2 de setiembre de 1939, el día después de la invasión de Polonia por el ejército alemán, dos amantes se separan en un París cada vez más oscuro. Olga, una exiliada rusa, se despide de Einar, que se regresa a Suecia con la esperanza de que pronto se volverán a reunirse. Einar le habla de cuando ella vaya a Estocolmo, de marcharse juntos a Brasil, de viajar a Rusia ni se imaginan la magnitud de la gran guerra que está a punto de estallar y de cuán difícil les será viajar en los años siguientes. ¿Sobrevivirá este amor?
Berberova nos presenta un discurso amargo y sutil sobre el amor y, sobre todo, nos habla sobre nuestro yo interior, esa parte de la nuestra vida que nadie conoce, y sobre cómo defenderlo.
Nina Nikolayevna Berberova was a Russian writer who chronicled the lives of Russian exiles in Paris in her short stories and novels. She visited post-Soviet Russia and died in Philadelphia.
Born in 1901 to an Armenian father and a Russian mother, Nina Berberova was brought up in St Petersburg.[1] She left Russia in 1922 with poet Vladislav Khodasevich (who died in 1939). The couple lived in several European cities before settling in Paris in 1925. There Berberova began publishing short stories for the Russian emigre publications Poslednie Novosti ("The Latest News") and Russkaia Mysl’ ("Russian Thought"). The stories collected in Oblegchenie Uchasti ("The Easing of Fate") and Biiankurskie Prazdniki ("Billancourt Fiestas") were written during this period. She also wrote the first book length biography of composer Peter Ilyich Tchaikovsky in 1936, which was controversial for its openness about his homosexuality. In Paris she was part of a circle of poor but distinguished visiting literary Russian exiles which included Anna Akhmatova, Vladimir Nabokov, Boris Pasternak, Tsvetaeva and Mayakovsky.
After living in Paris for 25 years, Berberova emigrated to the United States in 1950 and became an American citizen in 1959. She began her academic career in 1958 when she was hired to teach Russian at Yale. She continued to write while she was teaching, publishing several povesti (long short stories), critical articles and some poetry. She left Yale in 1963 for Princeton, where she taught until her retirement in 1971. In 1991 Berberova moved from Princeton, New Jersey to Philadelphia.
Berberova’s autobiography, which details her early life and years in France, was written in Russian but published first in English as The Italics are Mine (Harcourt, Brace & World, 1969). The Russian edition, Kursiv Moi, was not published until 1983.
Fin dai primi anni della mia giovinezza pensavo che ognuno di noi ha la propria no man’s land, in cui è totale padrone di se stesso. C’è una vita a tutti visibile, e ce n’è un’altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell’etica, una sia morale e l’altra immorale, o, dal punto di vista della polizia, l’una lecita e l’altra illecita. Semplicemente, l’uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno, anche soltanto un’ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese; vive di questa sua vita libera e segreta da una sera (o da un giorno) all’altra, e queste ore hanno una loro continuità…
La citazione era più estesa, io ho deciso di troncarla qui perché rappresenta il cuore del racconto (sono solo 79 pagine) e ritengo sia sufficiente per decidere se procurarselo o meno. Se avete un domicilio segreto nella terra di nessuno non rimarrete insensibili alle parole di Nina Berberova. L’incipit è anch’esso coinvolgente, dopo un paio di pagine siamo infilati a capofitto nella Storia con una data e un luogo: Parigi 2 settembre 1939. La protagonista sta accompagnando all’aeroporto colui che abita con lei la personale Terra di Nessuno, egli la sta abbandonando per volare a Stoccolma e mettersi in salvo presso i propri genitori. Non leggerete un libro sulla guerra, leggerete un libro sull’amore e sulla fedeltà a sé stessi, sul valore della propria segreta integrità. Nina è russa non vi risparmierà la nostalgia per la Grande Madre e la digressione sui compatrioti esuli. Il giunco mi mormorava nell’orecchio da anni, continuerà a farlo, non è stato procurandomi il racconto che l’ho placato.
È la storia di una amore interrotto dalla guerra, di un addio in una Parigi verde scuro, quasi un paesaggio sottomarino, in una notte di settembre. Nessuna certezza del futuro, un fantasma come il presente, un’ombra come il passato. Un amore che sopravvive nella terra di nessuno della protagonista, quella terra di nessuno che tutti dovrebbero avere, luogo segreto e misterioso in cui regnano libertà e immaginazione. Chi non la esplora non può dire di aver incontrato se stesso. Un amore la cui fine è decretata a Venezia, città del desiderio, del rimpianto e della morte.
“Fin dai primi anni della mia giovinezza pensavo che ognuno di noi ha la propria no man's land, in cui è totale padrone di se stesso. C'è una vita a tutti visibile, e ce n'è un'altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell'etica, una sia morale e l'altra immorale, o, dal punto di vista della polizia, l'una lecita e l'altra illecita. Semplicemente, l'uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno, anche soltanto un'ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese (..) Se un uomo non usufruisce di questo suo diritto o ne viene privato da circostanze esterne, un bel giorno scoprirà con stupore che nella sua vita non s'è mai incontrato con se stesso, e c'è qualcosa di malinconico in questo pensiero.”
Con questo efficace racconto del 1958, la scrittrice Nina Berberova [1901-1993] ci introduce al suo concetto del “no man’s land”, quel posticino tutto appartato della nostra vita interiore in cui nessun occhio estraneo può entrare e condividere i nostri pensieri, i nostri sogni, le nostre inclinazioni più intime: e ci racconta di una sua storia d’amore interrotta bruscamente dall’avvento della II Guerra Mondiale con la partenza da Parigi del suo uomo che nonostante la promessa di ritornare presto, non tornerà. Si rivedranno, a guerra finita e lui proverà a modo suo di riallacciare un rapporto umano…
Un racconto fatto di sensazioni ed emozioni interiori, di scelte attive, del non lasciarsi condizionare da niente e da nessuno.
"Fin dai primi anni della mia giovinezza pensavo che ognuno di noi ha la propria no man's land, in cui è totale padrone di se stesso. C'è una vita a tutti visibile, e ce n'è un'altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla."
Melangiosa i trista història de dos amants que es separen per culpa de la guerra (la segona guerra mundial) i que més tard es troben en noves circumstàncies. Es llig en un tres i no res.
"Perché nel coro universale l'anima non canta come il mare, e il giunco pensante mormora, protesta?" Esiste per ciascuno di noi una vita "segreta", uno spazio intimo nel quale non può essere ammesso nessun altro. Rinunciarvi significa rinnegare la propria individualità, consegnandola al controllo e al volere altrui; e, in sintesi, rinunciare a realizzare la parte più vera e spontanea di se stessi. Questo piccolo libro, nel quale niente è superfluo e tutto intensamente misurato, ci fa capire chiaramente che la felicità e l'amore senza libertà non possono sopravvivere.
No man's land Ognuno possiede una porzione di vita, nascosta agli altri, in cui è assoluto padrone di se stesso; in cui ha la possibilità di difendere la libertà delle proprie scelte, conservare la dignità di persona, in definitiva vivere autenticamente. In questo brevissimo romanzo la Berberova difende il diritto a questa vita segreta, all'amore senza condizioni…; racconta una separazione che rimane sospesa tra un presente di speranza e un futuro disincantato, nel periodo a cavallo di "questa guerra", tra Parigi, Stoccolma e Venezia, ma soprattutto nel cuore umano. Una ottantina di pagine dense di dolcezza, e di una intensa e delicata interpretazione dei sentimenti. ----- 1 gennaio 2019 Riletto dopo quasi dieci anni, circa lo stesso tempo in cui evolve questa storia; il tempo necessario per vivere esperienze, leggere dentro di sé, assimilare la realtà, maturare decisioni e difendere la propria libertà. Se permettiamo a qualcuno di organizzare la nostra "no man's land", alla fin fine [...] allontaneranno da te tutti quelli che ami. Basterà cedere una volta e non ci saranno più limiti, e tutto ti verrà tolto. Dove sarà allora mistero e libertà?. Non permetterò a nessuno di ammaestrarmi come un cagnolino.
Anni di letteratura volta a catechizzarci su un amore che per essere valido deve materializzarsi come sentimento di totalizzante disperazione al pensiero di vedersi negato l’altro. Poi arriva Nina Berberova e, alla luce di ogni stereotipo sul maschio meno capace di amare, è ironico che sia lei a ribadire la sacralità di quei momenti di distacco solo nostri, necessari per restare in equilibrio e vivere la nostra esistenza al massimo, senza perderci nell’altro, senza negarci proprio nulla
Todo apuntaba a que esto iba a ser una típica historia de amor. En 1939, tras la invasión de Polonia, una pareja de enamorados se ven obligados a separarse, aunque tienen la esperanza de que la guerra no dure mucho y se prometen volver a reencontrarse pronto. Así comienza esta historia pero yo sabía, por experiencia, que los "pequeños placeres" siempre aportan algo especial y diferente. Sí, podría decirse que es una historia de amor, pero te aseguro que no como la esperas.
Normalmente no me gusta contar mucho acerca de la trama y menos aún lo haré esta vez porque el libro no llega a las 90 páginas, pero es que... qué 90 páginas, no necesita más. La narración y ambientación son cautivadoras, y la protagonista me ha ganado totalmente. Sobre ella está todo el peso de la historia, es un personaje muy bien construido y es ella quien nos lleva de la mano a través de su impresionante evolución personal a lo largo del tiempo. Sus pensamientos y reflexiones me han encantado, la forma de expresarlos, las dudas, la incertidumbre, la esperanza, los deseos, las decepciones y sus decisiones. He subrayado muchas frases y eso siempre es muy buena señal, lo releeré seguro.
Reconozco que el giro que da la historia me sorprendió mucho, no era para nada lo que esperaba, pero según pasaban los días y pensaba en todo lo que había leído me iba gustando más y más. No conocía a Nina Berbérova y ha sido un descubrimiento, como siempre estos libritos me sirven para tener un primer acercamiento a autores que no conozco y que tienen mucho que decir. Además siempre que se habla de literatura rusa se cita más o menos a los mismos escritores, creo que nunca había escuchado el nombre de ninguna mujer, así que doble hallazgo para mí. Muy fan de la selección de esta colección.
“C’è una vita a tutti visibile, e ce n’è un’altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla.”
Nella “no man’s land” non subiamo nessun controllo, siamo liberi e padroni di noi stessi. È necessario avere uno spazio-tempo di questo tipo per incontrare quella parte di noi profonda, viscerale, incontaminata che appartiene solo alla nostra essenza.
In queste ottanta pagine si snoda la storia di due amanti che si separano alla vigilia della Seconda Guerra mondiale a Parigi. Lui parte per Stoccolma, lei resta. Fanno promesse e hanno speranze. Un giorno in Svezia si incontrano di nuovo ma lui è sposato con un’altra, mentre lei ha continuato a coltivare i suoi sentimenti. Sembra possa esserci di nuovo un contatto ma nasce in lei la consapevolezza di non poter accettare compromessi, di non poter traviare la sua “no man’s land”, perciò in una Venezia evanescente, gli dice addio.
…il giunco pensante mormora, protesta.
Berberova ci lascia un grande insegnamento d’integrità, rinuncia, sacrificio, amore e delle parole potenti, balsamiche che sono guida in un presente in cui spesso ci annulliamo per qualcosa/qualcuno. Ci insegna a difenderci perché l’amore è soprattutto libertà e nelle ferite abita la resilienza.
Esistono le seconde possibilità ma non sempre vanno colte se significano elemosinare un sentimento ormai non più puro.
L’immagine della laguna che fa da sfondo alla vacuità di certe sensazioni che scompaiono nell’etere e si disperdono nel tempo di un mattino mi ha lasciato un senso di nostalgia e affetto malinconico.
Sono meravigliata da quanta bellezza e incisività siano racchiuse in questo libriccino minuto, tanta verità e potenza ammassate qui dentro, all'interno di una storia semplice e, forse per questo, ancora più sentita.
Nina Berberova ci parla della parte più segreta di noi, quella che condividiamo con pochi o con nessuno, quella in cui siamo totalmente liberi di essere chi siamo, perché ci permette di entrare in contatto con noi stessi, senza catene, al cento per cento. Morale o immorale, solitaria o in compagnia, questa terra è diversa per ognuno e contiene ciò che di più importante si ha.
Il giunco mormorante diventa così quasi una testimonianza: del coraggio di rimanere se stessi, ad ogni costo.
Al principi sembla que vagis a llegir un llibre de pur amor romàntic, però en realitat es tracta d'una història sobre el valor de la llibertat individual. Ha estat una bona sorpresa i el primer que llegeixo d'aquesta escriptora. Està bé que doni a la seva protagonista l'oportunitat d'aprendre alguna cosa de la seva experiència i, fins i tot, de controlar-la.
Ho diu la protagonista quan s'acomiaden després que els nazis hagin envaït Polònia: "Sigues feliç en terra ferma, aquí ens enfonsem, Einar, ens enfonsem i ens ofegarem, i en cas que sobrevisquem ja no serem nosaltres, no serem mai més els mateixos..."
Che meraviglia, che scoperta questo racconto di Nina Berberova. Non conoscevo l'autrice prima di approcciarmi a questo testo. Il suo riflettere sulla "no man's land" che si cela in ognuno di noi mi ha totalmente rapito, tanto che ho riletto Il giunco mormorante ben due volte di seguito. La chiusura è una vera e propria epifania della migliore narrativa contemporanea. La trascrivo di seguito: La mattina il vaporetto mi porta alla stazione passando davanti ai palazzi, lungo l'acqua verde del Canal Grande; arrivo al treno all'ultimo istante, il facchino mi spinge sul vagone. Tratto peculiare di Venezia: scomparire in un attimo, non correre dietro al treno, non agitare a destra e a sinistra il capo in cenno di saluto come fanno le altre città quando le lasci - svanire in un solo istante, come se non esistesse, come se non fosse mai esistita.
« E a questo punto fu chiaro che non ci eravamo detti molte cose nella fretta degli ultimi giorni, di quell'ultimo giorno in particolare; tanti discorsi erano rimasti in sospeso: su noi due e sul mondo, sulla guerra e sul futuro, quello del do, sulla guerra e sul futuro, e in generale era come se noi due non avessimo ancora cominciato nulla, mi parve che io e lui non avessimo e non avessimo mai avuto alcun passato, e del futuro non aveva neanche senso parlare: adesso sei qui, con me, adesso siamo insieme, e tra un'ora, tu non sei qui, tu sei solo, e io sono sola, e non c'è assolutamente più nulla di quanto ci univa, tranne forse il tuo pensare a me, il mio a te ».
«Ahora estás aquí, conmigo, ahora estamos juntos. Pero dentro de una hora ya no estarás aquí, estarás solo, y yo estaré sola. No quedará nada de lo que nos unió, salvo quizá los pensamientos: los míos sobre ti y los tuyos sobre mí.»
Nina nos narra una historia de de amor con regusto amargo. Ese que se queda en el paladar y que, pase el tiempo que pase, no puedes olvidar.
Olga se separa de Einar a finales de los años 30 por culpa de la guerra. Ella se queda en París y él se marcha a Suecia. Se aman con locura y prometen buscarse y reencontrarse. Pero el tiempo pasa, la guerra termina y las cartas que Olga le envía a Einar regresan sin ser leídas. ¿Qué ha sido de él? ¿Qué ha sido de su amor? Para ella el tiempo ha pasado pero el amor sigue latente, golpeándole el pecho desde el rincón donde lo mantiene encerrado. Hasta que las circunstancias la llevan a viajar a Suecia y va en busca de respuestas.
En apenas 90 páginas Nina nos construye un relato sólido, conmovedor y bellamente escrito que te acompaña y te deja poso una vez lo cierras y dejas pasar el tiempo. Y es que 'El junco rebelde' narra una de esas historias que parece que pasan de largo pero que, en realidad, se hacen un hueco que vuelves a visitar para rememorarla.
Me encantan estos Pequeños Placeres de Ediciones invisibles que nos descubren autores. Desde luego, buscaré a Nina y espero poder leer algo más de ella.
amb la obsessió que tinc pels russos, ja era hora que de llegir literatura escrita per dones!!! i no decepcionat gens ni mica!
el cercle que fan el primer paràgraf i l'últim... uf pels de punta. l'he llegit d'una sentada perquè estic d'exàmens i tinc 0 motivació per seguir estudiant :)
molt recomanant, visca les dones una mica tristes i desquiciades però que s'acaben adonant que els homes no valen res!
È una notte dalle sfumature verdastre quella di una Parigi alle soglie della seconda guerra mondiale. Sembra quasi di essere imprigionati in tutto quel buio, in tutto quel nero, in cui I fantasmi del passato e del presente vorticano intorno alla protagonista di Berberova, infestandone I pensieri.
“Era come se noi due non avessimo ancora cominciato nulla, mi parve che io e lui non avessimo e non avessimo mai avuto alcun passato, e del futuro non aveva neanche senso parlare – fantasmi davanti, fantasmi alle spalle, noi due stessi fantasmi, e tutto, intorno, è illusrio, e l’unica cosa reale è questa forza che ci separa.”
Ancora un secondo, ancora un piccolo spiraglio di tempo per lei e Ejnar, prima che il futuro li divida, cali tra loro con la stessa violenza di una scure, distruggendo ogni legame, anche il filo più resistente che sembra unirli, che li vede condividere la stessa no man’s land.
Un luogo segreto, intimo, da condividere con chi si ama, in cui essere soli, in cui conoscere davvero sè stessi a dispetto delle abitudini, della quotidianità, del lavoro, del cicaleccio inestinguibile di conoscenti, parenti, amici.
Un amore che nasce in una dimensione al di là del tempo e dello spazio, al di là del grigiore della guerra, della povertà, della fame e della prigionia, resiste nel cuore della protagonista di Berberova, che – bloccata a Parigi – torna col pensiero a Ejnar, ormai lontano a Stoccolma, irraggiungibile.
Ma quando la guerra ha fine, quando il mondo sembra essere tornato finalmente alla normalità e ogni frontiera è di nuovo aperta, la protagonista de “Il giunco mormorante” ha forse una nuova occasione, una nuova possibilità di ritrovare Ejnar, di comprendere cosa sia accaduto, dove sia finita quella no man’s land nella quale entrambi avevano trovato loro stessi, avevano ritrovato la pace.
Il tempo, però, non sembra aver lasciato molto ad Ejnar di quei giorni trascorsi a Parigi, del loro amore, della loro intimità. Ormai Ejnar è votato ad una vita borghese, fatta di incontri, appuntamenti, regole non scritte, un matrimonio con Emma, la donna che ha distrutto le lettere della giovane protagonista di Berberova per tenerla lontana da Ejnar, per cancellare quella che era stata la vita prima, quel terreno sconosciuto fatto di istinto, amore, libertà.
In 80 pagine la Berberova è riuscita a narrare l'involuzione di una storia "d'amaro amore" e lo fa con parole dolci per le prime pagine, poi con una presa di coscienza sempre più crescente per poi finire con la sua lucida morale: ognuno deve continuare sempre per la propria strada, ritagliandosi spazio per sé che l'autrice battezza 'no man's land', quella 'terra di nessuno' che ogni uomo si deve ritagliare come se fosse spirito di conservazione per poter trovare il sollievo interiore. Qui si parla di amore in generale, non solo verso il prossimo ma prima di tutto verso sé stessi. Non importa le condizioni, non importano gli avvenimenti. Si va avanti nonostante tutto, nonostante chi possiamo perdere per strada.
Questa lettura è stata davvero illuminante e un po' malinconica (specialmente l'inizio). Certo è che per leggere questo piccolo libro bisogna essere un po' nel mood del romantico pessimista andante.
Una storia sulla libertà di essere se stessi, non per finta, non per gioco ma per “raddrizzare la linea generale dell’esistenza”, dice l’autrice. Essere se stessi da soli o con qualcuno, per necessità, abitudine, felicità.
Una storia sull’importanza di rifuggire da tutto ciò che viene permesso, concesso, riconosciuto, perché una vita costruita sui permessi e le concessioni altrui non è una vita scelta.
È questo che la protagonista vede accadere all’amante e grande amore della sua vita, con il quale aveva condiviso la sua “no man’s land” prima che la guerra li separasse. Quando lo rivede dopo anni, è sposato e, insieme a sua moglie Emma, “accetta sia l’autunno che la primavera” e non è più la stessa persona di un tempo.
Un bellissimo racconto di ribellione e libertà che tutti dovrebbero leggere.
"Nella vita di ognuno esistono momenti - quando la porta sbattuta all'improvviso e senza alcun visibile motivo di colpo si riapre, quando lo spioncino chiuso un attimo fa viene di nuovo aperto, quando un brusco "no" che sembrava irrevocabile si muta in un "forse" - , momenti in cui il mondo intorno a noi si trasfigura, e noi stessi ci riempiamo di speranza come di nuovo sangue. È stata concessa una proroga a qualcosa di ineluttabile, definitivo; il verdetto del giudice, del dottore, del console, è stato rinviato. Una voce ci avverte che non tutto è perduto. E con gambe tremanti e lacrime di gratitudine passiamo nel locale adiacente, dove ci pregano di "aspettare un poco" prima di spingerci nel baratro."
Sempre són un encert els llibres d'aquests col·lecció. M'ha agradat i m'he trobat amb un final que no m'espesava. Aquests petits relats que expliquen histories d'amor que van ser truncades per les guerres. Em recorden a les coses que m'explicaven els meus avis i com la guerra va parar les seves vides.
un libro splendido e importante, per motivi non solo letterari ma anche di vita vissuta. uno di quelli che ho amato intensamente fin dalla prima lettura, che ho regalato di più e che riapro sempre con curiosità e tremori.