Jump to ratings and reviews
Rate this book

The Limit of the Useful

Rate this book
Oltre che dell’eros e dell’eccesso, Georges Bataille fu anche un singolare teorico dell’economia – ed è in questo ambito delle sue speculazioni che si situano alcune delle sue scoperte più preziose. Non diversamente da Ricardo e da Marx, egli vedeva nella categoria del sovrappiù, e nel modo in cui una determinata civiltà la tratta, la chiave di volta per capire la fisionomia nascosta della civiltà stessa. Studiando le società primitive (e soprattutto quelle dove sussiste l’istituzione del potlatch, analizzata da Mauss) e confrontandole con la nostra, Bataille riconobbe in tutto il mondo moderno una sorta di fatale cecità legata al predominio indiscusso della categoria dell’utile, a cui tutto viene subordinato, oscurando così la necessità del superfluo: il che non può non avere vaste conseguenze, per lo più deleterie, su tutta l’intelaiatura della nostra vita. Scritto fra il 1939 e il 1945 e pubblicato solo dopo la morte di Bataille, Il limite dell’utile si colloca nel periodo più incandescente di quella riflessione sull’economia che sarebbe poi sfociata nella Parte maledetta – e si direbbe che il tempo abbia dato ragione a questi audaci pensieri, giacché ormai molti degli economisti canonici si sono avvicinati a tale ordine di temi, scalzando la nozione di utilità dal suo imponente piedistallo e concentrando le loro indagini sulla nozione del sovrappiù intesa, proprio come Bataille auspicava, in un più ampio senso antropologico.

416 pages, Hardcover

First published January 1, 1976

6 people are currently reading
1252 people want to read

About the author

Georges Bataille

235 books2,483 followers
French essayist, philosophical theorist, and novelist, often called the "metaphysician of evil." Bataille was interested in sex, death, degradation, and the power and potential of the obscene. He rejected traditional literature and considered that the ultimate aim of all intellectual, artistic, or religious activity should be the annihilation of the rational individual in a violent, transcendental act of communion. Roland Barthes, Julia Kristeva, and Philippe Sollers have all written enthusiastically about his work.

Ratings & Reviews

What do you think?
Rate this book

Friends & Following

Create a free account to discover what your friends think of this book!

Community Reviews

5 stars
18 (38%)
4 stars
14 (29%)
3 stars
13 (27%)
2 stars
2 (4%)
1 star
0 (0%)
Displaying 1 - 2 of 2 reviews
Profile Image for Alessandro Veneri.
73 reviews10 followers
October 26, 2016
Come guardare alla visione utilitaristica del mondo da una prospettiva alternativa? Questa la domanda che mi ha portato al saggio di Bataille.
Egli scrive con lo spirito di un combattente, di studioso del sacrificio e dell'erotismo, di comunista e visionario; ed ecco che la vita umana perde il proprio vero valore, nel momento in cui pianifica e appiattisce le irregolarità naturali, utilizzando le risorse per produrne altre anziché dedicarsi allo spreco, al sacrificio.

L'ambito odierno della population ethics avrebbe certamente molto da ridire sull'analisi batailliana: che questa pianificazione abbia permesso alla popolazione mondiale di passare dal miliardo nel 1800 agli oltre 7 miliardi odierni può essere visto come progresso, poiché un'esistenza viene valutata più di una non-esistenza, per quanto le sue condizioni possano essere migliorabili. Ed è proprio l'approccio utilitarista che vuole guardare a questa prospettiva, a rendere le condizioni di vita migliori per tutti, e accrescendo il numero della popolazione umana, anche attraverso la colonizzazione dello spazio.
Per Bataille, questo movimento perde la propria umanità, perde la propria forza espressa nel dono di sé, nel sacrificio. Temo sia una visione infelicemente parziale, per quanto potente, della condizione umana: che il punto di vista di un singolo, per quanto assetato di conoscenza e di verità, abbia poco da invocare nei confronti di un trend che si attualizza per mano di centinaia di milioni di uomini, che reclamano vita e che anzi stanno sacrificando le risorse destinate in tempi antichi al sacrificio e alle feste per migliorare la condizione propria e altrui. Non ho la lucidità per intuire che tale processo possa, prima o poi, portare a conseguenze catastrofiche, all'inaridimento dello spirito umano, come previsto da Bataille. I tempi contemporanei sembrano volere indietro prepotentemente quella cultura del dono di sé di cui l'autore parla, e che si è effettivamente oscurata nel transazionismo del capitale.

Ma per Bataille lo spirito del sacrificio assume ancora un'altra dimensione, quella della conoscenza: per l'autore francese, conoscenza è degna di esser chiamata tale solo se animata da sentimenti forti, quali appunto quelli ispirati dal sacrificio, in cui il soggetto e l'oggetto del sacrificio si confondono. Stiamo effettivamente perdendo questa dimensione della conoscenza, a scapito di una conoscenza più fredda, più calcolata, meno immediata e profonda? Fino a quando l'umanità avanzerà nel proprio incedere - certo con le proprie pause, i propri passi indietro, i propri incespicamenti - non avrò ragione di credere che abbia perso la propria forza: si sarà forse distribuita in maniera diversa, si sarà forse "normalizzata", ma che essa si esprima nei corpi e nelle azioni di un numero sempre crescente di individui, è secondo me espressione di una forza e di una rimodulata 'gloria', ancora ben presente.


-
Estratti:

“Mi sarà facile mostrare come i ‘comportamenti utili’ siano, in se stessi, senza valore: solo i nostri ‘comportamenti gloriosi’ determinano la vita umana e le assegnano un valore.” p.47
“La borghesia dovette svilire questo valore per sviluppare i propri affari” p.47

“La vita degli uomini è come lo sfavillio delle stelle: essenzialmente, non ha altro fine he quest sfavillio, è la sua gloria a costruirne il senso ultimo” p.49

effetto glorioso delle perdite - potlatch https://en.wikipedia.org/wiki/Potlatch
“Se in ogni epoca la ricchezza fu la risposa ala preoccupazione per i giorni grami, allorquando essa fu l’acquisizione di un potere, tale potere era il potere di perdere.” p.51
-> obbligo di rango per i ricchi a dare feste: comportamenti gloriosi
“Questo lustro naturale delle ricchezze è diminuito per colpa dele feste private. … L’eccesso dei godimenti solitari attira sulla ricchezza la maledizione degli umili.” p.53

con la Riforma, si comincia a dar misura alle manifestazioni gloriose (spese della Chiesa) -> la ragione regola
-> declino dell’economia di festa
-> il denaro comincia ad essere considerato un mezzo di produzione: nasce la società capitalistica

“Nulla si oppone più allo spirito delle feste che la morale puritana” p.59

uomo d’affari - ascetismo

“Gli affari, l’industria, il capitale, l’accumulazione sono il contrario del sacrifico: nei suoi caratteri, la borghesia incarna questa necessità di eliminare lo spreco” p.63

“Opposta alla gloria del dono, la consegna ha per oggetto il guadagno e l’accumulazione del guadagno” p.64

“Il capitale libero è la speculazione dell’avidità sul possibile - il possibile in materia di ampliamento delle imprese.” p.71

“Appena smette di crescere, il capitale crolla. … Ciò che si verifica nella mancata soddisfazione non è l’impossibilità materiale di procedere alle operazioni necessarie alla vita … ma è la possibilità di concepire un progetto."
“Si vede che il sistema … è la sostituzione di una pianificazione dell’esistenza al suo naturale comportamento giorno per giorno.”
“Prima dell’epoca capitalista non si individuava la possibilità di migliorare lo stato delle cose.” p.73

ma ciò è illusorio:
“La produzione industriale moderna eleva il livello medio senza attenuare la disuguaglianza fra le classi"

“Poiché il capitalismo è essenzialmente progetto, e l‘accumulazione in vista del progetto solo una conseguenza del progetto, necessariamente tra l’accumulazione e il progetto s’interpone il gioco.” p.75
-> “La speculazione restituisce una parte degli utili allo spreco” p.76

“Lo speculatore invece è libero; e vistoso, frenetico com’è, è lui a costituire l’atmosfera morale del capitalismo: egli lega così la realizzazione del capitalismo ai valori da cui deriva il suo atteggiamento: l’individuo, il godimento privato. Cancellati i principi spirituali del calvinismo, ridotto l’industriale a fingere un atteggiamento da funzionario socialista, il grande speculatore diventa l’emblema di questi nuovi valori.” p.79

“È difficile dire se il rapporto tra spese improduttive e produttive a partire dal Medioevo mutò a favore delle seconde.” p.81

“Nel complesso i dispendi improduttivi, individualizzandosi, dividendosi, hanno perso il senso glorioso che avevano” p.88
“Non capiamo più che dobbiamo risolutamente dilapidare i sovrappiù di energia che produciamo. Nel nostro accecamento, quest’eccesso ingombrante lo dilapidiamo infatti meno di quanto esso dilapidi noi.” p.89

-> “Nel sistema capitalista ogni dispendio improduttivo aumenta la somma delle forze prodotte.” p.90
“Il capitalismo sostituisce appunto allo sperpero fiero, affermativo di se stesso, una sorta di furtiva debolezza - concessa in quanto contribuisce allo sviluppo delle forze produttive.” p.91

“Nel tempo stesso in cui i princìpi utilitari dell’industria distruggevano l’economia gloriosa, l’individuo divenne la nuova ragione di gloria.” p.94

“Il dono di sé colpisce l’immaginazione più di quello della ricchezza” p.100

"La parte decisiva appartiene a movimenti che non calcolano più e considerano la morte una cosa da niente. Una prodigalità naturale introduce nel gioco delle forze un soprappiù che da potenza a colui che pone la gloria al di sopra dell’interesse, forse di poco, ma al di sopra” p.101
guerra, rivoluzione vs. utile

“Un dispendio è facilitato da una soddisfazione simultanea dell’avidità; reciprocamente, un dispendio facilita un guadagno (una soddisfazione dell’avidità)” p.103
“Non si può conquistare senza rischio, acquisire senza versare sangue o sudore: il senso comune lo dice e lo ripete. Ma proposizioni di tal fatta si possono rovesciare: non si può rischiare senza tentare di acquisire” p.102

“Ciò che distingue le profusioni di sangue è il fatto di essere pagate veramente solo dalla gloria.” p.106

“Per un grande numero di vite individuali il destino è la mediocrità. Ma una comunità può durare solo al livello d’intensità della morte, essa si disgrega non appena viene meno alla grandezza che è propria del pericolo.” p.110

“La miseria dell’uomo non è morire - morire è vivere gloriosamente - ma voler sfuggire al destino. La paura di morire è il principio dell’avarizia.” p.111

“I sacrifici tremendi sono necessari ai dispendi gloriosi.” p.113

sacrificio - guerra - mistica

“Un uomo è inevitabilmente lacerato tra questi poli, inconciliabili, poichè non può decidersi né per una decisione né per l’altra. Non può rinunciare alla propria esistenza isolata; né all’esuberanza di un mondo che si fa beffe di questa esistenza e si accinge ad annientarla.” p.143

“Il nostro isolamento permette l’arresto, ma l’unico senso dell’arresto è l’intensità accresciuta del movimento quando quest’ultimo riprende. L’esistenza separata non è che la condizione di comunicazioni ritardate ma prorompenti.” p.144

“Cosa accade a quelli che, vedendo cadere il proprio simile, scoppiano a ridere? È possibile che i guai del loro prossimo diano loro altrettanta gioia?”
“Colui che inavvertitamente cade è il sostituto di una vittima messa a morte, la gioia comune del riso è il sostituto di una comunicazione sacra.” p.146

Pensieri sul riso
“Se è vero che il riso è un movimento di eliminazione dell’angoscia, non cessando (o moltiplicandosi) i motivi di oppressione esso continuerà o raddoppierà, poiché il suo movimento deve eliminare continuamente il ritorno continuamente rinnovato dell’angoscia.” p.152

“Essendo il sacrificio la comunicazione dell’angoscia (così come il riso è la comunicazione della sua eliminazione), la somma di angoscia comunicata si avvicina in linea di massima alla somma di angoscia comunicabile. Le reazioni troppo forti rendono inefficace l’operazione: quelli che le provano dissertano il sacrificio.” p.157

“Se rido, conosco la natura delle cose” p.169
“il risibile come riposta a problemi posti in termini di conoscenza obiettiva.” p.172

“Per darsi la certezza di un rigore nei propri procedimenti lo scienziato rinuncia al sapere, e si limita a volere risposte precise alle domande limitate che, d'altronde, solo il sapere tradizionale dell'uomo ha posto.” p.178
“Lo sviluppo estremo delle conoscenze particolari - alla cui totalità nessuno può aspirare - ha come conseguenza una mentalità rinunciataria. Se si ascoltano i moderni rinunciatari, colpisce per la sua fierezza l'audacia degli scettici.” p.179
“Il sapere è in definitiva solo un ultimo rapporto possibile tra soggetto e oggetto della conoscenza (dato che il soggetto, se non l'oggetto, cambia). Così due esseri che vivono insieme non hanno mai finito di conoscersi, ma non si confessano [?] che si ignorano.” p.180

“La conoscenza avviene se il soggetto sprofonda nell’oggetto, e di conseguenza implica anche, quando avviene, l'abbandono drammatico del progetto iniziale di comprendere.” p.182

“Il destino degli uomini non lo hanno mai potuto realizzare gli indecisi: richiede il dono di sé e l’audacia che sceglie. Dipende dal nostro dono e dalla nostra scelta che l’uomo divenga realmente nel mondo uno specchio glorioso di ciò che è, non più il misero ingranaggio di un meccanismo.” p.185

“Ciò che è sacro non lega gli uomini dall’esterno come una corda legherebbe le spighe di un covone. Ogni realtà sacra vincola a sé gli uomini richiedendo loro il dono del proprio essere incondizionato.” p.185

“Ciò che volevo insegnare in questo libro: che una conoscenza non connessa a “sentimenti forti” era una conoscenza decaduta.” p.193

“L’attitudine religiosa degli uomini - che li distingue nettamente dagli animali - ebbe sempre questo senso preciso: che non potevano soddisfare la propria avidità su altro - distruggerlo a proprio uso - senza la coscienza di questo altro come di un simile. Questa coscienza è all’origine dele mutilazioni e delle effusioni cui si abbandonavano per rispondere all’avidità di loro simili - animali, piante, luce o pioggia - così come questi rispondevano alla loro propria avidità.” p.197-198

“Il significato di un dispendio di energia è in rapporto con il fatto che questo dispendio si propaga.” p.210
“Una domma definita di energia consumata in un oggetto dà normalmente un valore questo oggetto.” p.212

“Ogni dispendio stimola al dispendio.” p.213

-

“Proprio perché “soggetto e oggetto sono prospettive dell’essere dell’inerzia”, la comunicazione può avvenire solo se nella relazione intersoggettiva intervengono i momenti della fusione e della distruzione dell’ipseità, momenti che Bataille trova all’opera nelle più svariate forme di dispendio, ma innanzitutto e soprattutto in quella massima forma di dispendio che è anche la differenza specifica della specie umana, cioè il riso.” p.252
“Dando vita a un campo di comunicazione di soggetto-oggetto in cui per il tempo della comunicazione la coscienza soggettiva, dispiegandosi e così confondendosi nello spazio della relazione comunicativa, si fa anch’essa oggetto, la pratica e la nozione di sacrificio diventano in Bataille modi peculiari - perché teologicamente antiproduttivi - di conoscere e vivere." p.253

“Solo nel riconoscimento del fondamento di instabilità su cui si erge la specie umana si può cominciare a intravedere la possibilità di pensare una modalità diversa di conoscere e di esistere, e solo a partire da una posizione anomala dell’umano - cosa da nulla (e non un niente) fra le altre cose - diventa possibile un discorso diverso sull’uomo.” p.256

“Quel che è in giro dentro il “pensiero del sacrificio” è propriamente il dato di una disidentificazione del soggetto, o meglio di una sua sospensione in quanto soggetto-padrone delle cose del mondo, per dischiudersi e spendersi in direzione di una soggettività diffusa tra le cose del mondo. Quest’ultima, infatti, proprio perché diffusa, si è fatta o fa esperienza di essere fra le cose e soprattutto di non essere più la cosa che serve, e per questo si conserva come cosa utile. In altri termini, fa esperienza di essere quella "cosa da nulla", ovvero non-qualcosa - e non un niente, facilmente riducibile, se così ancora viene considerata nella sua ‘essenza' la 'cosa' umana, a quel niente cinereo in cui è stata spenta la specie, un niente di cui si avvertono ancora, qui e là, nel nostro mondo 'consumans' gli odori e gli echi e le miserande riprese -, da nessuno più utilizzabile perché il suo vero senso è di essere una cosa assolutamente in-utile, la più umana che ci sia.” p.261
Profile Image for gallizio.
1,056 reviews52 followers
May 16, 2019
Uno dei libri fondamentali per la mia formazione economica. Un recupero lucidissimo del ruolo economico del dono, probabilmente il suo libro migliore sulla nozione di dépense (il dispendio).
Displaying 1 - 2 of 2 reviews

Can't find what you're looking for?

Get help and learn more about the design.