in figlia. Un amore profondo filiale.
“Avrei voluto andarle vicino, dirle quanto le volevo sempre bene, quanto le volevo bene. Ma aveva quel suo viso pallido, così lontano da tutto.”
Non era matta Genie, ragazza madre in seguito a uno stupro, scacciata dalla famiglia per questa sua "colpa", isolata e additata dalla comunità: con la bambina era andata a vivere in una casa fatiscente, lavorava a giornata in campagna dove capitava, silenziosa e di poche parole, rassegnata a prendere ordini. La storia di Genie è raccontata da Marie, la figlia cresciuta cronicamente affamata dell'amore della madre, sofferente di mancanza di affetto, nella costante sindrome di un possibile abbandono. Ambientato nella campagna francese, una terra spesso ostile, mai amica neanche nelle terse giornate di sole, figuriamoci negli inverni piovosi. La narrazione è stringata, spoglia, ripetitiva nel raccontare la quotidianità di due misere esistenze: Genie si alza al mattino, lavora nei campi, nelle stalle o ad aiutare ad ammazzare il maiale, e torna a casa compiendo sempre gli stessi gesti; Marie le trotterella dietro quando può altrimenti l'aspetta a casa in ansia, abbraccia Genie, non vorrebbe lasciarla mai, ma riceve risposte come "devi dormire", "non piangere" e la piu frequente "non starmi tra i piedi", quasi un tormentone. Il destino è crudele e la cattiveria umana non ha limiti. Se per Marie si intravede un futuro, misero ma un futuro, Genie non ha scampo, e la sua nuova colpa sarà quella di desiderare una vita come tante, troppo per chi non ha fatto che subire e chinare la testa. Non è un romanzo consolatorio, tutt'altro. ci sono eventi terribili, duri da leggere e sopportare. Può far male allo stomaco ma rimane un romanzo vero, dove nulla è pretesto per la lacrima facile del trito drammone a fosche tinte. Mi piace immaginare una versione cinematografica, magari in bianco e nero, in presa diretta con la telecamera che segue Genie sempre in marcia con Marie qualche passo più indietro...
Non appena ho visto comparire questo libro nel mio feed, ho capito che sarebbe stato uno di quei libri che si devono leggere a tutti i costi. Non so perchè lo sapessi, non avevo quasi nemmeno dato molto peso alla sinossi. Puro istinto. Succede a volte di avere una forte empatia inspiegabile per un titolo, del resto. Il mio istinto non ha fallito, a questo giro. Libro breve, anzi brevissimo. Prosa asciutta, frasi cortissime, molte di queste ripetute e ricche di assonanze. Sembra quasi di leggere una lunga poesia crepuscolare. Ma a fronte di una prosa così sobria e semplice, un dramma incredibile, la storia del grande amore di Marie per sua madre Génie, la matta del villaggio che poi, a ben vedere, matta in fondo non è... Avendolo letto su Kindle e avendo ignorato il contapagine, mi sono trovata in un battibaleno a leggere le ultime pagine, pensando di non aver mai letto un libro simile, nè per come è scritto nè per tipologia di storia. Si apre la lettura con mistero e attrazione, lo si chiude con le lacrime. E' uno di quei libri che mi fanno al contempo sperare di leggere più storie scritte a questo modo e poi invece di non leggere mai più per non dover sopportare un simile magone, una simile tristezza, smossa probabilmente da un tema che mi è caro e che se è caro anche voi - nel bene e nel male - non vi lascerà indifferenti.
انطباعي الأول عنها من الإعلان عن صدورها كان أنها عمل من أدب الطفولة، خفيف ولطيف، لكن حين أمسكتها، رأيت الغلاف بعين مختلفة تماماً، ومع قراءة الأسطر الأولى انتابني شعور غريب بحزن جعلني مترددة جداً أمامها.. قبل أيام، حين بدأتها، كنت أقول أني بحاجة لنص يحتضنني ويصالحني، لكن للأسف اختياري كالعادة كان في غير محله، فهذه الرواية اعتصرت قل��ي، حرفياً..
لا أذكر آخر مرة بكيت على كتاب، لكن حين أنهيتها كنت أختنق بالبكاء من كم الألم الذي واجهته فيها.. وبالرغم من أن الكآبة حاضرة فيها من الأسطر الأولى، لكن الألم في الجزء الأخير من النص كان مباغتاً بكثافته وببساطة الكلمات اللي وصف بها على السواء..
فيبدو أني في النهاية، برغم كل ما أقول، ما كنت بحاجة إليه حقاً هو نص يبكي لا يضحك، ويبدو أن شيئاً ما بداخلي يجذبني للكتب الملائمة في أوقاتها الملائمة..
كانت هذه رحلتي مع نص آخر، بديع، وغير قابل للترشيح، فآمل أن يجد بنفسه طريقه لقلوب قرائه..
Quando leggo un libro super chiacchierato tendenzialmente parto con aspettative altissime che poi vengono deluse, ed eccoci qui. La storia era sicuramente straziante ma non mi ha coinvolta emotivamente, un mix di aspettative infrante, stile troppo spezzato per i miei gusti e un pizzico di "ho capito ma poi?", che dire follettini e follettine, menomale che non l'ho comprato in cartaceo
Il lavoro nei campi, tra il fruscio incessante dei salici, la potatura delle viti, l’odore della terra, la sabbia bianca delle colline e il pascolo della “vaccherella”. Il sacrificio, la solitudine, l’abnegazione di se stessi e del proprio passato nella fatica quotidiana e nel sollievo della natura. Una donna e una figlia, quasi sempre mute, schiacciate da un affetto manifestato in azioni e quasi mai a voce. La madre, la chiamano Génie la matta perché, figlia di una delle famiglie più rispettabili della regione, ha avuto una figlia dopo essere stata violentata e da allora parrebbe uscita di senno…e così viene sfruttata dai braccianti della zona, per i lavori quotidiani nelle fattorie, dalle quali alla sera rincasa sfatta e mai lamentosa. La figlia, Marie, osserva, sogna e attende ogni sera l’arrivo della madre, che le riserva amare parole ma poi la accoglie tra le sue braccia…e nel frattempo subisce, nell’indifferenza generale, lo stesso destino di colei che l’ha messa al mondo. Una quotidianità silenziosa, faticosa ma dignitosa. Poi, forse, la svolta. Forse. E un finale tragico e immeritato, per queste due protagoniste che hanno aspirato, anche se per poco, a un’esistenza normale. Non trovo parole capaci di descrivere quanto ho amato questo libro. Poetico e tristissimo.
Libro que me recomendó un amigo lector y del que no sabía nada. Y un gran descubrimiento.
Es un libro duro, desolador, triste, amargo, pero con unas imágenes preciosas, un lenguaje cuidado, poético, que te mete en la historia de Marie, la hija de Génie a la que llaman loca, pero que no lo está, sólo ha sido víctima de los prejuicios sociales y del desamor de su madre (la abuela de Marie), más preocupada por las convenciones sociales que por el bienestar de Eugénie.
Está escrito en capítulos muy breves (sin título, son fragmentos de la vida de Marie con su madre) que te van mostrando ese lugar en el que viven ambas, que no es sólo el espacio físico -el campo, la casa aislada, el pueblo- sino, sobre todo, el espacio simbólico de desamor, silencio, prejuicios y ansia -por parte de Marie- de ser vista, de ser amada.
No hay una contextualización clara de la historia, ni temporal ni física; tal vez los lectores franceses tengan más elementos para identificar en qué lugar o época los jueves son el día libre en el colegio. O quizá este sea un recurso de Inès Cagnati para desubicar su obra, pues -de hecho- el día libre en los centros escolares franceses es el miércoles, no el jueves. En cualquier caso (si no eres una obsesa de encontrar claves ocultas en la narración, para saber qué año, qué pueblo concreto es el de la historia) no es necesario tener esa información para disfrutar de la lectura... que no de la historia, que en ocasiones es dolorosa como una bofetada, o nostálgica como los recuerdos -felices o infelices- de la infancia, o triste como toda pérdida, o cruel e incomprensible como lo es el mundo adulto para los niños que se saben no queridos.
Otro recurso de la novela es repetir frases en diversos capítulos, o escenas con pequeñas variaciones, imágenes que te van metiendo en un bucle y que transmiten que no hay salida, que no hay posibilidad de cambio, ni de mejora. Aunque Marie, la hija de Génie la loca, nunca pierda la esperanza...
Una novela muy recomendable, que no deja indiferente
Marie è l'ombra della madre, unita alla base da un patto di sangue e separata da lei da una distanza incolmabile, quella della violenza. Si susseguono le stagioni, sempre le stesse suole calpestano terra e fango, le stesse mani colgono frutti e sacrificano animali, trascinandosi in una vita estremamente povera, nella quale Génie la matta si è autonomamente trincerata. Il suo sorriso, che il suo anziano padre continua a raccontare e rimpiangere, è stato spezzato. Marie non sa chi e cosa lo ha fatto, ma sente e soffre la lontananza di quella madre che non la abbraccia, non la bacia, a stento parla.
Lo stile di Cagnati, che in un primo momento mette a disagio il lettore per la sua freddezza, è semplicemente perfetto: le ripetizioni di Marie, narratrice che non può far altro che parlare con noi, colmano i silenzi di Génie, la ciclicità delle stagioni è una mitologia dell'identico che, infelicemente, colpirà anche le nostre protagoniste. Inès Cagnati è brutalmente efficace nel raccontarci il dolore inutile, immeritato. Non a caso, pagina dopo pagina spendiamo lacrime per tanti animali puri, privi di colpe, che condividono con Génie e Marie più di quanto sembra.
"Génie la matta" si rivela pian piano una storia sinceramente dolorosa, che però non sanguina più. Il sangue si è rappreso, e la sua vista ci dà la percezione dell'impossibilità di rimediare. Non possiamo salvare nulla. A momenti vorrete distogliere lo sguardo, bandendo qualsiasi pulsione voyeuristica, eppure non potrete non divorarlo fino all'ultima pagina.
“I suoi occhi avevano assunto il colore delle lacrime. Diceva: “Non ho avuto niente, io.” Io dicevo: “Hai me.” Ma lei continuava a piangere.”
La piccola Marie guarda sua madre, la segue sempre, ha fame del suo amore, ma si accontenta della sua ombra, cercando di consolare le sue lacrime. “Non starmi tra i piedi”, dice lei. “Vai a casa”, dice. Scontrosa e chiusa nell’offesa.
Lei è Eugénie, detta Génie la matta, da quando, vittima di uno stupro, è stata ripudiata dalla sua famiglia e vive in una casupola ai margini di quella piccola comunità rurale, patriarcale e sessista, lavorando come una bestia da soma in mezzo a quelle bestie che come lei tengono basso il capo e non si lamentano mai.
Le vite di madre e figlia scorrono lungo giorni sempre uguali, fatti di fatica e privi di speranza, vite serrate intorno a un nucleo di dolore imperscrutabile e inconsolabile. Però Marie è una bambina e, nonostante viva costantemente nel terrore dell’abbandono, sogna un futuro più lieve e luminoso, con promesse impossibili anela a conquistare il cuore di sua madre. Che tuttavia nulla le concede perché nulla può concedere a se stessa.
Marie ha bisogno di tenerezza e il suo sguardo anelante trova nella natura il suo oggetto d’amore. Allora ecco le lunghe conversazioni con la vaccherella, con l’anatroccolo, creature indifese nel cui sguardo innocente il desiderio di Marie può specchiarsi.
Ma, ahimè, questa è una storia dolorosa, questa è una storia cupa, dove ogni speranza è destinata a naufragare. Eppure una scrittura limpida e asciutta ce la rende così vera e vicina al cuore che leggere, struggersi e dolersi diventano un solo movimento, un solo anelito di partecipazione al cosmico, infinito, umano soffrire. Soprattutto di chi subisce l’abuso, è vittima di ingiustizia, viene messo all’indice e isolato. Soprattutto di chi è donna. Soprattutto di chi è senza colpa: animale, albero, bambina.
Rimane fortemente impressa nella memoria l’immagine della donna silenziosa che cammina veloce tra i campi battuti dal vento e la bambina che la rincorre a distanza lungo i sentieri sterrati e fangosi, cercando di non perderla di vista. Génie e Marie ci restano in mente così, sia perché quel quadro, quell’inseguimento ricorre più volte e quasi ossessivamente nel romanzo, sia per la duplice interpretazione a cui si presta.
Da un lato la bambina che si affretta col cuore in gola per non smarrirne le tracce sembra in apparenza indicare in Génie una madre anaffettiva dal carattere brusco e respingente. D’altra parte viene il dubbio che quell’atteggiamento materno nasconda paradossalmente un intento protettivo, la volontà di preservare Marie dalla sofferenza degli aspetti più dolorosi della vita di campagna, dalla durezza delle mansioni cui Génie suo malgrado è costretta: lo sgozzamento del maiale, l’uccisione dei gattini appena nati, la monta e il parto delle mucche.
Inès Cagnati descrive l’asprezza del mondo contadino che lei stessa ha vissuto nell’infanzia e adolescenza in Aquitania, usando una prosa scarna, stringata ed essenziale, priva di qualunque spiegazione superflua, con inattese aperture liriche quando la natura circostante è filtrata dallo sguardo infantile di Marie: il vento tra i salici lungo il fiume, la collina delle volpi, l’incanto delle stagioni che trasfigurano il paesaggio.
Il contrasto fra il punto di vista di Génie imprigionata in un’esistenza sfibrante, ingiusta, emarginata e sfruttata che si riflette sul brusco rapporto con la figlia (“Vai a casa! Non starmi sempre fra i piedi!...”) e lo sguardo di Marie che mantiene il candore infantile rivolto agli animali, ai fiori, alla madre nonostante tutto, contribuisce a generare la particolarità e il fascino di questo romanzo, breve ma ricchissimo di poesia dove non c’è una parola fuori posto e anche le reiterazioni hanno il significato di cadenzare il ritmo incalzante del tempo e sottolineare l’ineluttabile destino che accomuna le due protagoniste.
L’epiteto di “matto” ritorna più volte nel testo, non solo per isolare Génie, capro espiatorio di una comunità crudele che la sfrutta e la umilia, ma attribuito agli elementi che non rientrano nell’utilitarismo del meschino mondo rurale, come i salici che stormiscono sul fiume, i personaggi dei libri letti dal nonno, una vaccherella cieca o un anatroccolo inutile per chi ha perduto l’innocenza e l’ingenuità di una bambina smarrita lungo un sentiero o, più tardi, di una ragazzina perduta in una stazione nel sogno di “…ciclamini selvatici che crescono in riva ai ruscelli nei boschi di acacie”
Uno dei libri migliori letti quest’anno. Dilaniante, lirico e spettacolare. Non un bagliore di speranza per nessuno, frammenti di esistenze disperate e tragedie che si rincorrono. Vorrei più libri così.
Un romanzo breve ma anche un pugno allo stomaco. La vita di Genie considerata matta perchè vive in una povera casa con una figlia, si mantiene da sola facendo lavoretti, senza chiedere, senza parlare. Il suo unico sfogo è la sera seduta accanto al fuoco stanca dal lavoro. Pian piano viene fuori la storia di questa donna e di sua figlia e per un attimo ci sembra di intravedere un pò di luce in questa vita disgraziata ma la cattiveria delle persone non ha limite.
Esiste limite alle umiliazioni che una donna o un uomo possono dover accettare? Genié la matta ci direbbe di no. A testa bassa e al lavoro accetta ogni tipo di vessazioni pur di portare a casa di che mangiare e sopravvivere.
È un libro intriso di tristezza e amarezza quello di Ines Cagnati, denso di un lirismo eccessivo, per il mio gusto. Per alcuni la prosa può essere perfetta, mentre per me è stata un po' deludente.
Non mi sento di consigliarlo, anche se capisco perché possa piacere.
Gènie la matta di Ines Cagnati (Adelphi edizioni) è un libro spacca cuore. Breve e carico di turbamento, questo racconto è un vero e proprio concentrato di sofferenza. Gènie la matta è prima di tutto una storia di amore e dolore. L'amore di Marie, nata da uno stupro, nei confronti della madre. Un amore innocente, sconfinato, incompreso.
Cagnati con una scrittura asciutta e precisa denuda questo amore che ci fa distogliere lo sguardo: è troppo. La chiamavano Gènie la matta perché non parlava. Abituata ad eseguire gli ordini e a non alzare mai la testa, lavora tutto il giorno e nutre sua figlia di silenzi. Silenzi che renderanno quasi insopportabile la lettura:
Lei non rispondeva mai. Sapevo che non ci sarebbero stati paesi dove le vigne crescono fino al cielo, dove ci si perde in riva ai ruscelli alla ricerca dei ciclamini selvatici. Volevo solo consolarla. Quando sei piccolo non ci riesci.
Geniè ha dentro di sé il dolore dell'abbandono, dell'incomprensione che si trasmette alla figlia che la guarda uscire di casa ogni giorno, compiere gli stessi gesti, ignorare le frasi, gli sguardi, le malelingue e anche purtroppo le frasi di Marie.
Per quanto Marie provi a consolare e a colmare il vuoto della madre "non ho mai avuto niente io", Gènie la matta sembra impermeabile alle richieste della bambina, sa solo rispondere: "Non starmi tra i piedi".
Andavo a letto. Veniva anche lei. Qualche volta mi abbracciava. Altre volte si addormentava subito, lontana al fondo della sua stanchezza. RECENSIONE COMPLETA: www.lalettricecontrocorrente.it
La miseria della vita rurale, l’atrocità dello stupro, il rinnegamento e l’esclusione del “diverso”: è questa la vita di Genie, che tutti definiscono matta (perché non parla, perché non ride), ripudiata dalla madre perché oggetto di disonore di un famiglia rispettabile, sfruttata per i lavori più infimi.
Ma c’è qualcuno che la ammira, la ama, la segue come un’ombra: la figlia Marie, voce narrante, che attende ogni sera nella decrepita casa tra i salici matti il ritorno della madre, e il padre, che ricorda il suo sorriso da ragazza e che offre uno spiraglio di luce nella grettezza umana della comunitá.
Inès Cagnati, attraverso la partecipazione emotiva del paesaggio, evoca il silenzio della sofferenza (non a caso ci sono pochissimi dialoghi che si ripetono in continuazione come un leitmotiv), l’angoscia di una bambina terrorizzata dall’idea di essere abbandonata, e la possibilità, irrealizzata, di raggiungere un “paese dove le vigne salgono al cielo dove i ciclamini selvatici ti invitano dal fondo dei boschi di acacie”.
Di dolore ed "occhi color delle lacrime." Di una piccola mucca di nome Rose e di un anatroccolo di nome Benoît. Di promesse infrante e di sogni nemmeno iniziati. Di isole dove c'è sempre sole e notti "piene del pianto degli sciacalli tra la sabbia e la luna." Di gente ottusa ed ignorante, piena di pregiudizi. Di infanzia negata. Di violenza e stupro. Di eterne attese e continue illusioni. Dell'amore smisurato di una figlia, la piccola Marie, per la madre Génie.
Di tutto questo si compone questo libro.
Consiglistissimo.
Avvertenza: da maneggiare con estrema cura. Può rompersi in mille pezzi. Come il vostro cuore mentre lo leggete.
"Pierre parlava. I suoi occhi diventavano spiagge vellutate dove danzava l'acqua popolata di stelle."
La voce di un bambino è tra le più difficili da rendere. Il suo ripetersi, il suo sperare, il suo aggrapparsi. La consapevolezza che da adulti sembriamo dimenticarci, trincerandoci in una specie di smemorata superiorità. Génie la matta è una rarità, una riuscitissima, fiabesca tragedia struggente quasi suo malgrado, con una linearità stilistica che potrebbe essere quella di Simenon se Simenon raccontasse di bambini e anatroccoli. Dolcissimo e spietato.