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Non si può più dire niente? 14 punti di vista su politicamente corretto e cancel culture

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Proposte di legge per contrastare le discriminazioni, discussioni parlamentari sui sostantivi femminili, regolamenti aziendali che sanzionano comportamenti inappropriati, circolari scolastiche su tematiche di genere, partite sospese per cori razzisti. Da tempo i temi distinti ma incrociati di politicamente corretto e cancel culture sono all’ordine del giorno, investendo la sfera privata e quella pubblica, i litigi in famiglia o tra amici e le prese di posizione su giornali cartacei, programmi televisivi, podcast, blog, riviste online e social network.
Sono temi che spopolano proprio sui social, dove macinano commenti e polemiche, creando una frattura in un certo senso politicamente inedita: nella contrapposizione tra chi nega l’esistenza della cancel culture e chi si lamenta che “non si può più dire niente” non viene per forza ricalcato il dualismo classico tra sinistra e destra, o tra progressisti e conservatori. Vediamo infatti che il licenziamento di un attore o il macero di un libro innescano discussioni infuocate anche tra persone che su molti altri temi (economici, politici, sociali) sono perfettamente d’accordo. Che cosa sta succedendo? .
Mentre i media cavalcano il dibattito rilanciando pseudonotizie acchiappaclick su censure a Omero o Biancaneve, la contrapposizione tra i fronti si consuma per lo più in litigate pubbliche sui social o singoli interventi lanciati online o offline come una voce nel deserto, attorno a cui si rinserrano i ranghi della rispettiva fazione. Ognuno finisce sempre così per parlare ai convertiti, senza che si costruisca un dibattito che sia anche un dialogo costruttivo. .
Come antidoto alla polarizzazione, in questo libro si incontrano idealmente quattordici persone che non sono affatto d’accordo tra loro, ma sono disposte a sedersi a un tavolo di confronto. Ognuna ha scelto di inquadrare il tema secondo i suoi campi di interesse, le sue esperienze e professionalità: linguistica, televisione, comicità, filosofia, storia, sociologia, teatro, pedagogia, politica e quant’altro. .
Così, nel cercare una risposta alla domanda Non si può più dire niente?, questi quattordici punti di vista aprono inevitabilmente ad altre domande e risposte, che restituiscono complessità al nostro intricato presente.

265 pages, Paperback

First published March 8, 2022

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Matteo Bordone

7 books8 followers

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Displaying 1 - 18 of 18 reviews
Profile Image for Carlo.
103 reviews132 followers
July 24, 2024
The book, whose title translates as Nothing can be said anymore, is a collection of 14 loosely related essays on various aspects of the debate on political correctness and cancel culture, written by an intriguing group of professional in fields ranging from linguistics to television, from comedy to philosophy, from sociology to pedagogy and politics. The articles, taken individually, range from in-depth and well thought out to mildly interesting to frankly childish, but overall the whole holds up and results in an enjoyable read.
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Il libro consiste in una raccolta di 14 saggi, vagamente correlati tra loro, su vari aspetti del dibattito sulla political correctness e sulla cancel culture, scritti da un intrigante gruppo di professionisti in campi che vanno dalla linguistica alla televisione, dalla commedia alla filosofia, dalla sociologia alla pedagogia e alla politica. Gli articoli, presi singolarmente, vanno da quelli approfonditi e ben pensati a quelli moderatamente interessanti fino a quelli francamente infantili, ma nel complesso il tutto regge e la lettura risulta piacevole.
Profile Image for Laura Piccione.
63 reviews2 followers
April 9, 2022
Apprezzo il tentativo di inserire opinioni diverse, l’ho apprezzato anche, ma il capitolo di Daniele Rielli era illeggibile e indecente, uno schiaffo alle autrici e agli autori restanti
Profile Image for Silvia Giliberto.
66 reviews9 followers
April 12, 2022
Idea brillante quella di accostare, in un unico volume, punti di vista differenti su un tema così caldo. Purtroppo, però, non ho trovato tutti gli interventi pregnanti e l'effetto finale è un pastiche che non ha aggiunto molto alle mie conoscenze pregresse né ha smosso in me particolari opinioni, cosa che mi aspettavo da un libro che mette in campo l'argomento da molteplici angolazioni.
Rimane comunque un'operazione di valore.

Ps: Elisa Cuter, aspetto il tuo prossimo libro.
Profile Image for Yupa.
773 reviews128 followers
March 12, 2023
Avrei voluto dare tre stelline al libro, sul serio, mi sono sforzato a trovare dei motivi per farlo, anche solo per rendere onore a quei pochi articoli, due o tre su ben quattordici, che ho apprezzato.
E invece no. Quando sono arrivato all'articolo sulla statue, dove l'autrice dice che abbatterle è "parte del dibattito", non ce l'ho più fatta. Perché qui non si parla della rimozione di una statua al termine di una deliberazione pacifica, democratica e costruttiva, no, l'autrice intende con "parte del dibattito" quando una folla composta da minoranze esagitate, non si capisce bene rappresentando chi, prende pietre e bastoni e tira giù la statua che al momento non gli piace, perché non è riuscita a ottenerne le rimozione tramite le vie legittime e istituzionali, perché, guarda un po', la maggioranza magari la pensa diversamente: in pratica la logica del "o fate come dico io o passo all'azione con la violenza, perché IO sono nel giusto". È la stessa autrice a giustificare il tutto affermando che "nella lotta al fascismo non esistono compromessi". E magari avrebbe anche ragione, ma a questo punto il mio sospetto è che sia di quelli che etichetta come "fascismo" qualunque suo avversario politico, contro cui qualunque cosa diventa legittima, perché la politica è vista come una guerra (spacciata però come "dibattito" quando siamo noi a condurla).
Be', mi spiace, ma io resto dell'idea che il fascismo, finché è possibile, non si combatte con metodi fascisti, pena trasformarsi nel mostro che si afferma di avversare.
Profile Image for aetnensis.
107 reviews6 followers
March 21, 2022
Il libro è molto interessante, quasi paraculo, ma in senso buono. Le 14 opinioni sono differenti ma neanche in maniera drastica, o meglio: ognuna da degli spunti interessanti anche se non si concorda con la tesi dell'autore/trice. I punti di vista sono vari e questo è un po' il bello, ognuno/a può trovare l'opinione in cui sta più comodo/a e leggere serenamente anche le altre.
Non si può più dire niente? Io direi di no, anche se tutti sembrano piuttosto concordi sul fatto che c'è una sensibilità diversa e il nuovo mezzo dei social inevitabilmente porta a situazioni spinose.
Ma in questo libro ho perfino trovato scritto che Peterson è un lucido pensatore, la dittatura mi sembra ancora un po' lontana...
Profile Image for sibilla.
2 reviews
May 11, 2022
Il libro è composto da 14 punti di vista, ovvero 14 articoli scritti da 14 persone provenienti da ambiti diversi (giornalismo, televisione, politica, sociolinguistica...) che si ritrovano a dover scrivere un breve articolo su temi uguali per tutti: politicamente corretto e cancel culture. Sebbene gli articoli non siano logicamente collegati tra di loro e non si possano mettere le opinioni dei vari autori sullo stesso piano per un confronto, il libro offre molti spunti di riflessione interessanti su cancel culture e soprattutto su cosa può essere il politicamente corretto oltre al classico "non si può più dire niente" e in quali (molteplici) contesti ci si è dovuti e ci si deve tuttora confrontare con questo. Basti pensare ad alcuni dei numerosi esempi proposti nel libro, come la blackface, l'imbrattamento della statua di Montanelli, la comicità di Luis K. C e di Pio e Amedeo, il DDL Zan o l'uso della schwa, che hanno aperto dibattiti molto attuali e ben noti a tutti noi. Consiglio!
Profile Image for Svalbard.
1,137 reviews66 followers
June 8, 2024
Libro che è di fatto una raccolta di saggi sulla questione del “politicamente corretto” e dei limiti contro cui, in un modo o nell’altro, al giorno d’oggi dobbiamo fare i conti.

In effetti, mi aspettavo qualcosa di secco, argomentato ed unitario come “La cultura del piagnisteo” di Robert Hughes, scritto parecchi anni fa in tempi in cui le censure e le auto-censure sull’argomento erano ancora parecchio meno pervasive di oggi. In realtà non è quella la falsariga (tanto che l’unica volta in cui Hughes viene nominato, lo si fa con accenti vagamente critici); si tratta invece di una raccolta di saggi tutti piuttosto interessanti, ma non sempre su posizioni critiche nei confronti del PC, anzi talvolta erti a difesa di principi morali, circonlocuzioni e aberrazioni linguistiche delle più varie. Va da sé che, difatti, sono proprio i saggi più critici quelli più interessanti; in mezzo a tante affermazioni secondo le quali viviamo in un clima di cultura tossica, la parola che condiziona il pensiero e molto altro, spiccano “perle” come quella narrata da Daniele Rielli, che parla di alcuni intellettuali americani, Helen Pluckrose, James A. Lindsay e Peter Boghossian, riusciti a farsi pubblicare articoli completamente farlocchi su argomenti che avevano l’unico merito di essere allineati all’ideologia dominante. La loro testimonianza merita di essere riportata integralmente:

“Cosa sarebbe successo se avessimo sostenuto in un paper che, per prevenire la cultura dello stupro, gli uomini dovrebbero essere addestrati come si fa con i cani? In questo modo è nata la finta ricerca Dog Park. E se
avessimo scritto in un paper che quando un uomo si masturba pensando a una donna (senza il suo consenso e in realtà senza che lei lo sappia mai) sta commettendo violenza sessuale nei suoi confronti? Questo ci ha dato la
finta ricerca Masturbation. E se avessimo sostenuto che una superintelligenza artificiale sarebbe potenzialmente pericolosa perché programmata – attraverso il Frankenstein di Mary Shelley e la psicoanalisi lacaniana – per essere maschilista e imperialista? Questo è il nostro
Feminist AI. E cosa sarebbe successo se, partendo dal presupposto che “un corpo grasso è un corpo legittimo”, avessimo introdotto il “bodybuilding per ciccioni” come categoria sportiva? Ora potete leggere come questo
paper sia stato pubblicato su “Fat Studies”. In altri casi abbiamo studiato gli “studi del risentimento” già esistenti per vedere cosa non funzionava e provare ad amplificare ulteriormente quei problemi. Troviamo un paper intitolato Glaciologia femminista? Nessun problema, lo copiamo e scriviamo un paper di astronomia femminista sostenendo che l’astrologia femminista e queer dovrebbero essere
considerate parte dell’astronomia, un campo di studi che ad ogni buon conto è intrinsecamente sessista. I revisori della rivista si rivelano assolutamente entusiasti dell’idea. E perché non usare un metodo come l’analisi tematica per agevolare letture faziose dei dati? Bene, abbiamo scritto un paper sui trans sul posto di lavoro che fa esattamente questo.
Siamo riusciti a pubblicare anche una finta ricerca che si può sintetizzare così: “Un ricercatore di questioni di genere va da Hooters* per cercare di capire perché esiste”. […] La nostra ricerca Dildos dà invece una risposta alla domanda “Perché gli uomini etero non si masturbano attraverso
penetrazioni anali e cosa succederebbe se lo facessero?”. Un indizio: secondo il nostro paper pubblicato su “Sexuality ad Culture”, un giornale leader negli studi sessuali, diventerebbero meno transfobici e più femministi. […]
Un’altra esperienza significativa per noi fu chiederci: chissà se accetterebbero una riscrittura femminista di un capitolo del Mein Kampf di Hitler? La risposta a questa domanda si è dimostrata essere “sì”, visto che il giornale di femminismo sociale “Affilia” lo ha appena accettato.
Andando avanti ci siamo resi conto che grossomodo si può riuscire a far pubblicare qualsiasi cosa, basta che ricada nell’ortodossia morale e dimostri la conoscenza della letteratura scientifica preesistente.”

La conseguenza è stata che invece di ringraziare il bambino che ha gridato che il re è nudo, lo si è preso e gli si è data una bella sculacciata. I tre intellettuali sono stati infatti duramente criticati ed ostracizzati.

Al contrario, la maggior parte dei saggi ha posizioni che cercano, con pazienza e tolleranza, di spiegare perché il politicamente corretto è una cosa buona e giusta. A volte lo fanno cercando di far passare tesi differenti; è la difesa della nota presa di posizione di J. K. Rowling sulla questione donne e transessuali; Federica D’Alessio quasi sommessamente argomenta che sulla questione dei generi, pensa un po’, ci sono dei retroterra biologici e che non è vero che “transwomen are women” (A questo proposito varrebbe la pena di ricordare la sociologa femminista, ma su posizioni non ortodosse, Amia Srinivasan; nel suo “Il diritto al sesso” - libro che ho letto ma che per la sua complessità non sono ancora riuscito a recensire - parlava di “soffitto di cotone” a proposito del fatto che le donne lesbiche e femministe, pur pronunciandosi a favore dell’inclusività nei confronti delle trans, sistematicamente le escludevano come partner sessuali: bella mia, se “transwomen are women” perché con la transwoman non ci vai anche a letto?)

Quanto alla fluidità del linguaggio: bisognerebbe che un po’ tutti si accettasse il fatto che il senso di una parola viene determinato dal contesto e che i significati non sono rigidi - e, attenzione, non lo sto dicendo per difendere chi afferma che “negro” e “mongoloide” non si possono più dire; semmai il contrario. La prima parola, fino a pochi anni fa, qualificava un colore della pelle, la seconda una malattia genetica, punto. Tanto che i libri di Simone de Beauvoir, e probabilmente non solo i suoi, pubblicati da Einaudi sono pieni di “negri”. Qualcuno usava queste parole in chiave offensiva, ma - attenzione - cosa vogliamo dire ai ragazzini che oggi, nei corridoi delle scuole, si insultano allegramente dicendosi “Gay!” “Disabile!” “Trisomico!” o altro? Del resto anche il “diversamente abile” ormai viene applicato ai più vari contesti in chiave non propriamente elogiativa: “diversamente intelligente”, “diversamente ingegnere”, eccetera. A questo punto c’è il fondato rischio che a breve anche queste parole vengano “vietate” e tocchi inventarsene altre.

Leggo poi ancora, nel saggio di Christian Raimo, la questione di zingari e rom. Viene riportata una testimonianza critica di Guido Ceronetti:

"Posso ziganeggiare a lungo, rivoltando letture e memorie, e provare che il termine Rom, volendo designare una comunità zingara, è del tutto inutilizzabile. E improprio e di uso limitato nella loro stessa lingua. Traducibile con maschio, marito, genericamente uomo, la nostra eufemizzazione forzata è, nell’ostinarsi a ruttare Rom Rom, di una madornale insipienza."

A cui rispondeva Federico Faloppa:

"Inoltre, e mi permetto di suggerirlo a Ceronetti da linguista, si parva licet, che la lingua non è una questione privata. Che anche ammettendo una libertà linguistica che fa del parlante un soggetto storicamente attivo, responsabile, creativo, originale, individuale, la lingua vive di convenzioni: altrimenti nessuno rispetterebbe la grammatica, nessuno si curerebbe dell’ortografia, ognuno utilizzerebbe il proprio idioletto privato con buona
pace degli altri. Tra queste convenzioni ci sono anche quelle legate al significato dei termini e delle espressioni – e in particolare alle loro connotazioni, parlando di lingua comune e non settoriale. Quei significati, quelle connotazioni sono ormai lì, inscritte nel codice: inutile negarlo, magari appellandosi – come si fa spesso quando si parla per esempio della parola “negro” – a una presunta neutralità etimologica, o ad eruditi solipsismi."

Mi spiace, ma tra i due sto con Ceronetti. Personalmente la parola “zingaro” tutto quello che mi richiama sono belle canzoni, ideali di persone che non conoscono lo stanzialismo, immense pianure, musica e passione. Viceversa, per me “rom” significa una sola cosa, cioè Read Only Memory - memoria di sola lettura, un componente informatico. Poi se sui giornali si legge che le memorie di sola lettura rubano il rame degli impianti ferroviari, scippano la gente sui mezzi pubblici e svaligiano appartamenti, finisce che tutta questa simpatia non è che poi finiscano per farla. Peraltro il disagio di Ceronetti lo provo ogni volta che devo togliere la G dalla parola con la G, già pronta sulla punta della lingua, per non sentirmi dire “Non si dice! Non si dice!”.

Quella del politicamente corretto, in conclusione, mi pare una grande ipocrisia. Lasciando da parte la questione eminentemente linguistica di etnie e colori della pelle, e quella di genere, molto complessa, e in merito alla quale sul diritto di parità non c’è niente da discutere, più generalmente siamo tutti affascinati da bellezza, giovinezza e abilità sociale, e questo non per ragioni culturali ma biologiche ed evolutive; un conto è, com’è giusto, proteggere e tutelare gli svantaggiati; un conto è fare roboanti affermazioni di principio sul fatto che svantaggiati e “abilisti” (o belli) siano uguali. Da alcuni punti di vista sicuramente lo sono, ma non da altri. Altrimenti non saremmo qui a tagliare e ricucire distinzioni.
Profile Image for Chiara.
6 reviews1 follower
April 29, 2022

Concept interessante, ho apprezzato il fatto che i 14 capitoli (e punti di vista) non si rispondessero a vicenda ma fossero indipendenti, senza comunque essere ripetitivi. Grande difetto della maggior parte dei 14 mini-saggi è però il loro restare un po’ troppo in superficie, di fatto aggiungendo molto poco al dibattito già esistente, da entrambe le parti. Posto che chi legge è già abbastanza informata sul tema ma non di certo un’esperta, penso che andare un po’ più a fondo e discutere sfaccettature nuove sarebbe stato più utile e invece chiudo l’ultima pagina senza di fatto aver acquisito grandi nuove conoscenze o aver letto disquisizioni innovative sul PC. Tra tutti spiccano sicuramente i capitoli a firma di Cuter, D’Antona e Tonini, che si sono spinte e spinti un po’ più in la. Non so se lo consiglierei a chi abbia già una conoscenza più o meno consolidata del tema.
Profile Image for Simona Calò.
479 reviews14 followers
December 14, 2022
Un dibattito vivace e ben scritto con contributi perlopiù eccellenti su temi caldi come cancel culture, libertà di espressione, social influence e inclusivita'. La divergenza delle opinioni è il punto di forza che spinge a riflettere sulla rigorosita' delle proprie posizioni: è interessante notare come nello stesso punto di vista possano convivere sfumature differenti. Alcuni interventi hanno taglio accademico, altri sono più stimolanti sul piano della quotidianità, solo quello di Daniele Rielli trovo sia scritto al buio durante un terremoto. Un esperimento molto interessante
Profile Image for Adele.
23 reviews12 followers
January 7, 2025
Interessante accostamento di punti di vista - non tutti condivisibili - in un insieme che ben si addice allo scopo del libro.
Forse nessuno dei saggi colpisce dritto al cuore, ed alcuni sembrano vagolare un po' nei dintorni senza centrare completamente il punto, però in tutti si possono trovare spunti di riflessione stimolanti, fosse anche solo per chiedersi come sia possibile che alcune persone pensino davvero - e poi scrivano! - certi abomini.
Nel complesso, un libro che dà poche risposte ma scatena tante domande, in senso positivo.
Profile Image for Lorenza Alessandri.
558 reviews19 followers
May 29, 2022
Essendo un saggio che nasce come raccolta di saggi è difficile valutarlo nel suo complesso. Alcuni mi sono piaciuti molto, e mi hanno insegnato tanto, altri li ho già dimenticati, uno l’ho saltato a pie’ pari.

Comunque sono più ricca di come ero, e questo è quello che deve succedere quando si legge un libro.
15 reviews
August 17, 2024
Libro interessante per una linguista come me. Alcune tesi sono risultate più interessanti di altre, ma credo sia gusto personale. Alcune sono più lente da leggere, altre ti catturano così tanto che le leggi d'un fiato. Sono d'accordo con la maggior parte di loro e ho imparato degli episodi di cui non ero a conoscenza. A tratti, è un libro che fa riflettere sulla condizione linguistica odierna.
Profile Image for Daniele.
Author 4 books63 followers
April 6, 2022
I cosiddetti "14 punti di vista su politicamente corretto e cancel culture" non sono altro che un unico punto di vista che giustifica e promuove il politicamente corretto e la vergognosa cultura della cancellazione.
Profile Image for Booktearainyday.
163 reviews10 followers
September 7, 2022
In generale mi ha dato da pensare, ecco il perché di quattro stelle. Però, non mi è congeniale la modalità di scrittura. Le voci sono molto diverse fra di loro, il che di per sé è un pregio, ma risultavano quasi cacofoniche e disturbanti.
Profile Image for Federica.
177 reviews2 followers
July 3, 2023
interventi troppo slegati e ripetitivi allo stesso tempo (la prefazione mette in guardia per fortuna)
comunque, pillole da digerire e su cui riflettere ce ne sono, non è una lettura che boccerei totalmente: 2,5/5
1 review
May 31, 2022
Punti di vista diversi e non scontati. Pur non essendo d'accordo con tutti gli autori e le loro prospettive, una lettura interessante
15 reviews
April 3, 2024
Il terreno è sicuramente minato ma nessuno dei 14 punti di vista è banale e auto-referenziale. Un libro che fa riflettere e che fa da guida al dibattito attuale.
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