Asako è una timida studentessa di Osaka che divide il suo tempo tra la passione per la fotografia, lo studio e il lavoro; quando però incontrerà per caso (o forse per destino) un enigmatico ragazzo di nome Baku la sua vita cambierà per sempre. Tra i due è da subito amore a prima vista, un amore romantico e struggente che agli occhi di Asako è un “per sempre”. Bello e volubile, Baku le promette l’amore eterno ma poi un giorno sparisce, lasciandola senza risposte e senza respiro. Due anni più tardi a Tokyo, lei incontra un ragazzo, Ryohei, che assomiglia a Baku tanto da sembrare il suo doppio perfetto. Da principio turbata, Asako si lascia poi andare di nuovo all’amore, che ha il volto di Baku ma il carattere gentile di Ryohei. Con lui comincia una nuova vita e sperimenta una nuova relazione sentimentale, più profonda, meno impetuosa. Ma il passato bussa alla porta e con lui il fantasma di una vecchia passione. Sia da addormentata che da sveglia è un viaggio struggente, tenero e profondo come solo il primo amore sa essere, come un segno indelebile in ognuno di noi, una traccia che non smetteremo mai più di inseguire.
Tomoka Shibasaki (柴崎 友香) is a Japanese author. She graduated from Osaka Prefecture University and worked for four years before her debut in 2000, the novel Kyō no dekigoto, which was filmed by Isao Yukisada in 2003.
In 2014 she won the 151th Akutagawa Prize with her novel Haru no niwa.
È stato un libro interessante poiché è scritto in una maniera tale prenderti all'inizio e lasciarti quasi il.vuoto alla fine. Sia per la scrittura stessa sia per la passività che dimostrano i personaggi. Sembra quasi fatta apposta visto l'avanzamento dell'età dei protagonisti e sempre meno interesse nelle "emozioni genuine e adolescenziali" . Così quando lo leggi all'inizio è la perfetta "luna di miele" di innamoramento che poi va a mischiarsi con i problemi quotidiani ( lavoro amicizie ecc ecc,) fino ad arrivare al tono quasi ripetibile. Secondo me ci sono diverse connotazioni sia con la trama che con il romanzo. Chissà.
In realtà è un 2.50 ⭐️ Ho trovato la parte iniziale carina, perchè il processo d'innamoramento sembra quello tipico di una classica storia d'amore. Purtroppo nello sviluppo e nella fine la storia rimane blanda, con personaggi superficiali e descrizioni povere. Sicuramente l'antipatia dei personaggi e soprattutto della protagonista non mi hanno aiutato nel tentativo di dare una valutazione più alta. Volevo che questo libro mi piacesse, e nella prima parte l'autrice ci è riuscita. Ma il resto del libro ha delle dinamiche strane, la psicologia dei personaggi mi ha lasciata perplessa.
Ho dato una stella soltanto perché non ne posso dare zero. Una noia indescrivibile, sono più di 200 pagine di agonia. Storia inesistente, prosa piena zeppa di descrizioni senza logica e inserite senza senso nel contesto, salti temporali nosense, tantissimi personaggi secondari tutti uguali. Davvero una grandissima delusione e una perdita di tempo.
L'ho terminato ma con molta fatica. Trovato lento e a tratti noioso... Non ho capito il senso del titolo col contenuto del libro, ma probabilmente è una mia mancanza.... Messo subito fra i libri da donare alla biblioteca...
Ho impiegato più di metà libro per capire quale direzione volesse prendere la storia, un racconto che intenerisce per il candore con cui viene descritto ma che non riesce mai a svilupparsi appieno, lo consiglio a chi ha già dimestichezza con gli autori giapponesi e conosce le dinamiche che contraddistinguono il loro raccontarsi, fatto spesso di non detti e sottintesi.
Va tutto lento in questo libro, e non è un difetto, a parte il finale che si chiude forse troppo in fretta. Mi è piaciuto riconoscere i posti, riuscire non a immaginarli ma sapere proprio come sono nella realtà. Quando l'ho chiuso ho pensato "che libro strano" ma l'ho letto proprio volentieri.
'Sia da addormentata che sveglia', Tomoka Shibasaki.
Di questo libro mi ha colpito la consistenza sotto le dita, la compattezza. Oltre quello, la fascetta che lo accompagnava diceva che da questo testo è stato tratto il mio film preferito dello scorso anno 'Drive my car' di Ryusuke Hamaguchi (ho adorato l'accento milanesissimo del suo traduttore dal giapponese - madrelingua - durante l'anteprima a Milano) ma, sinceramente, di tutta quella meraviglia e profondità ci ho trovato davvero pochissimissimo, se non pochi riferimenti al passato di uno dei protagonisti della pellicola (che, a un certo punto, nel film diventa incontro tipo 'Lost in translation' che è un altro film che ho amato infinitamente). La storia è quella di una ragazza, di amori vissuti a cui si torna sempre con la testa, che si cerca di ricreare anche crescendo, anche se non si capisce più quanto di essi sia stato solo sognato. In questo momento, necessitavo di descrizioni di sentimenti anche un po' complicati ma senza fronzoli. Di tenerezza, ingenuità. E quindi, probabilmente, l'ho sovrastimato.
'L'oscurità esterna era in qualche modo connessa al ciclo buio che vedevo in TV. Se fossi entrata nello schermo, camminando attraverso quel ponte sempre dritto verso sud, avrei potuto raggiungere la mia casa, e la casa di Baku. Finalmente mi stava venendo sonno. Guardai di nuovo lo schermo: sotto ognuna di quelle luci bianche, dentro la miriade di edifici dove la luce si era ormai spenta, c'erano persone che dormivano. Persone che non sapevano che le loro case apparivano in televisione, e che ora erano lì a sognare. Lo stesso valeva per me: anche se ero sveglia era come se stessi dormendo. Come in un sogno, guardavo la città in cui vivevo da casa mia, e allo stesso tempo era come se guardassi mo stesso valeva per me: anche se ero sveglia ero sveglia era come se stessi dormendo. Come in un sogno, guardavo la città in cui vivevo da casa mia, e allo stesso tempo era come se guardassi me stessa dall'oscurità del cielo sopra di me. Cullata da quella sensazione mi rasserenai e, infine, chiusi gli occhi.'