In una metropoli del Giappone investita dai monsoni, Rinko, la timida consulente di una hot line dedicata ai disturbi psichici, conduce un’esistenza inappagata, inchiodata a una vita senza sesso con il marito Shigehiko, molto più vecchio di lei e ossessionato dalla pulizia domestica. Tra loro la passione è ormai sepolta sotto anni di abitudine: mangiano separatamente, dormono lontani, quasi non si parlano, e trascorrono le giornate in due solitudini che non si incrociano mai. Ma l’arrivo di una busta con delle foto che la ritraggono in momenti di autoerotismo rivoluziona l’esistenza di Rinko. Il misterioso fotografo, che in passato si era rivolto alla sua hot line, vuole costringerla a dare sfogo a fantasie sessuali che lei ancora non sa di avere e a prendere coscienza del proprio desiderio. Tra lampi e ortensie, sudore e umori, un invisibile serpente si risveglia così nel corpo della protagonista, accendendone i sensi. Persa ogni inibizione, Rinko cede alle richieste del suo ricattatore e finisce per trovare in quel vortice di erotismo una dimensione terapeutica. Quando Shigehiko scopre le foto, l’uomo dietro l’obiettivo lo punisce per la sua mancanza di attenzione nei confronti della moglie. E il bacio finale tra Rinko e il marito, primo e ultimo contatto fisico in questa storia dove l’eros è tutto mentale, diventa la trasgressione estrema di due corpi che tornano a sfiorarsi.
Shin'ya Tsukamoto (Jap: 塚本晋也 is a Japanese filmmaker, film producer, screenwriter, editor, director, cinematographer, art director, production designer and actor.
With a considerable cult following both domestically and abroad, Tsukamoto is best known for his body horror/cyberpunk film Tetsuo: The Iron Man (1989), which is considered the defining film of the Japanese Cyberpunk movement, as well as for its companion pieces Tetsuo II: Body Hammer (1992) and Tetsuo: The Bullet Man (2009).
His other films include Tokyo Fist (1995), Bullet Ballet (1998), A Snake of June (2002), Vital (2004), Kotoko (2011) and Killing (2018).
In addition to starring in almost all his films, Tsukamoto has also appeared as an actor in films by other directors, including Martin Scorsese, Takashi Miike and Hideaki Anno. He has been cited as an influence on popular western filmmakers such as Quentin Tarantino, David Fincher, Darren Aronofsky and The Wachowskis.
Cosa ho provato quando ho scoperto, per puro caso, che uno dei miei registi preferiti ha scritto un romanzo a partire da uno dei miei film preferiti? Un po' di shock e, allo stesso tempo, GIOIA IMMENSA.
"A Snake of June", il film del 2002, è un capolavoro assoluto. Spietato e decadente, con il suo meraviglioso alternarsi di luci e ombre nere e blu, carnale e malinconico. Non sapevo che nello stesso anno, in Giappone, Tsukamoto raccontò il cuore di quel film anche in forma-romanzo. Ero curiosissimo di scoprire come Tsukamoto giocasse con le parole, lui che con il linguaggio cinematografico è unico nel suo genere. Il suo cinema è un proiettile di carne e metallo ed è difficilissimo raccontarlo senza supporto visivo.
Il romanzo di "A Snake of June" mi ha sorpreso. Naturalmente, a livello narrativo, è molto fedele al film. A livello di approccio differisce: è molto meno selvaggio e più didascalico. Il romanzo svela background e intimità di tutti e tre i personaggi coinvolti (compreso il "fotografo", che nel film era affascinante proprio perché di lui non sapevamo quasi niente), elimina completamente la componente cyberpunk che esplodeva nella parte finale della pellicola e offre spiegazioni laddove il non averle era azzeccato e riuscitissimo (il misterioso club peep-show dove la gente muore annegata al culmine del piacere).
è l'approccio a variare. Tsukamoto racconta la sua storia secondo le modalità della prosa come se sentisse il bisogno di raccontarla attraverso uno specchio diverso, più intimo e delicato. Basti la scena clou della storia: Rinko che, sotto la pioggia, si denuda, con un vibratore tra le gambe e si scopre finalmente donna. Nel film, quella scena è di una splendida disperazione e, allo stesso tempo, liberatoria come il migliore degli orgasmi. Nel romanzo, raccontata dal filtro del marito, indaga il non-detto di coppia in modo più sottile, ma inedito.
Stessa storia, stesse tematiche, approccio diverso. Naturalmente preferisco la versione cinematografica, ma fatevi un regalo. Leggete anche questo romanzo. Scoprirete come Tsukamoto sia uno dei narratori (visivi e non) più originali e devastanti degli ultimi anni.
Una coppia priva ormai di interesse reciproco, quella di Rinko, consulente telefonica per chi soffre di disturbi psichici, e il marito Shigehiko.
Così vuoto il loro rapporto, che ormai non dormono neanche più insieme.
Finché qualcosa non arriva a dare una scossa alle loro vite. Qualcosa, o meglio, qualcuno, di assurdo, deviato, disturbante.
Una busta con delle foto che ritraggono Rinko in momenti di autoerotismo, il cui autore è un fotografo che poco tempo prima si era rivolto proprio alla sua hot line.
E, come se non bastasse, sarà costretta proprio da quello sconosciuto a compiere gesti indecenti, perversi, per farsi restituire tutto.
Leggere Un serpente di giugno è stato disturbante. Andando avanti nella lettura non si può fare a meno di chiedersi perché, perché non chiede aiuto, perché non si rivolge alla polizia, perché non fa qualcosa.
E se è vero che saranno proprio quelle azioni a liberare non solo Rinko, ma anche il marito, da quella apatia che rende così anonime le loro vite, è anche lecito chiedersi: “c’era bisogno di arrivare a tanto?”
Nel gioco di perversione elaborato da Tsukamoto Shin’ya, che ha diretto l’omonimo film del 2002, sì.
Solo un gesto estremo può scuotere i due coniugi. Solo una drastica rottura dei loro limiti può farli tornare, finalmente, a cercarsi l’un l’altra, a trovarsi.
Vabbè, come potevo resistere a non leggere romanzo di Snake of June - uno dei miei film preferiti di Tsukamoto Shin'ya - appena uscito per Marsilio e oltretutto tradotto impeccabilmente dal bravissimo Francesco Vitucci? Aspettative a palla, quindi, e risultato non proprio all'altezza. Come avrei del resto potuto, durante la lettura, non pensare a quelle immagini pazzesche virate in blu e a tutto l'alone di mistero che il film trasuda? Qua Tsukamoto gioca più a carte scoperte, e parte del fascino della storia - che comunque trovo sempre molto intrigante - si perde inevitabilmente. Ho apprezzato però la suddivisione dei tre punti di vista, prima quello di Rinko, poi di Shigehiko e infine del fotografo che nel film è una figura ben più intrigante. Una lettura la merita, certo, e onestamente non ho idea di che effetto possa fare a chi il film non l'ha visto (male!), per chi invece come me ha adorato il film non posso fare altro che dire, per una volta, che "era meglio il film".
Due coniugi che non provano più attrazione l'uno per l'altra. Lei viene fotografata da un estraneo mentre si masturba e, nella speranza che queste foto non arrivino al marito, deve sodfisfare le richieste del fotografo, in modo che le consegni tutte le foto fatte. Per buona metà del libro la protagonista è lei, poi si rilegge tutta la storia con gli occhi del marito e infine gli ultimi capitoli narrano il punto di vista del fotografo. È una storia di riscoperta dei sensi, della propria corporeità, ma parla anche di solitudine e di malattia. Il tutto in un giugno estremamente piovoso, dove la pioggia sembra essere il quarto personaggio della vicenda. Disturbante, ma bello.
Anche io appartengo al club di chi ha visto prima il film, ormai tanti anni fa, e poi ha letto il libro, ma, al contrario di molti, non riesco a dire "è meglio il film". Questo non perché sia meglio il libro, ma perché le sensazioni avute al termine della visione del film e della lettura sono proprio diverse, entrambe positive. Complice il troppo tempo trascorso da quando ho visto il film, non ricordavo così bene tutta la vicenda legata al cancro, oppure nel libro è stata più messa in risalto dando alla lettura un tocco più drammatico (tipico giapponese) e meno erotico.
“Adoravo quel tempo sospeso nell'attesa che le immagini emergessero dall'oscurità. Ero perfettamente solo in quegli istanti e, nonostante l'operazione fosse estenuante e il risultato appena sufficiente, non ero in grado di concepire la fotografia al di fuori di quella camera oscura. Solo li riuscivo a trovare una mia dimensione. Separato dal caos esterno, ritrovavo la mia vera natura. Un po' come un monaco zen.”
A few hot scenes, almost stereotypical but still effective. Weird stuff happening, hard to relate with the characters. The story is appealing and there is a lot of sex, especially at the begging. The plot twist could have been developed deeper and it should have been more involving. The writing style works well and it's a short book, but I guess it's not for everyone. Not for me, at least.
Ora capisco perché Anno ha voluto Tsukamoto nei suoi film. Sono anime affini. Entrambe testimoni e interpreti di quel.Giappone decadente degli anni 90 che come un mostro malato trascina i cittadini della sua megalopoli (Tokyo "una città di cartapesta") nell'inferno del.suo vuoto e dei loro vizi. Non ho visto il film ma non vedo l'ora di farlo. In occidente non siamo pronti a questo.
Fin dalle prime pagine ho capito che questo libro avrebbe meritato pieni voti. Sorprendete; lettura scorrevolissima che tiene incollati alle pagine. Nessun evento lasciato al caso e nessuna azione superflua. Stupendo!!
Amo Tsukamoto Shin’ya, il personaggio di culto che nel corso degli anni è diventato e soprattutto la magnificenza dei suoi film visionari nell’esplorare l’intimità e il desiderio. Dunque non potevo perdermi questa chicca. Corro subito a vedere il film da cui è tratto