Se la Macondo di García Márquez è un paese isolato e circondato dalle foreste dove si succedono generazioni di Buendía e in cui ogni tanto arriva uno straniero, Marina di Castagneto Carducci - dov'è cresciuta Carlotta Vagnoli - ci somiglia abbastanza, se non fosse che a Macondo cercano il mare per tutto il tempo mentre a Castagneto Carducci ce l'hanno davanti. E a cos'altro somiglia un piccolo paese se non a una bolla social dove ognuno pensa di vedere e sapere tutto di tutti, o almeno ci prova? Raccontando la dicotomia "santa/puttana" come il modello fondativo dell'Occidente e prendendo le mosse da Úrsula, Pilar e Remedios la bella di Cent'anni di solitudine, l'autrice svela la furbizia di presupporre i buoni sentimenti o i cattivi costumi delle donne e ci accompagna, dentro e intorno ai romanzi di Gabo, a scoprire la possibilità di vivere avventure anche quando queste sono sbagliate. Per capire cosa c'entrino con tutto questo e l'adolescenza la statua di Nonna Lucia di Carducci, il camper itinerante di una sex worker e la chiesa su ruote che portava la messa a Marina, e cosa significhi che l'Italia, proprio come Macondo, è tutta provincia - ed è proprio qui che nascono le storie -, non resta che leggere il libro.
Carlotta Vagnoli, fiorentina classe 1987, comincia a scrivere come sex columnist per GQ e Playboy nel 2015. Autrice, attivista, content creator, utilizza le piattaforme social come veicolo per fare divulgazione sui temi riguardanti il linguaggio, la violenza di genere, gli stereotipi. Dal 2017 tiene lezioni nelle scuole medie e superiori d’Italia per avvicinare studenti e studentesse al tema del consenso e fare prevenzione contro la violenza di genere.
Ero indecisa se assegnare 3 o 4 stelle e poi alla fine ho optato per 4: perché se l'intento di Carlotta Vagnoli, in questo libro, è quello di far venire voglia di ri-leggere i libri di Gabriel García Màrquez, ci riesce in pieno! Cent'anni di solitudine, per me, è avvolto nella nebbia: ero una ragazzina e frequentavo il liceo. Il ricordo di quella lettura è così sfumato nel tempo.
L'intento dell'autrice è quello di riabilitare le figure femminili presenti nei romanzi di Gabo, per allenare il lettore a non giudicare i personaggi: "Questo succede anche con i libri, e il rischio consiste nel finire per giudicare un personaggio come statico, stupido o banalmente crudele senza comprendere né il contesto che lo circonda né il più intimo motore che guida le sue azioni. E così rischiamo di perderci la destabilizzante bellezza riparatrice delle pagine che narrano la morte di Amaranta, presi come siamo dall’apporre ancora più distanza tra noi e ciò che ci auguriamo di non diventare mai, senza così cedere alla meraviglia su cui si fonda la stessa democrazia: la riabilitazione."
L'operazione di riabilitazione, però, non vale solo per i personaggi, ma deve diventare una regola da seguire anche nella vita quotidiana: è la vicinanza che permette l'assenza di giudizio.
"Perché ovviamente la vicinanza catalizza l’empatia e allena alla complessità."
Carlotta Vagnoli, partendo dalla similitudine tra Macondo e Marina di Castagneto Carducci, riabilita le figure femminili del romanzo, grazie anche alle donne con cui è cresciuta.
“Non esistono donne viziate o puttane tristi. Esistono figure a cui nessuno ha mai voluto dare voce, nella loro infinita e meravigliosa complessità. È tempo di cercare, oltre le mangrovie, un nuovo senso di comunità. Márquez, dopotutto, tra le righe ce lo suggerisce da sempre.”
Un “gemellaggio letterario” tra la Maconda di Márquez e Marina di Castagneto Carducci. Cosa mai le potrà accomunare? Le loro rispettive donne. Che, definite da storie e caratteristiche a volte diametralmente opposte, ci insegnano che per sopravvivere ogni piccola comunità, ogni bolla, altro non può che aprirsi all’esterno, scegliere la via della comunicazione e superare i retaggi patriarcali che le hanno contraddistinte fin dalla loro nascita. In un mix tra saggio, biografia e analisi letteraria, Carlotta ha scritto un libro che appassiona tantissimo e fa venire voglia di visitare i luoghi descritti (reali o fantastico che siano), pur non tralasciando le tematiche a lei care degli stereotipi di genere (stavolta descritti attraverso la caratterizzazione che molto spesso ci viene data dalla letteratura dei personaggi femminili).
Nota a margine: se non avete letto Márquez non temete. L’unico effetto collaterale è che alla fine del libro di verrà una voglia matta di recuperare immediatamente.
Il grande insegnamento di queste pagine è che un classico è tale perché in qualsiasi spazio e tempo un lettore saprà ritrovarsi fra le parole e i personaggi inventati. La lettura di Marquez di Carlotta Vagnoli è minuziosa e attenta a scovare in una letteratura del passato la forza che la spinge ogni giorno ad affrontare la realtà: sapere che ci sono donne forti che sono molto di più di ciò che la gente pensa di loro. Come farlo? Cercando nelle letture universali di ieri, le spinte a essere migliori oggi. Segnali dal passato che non sono stati letti e reinterpretarli.
Tuttavia, le figure femminili non vengono ascoltate, perché da sole queste spinte non bastano. Le spinte, infatti, devono essere accolte e accettate da tutta la comunità, altrimenti sono fuochi isolati destinati a placarsi. Lasciare sole le persone che cercano un miglioramento e al tempo stesso tramandano la memoria (la cosa più importante che esista per gli esseri umani) è una premonizione del fallimento. La cooperazione, al contrario, diventa un antidoto. […] E mi è chiaro, sul finale e con una estrema commozione, come mai quelle donne fossero tristi. Lo erano perché nessuno le aveva mai ascoltate. Perché erano state lasciate per sempre in attesa.
Ho scoperto questo libro per caso, facendo un giro per la Feltrinelli della città in cui vivo, venendo principalmente incuriosita dal titolo che mi ricordava quello di Marquez. Ho immediatamente sviluppato un senso di empatia con quanto veniva raccontato dall'autrice, venendo a mia volta da un piccolo paesino in cui ogni anima sembra poter essere soggetta a stereotipizzazione. Le storie dei piccoli paesi meritano di venire raccontate. Il segreto intorno al quale sembrano essere avvolti merita di essere divulgato.
ho amato, non me lo aspettavo ed infatti l'ho divorato. Analizza Marquez brillantemente, ma soprattutto parla del non detto dell'autore con un'analisi sul femminismo intersezionale geniale. La parte sul sex work mia prefe.
Una lettura piacevole ed interessante. Carlotta vagnoli scrive bene e l’ho seguita con piacere. Uno stile chiaro ed efficace. In linea con la Collana Passaparola di Marsilio in cui gli scrittori “raccontando il mondo partendo da un libro” l’autrice analizza i personaggi femminili delle opere di Marquez, soprattutto di cent’anni di solitudine, andando a scardinare quell’opinione diffusa per cui le Sue Donne sono tutte viziate, tristi, sterili, monodimensionali. La stessa ci mostra infatti l’altra faccia della medaglia, quindi donne forti, caparbie, risolutive e molto più capaci degli uomini, paragonandole alle donne del suo mondo, le abitanti di Marina di Castagneto Carducci. La sua è una critica generale ai dogmi e agli stereotipi della cultura patriarcale e cattolica, con l’aggiunta di un certo avvertimento sull’uso dei social e sul rischio di eccessiva chiusura che può derivarne che ho molto apprezzato. Un libro piacevole. Tre stelline.
Un incrocio tra narrativa e saggistica, un imprescindibile libro per gli appassionati di grandi libri e grandi classici. "Agli studenti, agli appassionati, ai curiosi", come dice la casa editrice Marsilio. Per leggere e amare la più recente uscita di Carlotta Vagnoli, non è necessario aver letto qualcosa della produzione di Marquez (anche se può aiutare in una comprensione che si appoggia sulla memoria e l'esperienza delle sue storie). Per leggere Carlotta Vagnoli, in generale, bisogna aver voglia di vivere e di gridarlo al mondo, specie quando il mondo ammutolisce certe modalità di slancio. In "Memoria delle mie puttane allegre" si riprendono le fila della Macondo di Marquez, attraversata con occhi e pensiero più che mai presenti e profondi. Macondo viene utilizzata come prototipo e sinonimo di ogni realtà che decida di chiudere le porte alla comunicazione (in senso davvero lato). In particolare, Macondo viene rapportata ad una cittadina marittima della Maremma, nido dell'autrice, di cui viene proposto con forza e brillantezza assoluta un insieme di donne vere, reali, che ne tessono (e reggono) il quotidiano. Le donne meravigliosamente complesse e aperte e libere di “Cent’Anni di Solitudine” respirano nei polmoni delle donne che accompagnano la vita dell'autrice a Castagneto Carducci, e alla fine del libro viene voglia di fare soltanto due cose: rileggere (o iniziare) "Cent'anni di solitudine" e recarsi in Maremma per conoscere tutte le donne conosciute nel libro. Carlotta rivive perfettamente un passato che è eterno presente di una Macondo (tutto il mondo) senza confini eppure confinata a bolla di solitudine. "Macondo è destinata alla fine perchè la solitudine uccide la comunità. Macondo si estinuge perche gli uomini disimparano a comunicare e a sopravvivere nello spazio ristretto che gli è concesso". "Macondo affonda e scompare perchè non sa sopravvivere in un mondo multiculturale e aperto. [...] I Buendìa hanno miriadi di opportunità per salvarsi dalla dannazione della solitudine, e queste sono spesso offerte dalle donne della stirpe. Tuttavia, le figure femminili non vengono ascoltate, perchè da sole queste spinte non bastano. Le spinte, infatti, devono essere accolte e accettate da tutta la comunità, altrimenti sono fuochi isolati destinati a placarsi".
Una lettura tra le righe dei romanzi di Marquez e la rottura degli schemi di una critica cieca verso le sue rivoluzionarie presenze femminili portano ad una necessaria riflessione sulla realtà dei nostri micro/macrocosmi, dei nostri sottili equilibri sociali e stereotipi che vengono ancora troppo difesi e preservati, per paura di quella stessa libertà che poi comunque sempre aneliamo.
PS: Cent’Anni di Solitudine é il mio libro del cuore: devo dire che l’intervento di Carlotta in questo libro poteva essere solo che amato, da me. Ne consiglio la lettura e consultazione, qualora eventualmente doveste approcciarvi all'opera sudamericana, proprio perché si riceve uno sguardo simultaneo alla storia del libro e alla Storia del mondo.
Le donne sono fragili, debole e curiose, la bellezza è una dannazione, e poi curiose, la bellezza è una dannazione.
Non è poi così difficile comprendere le difficoltà di quando si domanda a un lettore qual è il suo autore preferito. L’ardua domanda inerpica in risposte, borbottii che non sembrano provenire da qualcosa di sensato e logico, trascinandoci in luoghi da cui tutto ha inizio, senza il quale niente avrebbe senso. Non credo sapremmo chi siamo. Nella mia carriera di lettrice, ho letto un’infinità di romanzi i cui autori sono divenuti nel corso del tempo preferiti. Autori che hanno lasciato e lasciano un segno del loro passaggio, e quando ci incontrammo non sapevo nemmeno che esistessero. Ero una lattante che arrancava carponi nell’erba dell’ignoto, e sulla soglia dei trent’anni ripongo queste poche righe col sorriso stampato sulle labbra. Perché? Perché ogni volta che mi viene posta una domanda del genere riscontro quasi sempre indicibili difficoltà. Quali? Il non saper chi indicare, nella lista di quegli autori che ho più amato. Gabriel Garcia Marquez è uno di questi, e sebbene la lettura dell’ultimo suo romanzo risale oramai a cinque lunghi anni fa, penso come mi sia sempre stato vicino – così come i suoi compagni. Creature in carne e ossa che respirano e non da milioni e milioni di chilometri, anni e anni e che << vedo >> nel momento in cui la mia mente partorisce una particolare immagine. Ma questo è un altro discorso... Carlotta Vagnoli conobbe Marquez, e se ne innamorò. Fu amore a prima lettura e sebbene prima di questo incontro le loro strade fossero completamente distanti, credo che ogni cosa ha il suo tempo e che se questo doveva accadere è perché fosse scritto nel libro del Destino. Le nostre vite spesso ci guidano secondo schemi che non possiamo controllare, e a seconda delle emozioni che prevalgono scopriamo chi siamo e cosa vogliamo. I primi mesi dell’anno mi sorpresero corteggiare la pubblicazione di questo piccolo libriccino, la cui lettura disgraziatamente giunse solo adesso, intimidita di riscontrarne l’ennesima delusione. Ma la situazione cambiò, quando decisi di abbracciare l’ennesima sfida di lettura, e avendo già letto qualche recensione nel web la mia curiosità crebbe sempre più. Fortunatamente non sono stata delusa, e nel giro di un pomeriggio ho divorato queste meno di duecento pagine come racchiusa in una bolla in cui le relazioni umani e sociali diventavano esemplari, facili da decodificare, quasi l’autrice avesse strumentalizzato una favola che ci è stata raccontata mediante la poetica marqueziana. Vivace e coordinata, si parla di una città, Macondo, in cui si muovono figure che accolgono il peso di ogni forma di condanna in cui i sentimenti di famigliarità ed estrema tenerezza rendono ogni cosa estremamente umano. Proiettato in una metropoli gigantesca che travolge ogni stereotipo e attraverso cui si comprendono le dinamiche più pure e primordiali che sono alla base del comportamento umano, riabilitando le concezioni temporali del ruolo e dell’identità. Niente che non abbia già visto nella prosa marqueziana, ma esperienza letteraria personalissima in cui ho potuto ritagliare un posticino tutto mio di cui la stessa autrice fonde l’amore per la letteratura con la consapevolezza che niente e nessuno può alleviare il senso di solitudine e isolamento che pregna nel nostro cuore, chiusi in forme di dannazione e incapace di trovare un contatto col mondo. Poiché non leggo molti saggi e, solitamente, mi tengo lontana, per constatare la grandezza e l’originalità di questa opera riposai cautamente durante la lettura de Memoria delle mie puttane allegre venni spinta in una zona lontana ma affascinante che mi costrinse a restare ammaliata. Fa sempre troppo caldo sotto queste tettoie, in questi luoghi così vivaci e calorosi, profumi amarostici che invadono le nostre narici, con una girandola liquida che fiammeggiava sulla mia strada, scaldava quelli degli animi di lettori che preferivano giudicare anziché ascoltare e osservare tutto ciò che accadeva attorno. In una circostanza del genere, con l'attenzione rivolta esclusivamente alle sue pagine, ho accolto così questa splendida opera con tranquillità, serietà. Di cosa parlava nello specifico era abbastanza chiaro! Perché questo piccolo libriccino non vuol essere una critica o un componimento letterario a ciò che già è stato detto sulla letteratura spagnola, bensì qual'è il suo significato intrinseco per l'autrice. Come essa sia divenuta massima di vita, beneficio per l'anima di una donna comune appassionata di letteratura e scrittura, e che fece di questo saggio una dichiarazione d'amore a qualcosa che è ed continua ad essere estremamente potente, dilaniante, minacciosa, reale. Tutto certamente deriva da letture frenetiche e appassionate, da un grandissimo studio e ricerca sul campo, dal magnetismo che esso esercitó per l'autrice nel corso degli anni, le incertezze, i pensieri, le lunghe riflessioni, le traumatiche irregolarità che caratterizzano le vicende umane. Carlotta Vagnoli si pone delle domande su cosa differenzia la figura femminile dalle altre letterature e quale ruolo esse svolgono, e lo evidenzia in questo piccolo libriccino rivelando come tutto ciò sia inconcepibile. La donna ha una sua voce e come tale deve essere ascoltata, considerata. Le stesse figure marqueziane non sono delle vittime ma eroine coraggiose che combattono per rivendicare i loro diritti e, i maschi, a languire in forme di struggimento e desiderio. Guardandosi dentro vede come ci si cerca di farsi strada in mezzo ad anime dannate che vagano lungo la riva dell'assurdo, le implicazioni che ciò comportano o una visione più dettagliata della società circostante. Apostrofi, meccanismi mediante i quali si muove ogni cosa, spingono di nascosto tutti gli astanti verso l'inverosimile, l'inaspettato.
Letto in un giorno grazie al ritardo del volo per Varsavia. Un punto di vista diverso, una nuova scoperta delle sfaccettature delle donne del Gabo, in questo libro protegoniste indiscusse nelle loro peculiarità. E poi le donne della vita della Vagnoli, a tratti simili a Ursula, Pilar e Remedios la bella. C'è anche un approfondimento sugli esorcismi che mi ha fatto molto ridere. Ho passato delle ore piacevoli, ho riso. Quindi *****/5
"Le puttane di Márquez non sono infelici. Le donne di tutta la sua produzione non sono arcigne e viziate, scontrose e maligne. Anzi, sono le vere combattenti del senso di solitudine, le uniche che possono affrontare ogni sfida che la vita imponga loro senza tirarsi indietro, al contrario di quanto fanno i personaggi maschili - infantili, confusi, caotici -, che si disperdono in cent'anni di solitudine e in cento rituali magici nella speranza che possano donare loro l'eternità." (p. 139)
3.5 in realtà ... molto carino anche se a volte mi perdevo perché purtroppo non ho letto nulla di marquez ... dovrei recuperarlo. però le considerazioni sulle figure femminili mi hanno davvero fatto capire quanto le persone, io compresa, guardino con superficialità e pregiudizio i personaggi femminili partendo già con l'idea che saranno probabilmente piatti senza soffermarsi un po' di più sulla loro analisi e se nascondano qualcosa di più/ci vogliano raccontare qualcosa di più profondo
Disclaimer: venero tutto ciò che è uscito dalla penna di Márquez. Vagnoli riesce a dare finalmente dignità alle figure femminili presenti nei romanzi di Gabo e lo fa con uno stile decisamente più maturo rispetto a quello usato in Maledetta Sfortuna. Se avete amato Cent'anni di solitudine, Memoria delle mie puttane allegre non vi lascerà indifferenti.
Libro estremamente ripetitivo. I collegamenti creati dall’autrice sono a mio avviso forzati per sostenere una tesi elaborata a priori. A maggior ragione avendo letto Marquez, non ho trovato in questo libro uno spunto di riflessione lucido.
Con questo libro, Vagnoli non si limita a offrire un'analisi lucida e precisa dei personaggi più sottovalutati della scrittura di Gabriel García Márquez, resistuendogli una nuova dignità. Infatti, il grande lavoro che contraddistingue questo scritto, è la capacità dell'autrice di ricollegandosi in maniera impeccabile a tematiche che, in una società come la nostra, devono finalmente essere prese in considerazione per destrutturarle e scardinarle dal contento patriarcale dal quale sono nate. Vagnoli, però, non si limita soltanto a porre l'attenzione sui personaggi femminili e sul ribaltamento degli stereotipi di genere che li contraddistingue: dinfatti ci offre una soluzione, che è da sempre stata davanti ai nostri occhi. Contestualizza in un microcosmo a lei familiare (che può essere attuato da tutti noi alle nostre quotidianità) per poi prenderci per mano e indicarci, utilizzando proprio gli scritti stessi di Gabo, che la risposta è dare voce e ascolto a coloro che sono sempre stati silenziati. Aprirci all'altro, non rinchiuderci nella nostra solitudine, prenderci cura l'uno dell'altro. Questi sono gli unici modi per poter salvare noi stessi e la nostra Macondo.
Se la Macondo di García Marquez è un paese isolato e circondato dalle foreste dove si succedono generazioni di Buendía e in cui ogni tanto arriva uno straniero, Marina di Castagneto Carducci - dov'è cresciuta Carlotta Vagnoli - ci somiglia abbastanza, se non fosse che a Macondo cercano il mare per tutto il tempo mentre a Castagneto Carducci ce l'hanno davanti. E a cos'altro somiglia un piccolo paese se non a una bolla social dove ognuno pensa di vedere e sapere tutto di tutti, o almeno ci prova? Raccontando la dicotomia "santa/puttana" come il modello fondativo dell'Occidente e prendendo le mosse da Úrsula, Pilar e Remedios la bella di Cent'anni di solitudine, l'autrice svela La furbizia di presupporre i buoni sentimenti o i cattivi costumi delle donne e ci accompagna, dentro e intorno ai romanzi di Gabo, a scoprire la possibilità di vivere avventure anche quando queste sono sbagliate. Per capire cosa c'entrino con tutto questo e l'adolescenza la statua di Nonna Lucia di Carducci, il campo itinerante di una sex worker e la chiesa su ruote che portava la messa a Marina, e cosa significhi che l'Italia, proprio come Macondo, è tutta provincia - ed è proprio qui che nascono le storie -
Ho provato emozioni molto contrastanti leggendo questo libro, da una parte ho fortemente apprezzato la forza e il punto fermo dell'autrice nello descrivere le donne del libro e tutto ciò che vi ruota intorno...dall'altra non ho apprezzato per niente la lezione di letteratura e analisi del testo gratuita e non richiesta. Sebbene mi sia trovata fortemente in accordo su quasi tutti i punti, in particolare su quelli riguardanti la chiesa, ho provato quasi fastidio nel leggere come venisse utilizzata l'interpretazione che fa di Marquez per esprimere dei concetti, è un passaggio che secondo il mio modesto parere poteva essere evitato...
Donne presenti nei romanzi di Márquez o donne reali?
Poco importa, tutte con i controcoglioni. Scusate il francesismo.
Ottimo lavoro di parallelismi, della descrizione della resilienza e della forza di queste donne.
Si legge velocemente, ed è attualissimo. Piccolo escursus per ricordarci ancora una volta come le donne siano il fulcro di tante comunità e quanto ancora questo ruolo gli venga poco riconosciuto.
Vagnoli ha fatto un ottimo lavoro con questo libbricino.
"Quindi il mio monito è uno soltanto: rileggiamo Marquez, perché ci aveva già spiegato tutto. I Buendia sono l'umanità intera, e Macondo è la nostra società. [...] Non so quanto possa essere casuale, ma la sopravvivenza si attiva proprio nel momento in cui è il simbolo del privilegio per eccellenza - il maschio - a riconoscere di avere degli enormi limiti. Touché."
Carlotta Vagnoli è semplicemente fantastica. In poche pagine ha dato un'ottima "rilettura" delle donne dei libri di Gabo. Una lettura femminista e rispettosa, ironica e pungente. Un viaggio in quei luoghi che sono dei libri di Marquez ma che abbiamo vissuto tutte e tutti. Consigliato
Molto bello, una lettura profonda, sfaccettata e “innovativa” di storie e realtà. Preferirei però averlo letto dopo aver letto Cent’anni di solitudine, per coglierne ancora più sfumature