Uno spettro si aggira nel mondo delle lettere. È lo spettro di una letteratura che racconta il mondo del lavoro dall’interno, fatta da scrittrici e scrittori di estrazione proletaria o appartenenti alla nuova classe lavoratrice precaria. Una letteratura che può avere forme, lingue, strutture e scopi diversi da quelli perpetuati nelle scuole di creative writing. È la letteratura working class. Alberto Prunetti prova a definirne i tratti e ne ripercorre l’evoluzione, rendendo manifesto il legame tra le storie che siamo disposti a leggere e ascoltare e le condizioni materiali dell’industria che a queste storie gira intorno. Questo libro – che se ne frega della compostezza e delle buone maniere, che è saggio ma anche pamphlet, memoir, analisi critica – parla all’aspirante scrittore working class, ai lavoratori dell’editoria e ai lettori di qualunque classe, e ci ricorda che i libri che riempiono i nostri scaffali sono scritti, scelti e pubblicati da un pezzo piccolissimo di è ora di fare spazio anche a tutto il resto.
Alberto Prunetti was born in Piombino (Italy), a Tuscan steel town in 1973. A former pizza chef, cleaner, and handyman, he is also the author of a working class trilogy of novels and has translated works by George Orwell, Angela Davis, David Graeber, Bhaskar Sunkara and many others. Since 2018 he has directed the Working Class books series for the publisher Edizioni Alegre. He is a regular contributor of Il Manifesto, Jacobin Italia, Wu Ming's Giap and other magazines.
Qualche mese fa mi era venuto in mente di fare una ricerca sull'origine sociale degli scrittori (per restringere il campo ho pensato ai "classici" del '900 che ho letto in gioventù) per capire se quello che sospettavo era effettivamente vero, ossia che la stragrande maggioranza di loro vengono da famiglie agiate, borghesi, con le conoscenze giuste. Naturalmente, ad eccezione di alcuni esempi (Morante, Pratolini, Fenoglio), la ricerca ha confermato questa mia tesi. Ed ecco che è appena uscito questo libro di Prunetti sulla letteratura working class. Devo dire che mi sono emozionato molto nel leggerlo e che, come scrittore, mi sono ritrovato in molte parti di esso: il fatto di sentirsi inadeguato nell'ambiente editoriale "borghese" (nel mio caso, anche in quello accademico, molti anni fa); il fatto di essere il primo ad essersi laureato in famiglia (compresi tutti i parenti di madre e padre); il fatto di aver avere avuto genitori poveri che hanno dovuto lasciare la scuola molto presto per andare a lavorare; il fatto di aver avuto una madre che, pur avendo fatto solo la terza media, era una grandissima lettrice, ma non poteva permettersi di comprare i libri, dunque li rivendeva per poterne comprare altri (e che quindi a casa mia non c'è mai stata una biblioteca a cui attingere da bambino). E mi sono accorto di come, spesso inconsciamente, le mie letture e i miei interessi letterari si siano rivolti ad autori e a tematiche working class (Martin Eden e Furore sono due dei miei romanzi preferiti in assoluto; e poi tutta la letteratura e il cinema inglesi anni '50 e '60, da Delaney a Sillitoe). "Non è un pranzo di gala" è un saggio imprescindibile per cominciare a capire cosa bolle in pentola, e come riuscire a valorizzare la propria scrittura in un'ottica working class (io direi "popolare"). Working class writers, unite and take over!
Prunetti racconta cosa vuol dire essere scrittori working class, cosa secondo lui dovrebbe portare questo nel mondo della letteratura, perché è così difficile che emerga e i motivi per portare avanti la lotta. Ci sono consigli libreschi, consigli di scrittura, racconti personali, critiche feroci (giustissime) e sano umorismo operaio e toscano! Ho sottolineato anche le note, messo segno dappertutto e userò senz'altro l'inventario dell'armadio!
(nota a margine, personale. Ho comprato questo libro in un venerdì pomeriggio in cui mi era stata regalata un'ora dal mio capo. Insieme a lui ho comprato anche Shuggie Bain, citato da Prunetti nel secondo capoverso del libro - e poi diverse volte nel testo. Caso? io non credo).
Diverse cose degne di nota: 1) un ragionato lavoro di definizione della cosiddetta letteratura working class, per chiarirne la storia, le leve d'azione, il pubblico e gli obiettivi; 2) una bellissima mappatura di testi più o meno noti - un inventario che è anche una guida alla lettura utilissima (grazie!); 3) un'attenzione alle condizioni dei lavoratori della conoscenza, alle prese con quel "cottimato cognitivo" che dà solo l'illusione di essere un "transfuga di classe" - tanto siamo sempre lì, con l'ansia delle bollette, del mutuo e del futuro.
Cosa non mi è piaciuto: 1) l'autoreferenzialità costante che giustifico nelle intenzioni, ma che alla fine si rivela un po' stucchevole; 2) la parte finale, con i consigli a potenziali scrittori/scrittrici - quando mai i consigli, le guide alla scrittura, si sono rivelate utili?
Prezioso libro sulla coscienza di classe in letteratura. Prunetti è una voce rigorosa, schietta e arrabbiata, a tratti qui per lo stile (diverso da quello molto piano di Amianto) e l'uso di alcune esclamazioni in mi ricorda Vitaliano Trevisan, con cui condivide un'attitudine diretta e non sovrastrutturata al lavoro, oltre che una chiara coscienza di classe. Il testo contiene più saggi, che assolvono a funzioni diverse di esplorazione, comprensione e pratica della letteratura "working class". Utile anche la bibliografia.
Questo saggio mi ha insegnato tantissimo e lo farà ancora (devo recuperare delle letture consigliate). Mi ha fatto anche tornare la voglia di scrivere storie. Vedremo…
Letto per caso subito dopo Works. Ottimo, spunti intelligenti e linee di riflessione molto poco battute dalle nostre parti. Invoglia a sbatterci la testa.