« Les deux enfants finissaient toujours par s’endormir main dans la main, l’une s’approchant trop près du rebord du matelas, l’autre le nez écrasé sur le pied du lit. Elles restaient ainsi une bonne partie de la nuit – les doigts entremêlés. »
Deux jeunes femmes, deux destins, deux Maroc. Si une forte amitié lie dans l’enfance Kenza et Fatiha, la fille de sa nourrice, la réalité de la société marocaine les rattrape, peu à peu, dans sa sourde cruauté. Elles se retrouvent à Casablanca, fin 2011. Que s’est-il passé entre-temps ? Quelles trahisons les séparent ? Dans un pays qui punit l’avortement et interdit l’amour hors mariage, comment ces deux fillettes, issues de milieux opposés, ont grandi et sont devenues femmes ?
Par les récits croisés de Kenza et Fatiha, Zineb Mekouar entremêle les destinées de deux héroïnes entre soumission et transgression. Dans cette grande fresque, leurs blessures et leurs drames épousent les clivages politiques et sociaux du Maroc contemporain. Intime et universel.
Non so se Zineb Mekouar abbia mai sentito parlare della teoria hemingwayana dell’iceberg: si tratta di un principio di omissione secondo il quale, quando si scrive letteratura, non è necessario dire tutto, anzi, bisognerebbe lasciare che il lettore intuisca e percepisca anche quello che non si trova sulla pagina. È proprio da questo “non detto” che nasce il fascino di una narrazione. Se ne ha sentito parlare, o ne ha letto, non l’ha proprio compresa: per restare al paragone dell’iceberg, in questo Il passaporto verde la parte che emerge è pressoché il cento per cento, sotto la linea di galleggiamento rimane poco o niente. Tutto è detto, esplicitato, peraltro in una scrittura alquanto elementare, niente viene lasciato al lavoro del lettore. Lavoro che è parte del fascino e della magia di una buona narrazione letteraria.
Peccato perché elementi interessanti ce ne sarebbero. A cominciare da un Marocco finalmente parte del terzo millennio, attuale, pulsante, che senza rinunciare alla tradizione, sa essere moderno e contemporaneo. Ma tradisce le speranze dei giovani. E qui, in queste pagine, i giovani sono molto presenti, sono la vera anima. Continuando con l’amicizia tra due giovani donne in gran parte cresciute insieme, nonostante la differenza di classe sociale. Proseguendo con il rapporto con la Francia e la sua lingua. E per quanto la società marocchina viene presentata come rigida e inchiodata – alla faccia dell’ascensore sociale, che, peraltro, è scomparso anche qui da noi – è come se ci fosse un’aria nuova nel romanzo della Mekouar. O, magari, solo il desiderio di un rinnovamento, di un adeguamento alle libertà occidentali. Forse cominciando dal corpo delle donne, dal riportare l’individuo alla sua centralità rispetto alla comunità, che vincola, impone, trattiene, condanna.
Casablanca, il grattacielo Morphosis.
Ma si va poco oltre. E la stessa Mekouar ci tiene a far sapere in modo più che esplicito che l’illusione di modernità è solo apparenza, solo, appunto, un’illusione: la tradizione e la conservazione, il maschilismo, come una gigantesca piovra soffocheranno ogni sogno, slancio, anelito.
Fiction, autobiographie ou roman, c’est magnifiquement bien écrit ! Bravo à l’autrice qui a su décrire la société Marocaine simplement par la bouche et le vécu de 2 héroïnes que tout rassemble et divise à la fois. Je recommande fortement cette lecture.
Kenza et Fatiha. Deux amies, deux sœurs qui se sont choisies. Deux trajectoires que se rejoignent et se quittent, au gré d'allers-retours entre le Maroc et la France. « La poule et son cumin » est le premier roman de Zineb Mekouar, finaliste du prix Goncourt. Si l'amitié entre les deux petites filles devenues adolescentes puis adultes est sincère, elle est aussi influencée par un rapport de domination, Fatiha étant la fille de Milouda, au service de la famille de Kenza. La lutte des classes est au cœur de ce roman, ainsi que la thématique de la double culture, du racisme...
Le point fort du roman est la complexité des personnages combinée à l'efficacité du style. Kenza est peut-être née avec une cuillère en or dans la bouche, mais elle est orpheline de père et de mère. Le grand-père de Kenza est peut-être dur et froid, mais il en connait un rayon sur les ravages de la colonisation, quitte à répondre à sa petite-fille par une citation plutôt que de lui offrir quelques mots de réconfort... Kenza en a marre qu'on sollicite son avis dès qu'il est question du voile en France parce qu'elle est arabe. Rayan, lui, s'est fait exclure de son lycée pour s'être opposé à un professeur qui voulait interdire une sortie scolaire à une maman portant le foulard.
« La poule et son cumin » se lit extrêmement vite, mais ses effets perdurent au moment de le refermer. Grâce à cette galerie de protagonistes bien construits, avec une mention spéciale pour les personnages féminins, Zineb Mekouar peint une fresque sociologique sensible. Ce roman est aussi une déclaration d'amour au Maroc contemporain dans tous ses contrastes. Je n'ai qu'un regret : laisser les personnages sans en savoir plus sur leurs destinées. À quand la suite ?
“Un Paese governato dalle tradizioni. Un'amicizia che non conosce confini.” Due amiche e due culture differenti. Kenza è ricca, nipote di uno tra gli uomini più potenti di Casablanca, Fatiha, invece, è la figlia della governante. Kenza da piccola ha perso i suoi genitori in un incidente, a prendersi cura di lei saranno i nonni. Nonni che non riescono quasi più a guardarla negli occhi perché la somiglianza con il figlio morto è davvero allucinante; ogni volta che la guardano hanno un nodo alla gola e le lacrime scorrono inevitabilmente e Kenza lo ha capito, Kenza se ne è accorta. Fatiha invece ha la mamma, sempre accanto a lei. Mentre Kenza decide di lasciare il Marocco per iniziare gli studi in Francia, Fatiha deve fare i conti con la sua cultura, in cui le ragazze interrompono gli studi per il matrimonio combinato dai genitori. Kenza inizia la sua nuova vita a Parigi, tra nuovi amici, studi e amori… nasconde molte cose ai nonni in Marocco, visto la cultura così diversa. Fatiha invece lavora ma non viaggia. Ma dopo anni, Kenza non può più restare a Parigi ed è costretta a ritornare in Marocco. Riuscirà a vivere nuovamente in quel paese? Due amiche e tante avventure sin da piccole… ma spesso il destino cambia. La loro vita cambia e la differenza sociale crea dei muri. Da piccoli è una cosa, la vita adulta è un’altra cosa. Loro due hanno solo una cosa che li accomuna: il colore verde del passaporto. La loro amicizia era forte ma qualcosa si è spezzato… ma nel momento del bisogno, riescono a prendersi per mano, nonostante tutto. Un libro che ho divorato in una sera. Tiene incollata alle pagine visto la storia così breve ma intensa. Si mescola così il passato, per scoprire le loro vite da bambine e il presente, mettendo in evidenza le diversità tra le due ragazze e le strade che hanno percorso, senza tenersi la mano.
La Poule et son cumin est un roman très facile à lire, avec une écriture fluide et accessible.
Par contre, il offre une vision très stéréotypée du Maroc, opposant de manière caricaturale les riches et les pauvres, ces derniers semblant exister uniquement pour «les servir. Le roman tombe dans des clichés déjà vus et revu et n’apporte rien de vraiment nouveau.
Le personnage de Kenza est particulièrement agaçant : égoïste, ingrate et convaincue d’être supérieure à son entourage, elle méprise ceux qui l’ont aidée. Elle exprime notamment des idées choquantes sur les immigrés, affirmant qu’ils sont responsables de leur propre échec à cause de leur apparence et de leur manque de volonté, sans prendre en compte les inégalités structurelles.
Enfin, la conclusion du livre est encore plus frustrante avec l’apparition d’un “Blanc sauveur” qui vient miraculeusement régler tous les problèmes renforçant une vision coloniale condescendante et simpliste. En résumé, un roman facile et rapide à lire, mais décevant par son manque de nuance et ses stéréotypes.
“Il passaporto verde” è uno di quei romanzi che senti di dover apprezzare per i temi trattati ma che purtroppo, a fine lettura, manca il centro nel cuore rimanendo sul perimetro esterno.
La storia è quella di due amiche che, dopo un’infanzia in simbiosi, sebbene diverse per classe di appartenenza e scelte di vita, si perdono per poi ritrovarsi in una circostanza delicata per entrambe, “bloccate” in un Marocco che sta stretto ad entrambe ma da cui sono impossibilitate a separarsi.
Il tema dell’amicizia, della condizione della donna, della mancanza di libertà e della sofferenza relativa all’impossibilità di trasferirsi altrove sono sicuramente importanti e apprezzabili ma perdono qualcosa nello stile narrativo, nelle parti descrittive molto acerbe e in una parte sociale e storica del paese che viene data troppo per scontata e rimane superficiale, senza approfondimenti.
Chi non ha quindi una base culturale per comprendere i cambiamenti del Paese nell’ultimo secolo non può comprendere a fondo lo scenario entro cui la storia si svolge. Una storia purtroppo che non diventa indimenticabile sebbene ci siano parentesi, paragrafi e momenti di una profondità davvero commovente.
Ça reste une bonne lecture qui se lit très rapidement, mais sa vision de l’Islam m’a plusieurs fois dérangé malheureusement. Et le White savior à la fin c’est pour me TUER
è un debutto, romanzo sociale, (probabilmente è anche una semi autobiografia perché ci sono tante somiglianze fra l protagonista Kenza e l'autrice Zineb) è stato tradotto dal francese.
È un romanzo utile per gli europei che vogliono conoscere la società marocchina contemporanea dalla prospettiva di una donna molto occidentalizzata.
Nel romanzo, Kenza, la protagonista torna al suo paese Marocco dopo la scandenza del suo permesso di soggiorno per motivi di studio, è un figlia di una famiglia benestante (per non dire ricca), però ha solo i nonni perché ha perso i genitori e non ha né genitori né fratelli o sorelle e qua entra in scena la seconda protagonista Fatiha, sua amica d'infanzia e figlia della signora di pulizia.
Dopo il rimpatrio la narratrice inizia un flash back lungo dove si ricorda la sua amicizia con Fatiha che risale alla loro infanzia perché sono cresciute insieme, però malgrado l'importanza do Fatiha per Kenza e malgrado lo status socio-economico della famiglia, Fatiha mangia gli avanzi della famiglia e non studia nella stessa scuola malgrado il successo scolastico, e viene trattata molto male.. dunque il romanzo si focalizza nel evidenziare le distinzioni nel trattamente in ambito famiglia perchè malgrado l'amicizia, Fatiha è figlia della signora che fa le pulizie e i lavori di casa.. e poi evidenzia la stessa ipocrisia e distinzione sociali nella società marocchina fra uomini e donne, fra musulmani e non musulmano e fra marocchini e non marocchini..
Con il flashback dell'infanzia arriva al flashback del periodo di studio a Parigi e a Firenze dove ha trascorso un soggiorno Erasmus.
La cosa negativa secondo me, che la scrittrice scrive per la mentalità del lettore occidente, in modo che non sostengo. Ma è la sua visione essendo educata e formata in un ambiente francofono dentro il Marocco, da menzionare che è nata nel 1991, ha la mia stessa età e siamo cresciuti in un periodo dove la Francia esercitava fin'ora un'influenza culturale e politica malgrado che il Marocco non è più sua colonia. È stata presentata alla nostra gioventù marocchina come fosse un modello di società civile, sviluppo.
3 stelle. Buona fortuna alla giovane scrittrice.
_____ رواية مغربية ناطقة بالفرنسية عن طالبة علوم سياسية في باريس تعود إلى المغرب بسبب انتهاء مدة رخصة الإقامة... وتبدأ استرجاع صداقتها مع ابنة خادمة المنزل التي تنحدر من عائلة أمازيغية وتأكل بقايا الأكل رغم أنها تعمل وتعيش لديهم ويتعاملون معها وكأنها فرد من أسرتهم. المهم بطلة الرواية: مغربية تعيش في المغرب ولكن مستواها في اللغة العربية متهور ومتدهور. تقول أن نسبها شريف من سلاسة النبي محمد ولكنها لا تصوم رمضان وأول شراب تطلبه في رحلة الطائرة هو النبيذ. تصف عائلتها البرجوازية لأن جدها عمل والي مدينة الدار البيضاء ثم تطوان ولكن تذهب للعيش في سكن الطلاب في فرنسا... ولكن تفوز الرواية بجائزة وتتم ترجمتها في إيطاليا.
un peu déçue du livre :/ les chapitres sont certes courts, ça se lit vite mais tout est raconté et expliqué sans forcément détailler, et pourtant, ça aurait été nécessaire il manquait des détails, de la profondeur, du développement des personnages. Je trouvais aussi le livre rempli de stéréotypes sur les marocains et une idée idéalisée des hommes blancs, considérés comme les héros de l’histoire
Marocco degli ultimi anni del ‘900 e primi anni del 2000. Fatiha e Kenza, due ragazze che sono cresciute insieme e con una forte indipendenza emotiva. Vicende non troppo lontane dalla verità: donne sminuite, religione predominante e leggi ostacolanti. Credevo che la storia però si concentrasse di più sulle difficoltà burocratiche e sulle differenze di ceto sociale delle due ragazze. Ottima la descrizione storica e degli avvenimenti che hanno segnato il Marocco di quegli anni.
Oggi sono qui per parlarvi di un'altra bellissima opera arrivata nelle nostre librerie. Come sapete sono una grande amante del genere, quindi potevo mai farmelo scappare? Assolutamente no.
“Il Passaporto Verde” è certamente uno di quei romanzi che devono essere capiti, che non fa per tutti perché usa tematiche delicate in situazioni che non tutti - per fortuna in certi versi - riescono a sentire propri.
Kenza e Fatiha sono amiche sin da piccole, abituate a tenersi per mano, a confortarsi a vicenda nei momenti più bui, quando gli incubi hanno la meglio ma, ahimè, i loro mondi sono troppo diversi poiché una è figlia di uno degli uomini più potenti di Casablanca e l'altra e la figlia della governante. Per quanto si vogliano bene, l'età adulta le porta comunque a scelte e vite che in un certo qual modo sottolinea quella loro "diversità". Dicevo, prima, che il libro non è per tutti perché ahimè si parla del cambiamento culturale, nazionale, dell'ultimo secolo che accompagna la storia. La storia è davvero bella ma purtroppo non riesce ad avere una stellina in più perché nonostante l'intensità della storia, a fine lettura non ti resta quel di più che una storia simile avrebbe meritato. Parere ovviamente personale.
De manière objective beau roman très bien écrit se lit très facilement. Il est assez court D’un point de vue plus subjectif moi ça m’as beaucoup touché car je me retrouvais énormément dans ce livre étant une jeune femme qui est venue en France, c’est vrai que ce livre a également pour message de montrer que Maroc Algérie Tunisie sont des cultures riches et différentes ce qui est totalement vrai moi j’y retrouve beaucoup de similitude également tout ce dont elle a parlait dans ce livre je connaissais je m’y retrouvais autant qu’algérienne ça veut bien dire qu’on se ressemble beaucoup également… J’ai beaucoup aimé ce livre car il me parle à moi et a beaucoup de femme en conflit entre tradition et modernité… Un véritable coup de cœur mais je suis quand meme restée sur ma faim en le finissant…
kenza et fatiha auraient été bien plus heureuses si elles avaient été ensemble 🤐
je n’arrive pas à savoir si j’ai vraiment apprécié ce roman qui a mon sens est très (trop) court pour les événements qui ne cessent de se succéder. En 250p couvrir plus de 20ans de vie c’est un sacré challenge
mais on se laisse attraper par ce tourbillon de vie, ces deux femmes qui voudraient tant d’indépendance et qui sont enfermées dans un système qui n’accédera jamais à cela
c’est un roman facile, à lire pour s’introduire à cette culture littéraire nord-africaine et aux sujets des conséquences de la décolonisation, de la jeunesse dans les pays du Maghreb 🌄
la poule et son cumin c’est un premier roman aussi
Un bon livre pour un premier roman. On sent du personnel dans le récit de Zineb, comme si elle raconte des moments de sa vie. j'ai beaucoup aimé le parallélisme dans le roman, entre la vie de la fille de grande famille et celle de sa bonne, entre la vie en France et celle au Maroc, et entre les marocains riches et pauvres vivant en France. Dans la poule et son cumin, on découvre différente relation et personnalité de Kenza avec chacun des personnages, avec Fatiha ou son grand père ou Alexandre ou ses amis d'enfance ou ses amis d'ecole en France. En general, la poule et son cumin est un roman assez intéressant, je recommande vivement et j'ai hate de lire le prochain livre de Zineb .
Ce roman nous plonge dans un Maroc contemporain par l’intermédiaire du regard de 2 enfants, qui deviennent des jeunes femmes. Le lecteur a le plaisir de les suivre dans leurs vies, si différentes, l’une étant la « bonne » de l’autre.
En parallèle, on suit le destin de personnages qui émigrent en France. Un certain suspens s’installe.. Qu’en ressort-il?
J’ai aimé les différentes visions que les personnages incarnent. Vont-ils réussir à s’entendre, à se comprendre ou du moins à accepter des choix différents ? L’ensemble de ces histoires fait réfléchir et interroge.
Bon roman, je recommande.
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Je l’ai lu d’une traite sur un vol Istanbul Doha. Ça fait mal de reconnaître certaines réalités de mon pays natal auxquelles je ne vois pas forcément une solution. Mais je ne sais pas si je partage le regard de Mekouar sur l’inévitabilité de notre destin à la naissance. J’ai l’espoir d’un Maroc qui se redécouvre, qui devient opportunité et qui s’ouvre à une identité assumée. Je vous mets au défi de me rejoindre dans cette vision
Ah Zineb, Zineb, Zineb...Comme je le dis souvent, ce n'est pas parce qu'on PEUT écrire un livre (parce qu'on sait lire et écrire) qu'on DOIT écrire un livre. Il y a tellement de choses mauvaises dans ce roman que je ne sais même pas par où commencer. Peut-être par le style extrêmement pauvre de l'autrice, qui a bien bien retenu la leçon "sujet, verbe, complément" (Bravo !!) mais malheureusement il en faut en peu plus pour être romancière. Au-delà du style, les personnages sont d'une vacuité déconcertante, parce que l'autrice se contente d´en faire des stéréotypes, des caricatures. Pire, elle les essentialise, à différents degrés. Ce qui m'a beaucoup dérangée dans ce livre, c'est la vision portée sur la pauvreté et les personnes pauvres au Maroc. Ce qu'on en comprend, c'est que les pauvres sont sauvés par les riches (Kenza emmène Fatiha à la clinique pour avorter!!, elle lui apprend le français!! Elle lui organise une soirée d'anniversaire !! Kenza accepte que Fatiha soit sa confidente et ne mange pas ses restes!! Wow!! Quelle bonne samaritaine!!), et ils en sont reconnaissants. Par contre, ce qu'on normalise totalement, c'est le fait que cette exploitation soit presque naturelle. Et malgré tout ce qu'elle pourrait affirmer, l'autrice ne dénonce rien dans ce bouquin, plus qu'elle ne met en avant que sa fascination pour un style de vie complètement basé sur l'exploitation des personnes.
Rien qu'en y réfléchissant, ça m'énerve encore. Je pense que ma review peut s'arrêter là et je vais juste mettre des extraits qui, selon moi, font de ce livre le livre le plus nul que j'aie lu cette année. Une mentalité pourrie et complètement dépassée qui ne mérite pas les "Prix" décernés.
"Abbas Chérif Falani évite les pièces communes. Il n'a rien à lui dire et ne comprend pas pourquoi Rayan prend ses repas avec eux. Il ne manquerait plus que Milouda nous rejoigne. Et Ali aussi, tant qu'on y est. N'importe quoi." (Milouda est la femme de ménage, Ali le chauffeur)
"Cette femme, ses yeux et la forme de son visage lui rappellent une fillette tangéroise du temps où il était gamin, la fille d'une mendiante devant laquelle il passait chaque matin, sur le chemin de l'école. La petite avait l'âge de Mar-cos, et il la trouvait belle. La peau caramel, elle se tenait droite, fière, et on pouvait se perdre dans son regard. Marcos, toujours, baissait les yeux avant de croiser les siens. Il avait honte de ses vêtements propres et de ses chaussures vernies. Elle, qu'il vente ou qu'il pleuve, portait une robe rose déchirée à l'ar-rière, et était pieds nus. Qu'est-elle devenue ?" (Réflexions qu'il se fait face à une femme inanimée qui a essayé d'avorter illégalement)
"Son français est parfait ce qui, après avoir rencontré Milouda, étonne Marcos. Il regarde ses yeux et, pour la première fois, il remarque qu'ils sont bleus. Il ne peut s'empêcher de repenser à cette petite mendiante de Tanger. Elle aussi avait les yeux bleus et fiers, malgré son extrême pauvreté. Grandir au Maroc, c'est être forcément témoin de ce contraste cruel." (Romantiser la pauvreté c'est NUL Zineb!!)
"Tu parles. Tout est en arabe classique, personne ne respecte la queue et, quand enfin ton tour arrive, on te parle comme à un chien. Et être un chien, au Maroc, c'est pas la belle vie. La prochaine fois, elle laissera Bassidi Abbas appeler le général Alami et prendre rendez-vous directement avec le pré-fet. Sur le trajet allant de la préfecture à la clinique, Kenza demande à Ali de monter le volume de la radio. Depuis son retour, elle écoute les chaînes marocaines où les présentateurs s'expriment en arabe dialectal, Elle découvre les histoires de ses compatriotes et éprouve un sentiment nouveau, celui de se sentir proche des Marocains" (Ouin ouin, je m'appelle Kenza et j'aime pas être exploitée en France par contre au Maroc j'adore piétiner les gens)
"Un drap noir apparaît. La femme en niqab avance derrière un homme de trente ans habillé en kamis beige par-dessus sa tenue de sport. Aux pieds, il porte des chaussettes grises et des sandales marron. Rien ne va chez les zmags, se dit-elle." (Jvais rien dire)
"Elle manque d'air en se souvenant des mots de Pierre-Yves. « Eux » et « nous ». En essayant de construire un mot qui proviendrait de ces deux termes, elle se retrouve avec « neux ». Des nœuds. Ce sont des nœuds au cerveau. Mais où est le « je » dans tout ça ? Où sont nos « je » à toutes ? Chacune avec sa complexité, ses déconstructions, ses reconstructions, son apprentissage" (j’ai explosé de rire en lisant ce passage.....le manque de style est vraiment affligeant).
PS- le Rayane des banlieues qui parle comme un wesh wesh et exclusivement en verlan c'est pour me tuer. Éteins ta télé et sors de chez toi Zineb !!!!!
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Étant une grande admiratrice du film Marock, j’ai particulièrement apprécié ce roman, notamment pour son style d’écriture. Cependant, un point m’a interpellée : j’ai eu le sentiment que l’autrice dépeint les hommes marocains de manière un peu trop péjorative. Je ne dis pas, bien sûr, que les hommes marocains sont des anges loin de là mais j’ai remarqué que les personnages étrangers, comme Alexandre et Marcos, sont présentés sous un jour nettement plus positif. Cela m’a poussée à me poser des questions ....
Les chapitres courts donnent envie de tourner les pages. Et l’auteur a très bien réussi à projeter et les émotions des personnages.
C’est un peu comme si j’avais de nouveaux souvenirs. Il me semble que j’ai vécu un an ou deux à Casa dans le corps d’une femme maintenant. Ça me fait également plaisir — même si j’espère vraiment que Karim n’existe pas — d’avoir l’impression de mieux connaître mes amies franco-marocaines.
Deux destins de femmes qui s'entremêlent dans le Maroc contemporain des années 2010. "Deux jeunes femmes, deux destins, deux Maroc. Si une forte amitié lie dans l'enfance Kenza et Fatiha, la fille de sa nourrice, la réalité de la société marocaine les rattrape, peu à peu, dans sa sourde cruauté." Dans son premier roman, Zineb Mekouar nous offre une fresque sociologique saisissante où "L'une appartient à la noblesse et descend du Prophète" tandis que l'autre évolue dans les strates inférieures de la société marocaine.
Le génie de Mekouar réside dans sa capacité à tisser les trajectoires individuelles avec les enjeux collectifs. "Par les récits croisés de Kenza et Fatiha, Zineb Mekouar entremêle les destinées de deux héroïnes entre soumission et transgression. Dans cette grande fresque, leurs blessures et leurs drames épousent les clivages politiques et sociaux du Maroc contemporain." L'amitié entre ces deux femmes devient le prisme à travers lequel l'autrice explore les contradictions d'une société en mutation, tiraillée entre tradition et modernité.
L'écriture de Mekouar frappe par sa justesse et son accessibilité. Sans jamais tomber dans le didactisme, elle parvient à rendre tangibles les inégalités sociales et les questions de genre qui traversent le Maroc d'aujourd'hui. Le roman aborde frontalement les tabous et "offre un territoire de liberté où l'intime est abordé sans tabou, sans pudeur, sans hchouma."
Ce roman se dévore avec la facilité d'un page-turner, mais ses résonances perdurent bien après la lecture. Mekouar réussit le pari délicat de conjuguer engagement social et plaisir littéraire, donnant naissance à une œuvre qui éclaire autant qu'elle émeut. Une première réussite qui laisse présager le meilleur pour les prochains ouvrages de cette jeune autrice prometteuse.
Words aren't enough to describe how much I loved this book. When I love something, I become a bit obsessive. I read it in one sitting, took me roughly 4 hours to read it all.
As a Tunisian girl who grew up in Morocco, this book felt so comforting to me. Moroccan people are unique. I loved finding all the expressions I grew up hearing, all the society's particularities, all the cultural norms that I grew up with. A rough and real portrait of Moroccan society, especially centered on the privileges of young people having access to the French educational system.
I'm 100% conscious of the privileges I grew up with. And I loved reading a book that somehow narrates a story close to mine. I think that is what makes the book addictive, we can easily recognize ourselves in so many situations. The sacred sexuality, the tabou around it, rich VS poor people, studying abroad, hidden abortions, love but hating your country, etc.
I also lended this book to my mom after reading it, and she loved it as well. So I guess it is targeted for a wide audience. She recognized the Morocco that we lived in, and I think that especially as Tunisian people living there, my parents had an external point of view on so many things, and it was interesting for my mom to see all those things described in the story.
We get attached super fast to the characters. We wanna know more. I'm genuinely wishing for a second part. But sometimes beautiful things should be left exactly where they are.
I loved the plot-twist at the end.
I'm just a bit curious about how non Moroccan people or people that never lived in Morocco could perceive this book? I don't know if they'll be touched as much as I was, but hopefully yes.
Beaucoup de reproches à faire à ce roman. D'abord, le fait d'être écrit pour les autres. Pour un public francophone, pas marocain. On sent que c'est écrit avec la conscience que ça sera lu par tel ou tel lecteur. Et cela, pour moi qui aime tellement Emmanuel Carrère et son attachement à la sincérité, et qui érige l'authenticité à une valeur ultime de chaque livre, est un péché majeur.
Mais malgré cela, on ne peut dénier que La poule et son cumin est un bon roman. Le style narratif, les phrases courtes et percutantes, le rythme, la maîtrise parfaite des sauts dans le temps, les personnages attachants… Que des ingrédients pour une belle lecture. À cela s'ajoute l'ancrage historique, le contexte d'un Maroc en mouvement tout en gardant un grand socle immobile, font de ce roman une belle plongée dans le pays, ses maux et ses défis.
À travers les destins tantôt croisés, tantôt parallèles de Kenza, petite-fille d'un ancien wali (gouverneur) qui a eu une vie aisée et protégée au Maroc et fait des études brillantes en France, et de Fatiha, fille de bonne, qui malgré ses bons résultats scolaires a dû troquer son rêve de devenir médecin contre des études d'infirmière. Les deux transgressent les codes et exigences que la société marocaine impose aux jeunes filles. Les deux étouffent… chacune à sa manière, et rêvent, chacune à son niveau, d'évasion.
Agréable lecture donc, mais qui reste lisse. Qui effleure les sujets. Faussement subversive
Un rapport de force tjrs présent, même dans la narration on voit qu'un personnage est plus développé que l'autre... fin insatisfaisante, l'amour soudain entre Fatiha et le médecin... c'est romantisé, même pour le pdv de Fatiha it feels like Kenza est le centre de sa vie.... Le livre en lui même a l'air de chercher un public français (le fait de traduire toutes les expressions arabes, et ce même au sein des dialogues (comme si les personnages se repetaient deux fois dans la même phrase, cela manque de réalisme lorsque c'est l'image que veut se donner le livre en parlant de 'deux mondes') Le personnage de Rayan complètement stéréotypé mskin, aucun remise en question du jugement (voire racisme/islamophobie intériorisée) de Kenza, j'attendais la critique mais rien.... je pensais qu'il y aurait une évolution, mais elle est la même personne qu'elle était plus jeune.... Et Mamoun lui aussi la maxi caricature allez j'ai pas les mots 😭😭 Néanmoins je me suis reconnue dans pas mal de choses at least...
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Assez déçue par ce livre que j’avais hate de lire depuis longtemps.
Les personnages ne sont pas particulièrement profonds (exception faite de Fatiha) ni étoffés (l’exploration du grand père reste assez superficielle). Le personnage principal (Kenza) est vite cerné par ses paradoxes, choses intéressante, mais n’entreprend aucune réflexion structurante ou transformante.
On n’explore pas les potentielles idées sociologiques et/ou politiques - aussi bien au Maroc qu’en France, puisque Kenza préfère systématiquement s’en tenir à la surface et livrer une description façon catalogue plutôt qu’une analyse. C’est un choix de l’autrice qui semble assumé mais tout de même dommage.
La maturité de la narration laisse à désirer et peut donner l’impression de lire une fanfiction rédigée par un adolescent (le médecin blanc coupable de ne pas pouvoir aider les pauvres et belles femmes marocaines).
On est bien loin de la fresque familiale et de l’analyse acerbe à laquelle je m’attendais.
Cela dit, ’est une lecture (trop?) facile et une première tentative intéressante.
Magnifique! 1er roman de Zineb Mekouar qui nous parle d'amitié, d'amour, d'un Maroc que je reconnais dans cette schizophrènie, cette envie d'être libre à tout prix mais d'en garder les traditions qui nous arrange. C'est un roman qui nous également parle du rapport avec l'autre, dans sa complexité. C'est un récit qui se dévore. On y voit le cloisonnement social à l'oeuvre au Maroc, les relations rocheuses entre ce même pays et la France, la vie des Marocains en France et celle des Européens au Maroc, la jeunesse dorée de Casa et l'univers des bonnes à tout faire, proies faciles et sans défense pour les jeunes gens sans scrupules qui ne les considèrent pas plus qu'un animal. Les rapports de domination s'étendent à tout le spectre des rapports humains : sociaux et économiques, bien sûr, mais aussi amoureux et sexuels. La fin est trop belle, certes une amitié de gâchée, mais un amour de retrouvé, donc tout est bien qui finit bien.
This is the first book I've read from Moroccan author Zineb Mekouar. This novel is set in contemporary times mostly in Casablanca, Morocco and a bit in Paris, France. The book is a fresh take on Moroccan urban complex society. The author depicts accurately the dual contradictory environment Moroccans live in. The leading character, Kenza, was born and raised in a Moroccan family, but raised to love the French culture. She was born into a wealthy family, but raised with the daughter of the maid as a surrogate sister during her childhood. It is only once that she lives alone in Paris, France that she experiments real life, real choices, freedom. She needs to learn to navigate between what she wants and what her entourage demands or between how she perceives herself and how other perceive her.
The story is fresh, modern, well written and the Moroccan urban readers can relate to the story through one of the characters.