È il 1951. In un piccolo casolare nella campagna del Polesine, dove i temporali ingoiano all’improvviso i cieli luminosi e il granturco cresce alto e impenetrabile, vivono Norma e Nilde, due cugine cresciute come se fossero sorelle dopo che un bombardamento durante la guerra ha ucciso le loro madri. Nilde è una ragazza riservata e timorosa di tutto e la sua ansia aumenta quando Norma inizia a comportarsi in maniera strana. Da quando è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, sua cugina non sembra più la stessa: scompare senza motivo ogni volta che scoppia un temporale, è scontrosa, non le parla, impedendole persino di avvicinarsi. Nilde prova a seguirla nei campi, ascolta le voci che circolano in paese, ma non riesce a capire perché la sua Norma, il suo punto di riferimento nella vita, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri tanto veneravano, le stia facendo questo. Cosa spinge Norma ad allontanarsi da Nilde e a fuggire come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? Cos’è successo quel pomeriggio lungo l’argine del fiume? Perché tra di loro quell’abisso improvviso di silenzi e bugie? Il legame indissolubile che lega le due protagoniste verrà messo a dura prova da inquietanti apparizioni e inspiegabili fughe in una storia perturbante fatta di assenze e di mistero. Sullo sfondo, una terra magnetica, insidiosa come il fiume che la attraversa: quel Po che la rende fertile ma che talvolta la travolge per riprendersi tutto. Un libro intenso e visionario in grado di scandagliare i segreti della natura e dell’animo umano. L’esordio straordinario di una giovanissima autrice.
Romanzo d'esordio, di cui ho apprezzato la scrittura: pulita, diretta, efficace. Per il resto non mi è piaciuto. Non mi è piaciuta la storia, innanzitutto, né come è stata trattata; il romanzo è diviso in due parti, nella prima il racconto viene posto dal punto di vista di Nilde, nella seconda da quello di Norma. Però entrambe le parti sono narrate in terza persona, e quindi il coinvolgimento del lettore è scarso. Inoltra si ripercorrono esattamente, nella seconda parte, tutte le tappe della prima, si riaffronta ogni passaggio, e l'effetto è un po' noioso. Riguardo alle rivelazioni di Norma, nella seconda parte, che dovrebbero spiegare il mistero del suo comportamento, sono ancora più scettica: c'è confusione, ci sono un misto di credenze e un'intrusione religiosa (ma allo stesso tempo profana) di cui non si coglie, fino in fondo, l'essenza. Mah. Non mi ha convinto. L'atmosfera è molto cupa, e questo forse è ciò che meglio è riuscito del libro - immagino fosse un effetto desiderato - e "umida": l'acqua, che è il soggetto fondamentale della storia, a un certo punto la invade, letteralmente e non. Il risultato però è una sensazione di freddo e di distacco che non ho apprezzato. Può essere solo una questione di gusti personali, naturalmente.
Magnificat di Sonia Aggio (Fazi editore) è la storia di Norma e Nilde, due ragazze che abitano sole in un casolare del Polesine. Magnificat è una storia perturbante e insidiosa. Quando Fazi mi ha proposto la lettura ho accettato subito perché si parla di famiglia, sofferenza... insomma, non potevo dire di no. Tuttavia l'ho letto in un momento in cui avrei preferito distrarmi e quindi andare avanti non è stato sempre facile. Ma Magnificat ha il pregio di essere originale, la narrazione frammentata e cupa di Aggio aiuta a calarsi nell'atmosfera ostile e drammatica di Magnificat.
Norma e Nilde vivono vicino al Po, un fiume che dà e toglie senza pietà. Al centro del racconto, oltre al misterioso rapporto tra le cugine c'è l'alluvione del 1951: morirono più di cento persone e migliaia di famiglie rimasero senza casa.
Norma e Nilde hanno già alle spalle una dose di dolore insostenibile: durante la Seconda Guerra Mondiale hanno perso i genitori durante un bombardamento. Abituate a trascorrere le giornate insieme e a poter contare sempre l'una sull'altra, le due cugine, che sembrano quasi sorelle, conducono un'esistenza tranquilla. Lavorano, tornano a casa e lavorano... almeno finché Norma non impazzisce. RECENSIONE COMPLETA: https://www.lalettricecontrocorrente....
Questa storia è raccontata due volte. La prima è raccontata da Nilde: siamo nella provincia di Rovigo all'inizio degli anni Cinquanta, quando un giorno la cugina di Nilde, Norma, torna a casa ferita dopo una banale caduta in bicicletta. Da quel giorno, Norma non è più la stessa: il suo sguardo e i suoi atteggiamenti cambiano, diventa evasiva, aggressiva, si ferisce, rifiuta Nilde, scompare per giorni. La seconda volta, la storia è raccontata da Norma.
Mi è piaciuta soprattutto la prima parte: la contemporaneità dello stile e l'incomprensibilità, talvolta al limite del grottesco, delle azioni di Norma creano uno strano effetto con il materiale storico della trama. Come rileggere un passato, seppur raccontato in modo accurato, con uno sguardo del tutto attuale, distorto dalle lenti del sovrannaturale che si percepisce qua e là. A tratti mi ha ricordato il mood del film "La favorita", da questo punto di vista. La parte di Norma mi ha colpita un po' meno, anche se ho apprezzato moltissimo la scelta di ripercorrere la prima parte, scena per scena, raccontandola da un nuovo punto di vista. Qui il folclore, le leggende locali, il rapporto con la religione da un lato e con la misticità del territorio e del fiume si fondono a creare un mix spiazzante. E se questo connubio da un lato mi ha incuriosita e spiazzata - sfido chiunque a capire che le azioni di Norma potessero avere questa causa - dall'altro mi è sembrato un po' eccessivo, difficile da capire fino in fondo per chi non è immerso in quella cultura e in quella storia locale. Anche il ritmo, così serrato e centrato sulla rapidità delle sequenze, mi è sembrato un po' respingente: in alcuni punti, mi ha impedito di entrare del tutto dentro la storia. Ho comunque trovato l'intero romanzo davvero ben fatto, potente nella sua originalità, e tutto sommato mi sono lasciata avvolgere da queste suggestioni, pur non comprendendole del tutto.
Ho letto questo libro con grande curiosità: seguo l'autrice da tempo e la trama, criptica e permeata di queste influenze così particolari, mi aveva subito interessata. Come detto, anche se non ho apprezzato del tutto determinati aspetti, questo romanzo ha un grande pregio: mentre lo leggevo, continuavo a pensare "Oh, finalmente qualcosa di nuovo!" (di nuovo e di scritto bene, vividdio). Perché sarà pure ambientato nel 1951, ma questo romanzo (che secondo me è un 'finto' romanzo storico: parla di allora per parlare d'altro) è un modo originale di raccontare le relazioni, con gli altri e con la propria terra, di recuperare la tradizione, le credenze magiche e religiose per parlare di interiorità, di crescita. La miscela tra Storia, religione, elemento sovrannaturale è rischiosa perché può essere percepita come "too much" (e anche io ho avuto questa percezione, come dicevo), ma è sicuramente un modo coraggioso e fresco di raccontare.
Ah, punto bonus: la descrizione dei paesaggi, che è decisamente più approfondita di quella delle protagoniste - loro te le immagini vagamente; il terreno, le sterpaglie, l'acqua gorgogliante e grigia del fiume li puoi proprio respirare.
Il romanzo d'esordio di @sonia_aggio ci trasporta, con atmosfere cupe e misteriose, verso una delle peggiori tragedie del dopoguerra, attraverso due protagoniste indimenticabili. Gli eventi della seconda guerra mondiale hanno lasciato il segno su ogni individuo, famiglia, così come su Nilde e Norma che, rimaste orfane, si legano indissolubilmente, cercando di riprendere la normalità della vita. Ma un evento fortuito, come la caduta dalla bicicletta, incrina il loro rapporto: Norma diventa un'altra persona, selvaggia, irrequieta, spaventata. E nessun tentativo che Nilde fa per capire cosa le stia succedendo, risolve il dilemma. Forti temporali si abbattono sul Polesine, i fiumi si ingrossano, Norma scompare per ore, giorni ed una ragazza di nome Amelia scompare... Fino all'evento terribile: l'alluvione del 14 novembre 1951 che distrusse case, uccise persone, sommerse tutto... Con una scrittura intensa, viscerale e dolorosa, l'autrice rievoca l'evento e lo arricchisce concedendoci le due facce della natura, una benefica e l'altra malefica, in una scenografia "gotica" che affonda nell'anima, fa male, ci mette di fronte al nostro ineluttabile destino. Un romanzo potente, denso di emozioni e storia. Una terra magnetica e insidiosa come il fiume Po che l'attraversa ma che può travolgerla per riprendersi tutto. "Lei è Norma l'inflessibile, la regola, la legge: non può scappare. Porta indietro il braccio. Nel suo sangue si annida la sua condanna. Lei è il cherubino del Magnificat, un gatto selvatico. Appartiene al fiume, non può tornare a casa". Ringrazio Cristina e @fazieditore per la copia.
Storia originale e sopratutto molto particolare. Il libro è diviso in due parti: nella prima ci si immerge nella confusione di Nilde e nella seconda nella verità di Norma. Aleggia sempre un velo di mistero e talvolta anche di inquietudine. Ha un ritmo molto serrato che personalmente non mi ha permesso di immergermi a pieno nella vicenda. Tuttavia, non mi è dispiaciuto.
Magnificat di Sonia Aggio (Fazi editore) è la storia di Norma e Nilde, due ragazze che abitano sole in un casolare del Polesine. Magnificat è una storia perturbante e insidiosa. Quando Fazi mi ha proposto la lettura ho accettato subito perché si parla di famiglia, sofferenza… insomma, non potevo dire di no. Tuttavia l’ho letto in un momento in cui avrei preferito distrarmi e quindi andare avanti non è stato sempre facile. Ma Magnificat ha il pregio di essere originale, la narrazione frammentata e cupa di Aggio aiuta a calarsi nell’atmosfera ostile e drammatica di Magnificat. Norma e Nilde vivono vicino al Po, un fiume che dà e toglie senza pietà. Al centro del racconto, oltre al misterioso rapporto tra le cugine c’è l’alluvione del 1951: morirono più di cento persone e migliaia di famiglie rimasero senza casa. Norma e Nilde hanno già alle spalle una dose di dolore insostenibile: durante la Seconda Guerra Mondiale hanno perso i genitori durante un bombardamento. Abituate a trascorrere le giornate insieme e a poter contare sempre l’una sull’altra, le due cugine, che sembrano quasi sorelle, conducono un’esistenza tranquilla. Lavorano, tornano a casa e lavorano… almeno finché Norma non impazzisce. Un giorno Norma torna a casa e non è più la stessa. Cominciano così le preoccupazioni di Nilde che ad un tratto non comprende più il comportamento della cugina. Cosa le è successo? Perchè la evita? Perché le fa del male? Per scoprilo ci vorrà la pazienza di raccogliere indizi e aspettare il punto di vista (sconvolgente) di Norma.
Magnificat di Sonia Aggio è… Una storia cupa, dal sapore onirico. L’incubo che nelle prime pagine si intuisce travolge nella parte finale. Una lettura originale anche se ho fatto fatica durante più punti, non sempre sono riuscita a mantenere l’attenzione alta. Devo però ammettere che l’ho letto alla fine delle vacanze e forse non avevo lo spirito giusto per immergermi in una storia dalle tinte così fosche. Nilde e Norma sono compagne di viaggio difficili da dimenticare ma di certo non sono sempre state una compagnia piacevole con il carico di angoscia della storia. Consigliato per chi è in cerca di una storia forte, breve, intensa, carica di dolore e inevitabilmente di amore.
Le premesse per un romanzo interessante c’erano tutte: due protagoniste che sembrano posizionarsi a estremi opposti, Nilde e Norma, sullo sfondo di una campagna veneta umida e dalle tinte forti, quasi divisioniste. Eppure qualcosa non torna nella narrazione di “Magnificat” di Sonia Aggio e il finale non lascia davvero il segno sul lettore, quasi fa storcere il naso.
Basta un pomeriggio assolato dell’estate del ‘51 per cambiare le vite di Nilde e Norma, cugine orfane che vivono insieme in una piccola casetta isolata. Quando Norma torna a casa ha dei graffi sulle mani e sulle ginocchia per una caduta, mentre tornava a casa in bicicletta. Nilde pulisce le sue ferite, si prende cura di lei come ha sempre fatto, ma qualcosa nello sguardo e nell’atteggiamento della cugina sembra cambiato.
C’è qualcosa che si agita negli occhi azzurri di Norma, ora, qualcosa di oscuro e di segreto, mentre un temporale si sta preparando ad esplodere poco distante. È quel temporale che pare chiamare Norma a gran voce, attirarla lontano dalla vita che ha sempre conosciuto, sulla riva del Po – silenzioso, ma infido –, che diventerà ben presto la sua unica casa.
Comprendere il cambiamento di Norma sarà per Nilde una sfida impossibile da superare e l’angoscia e la frustrazione che la ragazza prova di fronte ai silenzi della cugina e alle sue continue sparizioni, si trasmetteranno sapientemente anche al lettore, che non potrà lasciare il libro se non prima di aver scoperto cosa sta succedendo, quale mistero sembra aleggiare su Norma e sul paese intero.
Sono decisamente avvilito per il futuro della letteratura italiana. Io proprio non ho capito il significato della trama di questo romanzo, ancora una volta centrato su un rapporto familiare femminile inespresso che dovrebbe rivelare il suo mistero grazie a delle radici etnografiche. E qui sta l’altro punto che mi fa quasi sembrare razzista, la sensibilità padano fiumistica non potrà mai competere all’immensità che ti regala il mare. E’ un esordio giovanissimo e quindi merita tolleranza quest’opera ma dopo aver letto l’eclisse di Laken Cottle che in fondo non aveva una materia di sottofondo tanto diversa, speravo tanto in un finale che avrebbe aperto le porte della verità ed invece sono rimasto con un grande punto interrogativo sulla faccia.
L’idea è molto originale (diamo un tocco d’interesse alla Padania rendendola l’ambientazione gotica per eccellenza!, l’esecuzione piuttosto acerba (molti bei spunti lasciati abbozzati o non approfonditi, personaggi non molto ben delineati), ma sicuramente un’autrice da tenere d’occhio
per chi, come me, vive nella terre desolate del polesine è una lettura quasi obbligata, piu per la parte legata al territorio che non per la storia in se.
Norma e Nilde, due cugine cresciute insieme dopo essere rimaste orfane durante la guerra che ha ucciso le loro madri. L'una il punto di riferimento dell'altra. Questo fino a quando Norma inizia a comportarsi in modo strano: scompare senza motivo ogni volta che si avvicina un temporale, diventa scontrosa e violenta, e si rifiuta di parlare o di fare avvicinare Norma. Perché, all'improvviso, si crea tanta distanza tra loro? Qual è il motivo di tutti questi silenzi e bugie?
'Magnificat' è un libro che affonda le sue radici nella natura - vera protagonista di questa storia - bellissima e feroce, indulgente ma anche vendicativa, capace di scendere a compromessi con gli umani, ma che, prima o poi, sente il bisogno di riprendersi tutto. Questo è un libro che parla di legami, di perdite, di fantasmi del passato, di sacrifici, di patti taciuti che pesano come maledizioni. Ma anche una storia che mescola sapientemente fede, leggende e superstizioni.
Una scrittura che scorre veloce, che avvolge e travolge, sempre nascosta sotto ad un velo di mistero e anche amarezza. Per tutto il tempo ho avuto la sensazione che gli altri sapessero, che stessero nascondendo qualcosa, quella stessa cosa che agli occhi di Nilde - e ai nostri - sfugge più volte. Forse perché, semplicemente, a volte, prendere consapevolezza di certe cose ci spaventa, e vorremmo rimandare all'infinito il momento in cui si deve per forza scendere faccia a faccia con la verità e i compromessi.
Breve e bellissimo nella sua semplicità. Questo libro non sarebbe stato perfetto, se avesse avuto anche mezza pagina in più. Un romanzo che non è scontato e nemmeno banale. Non semplice, sicuramente. Ma l'ho trovato un esordio potentissimo che grida a pieni polmoni: 'Ce l'ho fatta, guardatemi. Sono qui e sono pronto a farmi valere.'
Io non potevo scegliere periodo migliore per leggere 'Magnificat': un fine agosto afoso, scosso dai temporali estivi. Ad immergermi nelle atmosfere e nelle ambientazioni ci ho messo davvero pochissimo.
Norma e Nilde, Nilde e Norma. Dove inizia l'una finisce l'altra e viceversa. Perché il rapporto di due cugine cresciute come sorelle che ne hanno passate di ogni, risollevandosi tutte le volte, inaspettatamente si sfalda in mille pezzi senza più riuscire a tornare alla normalità? Al suo esordio letterario, Sonia Aggio si è resa compositrice di una storia dark dalle tinte malinconiche in cui la superstizione prende corpo e trascina con sé chiunque le capiti a tiro. Forse avrei voluto una traduzione a piè di pagina delle frasi dialettali e qualche ulteriore dettaglio sulla risoluzione del mistero per cui l'amore è davvero l'unico perno.
In Magnificat il territorio polesano è scenario e personaggio principale: sono la sua geografia, i suoi ritmi e le sue suggestioni a muovere gli eventi in un intricato intreccio di fatti storicamente attestati o verosimili, con il surreale che scaturisce dal sostrato di miti, superstizioni e credenze legate al fiume. Sonia Aggio sembra rivitalizzare la percezione italica dei "numina" nel dare spazio ad un luogo che esprime se stesso negli elementi che lo definiscono, capaci di proteggere e minacciare, di siglare una guerra con gli uomini, di scegliere la pace e di chiedere dei tributi. Tutto questo ci permette di ascrivere il romanzo al filone del realismo magico, per il quale il confine fra concreto e immaginario è estremamente sfuggente. https://athenaenoctua2013.blogspot.co...
Romanzo gotico pieno di folklore che ho amato. Mi ha ricordato un po’ “Blackwater” per le ambientazioni e la piega che la storia ha preso, dalla quale però si distingue anche molto in quanto la saga non mi era piaciuta molto rispetto a questo romanzo che invece ho adorato.
Quello che mi ha conquistata è stata prima di tutto la scrittura magistrale della Aggio, che qui ha utilizzato una scrittura frammentata ed evocativa, resa anche quasi poetica dall’estrema cura nella scelta delle parole. Il risultato è una scrittura scorrevole, che ti travolge e ti tiene incollato alle pagine. La lettura è stata piacevole, piena di suspence e tensione crescenti, a tratti angosciante e in alcuni punti estremamente commovente.
Le ambientazioni gotiche, cupe, umide in quanto letteralmente piene d’acqua, il mistero che si cela dietro la figura di Norma, le sue fughe e le sue ferite, l’enorme conseguente dolore di Nilde e la sua tenerezza, mi hanno catturata.
Sebbene inizialmente non apprezzassi granché l’idea che il romanzo fosse diviso in due parti, raccontato dai due punti di vista delle protagoniste, perché pensavo che rileggere la storia intera dal secondo punto di vista sarebbe stato noioso, mi sono dovuta ricredere - soprattutto perché per tutta la prima parte non si capisce minimamente quello che è successo, e fremevo per arrivare alla seconda parte e avere delle risposte, che fortunatamente ho avuto anche in maniera piuttosto chiara delle quali ho amato follemente l’aspetto folkloristico, basato sulle leggende della regione legata indissolubilmente al fiume Po.
Mi è anche piaciuta la storia d’amore tra Nilde e Domenico che ho trovato estremamente tenera e dolce. Così come ho apprezzato i flashback sul passato di vari personaggi che ho trovato utili per capire maggiormente le origini dei protagonisti. I personaggi li ho trovati tutti ben caratterizzati, ho empatizzato sia con Nilde che con Norma, anche se devo ammettere che inizialmente ero schierata dalla parte di Nilde, con la quale fino alla fine ho empatizzato maggiormente, perché come lei non capivo cosa stava succedendo e condannavo Norma per il suo comportamento - leggendo la versione dei fatti di quest’ultima invece mi sono ricreduta perché ho capito l’enorme dramma che si celava dietro il tutto e ho provato un’immensa tenerezza anche per Norma, alla quale alla fine mi sono affezionata. Domenico inoltre per la sua immensa gentilezza, protezione, delicatezza, attenzione e cura è rientrato nei miei preferiti. Non mi ha disturbato la narrazione in terza persona, che non mi ha fermato dall’empatizzare con i personaggi e di immergermi totalmente nel racconto.
Ho trovato davvero interessante e accurata anche la descrizione del periodo storico sia della Seconda Guerra Mondiale, che degli anni ‘50 in Italia. Mi ha emozionato e commosso tutta la storia, ma in particolare il capitolo sull’alluvione del 14 Novembre 1951, che ho trovato anch’esso accurato storicamente e davvero provante emotivamente per via delle descrizioni cupe, crude ed estremamente realistiche, che mi hanno stretto il cuore e creato un nodo allo stomaco.
Consiglio questo romanzo a tutti, specie a chi ha apprezzato “Blackwater” e agli amanti del gotico e del folklore.
“I temporali tornano ogni anno, dipingono il cielo di viola, si portano via il mistero dell’ultima estate di Norma”
Ho letto questo libro al volo perché l'autrice lo presenterà al festival Rovigoracconta il prossimo fine settimana ed ho intenzione di andarla ad ascoltare. Ecco questo libro mi ha un po' delusa, principalmente perché non ha soddisfatto le aspettative. Quindi ora mi chiedo se la bellezza di un libro dipenda anche da come ci aspettiamo che vada la storia. Anyway sono sempre molto interessata alle storie che parlano della terra in cui ho scelto di vivere e qui troviamo un Polesine poco prima e poco dopo l'alluvione del Novembre del 51 che spazzò via diversi paesi lungo le rive del Po. Tra parentesi i miei genitori si conobbero proprio in quella occasione, dato che la famiglia di mio padre fu mandata nel paese di mia madre per supervisionare le chiuse dei bacini. La storia è raccontata dal punto di vista di due cugine, Nilde e Norma, le quali hanno sempre vissuto insieme come sorelle dopo la morte dei loro genitori durante il bombardamento del ponte di Occhiobello nel 1944.
Il libro è diviso proprio in due metà. La prima è raccontata dal punto di vista di Nilde, la cugina più razionale e solida, ma anche la più fragile e delicata, quella insomma da proteggere. Nilde si prende cura di Norma quando quest'ultima cambia totalmente personalità dopo una caduta in bicicletta e soprattutto quando sembra essere coinvolta nella scomparsa e conseguente morte di una ragazza del posto. La seconda metà è la stessa storia (con anche gli stessi dialoghi) raccontata dal punto di vista di Norma ed è qui che la storia mi delude. Ero convinta ci sarebbe stata una sorta di spiegazione al comportamento di Norma, invece il libro prende una deriva in stile Blackwater, senza però le stesse premesse.
Ora quindi cosa vuole dirci l'autrice? Cosa vuole insegnarci, se vuole insegnarci qualcosa? Forse vuole solo raccontarci un periodo in cui il folklore e le suggestioni erano talmente tanto presenti da essere praticamente reali? Siamo quindi figli del periodo in cui viviamo? Ora, negli anni 2020, non vediamo più mostri e streghe perché sappiamo razionalmente che non esistono?
Dal punto di vista della scrittura non amo molto i romanzi con frasi troppo brevi che mi danno un ritmo troppo veloce e distaccato di lettura. Preferisco frasi con descrizioni più ariose e meno azioni che si susseguono l'una all'altra.
Finale del libro con domande (se qualcuno ha le risposte, mi scriva):
La storia si svolge nel 1951 nella zona delle Polesine. Lì in un piccolo casolare sperduto fra le campagne vivono due cugine, Nilde e Norma, cresciute insieme dopo aver perso i loro genitori anni prima in un bombardamento durante la guerra mondiale.
Sono molto legate, cresciute come sorelle seppur molto diverse fra loro: Nilde è tranquilla e riservata mentre Norma nasconde a stento la sua esuberanza, ma nonostante i loro caratteri siano differenti hanno potuto contare sempre l'una su l'altra.
Tutto però cambia quando Norma inizia a comportarsi in modo strano dopo una caduta dalla bicicletta, diventa distante e aggressiva e al primo segno di un temporale fugge via nascondendosi fra le alte spighe dei campi e dirigendosi verso le rive del Po, seguendo un richiamo primordiale che sembra percepire solo lei.
Il profondo legame fra le due ragazze sembra incrinarsi inesorabilmente nonostante i tentativi di Nilde di capire il cambiamento di Norma ma quest'ultima si trincera dietro misteriosi silenzi e lascia la cugina in balia delle sue tante domande. Cosa succede a Norma? Perché continua a fuggire al primo segno di un temporale?
Sonia Aggio con il suo "Magnificat" ci dona un esordio intenso e sorprendente, una lettura che affascina e conquista grazie a queste due protagoniste che con la loro forza e i loro sacrifici restano impresse nel cuore di chi legge. La trama è divisa in due parti, nella prima a parlare è Nilde che ci racconta la storia vista attraverso i suoi occhi e leggendo possiamo percepire con forza la sua profonda sofferenza e il dolore che la avvolge di fronte all'improvviso cambiamento di Norma e la frustrazione che prova sentendosi impotente.
La seconda parte vede invece protagonista Norma e l'autrice solleva il velo di mistero che la avvolgeva rendendo la storia inaspettatamente intrisa di un'aura di profonda inquietudine, una storia in cui leggenda e folclore si intrecciano alla realtà e in cui il sacrificio e la morte diventano protagonisti insieme alle acque avvolgenti e implacabili del fiume Po che sembra vivere di vita propria e i cui argini che donano fertilità alla terra rendendola prospera a volte possono travolgere ogni cosa portando vendetta e distruzione. Un romanzo di grande potenza emotiva in cui vengono scandagliati in profondità luci e ombre dell'animo umano e viene esaltata la potenza della natura e i misteri che la avvolgono.
Questo libro è un libro che definirei incompleto. La storia narra di Nilde e Norma due cugine che si considerano come sorelle che dopo aver perso i genitori si trovano a vivere insieme nel loro legame ci sarà diciamo una "frattura" e dopo questa esperienza traumatica vivranno anche quella di un alluvione che distruggerà tutto il loro paesino e provocherà un sacco di morti. Questa storia è narrata da entrambe le cugine, dalla parte di Nilde vediamo che a seguito di un evento Norma sembra perdere la ragione, sfugge ad ogni temporale e torna sempre ferita, si allontana dalla cugina per rifugiarsi vicino al fiume e seguiamo la sua sempre più grande preoccupazione verso la cugina e i suoi comportamenti fino all'alluvione dove la perderà definitivamente. La parte di Norma per me è quella più caotica e che decisamente non funziona, l'intento dell'autrice ( per quanto ho capito) è mischiare il religioso (Norma crede di essere la madonna del magnificat e di poter fermare l'alluvione con un suo sacrificio) con il folklore locale ed un pizzico di soprannaturale con questa "dea del lago" che si crede continua a reclamare questo sacrificio e l'idea che questo sacrificio sia stato compiuto anche in passato. Peccato che nel paese solo due persone sappiano di questo "sacrificio" che si dovrebbe fare alla dea del lago per evitare il disastro e soprattutto nella parte di Norma ci sono parti che non tornano ( come tutta la parte di Amelia) che sinceramente non ho capito. In compenso per essere un libro emergente è fatto bene ma non è riuscito nel suo intento
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Stavo per metterle tre stelle, perché sebbene la resa sia molto inferiore all'idea dietro il romanzo, le qualità sono innegabili ed il soggetto sembrava davvero interessante, ma la seconda parte del romanzo ha un tracollo significativo, stilisticamente e narrativamente: la scrittura è fluida e priva di abbellimenti e non per questo scialba, ma fa fatica a rimanere impressa, a volte sono dovuta tornare indietro per rileggere, e sembra più una bozza che un romanzo finito; la storia poteva avere delle basi solide ma l'esecuzione è davvero immatura, i personaggi e i legami tra loro sono superficiali. La seconda parte prende delle direzioni narrative per me incomprensibili (per carità gusti), ma le avrei trovate sicuramente più interessanti se la Aggio si fosse presa più tempo per esplorare di più gli avvenimenti, la mitologia e la storia di cui stava trattando: ci sono molti avvenimenti di forte impatto culturale nella sua storia, dalla guerra alle alluvioni e le credenze popolari (e quindi, l'ignoranza), ma vengono solo sfiorati, impedendoci di sentire le conseguenze che hanno sulla comunità e i singoli personaggi. È un vero peccato, perché c'erano tanti spunti affascinanti (la sovrapposizione fata-strega, folklore religioso, elaborazione dei traumi, destino e libero arbitrio e malattie mentali solo per citarne alcuni) e si sente che è una storia cara all'autrice, ma Sonia Aggio risulta ancora molto acerba.
Un libro che non ti aspetti e che non riesco a chiudere dicendo: mi è piaciuto, non mi è piaciuto. Intanto l’ambientazione. La campagna del Polesine, nei giorni della grande alluvione del 1951, ben descritta da una buona scrittura, asciutta quanto basta. Poi le protagoniste: due giovani ragazze, cugine orfane, avendo perso entrambe i genitori in un tragico bombardamento del 1944, che vivono insieme come sorelle. Fin qui una storia che potrebbe essere “normale”. Poi nella vicenda - narrata nella prima parte da Nilde, nella seconda parte da Norma - entra subito qualcosa di misterioso: una delle due ragazze, Norma, da un giorno all’altro cambia, diventando violenta, allontanandosi dalla disperata cugina, correndo, insieme alla sua natale campagna, sulla quale aleggia lo spettro dell’alluvione, verso quello che sembra un tragico scritto destino. Solo nella seconda parte al lettore viene spiegato cosa sia successo, quale sia il mistero di Norma e del grande Fiume, il Po, e il tributo che viene chiesto a chi viene chiamato fin dal sangue, ad appartenere al Fiume, e solo ad esso. Leggenda, mistero e agnizione si impadroniscono della storia che scorre verso il finale già narrato nella prima parte, ma con il lettore ora consapevole di ciò che prima era nascosto. Si legge bene e volentieri. Ma resta un po’ la domanda su cosa la scrittrice volesse raccontarci.
Magnificat Sonia Aggio Questa storia è raccontata due volte. La prima a farlo é Nilde. Siamo nel Polesine nel 1951 lei e sua cugina Norma vivono sole in un casolare. La guerra le ha rese orfane e da allora il loro legame già forte lo e diventato ancora di più. Sono come sorelle,l'unica famiglia l'una dell'altra. Ma un giorno qualcosa cambia, Norma torna a casa dopo una caduta in bicicletta e da allora sembra che qualcosa in lei si sia spezzato é come impazzita. Esce sotto la pioggia rientra con graffi e lividi,é violenta con la stessa Nilde. La quale non si dà pace e cerca in tutti i modi di capire cosa succede, cosa é capitato a sua cugina. Che invece la respinge e la allontana da se. Capiremo cosa le é successo solo nella seconda parte quando sarà Norma a raccontare la sua storia. Magnificat é una storia che parla di legami e di perdite di come amare voglia dire combattere per la persona amata ma anche lasciarla andare per proteggerla. Mescola fede,superstizione e leggenda, con una scrittura che scorre veloce. É un libro breve ma intenso che si legge tutto d'un fiato
Un libro che a livello personale mi ha toccato molto. Mio nonno è proprio di quelle zone lì, è reduce dall'alluvione ed è stata un'ondata di emozioni. Le descrizioni che fa dell'alluvione e delle conseguenze sono state cruente ma ha restituito proprio l'idea di quello che è stato. Merita tutti i complimenti per questo.
Per quanto riguarda la storia che si cela dietro il fiume è stata intrigante, ha tenuto con il fiato sospeso fino alle ultime pagine. È stata brava anche in questo perché non riuscivo a capire cosa succedesse a Norma, tanto è che nella prima parte la detestavo per come stesse trattando e facendo sentire Nilde. Poi però tutti i dubbi vengono sciolti e sentirai, invece, un senso di dispiacere nei suoi confronti.
Unica pecca che ho riscontrato, se così si può definire, è la presenza di Emilio ad un certo punto della storia. Se ci fosse stato o meno per me sarebbe stato lo stesso. Ma forse faceva parte del mistero in sé e quindi era proprio così che voleva che fosse interpretata la sua presenza.
Per essere il suo romanzo d'esordio è stato eccellente.
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Abito a Occhiobello, proprio dove il Po ha rotto nel 1951 e i racconti su quel periodo mi hanno accompagnata fin dall’infanzia. I miei nonni hanno vissuto tutto questo, mio papà aveva due anni all’epoca. Forse per questo sento particolarmente vicino questo romanzo. . E anche tralasciando il fattore emotivo che mi lega indubbiamente alla storia, rimane a mio proprio un bel libro. La storia e intensa e cupa, scritta in modo coinvolgente. Si parla di famiglia, di sorellanza, di amore e di morte. Di quel dolore che non passa mai. Di amore incondizionato. Il tutto condito con un pizzico di ciò che fa venire in mente tutte quelle credenze popolari di cui i paesi sulla sponda di un grande fiume come il Po erano ricchi a quei tempi. . Ho amato tutto.
Forse anche 2.5. Storia interessante, temi importanti ma per me, sullo stile, non ci siamo proprio. La storia è raccontata da due punti di vista, quello di Nilde e quello di Norma (non in prima persona, sempre in terza) ed è un racconto concentrato sulla grande metafora legata alla terra e al radicalmente nelle tradizioni e nel territorio, il Polesine. Non mi ha acchiappato probabilmente perché la terra non la conosco. Ho trovato zoppo il racconto, un po’ vorreimanonposso. Metafora troppo telefonata, non abbastanza inverosimile per ritrovare la magia e il perturbante, non abbastanza verosimile per il resto. 200 pagine che ho veramente fatto fatica a finire, e che ho finito per levarmele di torno. Peccato.
Nonostante la prima parte del romanzo appaia confusa e poco decifrabile, pian piano il libro ha preso un ritmo tale che me l'ha fatto finire in meno di due giorni. La storia è appassionante e, nel momento in cui inizia a sbrogliarsi, si apre uno scenario che mai si sarebbe pensato. Vuoi perché parla di un territorio che è il mio, vuoi per alcuni episodi storici che tutti noi polesani conosciamo bene e che abbiamo vissuto direttamente o indirettamente, io mi sento di consigliarne la lettura. La pagina delle "Notizie dalla grande pianura, inoltre, è il riassunto perfetto di questa Terra.
Si vede che alla base di questo romanzo c'era una grande ispirazione e la voglia di scrivere qualcosa di rivoluzionario, tuttavia la scrittura di Aggio non regge affatto il peso di un progetto così ambizioso. La sintassi è elementare, la costruzione dell'intreccio è ingenua e anticlimatica, la soluzione narrativa del cambio di punto di vista a metà libro non funziona, non c'è neanche la minima introspezione necessaria per entrare nella psicologia dei personaggi... Un peccato, perché per tutto il tempo sentivo che scritta meglio questa storia mi sarebbe piaciuta parecchio.
Sono partito con le migliori intenzioni nel leggere questo libro, ma l'ho trovato a tratti un pò difficoltoso. Alcuni passaggi mi sono sembrati un pò troppo elaborati se non addirittura superflui. Mi sono ripromesso di riprendere in mano il libro più avanti e di rileggerlo con più attenzione. E' pur vero che serve un discreto impegno nella lettura, non è certo un libro che si fa leggere da solo. Lo stile narrativo è bello ed evoca libri d'altri tempi. Sicuramente Sonia è una scrittrice da tenere d'occhio, la attengo su altri impegni narrativi, magari meno legati alle sue radici
Z każdą stroną przekonywałam się, że to powieść skrojona pode mnie. Jest rzeka, Pad, która wzbiera w powódź, powoli ale nieuchronnie. Są zaklęcia i klątwy, co niszczą gospodarstwa i ciągną nad wodę. Jest przelewanie się realnego z magicznym, bez zbędnych wyjaśnień. I kiedy już zaczynałam formułować opinię, że może w zakończeniu coś mi nie leżało (nadal nie leży, ale mniejsza o to), objawiła się tam potańcówka z la mazurka romagnola. Mimo jakichś tam drobnostek (nieważne), dla mnie to opowieść snuta z niezwykłą wrażliwością. Kurde no, jestem trafiona i zatopiona (sic).
Molto interessante la scrittura, diretta, secca mai banale, il territorio è quello che mi appartiene ed è ben presentato. Corretta la scelta di presentare la stessa vicenda raccontata dalle due cugine, ciò ti consente di fare (parzialmente) chiarezza; la storia in sé non mi ha preso. Ben documentati i giorni dell'alluvione nel Polesine. È un'opera prima che promette bene per il futuro della giovane scrittrice.
Il mio giudizio su questo.libro è negativo. Voleva essere una storia piena di mistero legato ad un tragico evento realmente accaduto nel '51, quando il Po ha rotto gli argini nelle terre del Polesine. Ciò che ho letto però, sembrava un cartone animato con strega cattiva, con Norma che neanche quando viene raccontata la storia dal suo punto di vista fa capire granché del suo comportamento. Confuso e puerile.
Un libro particolare, scritto con un linguaggio scarno ed essenziale. Un libro che da travagliata storia famigliare, ambientata in un momento storico reale (l'alluvione nel Polesine del 1951), vira al gotico e al sovrannaturale. Ecco allora la storia raccontata da due punti di vista differenti: Nilde e Norma le due cugine, quasi sorelle che incarnano rispettivamente la normalità e il sovrannaturale. Romanzo interessante!