«Proust e Céline: ecco la mia inesauribile felicità di lettore»: così scrisse Lévi-Strauss in uno dei primi accostamenti tra questi grandi nomi della narrativa francese del Novecento. Ebreo, omosessuale, frequentatore dell’alta società parigina il primo; figlio di piccoli commercianti, cattolico e antisemita, solitario e omofobo il secondo. Più che di un duello, sarebbe corretto parlare di un’«aggressione postuma». Céline, infatti, esordí dieci anni dopo la morte dell’autore della Recherche e la sua intransigenza, espressa in una scrittura spesso astiosa e in cerca di un bersaglio, raggiunge l’apice quando è rivolta verso il connazionale. Tuttavia sono molti i tratti che li accomunano, a partire dalla centralità dello stile, passando poi per il nichilismo, l’ipocondria, il «gran rifiuto» che entrambi ricevettero dall’editore Gallimard. In una cavalcata leggera e disinvolta attraverso le loro opere, Valerio Magrelli ci mostra come i due autori entrano in collisione, e arriva a sorprenderci con un finale inaspettato.
«Credo che l’odio provato da Céline per Proust sia tale da valere almeno il doppio. È un odio che, da solo, basta per tutti e due, un odio attraverso il quale comprendiamo l’opera del primo come quella del secondo. È un odio viscerale e insieme epistemico, non tanto emotivo, quanto conoscitivo, capace di guidarci verso la verità di due poetiche intimamente, inesorabilmente antagoniste».
He graduated in philosophy at the University of Rome and is an expert in French literature which he has taught and teaches at University of Pisa and University of Cassino.