Nel 1936, mentre sull’Europa già incombeva lo spettro della guerra, Karel Čapek intraprese con la moglie il suo ultimo grande viaggio, attraversando la Danimarca e la Svezia con la ferrovia per proseguire in battello lungo le coste norvegesi fino a Capo Nord. Una meta sognata fin dall’adolescenza grazie al fascino delle imprese polari di Amundsen e Nansen e ora finalmente raggiunta, per il desiderio di conoscere da vicino i luoghi dei grandi scrittori della letteratura nordica. La dolcezza della pianura danese – un idillio bucolico di «poppe piene, frumento e grassi pascoli» – la calma delle foreste svedesi – che sembrano rivelare la placida neutralità del paese – e la severa, nuda roccia dei fiordi norvegesi ispirano a Čapek pagine pervase da un sincero, incantato lirismo. La meraviglia davanti ai paesaggi da sogno, non diversa da quella che si prova ai nostri giorni, è temperata da uno humour talvolta beffardo che si appunta in particolare nella descrizione dei personaggi incontrati: un vecchio marinaio alcolizzato, un gruppo di lapponi in costume che tentano di vendere la loro paccottiglia, un predicatore americano con il suo codazzo di attempate signore che imperversa con insopportabile entusiasmo rendendo impossibile la convivenza sulla nave. Il resoconto è inframezzato dai disegni dello stesso Čapek, la cui semplicità di tratto è lo specchio della precisione descrittiva e ne amplifica la bellezza: i profili dei monti, le forme degli alberi, il labirinto dei fiumi e dei laghi, i moli, le case di legno. Ma su tutto domina la magia della luce del Nord, il lento trascolorare del tramonto verso una nuova alba sotto il sole di mezzanotte, al di là del settantesimo parallelo.
Karel Čapek is one of the the most influential Czech writers of the 20th century. He wrote with intelligence and humour on a wide variety of subjects. His works are known for their interesting and precise descriptions of reality, and Čapek is renowned for his excellent work with the Czech language. His play R.U.R. (Rossum's Universal Robots) first popularized the word "robot".
Questo diario di bordo, scritto da Čapek un anno prima della sua morte, nel 1938. Scrive Cees Nooteboom nella prefazione
"Quando Viaggio al Nord fu pubblicato a New York, nel 1939, Karel Čapek era morto da un anno, sconvolto da quanto era accaduto nel suo paese dopo il tradimento delle potenze dell’Europa occidentale, che avevano deciso le sorti della Cecoslovacchia siglando con Hitler l’accordo di Monaco. [...] Esponente insieme al fratello della scena intellettuale e cosmopolita della Praga dell’epoca, come tanti scrittori di fantascienza Čapek sapeva guardare lontano. Nel 1924, a trentaquattro anni, scrisse un romanzo che parlava di un’arma con le caratteristiche della bomba atomica, un pericolo di cui ancora non poteva essere a conoscenza. [...] L’ingenuo lettore newyorkese si rese conto di che cosa rappresentasse in realtà il diario del viaggio in Norvegia di Karel Čapek? Riuscì a percepire la minaccia incombente del nazionalismo tedesco che tanto preoccupava il suo autore? Molto probabilmente no: solo chi già lo sa può cogliere qui e là una vaga allusione a un mondo malvagio che esiste da qualche parte, ma certamente non a bordo dello Håkon Adalstein, diretto a Capo Nord navigando lungo le coste norvegesi. [...] Čapek non scrive soltanto, ma disegna: semplici tratteggi a matita di case nei boschi, di piccoli porti, di formazioni rocciose, di alberi dalle forme strane, di chiesette e di foreste; disegni che conferiscono al libro una curiosa innocenza, come se l’autore volesse negare la minaccia che percepiva nelle notizie del momento. [...] Ma i veri protagonisti del suo racconto sono i paesaggi, i ghiacciai, i fiordi, le montagne e, avvicinandosi sempre più al Nord, il fascino della luce che non lo abbandona mai e cancella dal suo sguardo la nozione del tempo."
Cees Nooteboom nella sua prefazione fornisce le chiavi di lettura corrette per apprezzare fino in fondo questo libro, che per certi versi ho trovato così affine ai reportage di Simenon, come "Il Mediterraneo in barca" e "A margine dei meridiani".
In fondo, "È questa la particolarità della grande letteratura: di essere ciò che di più radicato possieda un popolo e, nello stesso tempo, di parlare una lingua comprensibile e intimamente vicina a ciascuno. Non c’è diplomazia, non c’è alleanza di popoli così universale come la letteratura, ma la gente non le attribuisce il giusto peso, è così. È per questo che gli uomini possono ancora odiarsi ed essere estranei tra loro."
In "Viaggio al Nord", Čapek se da una parte celebra la bellezza della Natura, dall'altra condanna l'insensatezza delle azioni umane, che deterpano la Natura. I disegni che accompagnano il testo confermano al lettore che la terra al di là del Circolo Polare Artico è tutt'altro che ostile, così come le simpatiche linee dei massicci rocciosi e la capanna più povera: e nell'osservarli ci si chiede se siano un sogno o un'illusione.
Nonostante siano passati ottantatre anni dalla pubblicazione di questo libro, le parole di Čapek sono ancora così attuali
"È possibile che il nostro pianeta prima o poi si raffreddi, o che vi provvederemo noi uomini e ne faremo una landa dove non ci saranno neppure i gabbiani a gridare sulle acque, ma per quanto ci saremo sforzati non potremo violare la grandezza del mondo. Non è una gran consolazione, lo so; viviamo in tempi calamitosi e il nostro cuore è attanagliato dalla pena, ma il mondo è grande."
E con questo suo scritto ci dona uno sguardo pieno di meraviglia rivolto sia alle bellezze della Natura che le parole non riescono a descrivere fino in fondo sia alla bellezza dell'uomo, quando è nella pienezza della propria umanità
"C’è sempre bisogno di uomini eccezionali, anche quando tacciono i tamburi di guerra."
Envoutée dans le récit. C’est comme si on voyageait avec l’auteur. Les illustrations simples mais réalistes et visualisables. Humanisation des paysages, de la mer, des forêts, des montagnes. Instructif car l’auteur nous apprend des faits sur l’histoire des différents pays ainsi que de leurs coutumes. Ecriture poétique qui donne un sentiment d’apaisement. Celle-ci nous donne aussi l’impression d’être allé dans ses pays nordiques. Impression d’avoir voyagé avec l’auteur au bord du train et des bateaux. Donne envie de vivre dans ces pays car l’auteur en donne une dimension simple avec la description des endroits calmes, sereins et avec un sentiment de sécurité. Seul point négatif, certains mots utilisés pour décrire le physique de certaines personnes que l’auteur a rencontré. L’auteur a réellement voyagé au Danemark, en Norvège, en Suède et en Laponie, et, grâce à sa plume nous immerge dans un rêve éveillé et dans son aventure. Il raconte également certaines discussions ayant eu lieu lors de ce périple, ce qui donne encore plus de réalisme et accentue cette idée d’immersion et d’impression d’avoir vraiment effectué ce voyage avec lui. Ce qui ressors vraiment de ce livre est le sentiment d’apaisement que l’on ressent au travers des nombreuses descriptions. Une certaine émotion dû au fait qu’il s’adresse aux villes/pays comme à de réelles personnes, ce qui montre son affection à ces pays. Cela démontre sa sincérité dans le fait qu’il raconte son vécu avec autant de poésie et avec les différentes descriptions faites. Le fait qu’il y ait des illustrations et autant de descriptions s’explique par le fait que l’auteur pense que les yeux sont la meilleure partie du cerveau. Coup de cœur pour cet ouvrage simple, poétique, autobiographique, sincère et apaisant. L’auteur est également visionnaire concernant la manière dont, nous, humains traitons la Terre et pense que nous serons à l’origine de son extinction. On ressent la nostalgie qu’il éprouve quand son voyage prend fin surtout quand il quitte la Norvège pour la Suède. On ressent un certain accomplissement car l’auteur atteint le bout du monde quand il atteint la Laponie.Tout ce qui ressors de ce bel ouvrage est la reconnaissance de l’auteur pour avoir effectué ce voyage qu’il a raconté avec beaucoup de bienveillance et de respect pour les différents peuples rencontrés
L’on ne sait pas bien à quoi s’attendre lorsqu’on ouvre ce petit ouvrage de Karel Capek. Il s’agit bien sûr d’un récit de voyage, un voyage vers le Nord, comme son titre l’indique - Danemark, Suède, Norvège. Emaillé de croquis aussi simples que touchants, le récit nous entraîne vers les découvertes de son auteur, tout en ne disant que peu de choses de lui-même.
Si le début de l’oeuvre laisse l’impression que l’auteur a découvert un âge d’or, rayonnant et prospère, où règnent l’abondance et la douceur, certains lieux sont au contraire décrits sans concession. Et en effet, tout au long du voyage, Čapek découvre des terres arides et désolées, tant dans le paysage que pour leurs habitants. Ainsi, la saleté et le désordre de Melbo, ou l’odeur pestilentielle des morues séchant sur des structures étonnantes, alternent avec la description poétique de la vie des nuages.
Certains moments, également, se font plus personnels, et l’auteur se livre simplement par le récit de la découverte de champignons dont personne ne veut, ou par la perte de son être au beau milieu des grandes étendues. Il rêve, encore, à sa nouvelle vie rêvée comme journaliste dans un lieu reculé. Outre les portraits de quelques locaux, il propose des esquisses de la vie à bord du Håkon Adelstein et ses personnages hauts en couleurs, comme ce mécanicien que son voisin de cabine croyait mort.
Enfin, si l’auteur tend parfois à se faire moraliste, notamment par la comparaison entre un monde civilisé mais allant vers sa perte, et ce monde idyllique, il ne sombre jamais dans la caricature. Les instants plus solennels sont toujours contrebalancés par une touche d’un humour propre à l’auteur. L’on rencontre alors les membres d’une congrégation américaine de croyants qui répandent la bonne parole. L’auteur nous rapporte aussi une saynète entre une femme et son mari aux prises avec les vagues qui entrent dans leur cabine…
C’est donc une parenthèse que nous offre Čapek avec cet ouvrage, qui donne bien évidemment envie de découvrir ces terres reculées.
Davam pet. Sice jsem tezce capkofilni, ale ted je to i za to, jak je tenhle popis Severu nadcasovy. Jinak to samozrejme ma vsechny obvykle capkovske atributy - laskavost, nadhled, humor, mistrovskou praci se slovy. Delsi lyricke casti ani basne mi nijak nevadily - prave naopak.
Krásný cestopis, který nám přibližuje tehdejší krajinu tří skandinávských zemí: Norska, Švédska a Dánska. Vše je doprovázeno krásnými ilustracemi Čapkovými (moc se mi líbí ta jednoduchost) a milými básněmi jeho ženy, Olgy Scheinpflugové. Co již v době cesty (1936) bylo pohnuté, to byl úpadek folklóru - Čapek popisuje příklad laponců v krojích, kteří slouží potřebám cestovního ruchu. Co v té době naopak ještě nebylo změněno, je venkovský a maloměšťácký kraj Norska, viz komentář na straně 236: „Dobrá, tvrdá země dobráckých lidí; venkovská a maloměstská země, kde stateční lidé žijí tiše a způsobně v čistých škatulkách uprostřed nejfan.” Jó, kdyby jen Karel tušil, že Norové v 60.letech objeví ropu, velmi na tom zbohatnou a promění se v jednu z nejbohatších zemí, kterou již nelze nazývat maloměstskou. :)
„Sobi, co to je? - To jsou taková hovada, valášku; mají parohy a tahají saně jako ty. - Já přece netahám člověče! Viděls už tady koně tahouna? My se jenom paseme a občas hloubáme, až nám z toho zbělely hřívy.” (26)
Karel Čapek, in questo suo libro, racconta del suo viaggio nei paesi nordici. L’itinerario parte dalla Danimarca fino a Capo Nord. Un reportage raccontato con passione e poesia rendendo partecipe lo scrittore delle meraviglie dei paesaggi. Bellissimi i disegni. Ogni capitolo è la descrizione di un paese, delle sue caratteristiche, tradizioni, stili di vita. Mi sono immersa volentieri in queste descrizioni , tanto da osservare anche i disegni e di andare anche alla ricerca sul web delle foto. lo stile con cui compone questo reportage è dolce e si lascia trasportare dalla magia che i paesaggi sembrano possedere. Anche i personaggi che si incontrano in questo viaggio sono ironici , piccole pause dal paesaggio ma sempre in sintonia. A me è piaciuto molto, mi ha coinvolta pienamente e mi ha fatto venir voglia di conoscere questi territori.
È questa la particolarità della grande letteratura: di essere ciò che di più radicato possieda un popolo e, nello stesso tempo, di parlare una lingua comprensibile e intimamente vicina a ciascuno. Non c’è diplomazia, non c’è alleanza di popoli come la letteratura.
"No, non è la fine dell'Europa, è il suo principio. La fine è più in là, fra la gente, là, dove hanno tanta fretta."
"La betulla, il salice, il lichene e l'uomo: niente al mondo è più tenace."
"Non c'è diplomazia, non c'è alleanza di popoli così universale come la letteratura, ma la gente non le attribuisce il giusto peso, è così. È per questo che gli uomini possono ancora odiarsi ed essere estranei tra loro."
Descrizioni di un viaggio quali delicate diapositive virate in seppia, racconto non privo di ironia sulla natura maestosa del grande Nord e sugli uomini che qui vivevano, sereni di una pace di altri tempi. Čapek però lo sa, siamo nel 1936, la barbarie nazista è in procinto di tracimare dai confini tedeschi e qui e là nel testo ci sono alcune pungenti allusioni alla malvagità incombente. Poetico ed arguto.
Po krásných Anglických listech mi toto přišlo vyloženě slabé - snad je to tím, že byla kniha proložena verši, či tím na můj vkus až přehnaných melancholickým lyrickým líčením jinak věřím určitě překrásné severské krajiny a přírody. Tři hvězdy za plavbu na titerném parníku a amerického pastora s jeho vírou :o)
"La betulla, il salice, il lichene e l'uomo: niente al mondo è più tenace."
L'autore ceco nel 1936 ha viaggiato in Scandinavia: partendo dalla Danimarca fino ad oltrepassare il circolo polare artico e raggiungere l'estremo nord dell'Europa. Le descrizioni che fa delle tappe di viaggio sono godibilissime, ricche di particolari sulla natura, sulle modalità di viaggio, sugli edifici, sui fenomeni atmosferici, sulle persone che ha incontrato. Tutto corredato da molti schizzi che lo stesso autore ha realizzato in viaggio.
"Non è niente di particolare, ma è proprio bello, più da contemplare che da descrivere. Non c'è niente di particolare, se parlo di un'isoletta che si specchia nell'acqua tranquilla; perché allora sembra l'isola dei beati?"
"Il mondo è terribilmente inverosimile e quando ricorderò tutto ciò che ho visto non crederò che sia stata la realtà"
Sono rimasta affascinata da questo libro per cosa descrive e per come lo fa. A distanza di quasi cent'anni l'ho sentito vicino e mi ha permesso di viaggiare nei luoghi che racconta.
"Io sono un patriota della piccola Europa e anche se non dovessi vesere più nulla ripeterò fino alla morte: ho veduto la grandezza del mondo. È possibile che il nostro pianeta prima o poi si raffreddi, o che vi provvederemo noi uomini e ne faremo una landa dove non ci saranno neppure i gabbiani a gridare sulle acque, ma per quanto ci saremo sforzati non potremo violare la grandezza del mondo."
Leggere le parole di Čapek è come immergersi in un sogno ad occhi aperti; un sogno nel quale viaggiamo verso i paesi scandinavi, raggiungiamo il punto estremo dell’Europa, ci lasciamo riempire gli occhi dalla bellezza di alberi sempre uguali e sempre diversi, dalla forza granitica delle rocce e dalla maestosità delle montagne.
Nel suo “Viaggio al nord” Čapek racconta questo suo pellegrinaggio verso i popoli scandinavi, alla riscoperta di un’Europa sempre più divisa. Insieme alla moglie, lo scrittore praghese viaggia per la Danimarca, la Svezia e la Norvegia fino a giungere a Capo Nord. Ogni tappa del loro viaggio è scandita dai disegni dell’autore, che cerca di riportare su carta la poesia di luoghi che sembrano quasi usciti da un racconto di fate.
La narrazione, dunque, segue il ritmo del viaggio, in cui ogni meta è lo slancio per la successiva: dalla Danimarca, piena di mucche pezzate e di pascoli sterminati, si salta in Svezia, con le sue fattorie rosse e bianche, le sue città pulite e le notti che sembrano solo lunghissime albe. È difficile pensare di andare a dormire quando ancora a mezzanotte la luce sfavilla opaca nel cielo svedese.
"Jsou místa, ako například Melbo, kde stojany na sušení tresek jsou největší budovou ve městě, jsou to celé treskové katedrály, kde místo varhan duní miliardy much a zápach tresek stoupá k nebi jako kadidlo Severu... Severní den má jemnost hodiny páté, a kdybych si mohl vybírat, tož dejte mi světlo severní... A docela nahoře se otvírá modrý fjord nebes. Ja nevím, ale takhle nějak to snad vypadá na onom světě..." Karel Čapek sa veľmi rýchlo stal jedným z mojich najobľúbenejších autorov.. Tento netradičný cestopis je tak krásny, až hraničí s lyrizovanou prózou.. Je krásne, keď niekto dokáže (dokázal) použiť jazyk na tak nádherný opis neopisatelnej krajiny okolo seba.. Cesta na sever vo mne znovu vzbudila túžbu vydať sa za polárny kruh, k fjordom, oblakom, vrcholkom a nebu, ktoré sa odrážajú od hladiny, k tej sytej zelenej na stromoch, a k snehu tak čistému a krásnemu, až je modrý - dopomohli k tomu aj autorove kresby, ktoré sú neoddeliteľnou súčasťou tohto cestopisu.. Každému čitateľovi jednoznačne odporúčam..
Credo che in un diario di viaggio la parte che mi piace di più sia quella del contatto con le altre culture. In questo, invece, l'autore si concentra di più sul paesaggio e sembra non interagire troppo con il mondo attorno a sé. E ciò ha reso la mia lettura un po' meno piacevole.
Senza contare l'uso della parola poppe... Allora, mai userei questa parola parlando. Mai la userei per parlare delle mammelle delle mucche. È apparsa all'improvviso e non riuscivo a capire a cosa si riferisse. Tanto che ho dovuto mettere le mani sulla versione originale e chiedere aiuto al mio collega per riuscire a tradurre quella parola.
Cesta na sever je cestopis Karla Čapka z roku 1936, který popisuje jeho cestu po Skandinávii (Dánsko, Švédsko, Norsko) s manželkou Olgou Scheinpflugovou a švagrem Karlem Scheinpflugem. Kniha popisuje jejich cestu vlakem do Dánska, následně přes Kodaň, Stockholm a Oslo a trajektem podél norského pobřeží k norským fjordům a až k mysu Nordkapp. Čapek v ní barvitě popisuje drsnou severskou přírodu a reflektuje vztah malých národů k velkým mocnostem a lidem.
Čapkova Cesta na sever je souborem jeho dojmů a popisů z cesty naskrz Skandinávií. Nádherným jazykem, vřele a mile popisuje svou cestu z Dánska přes Norsko až na Nordkapp a zpět dolů přes Švédsko. Skandinávie mě vždy přitahovala a tato kniha ve mně opět roznítila touha se tam vydat. Určitě doporučuji každému cestovateli.
amo i libri di viaggio e amo il nord, ma quando è troppo, è troppo. Mi sono accorta di aver letto diverse pagine con gli occhi ma non con la mente. Peccato.
Bellissimo. Mi sono sentita parte del viaggio, compagna di viaggio di Čapek... stupende le sue descrizioni dei paesaggi e delle sensazioni da essi suscitate.
Možn��, že naše planeta jednou vychladne; nebo se o to postaráme my lidé a uděláme ze světa takovou paseku, že nebude ani racků, aby křičeli nad vodami; ale kdybychom se rozkrájeli, nemůžeme porušit velikost světa.
Nečetla jsem doposud jiného Čapkova cestopisu, tak nevím, zda jsou všechny tak melancholické, či zda je text tak silně ovlivněn dobou ve kterém jej psal (případně také severským dlouhým dnem). Každopádně přes ten všudypřítomný smutek jde o čtení veselé, velebící krásu přírody a nesmyslnost počínání člověka, který přese všechno není líčen jako tvor zlý. Kresby, které text doprovázejí čtenáře utvrzují v tom, že země za polárním kruhem je všechno, jen ne nepřívětivá – jak jsou jen roztomilé linie skalních masivů i ta nejchudší bouda – je to sen, nebo lež? Jeden by tam hned vyrazil zkontrolovat, zda tam opravdu mají tolik balvanů, stromů, ryb a skal tyčících se z moře. Básně Olgy Scheinpflugové nejsou moc pro mě, víc na mě zapůsobila v několika málo až anekdotických dialozích zapuštěných do Čapkova vyprávění: „A čím se tu ti chudáci ptáci uživí?“ stará se soucitný hlas po mém boku. Inu, čím; asi rybami. „To je hrozné,“ vydechne soucitný hlas. „Chudáci ryby!“