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304 pages, Paperback
First published April 21, 2015

Presto euforia e tempesta delle emozioni si quietarono. C'era gioia, certo, eravamo liberi, i cancelli aperti, ma dove andare? La liberazione era arrivata troppo tardi, per i morti; ma anche per noi rimasti in vita. Avevamo perso le nostre famiglie, gli amici, le case. Non avevamo dove andare; non c'era nessuno ad attenderci da qualche parte. Eravamo vivi, certo. Eravamo scampati alla morte, non ne avevamo più paura; iniziò la paura della vita.
(Hadassah Rosensaft, sopravvissuta)
Alcuni soldati della Wehrmacht uscirono totalmente di senno. Dopo avere sistemato una trentina di cadaveri in una fossa, un caporale si strappò di dosso la Croce di ferro e la scaraventò per terra. Gli altri soldati della compagnia lo imitarono e stracciarono con aria disgustata mostrine e decorazioni.
(Edmund Swift, cappellano cattolico)
Mi ha lasciato un'impressione indelebile. Qui, i nazisti hanno bruciato migliaia di persone come fossero ciocchi. Le atrocità perpetrate dai tedeschi non hanno precedenti nella storia.
Quando rientrerò al mio reparto, lo dirò ai miei soldati e combatteremo i nazisti con odio ancora maggiore.
(S. Gryzlov, ufficiale)
Ricordo che il Giorno della vittoria, quando entrammo nella baracca risistemata alla bell'e meglio, abbiamo annunciato in un sacco di lingue, "Sarete contenti di sapere che la guerra è finita, che la Germania è sconfitta". Non ci fu in pratica alcuna reazione, nessuna acclamazione, non l'ombra d'un sorriso nè il minimo gesto, nessun "bene!!!". Si limitavano a guardarci. La guerra è finita, ma non per loro. Penso che lo sapessero che per loro c'erano poche speranze.
(John Roger Dixey, studente di medicina britannico)
Quando sono entrato nella baracca ho visto degli scheletri viventi che giacevano sui letti a castello a tre piani. Come in una nebbia, ho sentito i miei soldati dire: "Siete liberi, compagni!" Ho la sensazione che non capiscano e comincio a parlargli in russo, polacco, tedesco, nei dialetti ucraini. Mi sbottono il giubbotto di pelle e mostro loro le mie medaglie... poi ricorro allo yiddish. La loro reazione ha dell'incredibile. Pensano che stia provocandoli; poi cominciano a nascondersi. E solamente quando dissi: "Non abbiate paura, sono un colonnello dell'Esercito sovietico e un ebreo. Siamo venuti a liberarvi" [...] Finalmente, come se fosse crollata una barriera... ci corsero incontro urlando, si buttarono alle nostre ginocchia, baciarono i risvolti dei nostri cappotti e ci abbracciarono le gambe. E noi non potevamo muoverci; stavamo lì, impalati, mentre lacrime impreviste colavano sulle nostre guance.
(Georgj Elisavetskij, uno dei primi militari russi ad entrare ad Auschwitz)
Sì. Ho avuto contatti con cristiani e debbo dirle che queste persone non avevano pressochè alcuna comprensione della nostra situazione. Quando dici a qualcuno che stai venendo da un campo di concentramento, ti risponde "Beh! ... i miei parenti sono stati uccisi dalle bombe ed è altrettanto brutto". Poi ci sono altri che ti dicono di non sapere che cosa succedeva in un campo di concentramento, e che se avessero saputo non avrebbero potuto dire nulla in ogni caso, per paura di finire a loro volta in un campo di concentramento. I punti di vista sono piuttosto divergenti. Posso dirle, tuttavia, che si sente molto raramente un tedesco ammettere che queste cose erano riprovevoli.
(Jürgen Bassfreund, sopravvissuto)