Francesca ha poco più di trent'anni e un passato di conflittualità con il suo corpo. Ha trascorso gli anni del liceo e dell'università tra abbuffate e diete restrittive e, quando pensava di esserne uscita, si è trovata intrappolata nell'ortoressia, ovvero una vera e propria ossessione per il cibo sano. Ma un'ossessione, anche se è per il cibo sano, non è mai una cosa positiva e Francesca se ne è resa conto, con grande fatica ne è uscita e adesso, attraverso la sua pagina Instagram, promuove messaggi di accettazione e lotta agli stereotipi, parla del perché sia così importante un buon rapporto con il cibo e con il proprio corpo. In questo libro racconta con estrema sincerità la sua storia, regalando al lettore anche estratti dei suoi diari scritti nei periodi più bui. Partendo dalla propria esperienza cerca di fare luce sulle radici della diet culture, spiega perché dire a «Come sei dimagrita!» non è un complimento, ragiona di grassofobia e thin privilege, del ruolo che i social media spesso hanno nella perpetuazione dello stigma verso chi non ha un corpo conforme, ma anche di come proprio dai social media può partire un cambiamento nella percezione che le persone hanno di sé e degli altri.
Letto tutto d'un fiato, mi ci sono rispecchiata molto e ho trovato tanti concetti che la terapeuta mi ripete da mesi, per questo credo sia un buon libro e che possa aiutare a capire almeno un po' i disturbi del comportamento alimentare e a non far sentire solo chi ne soffre. Su di un punto vorrei soffermarmi: mi sono resa conto, leggendo, che tante frasi, anche quelle estrapolate dai diari privati dell'autrice, sono davvero molto simili a quelle che avrei potuto scrivere io. Quando ho iniziato il percorso di guarigione, la terapeuta mi ha detto che, in un certo modo, siamo tutte uguali, pensiamo tutte allo stesso modo, ed è vero: i disturbi alimentari annientano le particolarità uniche di una persona, rendendola solo un'ombra uniformata rispetto a ciò che potrebbe essere.
"Non esiste cibo buono o cibo cattivo, così come noi non siamo stati bravi o meno in base a quello che abbiamo mangiato, perché il cibo non ha valore morale."
"Non avevo la lucidità di capire che il problema non era nell'immagine che vedevo riflessa nello specchio, ma nella mia testa. Non mi sarei mai andata bene. Vi è mai capitato di trovarvi a guardare le foto di alcuni anni prima e pensare: “Ma perché odiavo così tanto il mio corpo? Perché lo vedevo così brutto e imperfetto? Non aveva nulla che non andasse!”? Ecco, è la dimostrazione che il problema non è mai stato il nostro corpo."
Cose già lette e rilette, l'ennesimo libro di memorie sul tema dei disturbi alimentari. Eppure, come scrissi a suo tempo in un'altra recensione, io queste memorie non mi stancherò mai di leggerle, e per varie ragioni. In primis, perché la sensibilizzazione non è mai abbastanza, dato che questi mostri producono migliaia di vittime silenziose ogni giorno. In secondo luogo, perché il fatto che queste storie si somiglino in maniera così impressionante aiuta a capire di non essere le sole a combattere. Il percorso di Francesca, e di tutte le altre ragazze che hanno trovato il coraggio di uscire dal silenzio condividendo la loro esperienza, potrà così essere d'aiuto a chi ancora lotta quotidianamente. A voi va un grandissimo grazie.
Interessante punto di spunto per conoscere la diet culture, l'importanza dei social nella percezione di attività fisica e dieta, e l'immagine che abbiamo di noi stessi. Il volume è un bagnami utile per approcciarsi a questi concetti con spacchi narrativi sulla esperienza della autrice in questi ambiti. Sicuramente una buona lettura introduttiva agli argomenti.